Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15085 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15085 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13127/2021 R.G. proposto da
COGNOME NOME, COGNOME , elettivamente domiciliati in PADOVA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che li rappresenta e difende
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore quale mandataria di
Oggetto: Contratti bancari – Fideiussione – Liberazione del fideiussore ex art. 1956 c.c.
R.G.N. 13127/2021
Ud. 29/05/2025 CC
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore
elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende
-controricorrente –
nonché contro
COGNOMERAGIONE_SOCIALE SAN RAGIONE_SOCIALE
-intimati – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 3152/2020 depositata il 02/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 29/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza 3152/2020, pubblicata in data 2 dicembre 2020, la Corte d’appello di Venezia, nel contraddittorio con BANCA SAN RAGIONE_SOCIALE (appellata), NOME COGNOME (intervenuto) e NOME COGNOME (terza chiamata), ha respinto l’appello originariamente proposto da NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Vicenza n. 1720/2015, del 17 settembre 2015.
Quest’ultima, a propria volta, aveva respinto l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 904/2013, col quale era stato ingiunto a NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME -nella veste di fideiussori di NOME COGNOME -il pagamento della somma di € 133.606,84, quanto ai primi due, ed € 70.000,00 quanto a NOME COGNOME.
L’opposizione – con la quale gli opponenti avevano invocato l’applicazione dell’art 1956 c.c., deducendo che la Banca opposta, nel 2007, aveva concesso ulteriore credito al debitore principale nonostante le condizioni patrimoniali di quest’ultimo fossero p eggiorate al punto da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito -era stata disattesa dal Tribunale, il quale aveva ritenuto che gli opponenti non avessero provato le proprie allegazioni.
Proposto appello; intervenuto in giudizio il debitore principale NOME COGNOME interrottosi il giudizio a causa del decesso di NOME COGNOME riassunto il gravame nei confronti degli eredi di quest’ultimo -gli stessi appellanti NOME COGNOME e NOME COGNOME l’intervenuto NOME COGNOME nonché NOME COGNOME la Corte d’appello, dopo aver dichiarato il difetto di legittimazione attiva e passiva di NOME COGNOME per avere quest’ultima rinunciato all’eredità, ha disatteso il gravame, osservan do, in sintesi, che:
-gli appellanti non avevano neppure allegato gli elementi dai quali si sarebbe dovuto desumere che, al momento della concessione del mutuo nel 2007, le condizioni patrimoniali di NOME COGNOME erano divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito, modificandosi rispetto alla situazione esistente al momento del rilascio delle garanzie;
-ferma tale carenza -e l’assenza di produzione della documentazione contabile del debitore -le prove orali articolate dagli appellanti non vertevano sulle vicende del debitore principale ma esclusivamente sulla loro situazione di ignoranza del mutamento di condizioni economiche;
-le uniche circostanze allegate – il fatto che il conto corrente intestato al debitore principale avesse un saldo passivo ed il
fatto che, a partire dal 2005, lo stesso debitore principale avesse omesso il versamento delle imposte -non erano di per sé idonee a dimostrare un peggioramento delle condizioni patrimoniali tale da rendere incerto il pagamento del debito;
-ulteriormente, la circostanza dell’omesso versamento delle imposte non poteva essere conosciuta dalla banca mentre risultava che, al momento della concessione di ulteriore credito, il conto corrente presentava un saldo attivo;
-la sussistenza di un peggioramento delle condizioni patrimoniali del debitore era altresì contraddetta dal fatto che per quattro anni, il debitore principale mutuatario aveva regolarmente rimborsato le rate del mutuo;
-l’istanza ex art 210 c.p.c. formulata dagli appellanti era da ritenersi inammissibile, in virtù della genericità della richiesta e considerato che la banca appellata aveva comunque prodotto il contratto di mutuo, il piano di ammortamento e l’estratto conto;
-prive di pregio erano le deduzioni con le quali si contestava l’ammontare del credito azionato in monitorio, in quanto quest’ultimo era provato dal contratto di mutuo avendo la banca agito unicamente per la restituzione della somma mutuata e non anche per il pagamento del saldo passivo del conto corrente -e quindi anche la consulenza tecnica sollecitata dagli appellanti era da considerarsi meramente esplorativa, priva com’era delle necessarie allegazioni.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Venezia ricorrono NOME COGNOME e NOME COGNOME
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALEe, per essa, la mandataria RAGIONE_SOCIALEquale cessionaria del credito
originariamente vantato da RAGIONE_SOCIALE
Sono rimasti intimati RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
Parte ricorrente ha depositato memoria, segnalando il sopravvenuto decesso della ricorrente NOME COGNOME
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a tre motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 c.c.
Si censura la ‘errata valutazione’ della Corte territoriale in ordine ‘al rispetto da parte della Banca San Giorgio Quinto Valle Agno, Credito Cooperativo Società Cooperativa dei suddetti principi nei rapporti con i fideiussori’ .
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1956 c.c. per non aver ritenuto la previsione applicabile alla vicenda portata al suo esame.
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, consistente nella ‘errata valutazione in merito alle istanze istruttorie formulate dai ricorrenti nella fase di merito’ , deducendo altresì i ricorrenti il difetto assoluto di motivazione.
I motivi di ricorso sono, nel complesso, inammissibili.
2.1. Quanto al primo motivo, lo stesso, pur se ricondotto all’ipotesi di cui all’art. 360, n. 3, c.p.c., non viene a denunciare alcun inadeguato governo, da parte della Corte territoriale, delle norme di diritto.
Il ricorso non svolge in concreto argomentazioni finalizzate dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 16700 del 05/08/2020; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 24298 del 29/11/2016; Cass. Sez. U – Sentenza n. 23745 del 28/10/2020), ma si sostanzia in una mera censura indirizzata al merito della decisione, limitandosi i ricorrenti a dedurre apoditticamente una ‘condotta poco trasparente’ della banca garantita ed a sollecitare inammissibilmente a questa Corte un rinnovato giudizio di merito.
La censura, peraltro, risulta ulteriormente infirmata dal mancato confronto con almeno una delle plurime rationes decidendi su cui si fonda la sentenza impugnata – costituita dalla ritenuta assenza di prova del peggioramento delle condizioni patrimoniali del garantito -palesandosi in tal modo un’ulteriore dimensione di inammissibilità del mezzo.
2.2. A non diverse conclusioni si deve pervenire in relazione al secondo motivo.
Anche in questo caso, sotto la formale deduzione della violazione o falsa applicazione di norme di diritto, i ricorrenti muovono alla decisione impugnata mere censure versate in fatto, riproponendo una nutrita serie di profili in fatto con i quali si vorrebbe sollecitare a questa Corte una nuova decisione di merito.
Anche in questo caso i ricorrenti omettono radicalmente di confrontarsi con il complesso delle argomentazioni della Corte
territoriale, la quale ha rilevato, in sequenza, che gli odierni ricorrenti: 1) non avevano neppure allegato gli elementi dai quali si sarebbe dovuto desumere che, al momento della concessione del mutuo nel 2007, le condizioni patrimoniali del garantito erano divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito; 2) avevano comunque allegato elementi del tutto inadeguati a dimostrare un peggioramento delle condizioni patrimoniali del debitore garantito; 3) avevano offerto un insieme di prove -costituite e costituende -del tutto inadeguato a supportare la domanda.
2.3. Il terzo ed ultimo motivo risulta inammissibile sotto almeno due profili.
Il primo è costituito dal fatto che, essendo stato instaurato il giudizio di appello nel 2020 , trova applicazione il disposto di cui all’art. 348ter c.p.c., dal momento che la decisione della Corte d’Appello non risulta in alcun modo essersi distaccata dal ragionamento del giudice di primo grado, né parte ricorrente ha indicato le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. Sez. L – Sentenza n. 20994 del 06/08/2019; Cass. Sez. 1 Sentenza n. 26774 del 22/12/2016; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5528 del 10/03/2014).
Il secondo si ricollega al contenuto -invero eterogeneo – del mezzo, il quale prende le mosse dalla deduzione della ‘errata valutazione delle istanze istruttorie’ , si diffonde poi in censure sul mancato accoglimento dell’istanza ex art. 210 c.p.c. rinnovata in sede di appello -ed approda alla deduzione di un difetto assoluto di motivazione riferito al solo mancato accoglimento delle istanze istruttorie per prove orali.
È agevole osservare, infatti, che tutti i profili dedotti esorbitano palesemente dall’ambito dell’ipotesi di cui all’art. 360, n. 5), c.p.c., la
quale è da intendersi riferita -com’è noto ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicché sono inammissibili le censure che, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 26305 del 18/10/2018; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 14802 del 14/06/2017).
Per contro le censure della ricorrente sono riferite ai ben diversi profili della decisione sulla rilevanza delle istanze istruttorie -peraltro adeguatamente motivata dalla decisione impugnata -e della valutazione delle prove -rimessa al vaglio del giudice di merito (Cass. Sez. 5 – Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023; Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 13918 del 03/05/2022; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 6774 del 01/03/2022; Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 20553 del 19/07/2021; Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 21187 del 08/08/2019; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1554 del 28/01/2004) -dovendosi qui ribadire il principio per cui è inammissibile il ricorso per cassazione che, dietro l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. Sez. U – Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8758 del 04/04/2017), atteso che il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti (Cass. Sez. L, Sentenza n. 4293 del 04/03/2016; Cass. Sez. U, Sentenza n. 7931 del 29/03/2013).
Una puntualizzazione conclusiva.
Come già ricordato, nella memoria ex art. 380bis .1 c.p.c. di parte ricorrente viene segnalato che la ricorrente NOME COGNOME è deceduta in data 31 maggio 2025.
Sulla scorta di tale circostanza, la memoria viene a svolgere deduzioni sulla natura personale delle fideiussioni per cui è causa, da tale natura desumendo la intrasmissibilità quale debito ereditario della responsabilità derivante dalla garanzia.
Ulteriormente, sempre nella memoria ex art. 380bis .1 c.p.c., si viene a dedurre:
l’estinzione delle obbligazioni fideiussorie a seguito dell’estinzione del debito principale;
l’ulteriore estinzione per prescrizione della fideiussione rilasciata dal ricorrente NOME COGNOME
la nullità parziale delle fideiussioni quanto alle clausole riproduttive dello schema ABI già ritenuto dalla Banca d’Italia intesa restrittiva della concorrenza -e la conseguente applicabilità dell’art. 1957 c.c.
Noto il principio per cui nel giudizio di cassazione, dominato dall’impulso d’ufficio, non trova applicazione l’istituto della interruzione del processo per uno degli eventi previsti dagli artt. 299 e ss. c.p.c. (Cass. Sez. L, Sentenza n. 1757 del 29/01/2016; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 24635 del 03/12/2015; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 22624 del 31/10/2011 ), questa Corte deve rilevare l’inammissibilità delle deduzioni appena sintetizzate, trovando applicazione il principio per cui le memorie ex artt. 378 e 380bis .1 c.p.c. (così come quelle di cui alla previgente versione dell’ art. 380bis c.p.c.) non possono integrare i motivi del ricorso per cassazione, poiché assolvono all’esclusiva funzione di chiarire ed illustrare i motivi di impugnazione che siano già
stati ritualmente – cioè in maniera completa, compiuta e definitiva enunciati nell’atto introduttivo del giudizio di legittimità, con il quale si esaurisce il relativo diritto di impugnazione, e non di dedurre nuove eccezioni – implicanti necessariamente accertamenti di fatto – o sollevare nuove questioni di dibattito (Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 8949 del 30/03/2023; Cass. Sez. L – Sentenza n. 21355 del 06/07/2022; Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 5503 del 26/02/2019; Cass. Sez. 2 Sentenza n. 24007 del 12/10/2017; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 26332 del 20/12/2016), violandosi, altrimenti, il diritto di difesa della controparte (Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 3471 del 22/02/2016).
Né varrebbe replicare, quanto al profilo della nullità delle clausole della fideiussione, che lo stesso è comunque rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, e quindi può essere dichiarato anche in sede di legittimità, in quanto questa Corte ha comunque chiarito che il rilievo d’ufficio in sede di legittimità postula in ogni caso che tale accertamento non imponga nuove indagini in fatto (Sez. 3 – Ordinanza n. 4175 del 19/02/2020; Sez. 2 – Sentenza n. 21243 del 09/08/2019), indagini che invece si renderebbero necessarie nel caso ora in esame (cfr. Cass. Sez. L – Ordinanza n. 40896 del 20/12/2021).
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna dei ricorrenti alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la
debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso, condanna i ricorrenti a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 6.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima