Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20548 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20548 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31325/2021 R.G. proposto da:
NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
SACE
SPA
-intimato-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 6774/2021 depositata il 14/10/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Ritenuto che
1.- La società di diritto ungherese, identificata con l’acronimo EC, nel 1991 ha stipulato un contratto di fornitura con la società italiana RAGIONE_SOCIALE al fine di procurarsi materiale per la realizzazione di un impianto per la produzione di scatole in alluminio.
Per far fronte al corrispettivo della fornitura, la società ungherese RAGIONE_SOCIALE ha ottenuto un prestito dRAGIONE_SOCIALE banca inglese Morgan Grenfell, poi divenuta di proprietà della Deutsche Bank.
Detto finanziamento è stato garantito nella misura del 71% dRAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ossia la RAGIONE_SOCIALE, istituita presso l’RAGIONE_SOCIALE.
Inizialmente la RAGIONE_SOCIALE era restia ad assicurare il finanziamento, non avendo garanzie circa la solvibilità della società garantita, ossia la società ungherese RAGIONE_SOCIALE, ma poi si è determinata a rilasciare l’assicurazione a seguito di una serie di dichiarazioni rese dallo stato ungherese attraverso il Ministero delle Finanze di quel paese.
1.2.E’ tuttavia accaduto che la società ungherese RAGIONE_SOCIALE non ha restituito il finanziamento erogato dRAGIONE_SOCIALE banca inglese, con la conseguenza che quest’ultima ha citato la RAGIONE_SOCIALE davanti ad una Corte del Regno Unito, che ha imposto RAGIONE_SOCIALE società garante di rifondere RAGIONE_SOCIALE banca la somma che avrebbe dovuto essere restituita dRAGIONE_SOCIALE società ungherese e che la RAGIONE_SOCIALE aveva assicurato.
Posta nelle condizioni di aver dovuto pagare l’ammontare garantito, la RAGIONE_SOCIALE ha quindi convenuto la Repubblica di Ungheria ed il ministero ungherese onde farsi corrispondere la somma versata
RAGIONE_SOCIALE banca inglese, sul presupposto che quegli enti pubblici avevano garantito il pagamento della società RAGIONE_SOCIALE.
1.3.- Nel giudizio davanti al tribunale di Roma gli enti convenuti si sono costituiti ed hanno eccepito il difetto di giurisdizione nonché la prescrizione del diritto.
Il giudice di primo grado ha rigettato le eccezioni di difetto di giurisdizione, di legittimazione passiva e di immunità, ha accolto l’eccezione di prescrizione quanto RAGIONE_SOCIALE domanda di responsabilità extracontrattuale, ed ha rigettato nel merito la domanda di responsabilità contrattuale, sul presupposto che le dichiarazioni rese dagli enti statali ungheresi costituivano delle lettere di patronage deboli, come tali non idonee a far sorgere alcuna obbligazione a carico del dichiarante.
Questa decisione è stata sostanzialmente confermata dRAGIONE_SOCIALE Corte d ‘A ppello di Roma, che ha escluso qualsiasi obbligazione a carico degli enti ungheresi e ha dichiarato il difetto di giurisdizione quanto RAGIONE_SOCIALE domanda di responsabilità extracontrattuale.
Questa decisione è stata impugnata per Cassazione dRAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, e Cass. n. 30989 del 2017 l ‘ ha annullata con rinvio, affermando il principio di diritto secondo cui non può negarsi valore negoziale alle dichiarazioni rilasciate dagli enti pubblici ungheresi con le quali si è comunicata la responsabilità di tali enti pubblici per le obbligazioni assunte dRAGIONE_SOCIALE committente.
1.4.- La causa è stata dunque riassunta davanti RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello di Roma che, in osservanza di tale principio di diritto, ha nuovamente interpretato quelle dichiarazioni ed ha condannato la Repubblica di Ungheria, il Ministero delle Finanze della Repubblica di Ungheria, nonché NOME COGNOME, al pagamento della somma di 134.391.988, 84 € in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Questa decisione è qui impugnata da NOME COGNOME, e dal Ministero finanze dell’Ungheria con quattro
motivi di ricorso. La RAGIONE_SOCIALE ha notificato controricorso per chiedere il rigetto della impugnazione.
Le parti hanno depositato memorie.
Considerato che
2.- In via pregiudiziale va osservato che, solo con la memoria, gli enti ungheresi ripropongono la questione di giurisdizione, già implicitamente decisa dRAGIONE_SOCIALE precedente decisione di questa Corte: questione che dunque non è stata fatta valere né nel giudizio di rinvio, né con alcuno dei motivi di ricorso.
2.1.-Con il primo motivo di ricorso si prospetta violazione degli articoli 1362 e 1363 del codice civile.
La tesi è la seguente: secondo i ricorrenti la Corte d’appello avrebbe male interpretato le dichiarazioni unilaterali, ricavandone la diretta assunzione di un obbligo da parte degli enti pubblici nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE.
Questo errore sarebbe l’esito di una parziale lettura di quelle dichiarazioni, che invece avrebbero dovuto essere interpretate insieme: in particolare avrebbe dovuto farsi lettura congiunta della lettera del 27 Aprile con quella del 1 Febbraio, lettura congiunta da cui si ricava chiaramente che gli enti statali dichiaranti non hanno assunto alcuna obbligazione fideiussoria, ma si sono limitati ad accertare che la società garantita era di diritto pubblico, prevedendo la loro garanzia solo nel caso in cui fosse stata privatizzata, condizione questa mai avveratasi.
Dunque, a differenza di quanto supposto dRAGIONE_SOCIALE Corte di Appello, il senso di quelle dichiarazioni era semplicemente quello di garantire la natura pubblica della società ungherese e di garantire le sue obbligazioni solo nel caso in cui quest’ultima fosse stata privatizzata: nel ritenere il contrario la Corte di appello avrebbe violato il canone ermeneutico dell’articolo 1362 del codice civile, che impone di indagare la comune intenzione delle parti, nonché il
canone dell’articolo 1363 cc, che impone una interpretazione sistematica delle clausole contrattuali.
2.2.- Il secondo motivo prospetta una violazione degli articoli 1936 e 1937 del codice civile.
Secondo i ricorrenti la Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto che da quelle dichiarazioni sia sorta l’obbligazione fideiussoria in capo ai dichiaranti, ma tale errore è dovuto al fatto che, come detto con il primo motivo, gli enti ungheresi si sono limitati a certificare la natura pubblica della società, ed inoltre al fatto che l’obbligo di garanzia, ossia la fideiussione, presuppone una volontà chiara di obbligarsi a garantire, volontà che invece manca del tutto nelle dichiarazioni rese dagli enti statali ungheresi.
Questi due motivi che presentano connessione logica possono valutarsi insieme e sono infondati.
Due premesse vanno svolte: la prima è che Cass. n. 30989 del 2017 ha vincolato il giudice di rinvio ad un preciso principio di diritto: attribuire valore negoziale alle dichiarazioni degli enti ungheresi, quanto all’assunzione di responsabilità per le obbligazioni assunte dRAGIONE_SOCIALE committente. E dove si intendesse aderire all’ interpretazione proposta dai ricorrenti, vale a dire che quelle dichiarazioni altro non sono che la certificazione della natura pubblica della società ungherese, questo principio di diritto sarebbe disatteso, poiché il loro valore sarebbe quello di mere informative circa la natura della società committente, secondo l’interpretazione data dai giudici di merito della precedente fase, e cassata però dRAGIONE_SOCIALE Corte di Cassazione nella citata decisione.
Va poi osservato che la questione se con quelle dichiarazioni gli enti ungheresi abbiano voluto impegnarsi a garantire la loro società, oppure no, è una questione di interpretazione della volontà delle parti che, come tale, costituisce accertamento in fatto rimesso RAGIONE_SOCIALE discrezionalità del giudice di merito e non censurabile in Cassazione se non per difetto di motivazione.
Com ‘è noto, altro è l’interpretazione della volontà delle parti, che è accertamento di fatto rimesso al giudice di merito, altro la qualificazione di tale volontà, che è attività giuridica come tale censurabile in Cassazione (v da ultimo Cass. 15603/ 2021).
Ciò posto, i motivi si dimostrano infondati nel merito in quanto, proprio a tener conto della interpretazione sistematica e della intenzione delle parti, si ricava l’assunzione esplicita di una obbligazione di garanzia da parte degli enti pubblici, dal momento che, sia nella lettera invocata dai ricorrenti stessi del 1 Febbraio 94, sia in quella del 27 Aprile del 94, che, secondo i ricorrenti va letta insieme con la precedente, è espressamente affermato che ‘sulla base delle precedenti affermazioni, la AV NOME è responsabile di tutti i debiti di ElzettCerta’ ed inoltre che ‘lo Stato ungherese è l’unico responsabile degli obblighi della RAGIONE_SOCIALE nel caso di insolvenza omessa in liquidazione di detta società’.
Si tratta, come è evidente, di dichiarazioni volte a garantire in modo esplicito i debiti della società e dunque non già soltanto a rafforzare il proposito di concederle credito, che è tipico delle lettere di patronage , ma piuttosto ad assumere direttamente l’obbligazione di garanzia in caso di inadempimento.
2.4.- Con il terzo motivo si prospetta violazione degli articoli 1938 e 1957 del codice civile.
La tesi degli enti ricorrenti è nel senso che, quand’anche si ritenesse che essi hanno assunto un’obbligazione fideiussoria, non si è tuttavia tenuto conto che si tratterebbe di una fideiussione nulla poiché non è previsto il massimo importo garantito, posto che l’espressione generica ‘per tutti i debiti’ comporta una sorta di obbligo illimitato e, come tale, vietato dall’articolo 1938 cc.
Il motivo è inammissibile.
Non risulta che una tale questione sia stata posta nei gradi precedenti di giudizio, né i ricorrenti lo allegano.
Inoltre, è infondato, posto che chiaramente la garanzia è concessa in relazione al debito assunto, il quale è invece precisamente determinato nel contratto di finanziamento: ed è in relazione a tale ammontare che è fatta la dichiarazione di garanzia.
2.5.- Con il quarto motivo si prospetta violazione dell’articolo 2952 del codice civile.
Ritengono i ricorrenti che il diritto di RAGIONE_SOCIALE è comunque prescritto in quanto il termine per farlo valere è quello annuale e decorre dal giorno in cui, a norma dell’articolo 2952 del codice civile, si è verificato l’evento su cui si fonda il diritto dell’assicurato o della RAGIONE_SOCIALE, e quell’evento altro non è che il pagamento che SACE ha dovuto effettuare in favore della banca inglese che aveva concesso il finanziamento: cosi che, partendo da quella data, quando RAGIONE_SOCIALE ha agito nei confronti degli enti ricorrenti, il termine annuale era ampiamente scaduto.
Il motivo è infondato.
La norma invocata fa chiaramente riferimento al diritto nascente dal contratto di assicurazione, ossia al contratto fra la società RAGIONE_SOCIALE e la società inglese che ha concesso il finanziamento, nonché la società ungherese finanziata: va da sé, tuttavia, che la società RAGIONE_SOCIALE non agisce in base al contratto di assicurazione bensì in base alle dichiarazioni rese dagli enti pubblici ungheresi di cui si è detto in precedenza. E dunque non fa valere un diritto derivante dal contratto di assicurazione, ma un diritto derivante da quelle dichiarazioni.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in
complessivi euro 11.200,00, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13 .
Così deciso in Roma, il 16/04/2024.