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Lettera interruttiva prescrizione: quando è valida?

Una società ha citato in giudizio il proprio istituto di credito per addebiti illegittimi. La banca ha eccepito la prescrizione, ma la Corte d’Appello ha stabilito che la lettera interruttiva della prescrizione inviata dalla società era valida, pur non specificando l’importo esatto, poiché manifestava chiaramente la volontà di recuperare le somme. La Corte ha inoltre confermato la nullità di clausole di interesse indeterminate e ribadito che spetta alla banca provare le condizioni contrattuali. L’appello della banca è stato respinto, mentre quello incidentale della società è stato accolto, con un conseguente aumento della somma da restituire.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Lettera Interruttiva della Prescrizione: Non Serve l’Importo Esatto

Una recente sentenza della Corte di Appello di Ancona chiarisce un punto fondamentale nei contenziosi bancari: la validità della lettera interruttiva della prescrizione. Questo atto, cruciale per salvaguardare i propri diritti, non necessita dell’indicazione specifica della somma richiesta per essere efficace. La chiara manifestazione di volontà di far valere il proprio diritto è sufficiente. La decisione analizza anche temi come la nullità delle clausole sui tassi di interesse e l’onere della prova in capo alla banca.

I Fatti del Caso

Una società citava in giudizio un istituto di credito per ottenere la restituzione di somme indebitamente pagate su un rapporto di conto corrente e un conto anticipi su fatture. Il Tribunale di primo grado accoglieva parzialmente la domanda, condannando la banca a restituire oltre 246.000 euro.
L’istituto di credito proponeva appello, basando le proprie difese su tre motivi principali:
1. Prescrizione: sosteneva che la richiesta di rimborso fosse prescritta, poiché la lettera inviata dalla società nel 2018 era troppo generica per interrompere i termini.
2. Erronea valutazione delle prove: contestava la ricostruzione contabile del perito del tribunale (CTU), in particolare riguardo alla indeterminatezza del tasso sul conto anticipi e alla prova dell’esistenza di un fido bancario.
3. Errata applicazione degli interessi: riteneva che gli interessi legali maggiorati (ex art. 1284 c.c.) non fossero applicabili a un credito restitutorio.

La società correntista, a sua volta, proponeva appello incidentale, sostenendo la piena validità della lettera del 2018 e chiedendo un importo restitutorio maggiore.

La validità della lettera interruttiva della prescrizione

La Corte d’Appello ha respinto la tesi della banca, accogliendo invece l’appello incidentale della società. I giudici hanno stabilito che la lettera inviata nel 2018, pur non quantificando l’importo, era idonea a interrompere la prescrizione. Essa, infatti, manifestava in modo inequivocabile la volontà del correntista di ottenere la restituzione di somme per titoli specifici (commissioni, interessi ultralegali, capitalizzazione trimestrale, ecc.). Citando la giurisprudenza della Cassazione, la Corte ha ribadito che per interrompere la prescrizione è sufficiente comunicare al debitore il fatto costitutivo della pretesa e la chiara volontà di far valere il proprio diritto, senza necessità di formule sacramentali o della quantificazione del credito.

Onere della prova e nullità delle clausole

La Corte ha confermato le conclusioni del Tribunale e del CTU anche sugli altri punti.
* Tasso Indeterminato: La clausola sul tasso di interesse del conto anticipi è stata giudicata nulla per indeterminatezza. Il contratto faceva riferimento a un parametro (M3A) non univocamente definito, rendendo impossibile per il cliente comprendere come sarebbe stato calcolato il tasso.
* Prova del Fido Bancario: Anche in assenza di un contratto scritto di apertura di credito, la sua esistenza è stata provata attraverso altri elementi: l’applicazione di tassi diversi a seconda degli scaglioni di debito, l’addebito di commissioni calcolate su un importo di fido specifico e le segnalazioni alla Centrale Rischi della Banca d’Italia. L’onere di provare le condizioni contrattuali pattuite, incluso il tasso intra-fido, spetta alla banca. In sua assenza, si applicano i tassi sostitutivi previsti dalla legge.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte si fondano su principi consolidati in materia di diritto bancario e processuale. In primis, viene valorizzata la tutela del contraente debole. La validità della lettera interruttiva della prescrizione anche senza importo specifico è un’applicazione di questo principio, poiché evita che il diritto del correntista si estingua per un mero formalismo. Inoltre, la Corte ribadisce il rigoroso onere probatorio a carico della banca: è l’istituto di credito che deve produrre contratti chiari e completi. Se una clausola è ambigua o indeterminata, la nullità opera a vantaggio del cliente. Allo stesso modo, l’esistenza di un affidamento può essere dimostrata con prove indirette, invertendo di fatto l’onere della prova a carico della banca che voglia sostenere il contrario. Infine, la Corte ha applicato l’orientamento più recente della Cassazione sugli interessi ex art. 1284, comma 4, c.c., estendendone l’applicazione anche alle obbligazioni restitutorie derivanti da nullità contrattuale, garantendo così al creditore un ristoro più adeguato per il ritardo.

Conclusioni

La sentenza rappresenta un’importante conferma a tutela dei correntisti. Stabilisce che una richiesta stragiudiziale ben motivata, anche se non quantificata, è sufficiente a interrompere la prescrizione decennale. Rafforza inoltre il principio che la trasparenza contrattuale è un obbligo inderogabile per le banche. L’assenza o l’indeterminatezza delle clausole economiche, come quelle sui tassi di interesse, si risolve a favore del cliente con l’applicazione di sanzioni civili quali la nullità e l’applicazione di tassi sostitutivi. Per le aziende, questa decisione sottolinea l’importanza di agire tempestivamente e formalmente per contestare gli addebiti bancari, anche attraverso una comunicazione che, seppur non dettagliata nell’importo, sia chiara nelle sue finalità.

Una lettera di messa in mora per interrompere la prescrizione deve specificare l’importo esatto richiesto?
No. Secondo la sentenza, per l’interruzione della prescrizione è sufficiente la comunicazione del fatto costitutivo della pretesa e la chiara manifestazione della volontà del creditore di far valere il proprio diritto, non essendo necessaria l’indicazione dell’importo esatto.

Come si può dimostrare l’esistenza di un’apertura di credito se manca il contratto scritto?
L’esistenza di un’apertura di credito può essere provata attraverso una serie di elementi indiretti, come la tolleranza di un saldo negativo, l’applicazione di tassi differenti su scaglioni di debito, l’addebito di commissioni (come la commissione di massimo scoperto) calcolate su un importo di fido e le segnalazioni alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia.

Quando una clausola che determina il tasso di interesse è considerata nulla per indeterminatezza?
Una clausola è considerata nulla per indeterminatezza quando i parametri per il calcolo del tasso non sono specificati in modo chiaro e univoco. Nel caso di specie, il riferimento a un codice (M3A) senza indicare la fonte ufficiale o il metodo di calcolo (es. media, valore puntuale) ha reso la clausola indeterminabile e quindi nulla.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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