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Lesione possessoria: quando l’uso è solo passaggio?

Un’ordinanza del Tribunale di Brescia affronta un caso di presunta lesione possessoria in aree comuni. Una proprietaria ha citato in giudizio i suoi vicini per aver posizionato mobili, piante e una piscina in un androne e cortile condivisi. Il giudice ha respinto il ricorso, stabilendo che, non essendo impedito il passaggio a piedi e non avendo la ricorrente specificato quale altro ‘uso più vario’ del bene le fosse stato precluso, non sussiste una lesione possessoria tutelabile. La decisione sottolinea l’importanza di provare un pregiudizio concreto e specifico al proprio possesso, al di là di un generico fastidio.

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Pubblicato il 17 dicembre 2024 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Lesione Possessoria: Quando Occupare le Aree Comuni è Legittimo?

La gestione degli spazi comuni negli edifici è una fonte costante di liti. Ma quando il comportamento di un vicino si trasforma da semplice fastidio a una vera e propria lesione possessoria? Una recente ordinanza del Tribunale di Brescia fa luce su un punto cruciale: per ottenere tutela non basta lamentare un’occupazione, ma occorre dimostrare quale specifico utilizzo del bene viene concretamente impedito. Analizziamo questa decisione per capire come la legge bilancia i diritti dei comproprietari.

I Fatti del Caso: Conflitto nel Cortile Comune

La vicenda nasce dalla denuncia di una proprietaria di un appartamento che lamentava l’impossibilità di godere appieno delle aree comuni, nello specifico l’androne d’ingresso e il cortile. Secondo la sua ricostruzione, i nuovi comproprietari avevano progressivamente occupato questi spazi con una serie di oggetti: divani, poltrone, tavoli, biciclette, bidoni e numerose piante nell’androne; pali per un gazebo, una piscina fuori terra e altri arredi nel cortile.

La Tesi della Ricorrente: Possesso Violato e Passaggio Ostacolato

La ricorrente sosteneva di aver sempre esercitato il possesso sull’ingresso e sul cortile, utilizzandoli non solo per il passaggio ma facendone un “uso più vario”, come concesso al comproprietario. A suo dire, il posizionamento di tutti questi oggetti da parte dei vicini costituiva una molestia e uno spoglio, ovvero una lesione possessoria che le impediva di godere del bene come in passato. Per questo motivo, ha avviato un’azione legale urgente per ottenere la rimozione degli oggetti e la reintegrazione nel pieno possesso delle aree.

La Decisione del Tribunale e la Lesione Possessoria

Il Tribunale ha respinto il ricorso della proprietaria. La decisione si fonda su un’analisi pragmatica della situazione di fatto, distinguendo nettamente tra il diritto di proprietà e la tutela del possesso. Il giudice ha concluso che, nel caso specifico, non vi era alcuna lesione possessoria meritevole di tutela.

Le Motivazioni

Il rigetto si basa su due pilastri argomentativi fondamentali. In primo luogo, il Tribunale ha verificato che la facoltà essenziale di passaggio non era di fatto impedita. Nonostante la presenza di oggetti, le fotografie prodotte mostravano che l’ingresso comune rimaneva “ampiamente libero e agevolmente percorribile a piedi” e che gli oggetti nel cortile, come la piscina o i pali, non ostruivano l’accesso alla scala che conduceva all’abitazione della ricorrente. Di conseguenza, non si poteva parlare di spoglio o di una molestia intollerabile relativamente al transito.

In secondo luogo, e questo è il punto più significativo, il giudice ha rilevato un “evidente difetto di allegazione” da parte della ricorrente. Ella ha lamentato la lesione di un non meglio specificato “uso più vario” del cortile, senza però mai chiarire quali fossero, in concreto, le ulteriori facoltà di godimento che esercitava in passato e che ora le sarebbero precluse. Mancava il parametro fondamentale per valutare la lesione: non è stato specificato se la ricorrente usasse il cortile per stendere i panni, per far giocare i figli, per parcheggiare un veicolo o per qualsiasi altra attività. Senza questa specificazione, il giudice non ha potuto valutare se le condotte dei vicini fossero effettivamente incompatibili con il pari diritto di uso della ricorrente, come previsto dall’art. 1102 c.c.

Le Conclusioni

L’ordinanza offre una lezione pratica di grande importanza. In un’azione a difesa del possesso, non è sufficiente lamentare genericamente un’occupazione degli spazi comuni. È onere di chi agisce in giudizio allegare e provare in modo specifico e circostanziato quali poteri di fatto sul bene sono stati lesi. Un generico richiamo all’ “uso più vario” è inefficace se non viene riempito di contenuti concreti. La decisione ribadisce che la tutela possessoria protegge una situazione fattuale, e quindi richiede la dimostrazione di un pregiudizio tangibile e non di un mero disappunto per l’utilizzo che altri fanno della cosa comune.

Domanda 1: Posizionare oggetti come divani o una piscina in un’area comune costituisce sempre una lesione possessoria?
Risposta: No. Secondo l’ordinanza, non costituisce una lesione possessoria se non impedisce di fatto il passaggio e se la parte che si lamenta non dimostra di essere stata privata di un utilizzo specifico e concreto che faceva in passato di quell’area.

Domanda 2: Per vincere una causa per lesione possessoria è sufficiente dimostrare di essere comproprietario dell’area?
Risposta: No. L’azione possessoria tutela la situazione di fatto (il possesso), non il diritto di proprietà. Nell’ordinanza, il giudice ha ritenuto irrilevanti le questioni sulla titolarità del bene, concentrandosi esclusivamente sul fatto che il possesso fosse stato effettivamente e concretamente leso.

Domanda 3: Cosa significa “difetto di allegazione” e perché è stato decisivo in questo caso?
Risposta: Significa che la parte ricorrente non ha specificato in modo sufficientemente dettagliato i fatti a fondamento della sua richiesta. In questo caso, non ha spiegato in cosa consistesse l'”uso più vario” del cortile che le sarebbe stato impedito, limitandosi a lamentare un ostacolo al passaggio che, in realtà, non sussisteva. Questa mancanza è stata la ragione principale del rigetto del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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