Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 11615 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 11615 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 808/2024 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall ‘ Avvocatura Generale dello Stato (c.f. 80224030587), con domicilio digitale ex lege
– ricorrente –
contro
ILARIO COGNOME
– intimato –
avverso la sentenza della Corte d ‘ appello di Lecce n. 990 dell ‘ 11/12/2023; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/4/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
letta la memoria della ricorrente.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Lecce, la AGEA – Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura domandando il risarcimento
Responsabilità della Pubblica Amministrazione – Lesione dell ‘ affidamento sulla legittimità dell ‘ azione della P.A. – Configurabilità – Condizioni.
del danno subito per violazione del legittimo affidamento riposto nei provvedimenti dell ‘ Amministrazione convenuta:
-affermava di essere imprenditore agricolo e di utilizzare i cc.dd. ‘ titoli P.A.C. ‘ (diritti impiegati per ricevere i pagamenti diretti previsti dalla Politica Agricola Comune, associati a terreni agricoli ammissibili, come seminativi, frutteti o pascoli);
-con la circolare AGEA n. ACIU.2013.979 dell ‘ 11 ottobre 2013, si era disposto che, al fine di accedere ai benefici previsti nella P.A.C., le superfici condotte a ‘ pascolo magro ‘ dovessero essere obbligatoriamente a pascolamento diretto, escludendosi, così, la possibilità di avvalersi dei titoli con riferimento a terreni adibiti a pascolamento condotto da terzi;
-nel procedimento giurisdizionale volto all ‘ annullamento della menzionata circolare, il Consiglio di Stato ne aveva sospeso l ‘ efficacia con l ‘ ordinanza cautelare n. 1010 del 6 marzo 2014, (resa in appello della decisione cautelare del TAR Lazio n. 452/2014);
-ottemperando al pronunciamento cautelare, AGEA aveva emesso la circolare n. ACIU.2014.135 dell ‘ 11 marzo 2014, con cui aveva dichiarato, per la campagna agraria 2014, di sospendere l ‘ efficacia della precedente circolare n. ACIU.2013.979 dell ‘ 11 ottobre 2013 e, così, di riconoscere a tutti gli operatori richiedenti (con domanda PAC per l ‘ anno 2014, valida anche per il successivo quinquennio) la possibilità, di utilizzazione di terreni condotti a pascolo magro pascolato da terzi, ai fini del riconoscimento dei benefici comunitari;
-avendo riposto un legittimo affidamento su quest ‘ ultima circolare, l ‘ attore aveva presentato tempestiva domanda di pagamento riferendo i titoli PAC a terreni a pascolo magro pascolati da terzi;
-successivamente, il TAR del Lazio, con la sentenza n. 802 del 19/1/2015, aveva rigettato l ‘ originario ricorso volto ad ottenere l ‘ annullamento della circolare AGEA n. ACIU.2013.979 dell ‘ 11 ottobre 2013 e tale decisione veniva confermata dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 4192 dell ‘ 8/9/2015;
-sebbene la domanda PAC del COGNOME fosse stata presentata nella vigenza della circolare AGEA n. ACIU.2014.135 dell ‘ 11 marzo 2014, l ‘ istanza, diretta ad ottenere i benefici per l ‘ anno 2014, veniva respinta dall ‘ Amministrazione in relazione ai titoli riferiti a terreni condotti a pascolo magro presso terzi;
-sosteneva l ‘ attore di aver patito un danno -del quale domandava il risarcimento quantificandolo in Euro 45.662,35 -consistito non solo nella decurtazione dei titoli per l ‘ anno 2014, in buona fede ‘ poggiati ‘ sui terreni condotti a pascolo magro pascolato da terzi, ma anche per il quinquennio successivo all ‘ annata agraria 2014.
La AGEA contestava le pretese avversarie, rilevando, in particolare, che non vi era stata alcuna violazione, da parte dell ‘ Amministrazione, dei doveri di comportamento secondo buona fede e che non era configurabile alcuna lesione di un legittimo affidamento, posto che l ‘ attore aveva incautamente confidato in una circolare (n. ACIU.2014.135 dell ‘ 11 marzo 2014) che era frutto di un provvedimento cautelare del Giudice Amministrativo, come tale instabile e suscettibile di revoca in conseguenza della pronuncia di merito (effettivamente intervenuta con la sentenza n. 802/2015 del TAR Lazio, poi confermata dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 4192/2015).
Il Tribunale di Lecce, con la sentenza n. 1522 del 29/6/2020, accoglieva la domanda attorea e, dichiarata l ‘ illegittimità del comportamento di AGEA che aveva ingenerato un legittimo e incolpevole affidamento dell ‘ attore, condannava l ‘ odierna ricorrente al pagamento della somma di Euro 45.662,35, oltre a interessi e spese del giudizio.
L ‘ AGEA – Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura proponeva appello, al quale resisteva NOME COGNOME
Con la sentenza n. 990 dell ‘ 11/12/2023 la Corte d ‘ appello di Lecce, respingeva l ‘ impugnazione e condannava l ‘ appellante alla rifusione dei costi della lite.
6. Per quanto qui rileva, la Corte territoriale così spiegava la propria decisione: «Preliminarmente, è d ‘ uopo precisare come risulti incontestata tra le parti la circostanza che, con riferimento a tale tipo di domande ‘ PAC ‘ , si fosse creata una situazione di incertezza del quadro normativo di riferimento, successivamente risolta dal Giudice Amministrativo. In particolare, con circolare Prot. N. ACIU.2013.979 dell ‘ 11 ottobre 2013, la AGEA aveva, infatti, previsto che ‘ a partire dalla Domanda unica presentata per la campagna 2014 (…) ai fini della ammissibilità delle superficie dichiarate a pascolo magro non è possibile considerare il pascolamento da parte di terzi ‘ . A seguito dell ‘ adozione di tale circolare, talune aziende avevano impugnato il provvedimento per farne accertare la sua illegittimità. All ‘ ordinanza con la quale il TAR Lazio aveva respinto, in sede cautelare, le avanzate istanze di sospensione, aveva fatto seguito quella del Consiglio di Stato, che in accoglimento della domanda cautelare precedentemente rigettata, aveva sospeso l ‘ efficacia della circolare impugnata. A seguito di tale provvedimento, con circolare Prot. N. ACIU.2014.135 dell ‘ 11 marzo 2014, l ‘ AGEA aveva comunicato che ‘ solo per la campagna 2014, è sospesa l ‘ efficacia della circolare AGEA Prot. ACIU.2013.979 dell ‘ 11 ottobre 2013. Si fa riserva di comunicare l ‘ esito della decisione che il TAR Lazio emetterà in sede di merito e gli eventuali conseguenti provvedimenti ‘ . Con sentenza del 19 gennaio 2015 n. 802, il TAR Lazio respingeva nel merito il ricorso proposto dagli agricoltori; e successivamente il Consiglio di Stato, definitivamente pronunciando sull ‘ appello, confermava il rigetto del ricorso. Pertanto, nella fattispecie de qua, non è contestato che, nel momento in cui è stata inoltrata la domanda di aiuto comunitario da parte dell ‘ odierno appellato, COGNOME COGNOME ovvero il 15 maggio 2014, non solo l ‘ efficacia della prima circolare AGEA era stata sospesa in via cautelativa, ma con espressa circolare Prot. N. ACIU.2014.135 dell ‘ 11 marzo 2014, gli agricoltori erano stati espressamente autorizzati a presentare le domande PAC per l ‘ anno 2014, dirette ad ottenere i benefici di legge, comprendendovi anche i titoli ‘ poggiati ‘ su terreni a pascolo magro pascolato da terzi. Possibilità che veniva, per di più,
espressamente prevista ed autorizzata anche dal testo dei moduli di domanda, nell ‘ occasione predisposti a stampa e distribuiti dalla stessa Agenzia. Orbene, se per un verso è evidente l ‘ incertezza della normazione primaria e secondaria applicabile in materia, risolta, solo successivamente, in senso negativo per effetto di due pronunce del giudice amministrativo, per altro verso, non è revocabile in dubbio che la domanda de qua, inoltrata entro il termine previsto, debba ritenersi lecita e legittima, all ‘ epoca in cui fu fatta. Dunque, in considerazione dell ‘ ondivaga normativa di riferimento, disciplinante i titoli PAC per l ‘ annata 2014, non può ritenersi legittimo il comportamento di AGEA che per il successivo quinquennio 2005-2010 ha preso quale annata di riferimento -per l ‘ attribuzione dei finanziamenti de quibus – il 2014, in tal modo decurtando i contributi relativi ai titoli PAC poggiati su pascoli magri condotti da terzi; ben avrebbe potuto Agea, per evitare il vulnus che di poi si è verificato, consentire una integrazione e regolarizzazione della domanda già presentata, mediante una remissione in termini, così consentendo agli agricoltori in generale, ed in particolare all ‘ appellato di procurarsi altri e diversi titoli su terreni differenti da quelli condotti a pascoli magri da terzi, per conseguire il minimo richiesto ad ottenere i benefici comunitari. Non aver adottato questa condotta collaborativa, sul quale gli aventi diritto avevano correttamente operato un legittimo affidamento, integra un inadempimento di AGEA al precetto della buona fede come regola oggettiva di condotta. Ed invero, deve ritenersi sussistente nel nostro ordinamento la tutela del privato che abbia fatto incolpevole affidamento su di un provvedimento amministrativo, autoritativo o paritetico, ampliativo della propria sfera giuridica, sia esso provvisorio o definitivo, poi annullato o revocato. In sostanza, il dovere di comportamento di buona fede, da parte dell ‘ amministrazione, giustifica il formarsi di legittime aspettative in capo a l privato. … Alla luce delle considerazioni che precedono, non può che ritenersi illecito il comportamento dell ‘ ente pubblico e per questo va confermata la condanna al risarcimento dei danni, conformemente a quanto disposto in primo grado.».
La AGEA – Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura impugnava la menzionata sentenza con ricorso per cassazione, basato su cinque motivi.
Per tramite del suo difensore, NOME COGNOME depositava una nota, datata 3/6/2024, con cui dichiarava di non avere ricevuto la notificazione del ricorso per cassazione (di cui aveva avuto conoscenza grazie ad una successiva informale trasmissione dell ‘ atto da parte di AGEA) e, per tale ragione, di non avere redatto e notificato il controricorso.
L ‘ Agenzia ricorrente depositava memoria ex art. 380bis .1 c.p.c.
All ‘ esito della camera di consiglio del 23/4/2025, il Collegio si riservava il deposito dell ‘ ordinanza nei successivi sessanta giorni, a norma dell ‘ art. 380bis .1, comma 2, c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, in relazione alla menzionata nota datata 3/6/2024, si rileva che l ‘ Avvocatura dello Stato, difensore ex lege di RAGIONE_SOCIALE, ha depositato la prova dell ‘ avvenuta notificazione del ricorso, eseguita in data 10/1/2024 a mezzo di p.e.c.: sono agli atti, infatti, le ricevute di accettazione e di avvenuta consegna all ‘ indirizzo del legale di COGNOME che aveva prestato il suo patrocinio in appello.
Col primo motivo l ‘ Amministrazione ricorrente deduce «violazione e falsa applicazione, denunciata ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. dell ‘ art. 55 cod. proc. amm., dell ‘ art. 336 cod. proc. civ. e dell ‘ art. 2043 cod. civ., per avere la Corte d ‘ appello erroneamente ravvisato un legittimo affidamento in provvedimenti espressamente dichiarati provvisori e travolti dalla successiva sentenza del TAR (confermata dal Consiglio di Stato)».
Col secondo motivo si deduce «violazione e falsa applicazione, denunciata ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., dell ‘ art. 2043 cod. civ., per avere il Giudice di merito ravvisato un affidamento legittimo del privato a seguito dell ‘ asserita incertezza normativa, apoditticamente definita ‘ evidente ‘ ma non comprovata e comunque del
tutto inidonea a ingenerare un affidamento meritevole di tutela nella bontà di una ricostruzione normativa smentita da una sentenza passata in giudicato».
I motivi possono essere esaminati congiuntamente perché, nella sostanza, prospettano la medesima censura sotto diversi aspetti: ad avviso della ricorrente RAGIONE_SOCIALE non poteva configurarsi un legittimo affidamento, meritevole di tutela, rispetto a una situazione ingenerata da un provvedimento cautelare del giudice amministrativo, per sua natura instabile e poi effettivamente caducato dalla sentenza definitiva, la quale ha poi negato protezione all ‘ interesse pretensivo del COGNOME.
Le censure sono fondate.
La questione relativa ai limiti della tutela dell ‘ affidamento riposto dal privato rispetto all ‘ esercizio di un potere amministrativo per sé vantaggioso non è inedita nella giurisprudenza di legittimità, ma soprattutto nelle decisioni del giudice amministrativo ha da poco trovato una sua compiuta definizione.
Nella più recente ricostruzione della giurisprudenza di questa Corte -Cass. Sez. U., 22/02/2025, n. 4717 (in tema di riparto di giurisdizione) – «Il danno da lesione dell ‘ affidamento sulla correttezza dell ‘ attività provvedimentale della p.a. non è … un danno da provvedimento, ma è un danno da comportamento. Esso è stato ritenuto sussistente da questa Corte (e soggetto alla giurisdizione del giudice ordinario) essenzialmente in tre casi, ovvero quando la P.A.: a) amplia la sfera giuridica del destinatario con un provvedimento che, in seguito, si rivela fondato su presupposti di fatto erronei …; b) adotta un provvedimento che induce il destinatario od un terzo al compimento di atti o alla programmazione di attività, e che in seguito viene revocato …; c) adott a un provvedimento che nuoce non al destinatario di esso, ma ad un terzo, quale conseguenza mediata e indiretta dell ‘ illegittimità del provvedimento. … In tutte le ipotesi suddette ci troviamo dunque dinanzi ad un provvedimento amministrativo attributivo di diritti o facoltà che in seguito viene rimosso. Due sono i presupposti d ‘ una domanda di risarcimento del danno da incolpevole affidamento nella legittimità del provvedimento
amministrativo: a) l ‘ allegazione dell ‘ esistenza d ‘ un provvedimento amministrativo; b) l ‘ allegazione della sua apparente legittimità, non corrispondente però alla sottostante e reale illegittimità.».
8. In relazione al risarcimento dei danni derivanti dall ‘ attività provvedimentale della Pubblica Amministrazione (fattispecie contigua a quella qui esaminata), l ‘ Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con le sentenze nn. 19, 20 e 21 del 29/11/2021, ha statuito che «l ‘ affidamento tutelabile in via risarcitoria deve essere ragionevole, id est incolpevole. Esso deve quindi fondarsi su una situazione di apparenza costituita dall ‘ Amministrazione con il provvedimento, o con il suo comportamento correlato al pubblico potere, in cui il privato abbia senza colpa confidato. Nel caso di provvedimento poi annullato, il soggetto beneficiario deve dunque vantare una ragionevole aspettativa alla conservazione del bene della vita ottenuto con il provvedimento stesso, la frustrazione della quale possa quindi essere considerata meritevole di tutela per equivalente in base all ‘ ordinamento giuridico. La tutela risarcitoria non interviene quindi a compensare il bene della vita perso a causa dell ‘ annullamento del provvedimento favorevole, che comunque si è accertato non spettante nel giudizio di annullamento, ma a ristorare il convincimento ragionevole che esso spettasse. Nella descritta prospettiva, il grado della colpa dell ‘ amministrazione – e dunque la misura in cui l ‘ operato di questa è rimproverabile – va correlato al profilo della riconoscibilità dei vizi di legittimità da cui potrebbe essere affetto il provvedimento. Al riguardo va ricordato che nel giudizio di annullamento la colpa dell ‘ amministrazione è elemento costitutivo della responsabilità dell ‘ amministrazione nei confronti del ricorrente che agisce contro il provvedimento a sé sfavorevole, sebbene essa sia presuntivamente correlata all ‘ illegittimità del provvedimento, per cui spetta all ‘ amministrazione dare la prova contraria dell ‘ errore scusabile. Trattasi pertanto di una colpa valutata in senso oggettivo, pur sempre nell ‘ ambito di una fattispecie di responsabilità a base colposa. Sulla base di questa presunzione, per il danno da lesione dell ‘ affidamento da
provvedimento favorevole, poi annullato, la manifesta l ‘ illegittimità del provvedimento favorevole al suo destinatario, che consenta di ritenere che egli ne potesse pertanto essere consapevole è un elemento che incide, per escluderla o attenuarla, la colpa dell ‘amministrazione. … La tutela dell ‘ affidamento si fonda sui principi di correttezza e buona fede che regolano l ‘ esercizio del pubblico potere ma anche la posizione del privato, con la conseguenza che tale tutela postula che l ‘ aspettativa sul risultato utile o sulla conservazione dell ‘ utilità ottenuta sia sorretta da circostanze che obiettivamente la giustifichino. Un affidamento incolpevole non è predicabile innanzitutto nel caso estremo ipotizzato nell ‘ ordinanza di rimessione, in cui sia il privato ad avere indotto dolosamente l ‘ amministrazione ad emanare il provvedimento. Altrettanto è a dirsi se l ‘ illegittimità del provvedimento era evidente e avrebbe pertanto potuto essere facilmente accertata dal suo beneficiario, in conformità a una regola di carattere generale, espressamente richiamata in ambito civilistico (art. 1147, comma 2, cod. civ.), secondo cui la buona fede «non giova se l ‘ignoranza dipende da colpa grave». … Può in conclusione affermarsi il seguente principio di diritto: «la responsabilità dell ‘ amministrazione per lesione dell ‘ affidamento ingenerato nel destinatario di un suo provvedimento favorevole, poi annullato in sede giurisdizionale, postula che sia insorto un ragionevole convincimento sulla legittimità dell ‘ atto, il quale è escluso in caso di illegittimità evidente o quando il medesimo destinatario abbia conoscenza dell ‘ impugnazione contro lo stesso provvedimento».».
Dalle pronunce sopra richiamate si possono ricavare elementi utili per la decisione della controversia de qua .
Con la propria azione il COGNOME ha prospettato che l ‘ AGEA aveva adottato un provvedimento (la circolare Prot. N. ACIU.2014.135 dell ‘ 11 marzo 2014), poi revocato, che -ingenerando nell ‘ attore un incolpevole affidamento sulla sua legittimità -lo aveva indotto al compimento di atti (la domanda di contributi P.A.C. per il pascolo condotto da terzi) e alla programmazione della sua attività economica.
I giudici di merito hanno ritenuto contrario a buona fede il comportamento dell ‘ amministrazione, la quale -a fronte di gravi incertezze normative (solo in seguito risolte dalle decisioni del G.A.) -avrebbe dovuto adoperarsi positivamente (anche con una rimessione in termini per consentire l ‘ integrazione e la regolarizzazione dell ‘ istanza già presentata) valutando la correttezza del richiedente, la cui domanda era stata inoltrata conformemente alla circolare poi annullata: «Non aver adottato questa condotta collaborativa, sul quale gli aventi diritto avevano correttamente operato un legittimo affidamento, integra un inadempimento di AGEA al precetto della buona fede come regola oggettiva di condotta. Ed invero, deve ritenersi sussistente nel nostro ordinamento la tutela del privato che abbia fatto incolpevole affidamento su di un provvedimento amministrativo, autoritativo o paritetico, ampliativo della propria sfera giuridica, sia esso provvisorio o definitivo, poi annullato o revocato.».
Il percorso logico-giuridico sul quale si fonda la decisione impugnata è errato per plurime ragioni.
Infatti, per aversi tutela risarcitoria dell ‘ affidamento occorre che questo sia legittimo e, cioè, incolpevole, id est basato sull ‘ apparente legittimità del provvedimento, la quale va esclusa sia in considerazione della sua temporaneità, sia in ragione della consapevolezza, in capo al richiedente, della sua sottoposizione a giudizio.
In altri termini, la proposizione di una domanda formalmente lecita e conforme alla circolare AGEA vigente ratione temporis non vale di per sé a fondare una legittima aspettativa del richiedente se questo è a conoscenza del giudizio pendente sulla precedente circolare (poi ripristinata dal rigetto dei ricorsi da parte del G.A.) e della sua emissione in conseguenza di un pronunciamento cautelare, di per sé instabile.
Anche dalle menzionate pronunce dell ‘ Adunanza plenaria del Consiglio di Stato si desume che il dovere di comportarsi secondo buona fede non è ‘ a senso unico ‘ e che, dunque, lo stesso non incombe soltanto sull ‘ Amministrazione, ma anche sul privato, il quale -se posto nelle
condizioni di conoscere la caducità e la possibile illegittimità del provvedimento a sé favorevole -non vanta un affidamento incolpevole, posto che si tratta di evenienza non certo imprevedibile di cui si deve necessariamente tenere conto.
In conclusione, deve affermarsi il seguente principio: «L ‘ efficacia dell ‘ atto amministrativo non è di per sé sola idonea a legittimare l ‘ affidamento del privato, perché questo è meritevole di tutela solo quando è sorretto da un convincimento ragionevole rispetto alla correttezza della condotta dell ‘ Amministrazione: la consapevolezza che quella condotta sia -o possa essere -plausibilmente tacciata d ‘ illegittimità o addirittura appaia ictu oculi illegittima oppure sia per sua natura instabile e sub iudice esclude la buona fede (intesa come confiance sulla conservazione dello status quo ) e, dunque, impedisce che l ‘ ordinamento protegga colui che -in qualche misura -poteva ben avvedersi di star confidando su un atto illegittimo o suscettibile di (oppure esposto al rischio di) caducazione».
In applicazione del principio ora sancito, in accoglimento delle prime due censure, la sentenza impugnata dev ‘ essere cassata (non occorre, perciò, esaminare gli altri motivi di ricorso, formulati soltanto in via subordinata) e, non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito a norma dell ‘ art. 384 c.p.c.
Come già esposto, nel caso de quo si deve escludere la configurabilità di un affidamento incolpevole di NOME COGNOME sulla circolare AGEA Prot. N. ACIU.2014.135 dell ‘ 11 marzo 2014.
Secondo quanto accertato dalla Corte di merito -il provvedimento era stato esplicitamente adottato in conseguenza della pronuncia «del Consiglio di Stato, che in accoglimento della domanda cautelare precedentemente rigettata, aveva sospeso l ‘ efficacia della circolare impugnata » e l ‘ odierna ricorrente aveva espressamente precisato che «solo per la campagna 2014, è sospesa l ‘ efficacia della circolare AGEA Prot. ACIU.2013.979 dell ‘ 11 ottobre 2013. Si
fa riserva di comunicare l ‘ esito della decisione che il TAR Lazio emetterà in sede di merito e gli eventuali conseguenti provvedimenti».
Perciò, il richiedente era chiaramente edotto della motivazione sottesa all ‘ emanazione della circolare dell ‘ 11 marzo 2014, della sua derivazione da una misura cautelare soggetta a revisione nel corso o in esito al giudizio innanzi al giudice amministrativo e della pendenza di quest ‘ ultimo, circostanze che, complessivamente considerate, escludono un ragionevole convincimento sulla legittimità dell ‘ atto e, dunque, la configurabilità di un affidamento suscettibile di tutela risarcitoria.
In definitiva, la domanda risarcitoria di NOME COGNOME va respinta.
Ai fini della decisione sulle spese di lite si devono considerare la complessità e peculiarità della vicenda (sorta a seguito di incertezze normative rilevate anche dai giudici di merito che hanno determinato provvedimenti amministrativi di segno opposto), la recente evoluzione giurisprudenziale sulla configurabilità di un ragionevole affidamento suscettibile di tutela giurisdizionale e la mancanza di specifici precedenti giurisprudenziali (quantomeno negli esatti termini) di questa Corte: conseguentemente, si dispone la compensazione integrale delle spese dell ‘ intero giudizio.
P. Q. M.
la Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso;
cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda risarcitoria formulata da NOME COGNOME nei confronti di AGEA – Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura;
compensa interamente le spese dell ‘ intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile,