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Legittimazione passiva: Stato e Ministeri, chi paga?

Un cittadino ha citato in giudizio lo Stato per ottenere un risarcimento a seguito della mancata attuazione di una direttiva europea. La Corte di Cassazione ha chiarito che in questi casi la legittimazione passiva spetta esclusivamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, in quanto rappresenta l’unitarietà dello Stato. Citare in giudizio un singolo Ministero è un errore che, se eccepito, porta al rigetto della domanda nei suoi confronti. La Corte ha quindi respinto il ricorso, confermando le decisioni dei gradi precedenti.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Legittimazione Passiva dello Stato: Chi Risponde per le Direttive UE Inattuate?

Quando un cittadino subisce un danno a causa della mancata o tardiva attuazione di una direttiva dell’Unione Europea da parte dello Stato italiano, a chi deve rivolgere la propria richiesta di risarcimento? La recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto procedurale cruciale: la corretta identificazione della legittimazione passiva. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale per chiunque intenda avviare un contenzioso contro lo Stato per inadempimento comunitario, sottolineando che l’interlocutore corretto è uno e uno solo.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla domanda di risarcimento avanzata da un cittadino, vittima di un grave atto di violenza. Il cittadino lamentava che lo Stato italiano non avesse correttamente recepito la Direttiva 2004/80/CE, la quale prevede un sistema di indennizzo per le vittime di reati violenti. Di conseguenza, aveva citato in giudizio sia la Presidenza del Consiglio dei Ministri sia il Ministero della Giustizia, ritenendoli entrambi responsabili del danno subito.

Sia in primo grado che in appello, i giudici avevano respinto la domanda nei confronti del Ministero della Giustizia, dichiarandone il difetto di legittimazione passiva. Secondo le corti di merito, l’unico soggetto legittimato a rispondere per l’inadempimento dello Stato agli obblighi comunitari è la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il cittadino ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

La Questione della Legittimazione Passiva dello Stato

Il cuore della controversia risiede nell’individuazione del corretto contraddittore processuale. Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente ha contestato la decisione dei giudici di merito di escludere la responsabilità del Ministero della Giustizia. A suo avviso, il Ministero era direttamente coinvolto nel processo di attuazione della normativa europea e quindi doveva essere considerato corresponsabile.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha rigettato questa tesi, definendo il motivo infondato. Gli Ermellini hanno riaffermato un principio ormai consolidato e definito come ius receptum (diritto acquisito) nella giurisprudenza: nelle cause per risarcimento danni derivanti dalla mancata trasposizione di direttive comunitarie, la legittimazione passiva spetta in via esclusiva alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Le Motivazioni della Decisione

L’Unitarietà dello Stato e il Ruolo della Presidenza del Consiglio

La Corte ha spiegato che lo Stato italiano, nei suoi rapporti con l’ordinamento comunitario e con i cittadini che da esso traggono diritti, agisce come un soggetto unitario. La Presidenza del Consiglio dei Ministri è l’organo che rappresenta questa unitarietà in sede giudiziaria. Sebbene i singoli ministeri possano avere competenze specifiche nell’attuazione delle normative, la responsabilità per l’inadempimento dello Stato nel suo complesso ricade sulla Presidenza. Pertanto, citare in giudizio un singolo ministero è un errore procedurale.
La Corte ha precisato che la legge (L. n. 260/1958) prevede un meccanismo per sanare tale irregolarità, ma solo se l’Avvocatura dello Stato non eccepisce tempestivamente il difetto di legittimazione. In questo caso, il Ministero della Giustizia aveva sollevato l’eccezione fin dal primo grado, rendendo corretta la decisione dei giudici di estrometterlo dal giudizio.

L’Inammissibilità degli Altri Motivi di Appello

La Cassazione ha dichiarato inammissibile anche il secondo motivo di ricorso, con cui il cittadino lamentava un presunto inadempimento dello Stato al dovere di protezione e all’obbligo di creare un sistema di indennizzo. La Corte ha osservato che la Corte d’Appello aveva correttamente rilevato come la questione specifica della responsabilità per mancato recepimento della direttiva fosse ormai ‘passata in giudicato’. Questo significa che il ricorrente non aveva specificamente impugnato quel punto della sentenza di primo grado nel suo atto di appello. L’appello si era concentrato su una generica violazione del dovere di protezione, che i giudici di merito avevano già escluso nel merito, avendo accertato la prontezza e l’efficacia dell’intervento delle forze dell’ordine dopo l’aggressione.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Suprema Corte offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, consolida il principio secondo cui, in caso di contenzioso per la mancata attuazione di direttive UE, l’unica controparte corretta è la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Qualsiasi azione legale rivolta contro un singolo ministero è destinata a fallire se viene eccepito il difetto di legittimazione passiva. In secondo luogo, il provvedimento ribadisce l’importanza del rigore processuale: i motivi di impugnazione devono essere chiari, specifici e riproposti in ogni grado di giudizio, altrimenti si rischia di perdere il diritto di farli valere, con la conseguente formazione del giudicato su quei punti.

Chi deve essere citato in giudizio se lo Stato italiano non attua una direttiva europea?
Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione, l’unico soggetto che possiede la legittimazione passiva, e che quindi deve essere citato in giudizio, è lo Stato italiano, rappresentato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Cosa succede se si cita in giudizio un Ministero specifico invece della Presidenza del Consiglio dei Ministri?
Se si cita in giudizio un singolo Ministero, questo può eccepire il proprio difetto di legittimazione passiva. Se l’eccezione viene sollevata tempestivamente, come nel caso di specie, il giudice la accoglie e la domanda nei confronti del Ministero viene respinta, in quanto rivolta a un soggetto non legittimato a rispondere in giudizio.

Perché il ricorso del cittadino è stato respinto anche su altri punti?
Il ricorso è stato respinto anche perché la questione della responsabilità dello Stato per il mancato recepimento della direttiva non era stata specificamente impugnata in appello. Di conseguenza, su quel punto si era formato il ‘giudicato’, e la Corte di Cassazione non poteva più esaminarlo. L’appello si era limitato a contestare una generica violazione del dovere di protezione, che i giudici di merito avevano già ritenuto infondata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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