Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 26824 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 26824 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16520/2024 proposto da:
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio digitale ex lege ;
– ricorrente –
contro
PRESIDENZA DEL RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE pro-tempore , e RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro-tempore , entrambi rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio digitale, ex lege ;
– controricorrenti – avverso la sentenza n. 449/2024 RAGIONE_SOCIALE CORTE D’APPELLO DI ROMA, depositata il 22/1/2024;
udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta nella camera di consiglio del 20/05/2025 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME;
ritenuto che,
con sentenza resa in data 22/1/2024, la Corte d’appello di Roma ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado dichiarato il difetto di legittimazione passiva del RAGIONE_SOCIALE – ha rigettato la domanda proposta da NOME COGNOME per la condanna del RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al risarcimento dei danni asseritamente subiti in conseguenza RAGIONE_SOCIALE mancata attuazione, da parte dello Stato italiano, RAGIONE_SOCIALE direttiva 2004/80/CE (con la quale è previsto che le vittime di reati violenti commessi in un paese dell’Unione Europea diverso da quello di appartenenza possano richiedere al proprio Stato un indennizzo per la violenza subita) e al pagamento dell’indennizzo dovuto in forza di detta direttiva, ovvero, in subordine, al risarcimento dei danni ai sensi degli artt. 2043 e 2059 c.c.;
a fondamento RAGIONE_SOCIALE decisione assunta, la corte territoriale, dopo aver ribadito l’esclusività RAGIONE_SOCIALE legittimazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in relazione alle domande concernenti il risarcimento del danno per la mancata attuazione delle direttive europee, ha evidenziato come la domanda riproposta dal COGNOME in sede d’appello dovesse rettamente intendersi come volta ad affermare unicamente la responsabilità dello Stato per la violazione del dovere di proteggere ogni persona potenzialmente suscettibile di patire azioni violente da parte di altri cittadini e, dunque, a garantire l’adozione di ogni misura di carattere legislativo e amministrativo idonea a preservare l’incolumità delle persone;
ciò posto, con riguardo al caso di specie, la corte territoriale ha evidenziato come il primo giudice avesse correttamente attestato
l’adeguato adempimento, da parte dello Stato italiano, di tali doveri, essendo emersa la prontezza dell’intervento delle forze di polizia a seguito dell’atto di violenza a cui fu assoggettato il COGNOME (raggiunto da un colpo di fucile sparato da un suo ex dipendente, tale NOME COGNOME) e l’efficacia dell’azione repressiva attuata nei confronti del responsabile RAGIONE_SOCIALE violenza;
NOME COGNOME censura la sentenza impugnata sulla base di due motivi d’impugnazione;
la RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE resistono con controricorso;
considerato che,
con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione ex art. 360, comma 1, n. 3, e 4 c.p.c. in relazione alla direttiva 80/04 e d.lgs. n. 204/2007, art. 11 RAGIONE_SOCIALE legge n. 122/2016. Nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza per omessa motivazione. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. quanto alla motivazione omessa ovvero apparente, perplessa ed incomprensibile sul punto RAGIONE_SOCIALE assenza di legittimazione del RAGIONE_SOCIALE;
osserva il ricorrente come la corte territoriale abbia dettato una motivazione meramente apparente o comunque insufficiente a sostegno RAGIONE_SOCIALE decisione impugnata, con particolare riferimento al punto concernente il mancato riconoscimento RAGIONE_SOCIALE legittimazione passiva del RAGIONE_SOCIALE, atteso l’espresso coinvolgimento di tale dicastero nell’attuazione RAGIONE_SOCIALE direttiva europea evocata, con particolare riguardo alla responsabilità relativa all’adozione RAGIONE_SOCIALE normativa regolamentare rimessa alla propria competenza dalla legislazione attuativa;
ciò posto, la tardiva attuazione di tale normativa regolamentare da parte del RAGIONE_SOCIALE ha determinato la relativa responsabilità nei confronti del cittadino interessato, sia pure in via solidale con la RAGIONE_SOCIALE;
il motivo è infondato;
osserva il Collegio come, secondo l’insegnamento RAGIONE_SOCIALE giurisprudenza di questa Corte, nel giudizio in cui è fatto valere il diritto al risarcimento dei danni per omessa o tardiva trasposizione di direttive comunitarie, la legittimazione passiva spetta, in via esclusiva, alla RAGIONE_SOCIALE; ove, peraltro, venga erroneamente convenuto un altro organo dello Stato, in mancanza di tempestiva e rituale eccezione da parte dell’Avvocatura dello Stato, ai sensi dell’art. 4 RAGIONE_SOCIALE l. n. 260 del 1958, il difetto di legittimazione passiva non può essere rilevato d’ufficio, e la rappresentanza dello Stato si cristallizza nell’organo erroneamente convenuto (cfr., da ultimo, Sez. 3, Ordinanza n. 10074 del 15/04/2024, Rv. 670715 – 01);
in particolare, secondo quanto rilevato dal giudice di legittimità (cfr. Sez. 3, Ordinanza n. 10074/2024, cit.), costituisce ormai ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte, il principio secondo cui la legittimazione passiva sostanziale nei riguardi dell’azione giudiziale, nella specie esercitata, diretta a far valere l’inadempimento dello Stato italiano all’obbligo ex lege di trasposizione legislativa, nel termine prescritto, di direttive comunitarie non autoesecutive, compete per l ‘ appunto esclusivamente allo Stato italiano, e per esso alla RAGIONE_SOCIALE, quale articolazione dell’apparato statuale che è legittimata a rappresentare lo Stato nella sua unitarietà ( ex multis , Cass. n.16104/2013; Cass.n.8292/2015; Cass. n.10613/2015);
ciò premesso, nel caso in cui venga erroneamente convenuto un altro organo dello Stato, la carenza di legittimazione passiva
dell’organo citato in giudizio non si traduce (come di regola si verifica) nella mancata instaurazione del rapporto processuale rilevabile dal giudice d’ufficio in ogni stato e grado del processo, bensì in una mera irregolarità, trovando operatività la regola contenuta nell’art. 4 RAGIONE_SOCIALE legge n. 260/1958, in applicazione RAGIONE_SOCIALE quale: a) la carenza di legittimazione passiva deve essere eccepita dalla Avvocatura dello Stato nella prima udienza con la contemporanea indicazione (non più eccepibile) dell’organo legittimato; b) in tal caso il giudice fissa (a prescindere da una richiesta in tal senso) un termine all’attore per la rinnovazione dell’atto nei confronti dell’organo legittimato; c) in difetto degli atti sub a) e b) – salva naturalmente la facoltà per l’organo legittimato di intervenire in giudizio – resta preclusa la possibilità di far valere in seguito l’irrituale costituzione del rapporto processuale (in tal senso, sulla scia di Cass., Sez. Un., n.3117/2006, Cass., Sez. Un., n.36649/2018);
nel caso di specie, secondo quanto risultante dalla stessa sentenza impugnata (cfr. pag. 4), il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha eccepito tempestivamente il proprio difetto di legittimazione passiva in sede di costituzione nel giudizio di primo grado, sicché del tutto correttamente il tribunale e la corte d’appello ne hanno riscontrato il ridetto difetto di legittimazione passiva;
deve conseguentemente ritenersi radicalmente priva di fondamento la censura in esame (anche nella parte in cui contesta il carattere meramente apparente RAGIONE_SOCIALE motivazione posta a sostegno del riconosciuto difetto di legittimazione passiva del RAGIONE_SOCIALE a resistere alla domanda del privato volta a far valere l’inadempimento dello Stato italiano all’obbligo ex lege di trasposizione legislativa, nel termine prescritto, di direttive comunitarie non autoesecutive) dovendo riconoscersi, nell’ iter argomentativo
compendiato dal giudice a quo sulla base delle premesse indicate, gli estremi di un discorso giustificativo logicamente lineare e comprensibile, elaborato nel pieno rispetto dei canoni di correttezza giuridica e di congruità logica, come tale del tutto idoneo a sottrarsi alle censure in questa sede illustrate dal ricorrente;
con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione ex art. 360, comma 1, n. 3 e 4 c.p.c. in relazione alla direttiva 80/04, agli artt. 2043-2059 c.c., agli artt. 329, 91 e 92 c.p.c. Nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza per completa omessa decisione. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. quanto alla motivazione omessa ovvero apparente, perplessa ed incomprensibile sul punto RAGIONE_SOCIALE responsabilità dello Stato nel caso di specie, all’inesistente acquiescenza ed all’appello incidentale respinto e non esaminato con condanna alle spese;
osserva il ricorrente come la motivazione elaborata dal giudice a quo a fondamento RAGIONE_SOCIALE decisione impugnata dovesse ritenersi del tutto illogica, essendo emerso, sulla base RAGIONE_SOCIALE ricostruzione dei fatti oggetto del giudizio, come lo Stato italiano non fosse stato in grado di verificare e impedire l’uso dell’arma da fuoco da parte dell’aggressore del COGNOME, manifestando il proprio chiaro inadempimento rispetto ai doveri di protezione dei cittadini;
sotto altro profilo, il ricorrente, censura l’omessa decisione in cui sarebbe incorso il giudice a quo in relazione al motivo d’appello concernente l’inadempimento dello Stato italiano rispetto all’obbligo comunitario di dotarsi di un sistema di indennizzo delle vittime di reati commessi nel territorio;
il motivo è inammissibile;
osserva il Collegio come la corte territoriale abbia espressamente sottolineato la corretta attestazione, da parte del primo giudice, dell’avvenuto adeguato adempimento, da parte dello Stato italiano, dei doveri di protezione dei cittadini, essendo emersa la prontezza dell’intervento delle forze di polizia a seguito dell’atto di violenza a cui fu assoggettato il COGNOME (raggiunto da un colpo di fucile sparato da un suo ex-dipendente, tale NOME COGNOME) e l’efficacia dell’azione repressiva attuata nei confronti del responsabile RAGIONE_SOCIALE violenza;
ciò posto, l’odierna censura – oltre a non intercettare alcun vizio logico nella motivazione RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, avendo la corte territoriale provveduto all’elaborazione di un discorso motivazionale pienamente coerente, immune da vizi logici e giuridici, e tale da consentire la piena comprensione dell’ iter posto a fondamento RAGIONE_SOCIALE decisione assunta -in altro non si risolve se non nell ‘ inammissibile prospettazione di una possibile rilettura nel merito dei fatti di causa e delle prove, sulla base di un’impostazione critica non consentita in sede di legittimità;
quanto alla contestata omessa pronuncia sul motivo d’appello concernente l’inadempimento dello Stato italiano rispetto all’obbligo comunitario di dotarsi di un sistema di indennizzo delle vittime di reati commessi nel territorio, è appena il caso di rilevare come la corte territoriale abbia espressamente sottolineato come fosse «passata in giudicato» la statuizione del primo giudice relativa alla «non configurabilità di una responsabilità dello Stato per mancato recepimento RAGIONE_SOCIALE Direttiva 2004/80/CE» non avendo il COGNOME proposto alcun appello in relazione a tale statuizione (cfr. a pag. 8 RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata);
ferma tale premessa (da cui è agevole desumere l’esclusione RAGIONE_SOCIALE proposizione di alcun appello del COGNOME relativo a tale statuizione del
giudice di primo grado), dev’essere rilevata la radicale infondatezza RAGIONE_SOCIALE censura in esame nella parte in cui sosterrebbe l’avvenuta proposizione di uno specifico appello avverso la statuizione del primo giudice sulla non configurabilità di una responsabilità dello Stato per mancato recepimento RAGIONE_SOCIALE direttiva;
al riguardo, fermo il potere del giudice di legittimità di procedere all’esame diretto dell’atto d’appello (cfr., ex plurimis , Sez. 2, Ordinanza n. 20716 del 13/08/2018, Rv. 650015 -02, secondo cui «quando, con il ricorso per cassazione, venga deAVV_NOTAIOo un error in procedendo , il sindacato del giudice di legittimità investe direttamente l’invalidità denunciata, mediante l’accesso diretto agli atti sui quali il ricorso è fondato, indipendentemente dalla sufficienza e logicità RAGIONE_SOCIALE eventuale motivazione esibita al riguardo, posto che, in tali casi, la Corte di cassazione è giudice anche del fatto»), la lettura diretta di tale atto (debitamente depositato in questa sede dal ricorrente) rende chiara l’intenzione dell’appellante (principale) di rivendicare unicamente l’accertamento RAGIONE_SOCIALE responsabilità dello Stato italiano per violazione dell’art. 2043 c.c. in relazione alla mancata protezione dei propri cittadini, senza alcun riferimento alla responsabilità dello Stato italiano per la mancata trasposizione RAGIONE_SOCIALE direttiva europea;
da tali premesse deriva il riscontro RAGIONE_SOCIALE radicale infondatezza RAGIONE_SOCIALE censura in esame, nella parte in cui si duole RAGIONE_SOCIALE pretesa omessa decisione in cui sarebbe incorso il giudice a quo in relazione al motivo d’appello concernente l’inadempimento dello Stato italiano rispetto all’obbligo comunitario di dotarsi di un sistema di indennizzo delle vittime di reati commessi nel territorio;
sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva infondatezza delle censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso;
le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;
si dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 6.000,00, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE Terza Sezione civile RAGIONE_SOCIALE Corte di cassazione, addì 20/05/2025.
Il Presidente
NOME COGNOME