Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19217 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 19217 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4460/2022 R.G. proposto da :
COGNOME, in proprio nonché quale legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difesi da ll’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE con studio in MONZA INDIRIZZO, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrenti- contro
COGNOME NOME, in qualità di liquidatore giudiziale di RAGIONE_SOCIALE IN CONCORDATO PREVENTIVO, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 2076/2021 depositata il 02/07/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso ex art. 702bis cod. proc. civ. davanti al Tribunale di Monza nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione in C.P. per sentir accertare la natura privilegiata ex art. 2751bis , n. 5, cod. civ. del proprio credito di € 208.528,41. L’azione è stata proposta nel 2019, a fronte dell’omologa del concordato con decreto in data 30 settembre 2014. Il ricorso, come risulta dalla sentenza impugnata, è stato notificato al solo liquidatore giudiziale.
A seguito del rigetto nel merito della domanda da parte del Tribunale, il creditore ha interposto appello, cui ha resistito il liquidatore giudiziale, che ha dedotto preliminarmente il proprio difetto di legittimazione passiva e ha spiegato appello incidentale in punto spese.
La Corte di Appello di Milano, con la sentenza qui impugnata, in accoglimento dell’ eccezione del liquidatore giudiziale, ha dichiarato inammissibile l’appello principale e ha accolto l’appello incidentale. Ha ritenuto, per quanto qui rileva, che il liquidatore giudiziale difetta di legittimazione passiva ai fini dell’accertamento della natura privilegiata del credito, dovendosi la domanda proporre nei confronti del liquidatore sociale quale legale rappresentante dell’impresa .
Propone ricorso per cassazione il creditore, affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso il liquidatore giudiziale. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4460/2022 R.G. 1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di fatto decisivo oggetto
di discussione tra le parti, costituito dalla notificazione del ricorso introduttivo di primo grado anche al liquidatore sociale, osservando parte ricorrente come di tale fatto processuale sarebbe stato dato atto anche nel verbale di prima udienza del 21 novembre 2019 e che il ricorso notificato al liquidatore sociale sarebbe stato anche depositato in sede di appello con le note scritte del 9 novembre 2020. Deduce, inoltre, che anche l’atto di citazione in appello sarebbe stato notificato successivamente anche al liquidatore sociale.
Il primo motivo è inammissibile in quanto, conformemente alle osservazioni di parte controricorrente, la circostanza dedotta non attiene al l’omesso esame di un fatto storico, bensì a un asserito errore revocatorio, consistente nella omessa verifica da parte del giudice di appello della notificazione del ricorso introduttivo a mani al liquidatore sociale e dall’omessa verifica di tale fatto processuale , come allegato dal ricorrente in appello nelle menzionate note scritte. Nel qual caso, il travisamento del contenuto oggettivo della prova che ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé trova il suo rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, laddove ricorrano i presupposti richiesti dall’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., mentre -solo se il fatto ha costituito punto controverso sul quale la sentenza ha pronunciato e, cioè, se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una parte – il vizio va fatto valere ex art. 360, n. 4, o n. 5, cod. proc. civ. a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale (Cass., Sez. U., n. 5792/2024).
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione ed errata applicazione degli artt. 346 e 331 cod. proc. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto -ai fini del difetto di legittimazione passiva del liquidatore giudiziale – che la domanda del ricorrente sarebbe stata limitata al solo riconoscimento del privilegio e non anche alla collocazione del credito nel piano di riparto. Osserva parte ricorrente
che il riconoscimento del privilegio è finalizzato alla collocazione del credito nel piano di riparto e che per mero « errore materiale» sarebbe stata omessa la riproposizione della domanda di « condanna di inserimento» del privilegio nel piano di riparto. Deduce, pertanto, l’esistenza di un litisconsorzio necessario tra liquidatore giudiziale e liquidatore sociale, in forza del quale il contraddittorio -una volta incardinato nei confronti del primo – si sarebbe dovuto estendere dal giudice di appello anche al secondo, previa rinnovazione della notificazione a quest’ultimo .
Il secondo motivo è infondato. Contraddittore delle pretese del creditore relative all’accertamento di un credito nei confronti di un’impresa in concordato preventivo non è il liquidatore giudiziale ma il legale rappresentante dell’impresa, nella specie il liquidatore sociale. Permane, difatti, in assenza di spossessamento pieno, la prosecuzione dell’attività di impresa (o liquidatoria) in capo al liquidatore sociale (Cass., n. 23520/2019), come anche l’assolvimento de gli obblighi tributari (Cass., n. 10108/2020; Cass., n. 18823/2017); parimenti, il liquidatore giudiziale non assume il ruolo di rappresentante della massa dei creditori, essendo egli -in assenza di spossessamento pieno – mandatario dei singoli creditori.
4460/2022 R.G. 5. Spossessamento attenuato e assenza di stato passivo (oltre che assenza di un rappresentante della massa dei creditori) giocano in favore della permanenza in capo al legale rappresentante dell’impresa in concordato della legittimazione passiva nelle controversie (rispettivamente) sia attive, sia passive; fanno eccezione le controversie relative a questioni liquidatorie e distributive, non anche quelle di accertamento delle ragioni di credito e di pagamento dei relativi debiti, ancorché influenti sul riparto che segue le operazioni di liquidazione (Cass., n. 17606/2015; Cass., n. 24683/2017; Cass., n. 33422/2019). Da ciò discende che nel concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori (come nella
specie, stante la nomina del liquidatore giudiziale), il liquidatore giudiziale acquista la sola legittimazione a disporre dei beni oggetto del concordato quale mandatario dei singoli creditori, con riferimento alle prerogative distributive attuative del piano concordatario, laddove il debitore mantiene, oltre alla proprietà dei beni, anche la legittimazione processuale per tutte le altre controversie, senza che sussista litisconsorzio processuale tra imprenditore e liquidatore giudiziale (Cass. n. 33422/2019, cit.), atteso il mancato trasferimento dell’attivo al liquidatore giudiziale (Cass., n. 11520/2010) e attesa altresì la diversità di ruoli.
Deve, pertanto, ritenersi non più attuale, e comunque fortemente limitata per oggetto, la giurisprudenza secondo cui, ove il creditore proponga oltre la domanda di accertamento del proprio diritto anche domanda di condanna, o idonea a influire sulle operazioni di riparto del ricavato, alla legittimazione passiva dell’imprenditore si affianca quella del liquidatore giudiziale quale contraddittore necessario (Cass., n. 17748/2009; Cass., n. 17159/2006), con conseguente integrazione del contraddittorio nei confronti della parte pretermessa (Cass., n. 9643/2004; Cass., n. 10250/2001; Cass., n. 5055/2001), trattandosi di ruoli distinti.
D’altro canto, qualunque controversia che attenga al passivo concordatario è idonea in astratto a incidere sui successivi progetti di riparto di competenza del liquidatore giudiziale, sia nel caso in cui si chieda l’ accertamento di un credito escluso dal piano concordatario, sia ove si chieda una diversa graduazione di un credito già indicato nel piano. La collocazione nel riparto -impropriamente qualificata quale condanna a eseguire il riparto -costituisce sempre il petitum mediato delle controversie relative al passivo concordatario proposte in sede ordinaria che, stante la ristrettezza dei compiti attribuiti al liquidatore giudiziale e l’assenza di spossessamento pieno, non possono che avere come legittimato passivo il legale rappresentante
dell’impresa concordante. La sentenza impugnata, nella parte in cui ha accertato il difetto di legittimazione passiva del liquidatore giudiziale, ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, costituito dall’omessa valutazione della natura privilegiata del credito del ricorrente. Il motivo è inammissibile, posto che il ricorrente non fa valere un fatto storico, bensì una questione giuridica, quale la sussistenza del privilegio richiesto, censura che si risolve nella omessa valutazione di tesi difensive, non sussumibile nel vizio invocato (Cass., n. 2961/2025).
Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 7.000,00, oltre € 200,00 per esborsi, 15% spese generali, oltre accessori di legge; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico dei ricorrenti , ai sensi dell’art. 13 comma 1quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 12/06/2025.