Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 34605 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 34605 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 23881/2019 proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso l’Avv. NOME COGNOME;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE di Formia, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato e domiciliato presso di essa in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI ROMA n. 2256/2019, pubblicata il 24 maggio 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME ha proposto ricorso al Tribunale di Latina, notificato il 20 maggio 2013, al fine di ottenere la revoca e/o la disapplicazione del provvedimento di risoluzione del rapporto di lavoro comunicatogli dal Dirigente Scolastico dell’Istituto di Istruzione Superiore E. COGNOME, ora E. COGNOME, di Formia.
Egli ha esposto che:
era insegnante di ruolo dal 1° ottobre 1974;
detto provvedimento aveva a oggetto il ‘Preavviso di risoluzione del rapporto di lavoro ex art. 72, comma 11, della legge n. 133 del 2008 e succ. mod. e int.’, emesso d’ufficio sul presupposto del raggiungimento della massima anzianità contributiva del dipendente (40 anni);
era stato collocato a riposo dal 1° settembre 2013;
tale collocamento a riposo era illegittimo in quanto avvenuto, diversamente da quanto previsto dalla legge, prima del raggiungimento dell’età di anni 65.
L’Istituto resistente si è costituito.
Il Tribunale di Latina, con ordinanza del 12 giugno 2013, ha rigettato la domanda.
Il ricorrente ha proposto opposizione ex art. 1, comma 52, della legge n. 92 del 2012, con atto datato 24 agosto 2013, contro quest’ultima ordinanza.
Il Tribunale di Latina, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 1158/2018, ha accolto parzialmente siffatta opposizione, dichiarando l’ illegittimità del provvedimento che aveva disposto il collocamento a riposo del
ricorrente a decorrere dal 1° settembre 2013, con condanna dell’istituto resistente a pagare quattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto a titolo di risarcimento.
NOME COGNOME ha proposto reclamo contro la menzionata sentenza del Tribunale di Latina, chiedendo che fosse aumentata la misura del risarcimento, in quanto la data da prendere in considerazione per il suo pensionamento avrebbe dovuto essere il 31 agosto 2014, ossia il giorno in cui era terminato l’anno scolastico nel corso del quale aveva compiuto 65 anni di età .
La Corte d’appello di Roma, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 2256/2019, ha accolto in parte tale reclamo, incrementando detto risarcimento a otto mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.
Il giudice di secondo grado ha fondato la sua decisione sulla circostanza che il dipendente aveva compiuto 65 anni di età il 19 maggio 2014, con la conseguenza che, essendo stato collocato illegittimamente a riposo dal 1° settembre 2013, aveva diritto a un risarcimento maggiore rispetto a quello, pari a quattro mensilità dell’ultima retribuzione di fatto, riconosciuto dal Tribunale di Latina.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
Parte intimata si è difesa con controricorso.
NOME COGNOME ha depositato memoria.
Con ordinanza emessa all’esito della camera di consiglio 21 marzo 2024 il Collegio ha sottoposto alle parti la questione della legittimazione passiva della parte intimata e delle conseguenze sul giudizio della sua eventuale assenza.
La causa è stata trattata e decisa, quindi, all’adunanza del 25 settembre 2024 e, in sede di riconvocazione, all’adunanza del 18 dicembre 2024.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, deve rilevarsi come il presente giudizio sia stato instaurato nei confronti dell’istituto scolastico presso il quale il ricorrente ha prestato servizio, senza coinvolgere il MIUR.
Ritiene il Collegio, quindi, di dovere affrontare la questione della sussistenza della legittimazione passiva del detto istituto e della sua incidenza sulla definizione del presente giudizio, debitamente segnalata alle parti con ordinanza interlocutoria del 21 marzo 2024.
1.1) Iniziando l’esame della problematica dal punto di vista della normativa rilevante, occorre partire dalla constatazione che, ai sensi dell’art. 21 della legge n. 59 del 1997, le istituzioni scolastiche sono dotate di personalità giuridica, che acquisiscono a mano a mano che abbiano raggiunto i requisiti prescritti dal medesimo articolo.
Inoltre , l’art. 4 del d.P.R. n. 233 del 1998 prevede il riconoscimento dell’autonomia alle singole istituzioni scolastiche e della personalità giuridica a quelle che ne fossero prive con provvedimenti dei dirigenti dell’amministrazione scolastica periferica, con la conseguenza che le dette istituzioni non conseguono la personalità giuridica ipso iure , ma solo con provvedimento formale previo accertamento della ricorrenza dei requisiti prescritti (Cass., Sez. 2, n. 173 del 10 gennaio 2003).
Ciò non consente, però, di considerare, allo stato della normativa vigente, il rapporto tra Istituti scolastici e Amministrazione statale centrale di natura intersoggettiva.
Infatti, gli istituti scolastici, pur se dotati di personalità giuridica e di autonomia didattica e organizzativa, sono del tutto compenetrati nell’organizzazione dello Stato, cui è rimasta attribuita la funzione amministrativa dell’istruzione, assieme con la gestione del relativo servizio.
In coerenza con tale disegno, rimangono in capo all’Amministrazione centrale dello Stato le funzioni e i compiti in materia di ordinamenti scolastici, di programmi scolastici, di organizzazione generale dell’istruzione scolastica e di stato giuridico del p ersonale, funzioni tutte atte a salvaguardare l’unitarietà del sistema nazionale dell’istruzione.
Questa conclusione trova ulteriore riscontro nel d.P.R. n. 275 del 1999, di attuazione della riforma scolastica, ‘Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell’art. 21 della legge n. 59/1997’ che, all’art. 2 ‘detta la disciplina generale dell’autonomia delle istituzioni scolastiche’ e ‘individua le funzioni ad esse trasferite’.
Dalla lettura di quest ‘ultimo d.P.R., si evince che la soggettività giuridica e la conseguente legittimazione sostanziale e processuale attengono soltanto al piano della riconosciuta autonomia funzionale (Titolo 1, Capo 2: autonomia didattica e organizzativa, di ricerca, sperimentazione e sviluppo). Invece, le funzioni amministrative e la gestione del servizio istruzione (Titolo 2) rimangono funzioni statali ed esclusivamente la competenza per il loro esercizio è sottratta (non allo Stato, ma) all’Amministrazione centrale e periferica e attribuita alle Istituzioni scolastiche (art. 14), le quali agiscono, quindi, in veste di organi statali e non di soggetti distinti dallo Stato.
In questi termini va intesa, allora, l’affermazione che gli Istituti scolastici sono dotati di personalità giuridica (Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 1769 del 20 marzo 2018).
In tale contesto normativo – ed entro i relativi limiti – si colloca, coerentemente, il comma 7 bis dello stesso art. 14, secondo cui ‘L’Avvocatura dello Stato continua ad assumere la rappresentanza e la difesa nei giudizi attivi e passivi davanti le autorità giudiziarie, i collegi arbitrali e le giurisdizioni amministrative e speciali di tutte le istituzioni scolastiche cui è stata attribuita l’autonomia e la personalità giuridica a norma dell’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59’.
Non hanno pregio, quindi, le osservazioni del ricorrente in ordine al citato art. 14, comma 7 bis, del d.P.R. n. 275 del 1999, non comportando la difesa ad opera dell’Avvocatura dello Stato, alla luce delle considerazioni svolte, la nascita di una legittimazione processuale non prevista da alcuna disposizione.
Non incide, poi, sulla vicenda la circolare del Ministero dell’Istruzione n. 233 del 2013, menzionata dal ricorrente, che chiaramente attiene a profili interni all’amministrazione scolastica , che non incidono sulla rappresentanza esterna del Ministro.
1.2) La ricostruzione appena esposta trova conferma nella giurisprudenza della Corte di cassazione.
Ad esempio, Cass., Sez. L, n. 6372 del 21 marzo 2011 e Cass., Sez. L, n. 20521 del 28 luglio 2008 sono chiare nell’affermare che ‘anche dopo l’estensione della personalità giuridica, per effetto della legge delega n. 59 del 1997 e dei successivi provvedimenti di attuazione, ai circoli didattici, alle scuole medie e agli istituti di istruzione secondaria, il personale docente degli istituti statali di istruzione superiore (nella specie, un istituto tecnico industriale) -che costituiscono organi dello Stato muniti di personalità giuridica ed inseriti nell’organizzazione statale -si trova in rapporto organico con l’Amministrazione della Pubblica Istruzione dello Stato, a cui l’art. 15 del d.P.R. n. 275 del 1999 ha riservato le funzioni relative al reclutamento del personale e non con i singoli istituti, che sono dotati di mera autonomia amministrativa (…)’.
In particolare, la S.C. ha precisato che ‘In tema di poteri dei dirigenti pubblici, ai dirigenti delle istituzioni scolastiche competono, in base all’art. 25 del d.lgs. n. 165 del 2001, funzioni decisamente più ridotte rispetto a quelle spettanti ai dirige nti degli uffici dirigenziali generali, e limitati all’ambito dell’autonomia organizzativa, didattica e finanziaria, con la conseguenza che ai primi non spetta il potere di promuovere e resistere alle liti, che è, invece, esplicitamente previsto (dall’art. 16 del citato d.lgs. n. 165 del 2001) per i dirigenti di uffici dirigenziali generali’ (Cass., Sez. L, n. 6460 del 17 marzo 2009).
Occorre partire, quindi, dalla premessa che gli istituti scolastici continuano a essere organi dello Stato muniti di personalità giuridica, inseriti nell’organizzazione statale.
Pertanto, la giurisprudenza della Corte di cassazione ha affermato che, anche dopo l’estensione della personalità giuridica, per effetto della legge delega n. 59 del 1997 e dei successivi provvedimenti di attuazione, ai circoli didattici, alle scuole medie e agli istituti di istruzione secondaria, nelle controversie relative ai rapporti di lavoro sussiste la legittimazione passiva del Ministero, mentre difetta quella del singolo istituto (Cass., Sez. L, n. 6372 del 21 marzo 2011; più di recente, Cass., Sez. L, n. 20916 del 18 luglio 2023).
Nella stessa ottica, è stato chiarito che gli uffici scolastici territoriali, con i loro dirigenti, sono muniti della veste di organi del Ministero e di poteri di rappresentanza verso l’esterno, ma non di un’autonoma soggettività, distinta da quella del Ministero stesso (Cass., Sez. L, n. 32938 del 9 novembre 2021).
A stretto rigore, pertanto, deve ritenersi che la controversia in esame sia stata formalmente introdotta nei confronti di soggetto non legittimato, atteso che il rapporto di lavoro del ricorrente è sempre intercorso con il MIUR.
Il fatto che il dipendente lavorasse presso l’IIS E. Fermi – G. Filangieri di Formia e che gli atti da lui contestati fossero stati sottoscritti dal dirigente scolastico non rileva (a meno di non ritenere che, in realtà, fosse detto dirigente il destinatario del ricorso originario).
In particolare, non è possibile confondere l’adozione di provvedimenti concernenti l’ordinaria amministrazione della posizione lavorativa dell’insegnante con la titolarità del rapporto che lo interessa.
Non è condivisibile, allora, l’asserzione del ricorrente che il dirigente scolastico, quale soggetto deputato alla gestione del personale, sarebbe competente anche in ordine all’estinzione dei rapporti di lavoro, se non altro perché questa deriva dall’appl icazione della vigente normativa in materia di pensioni e in quanto i provvedimenti che ne costituiscono attuazione non possono non essere riferiti al Ministero, che è l’ente che provvede al reclutamento dei docenti e con il quale si instaura il rapporto di lavoro.
1.3) Il menzionato vizio processuale non è stato, però, né accertato dai giudici del merito né eccepito dall’IIS E. Fermi – COGNOME di Formia per mezzo dell’Avvocatura dello Stato, che si è occupata della sua difesa.
Peraltro, venendo in considerazione una contestazione che attiene alla legittimazione passiva, la sua mancanza può essere rilevata d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento e, quindi, anche in cassazione, a prescindere dal fatto che vi sia stata un’eccezione di parte, salvo che, sul punto della sua presenza, non si sia formato un giudicato espresso (il che, nella specie, non è avvenuto, non essendovi alcuna statuizione nella motivazione o nel dispositivo).
Risulta necessario, allora, valutare se sia applicabile il disposto dell’art. 4 della legge n. 260 del 1958, in base al quale:
‘L’errore di identificazione della persona alla quale l’atto introduttivo del giudizio ed ogni altro atto doveva essere notificato, deve essere eccepito dall’Avvocatura dello Stato nella prima udienza, con la contemporanea indicazione della persona alla quale l’atto doveva essere notificato.
Tale indicazione non è più eccepibile.
Il giudice prescrive un termine entro il quale l’atto deve essere rinnovato.
L’eccezione rimette in termini la parte’.
Esso riguarda, per giurisprudenza ormai consolidata, sia l ‘ errore di organo, ossia la chiamata in causa della P.A. in persona di organo non legittimato alla rappresentanza in giudizio di essa, sia la particolare ipotesi che si verifica quando vi siano autonome soggettività di diritto pubblico ammesse al patrocinio dell ‘ Avvocatura dello Stato e la citazione in giudizio riguardi quella non titolare del rapporto, sebbene, per alcune pronunce, gli effetti, in quest ‘ ultimo caso, siano limitati alla rimessione in termine e senza la possibilità, per evidenti ragioni di tutela del contraddittorio a fronte della diversità soggettiva, di stabilizzare l’ assetto processuale nei riguardi del soggetto priva di legittimazione (Cass., SU, n. 8516 del 29 maggio 2012; Cass., Sez. 6-2, n. 5314 del 6 marzo 2018).
Varie situazioni si sono presentate al vaglio della detta giurisprudenza.
La sentenza della Cass., SU, n. 3117 del 14 febbraio 2006 (subito confermata da Cass., Sez. 1, n. 16458 del 18 luglio 2006) ha ricostruito l’ambito di operatività del menzionato art. 4.
Essa ha affermato che, in tema di opposizione a sanzioni amministrative, al di fuori delle ipotesi in cui la legge prevede la specifica competenza di un organo periferico dell’Amministrazione, con la conseguente inapplicabilità dell’art. 11 del r.d. n. 1611 del 30 ottobre 1933, l’errata identificazione dell’organo legittimato a resistere in giudizio non si traduce nella mancata instaurazione del rapporto processuale, ma costituisce una mera irregolarità, sanabile, ai sensi dell’art. 4 della legge n. 260 del 25 marzo 1958, attraverso la rinnovazione dell’atto nei confronti dell’organo indicato dal giudice, ovvero mediante la costituzione in
giudizio dell’Amministrazione, che non abbia sollevato eccezioni al riguardo, o ancora attraverso la mancata deduzione di uno specifico motivo d’impugnazione.
Per fare ciò, ha precisato che l’ordinamento, per evidenti esigenze di carattere pratico, non si limita a riconoscere alle singole articolazioni organizzatorie di un ente rilevanza esterna, ma attribuisce alle stesse una specifica legitimatio ad causam , facendole diventare – pur essendo prive ex definitione di personalità giuridica – soggetti processuali, in relazione a rapporti giuridici di cui è parte l’ente di pertinenza. Tale fenomeno, per quanto riguarda l’ordinamento statale, ha comportato gravi difficoltà per l’individuazione della figura soggettiva legittimata.
Per risolverle è stata emanata la legge n. 260 del 1958, con lo scopo di semplificare l’individuazione dell’organo competente a rappresentare lo Stato.
Questa lo ha indicato nel Ministro competente e ha previsto, inoltre, all’art. 4, un regime di sanatoria nei casi definiti come errore della persona cui la notifica deve essere fatta.
Le Sezioni Unite hanno ritenuto di leggere quest’ultima disposizione in modo non riduttivo e, quindi, di riferirla alle ipotesi di erronea identificazione non solo della persona fisica titolare dell ‘ organo o ad esso addetta, ma anche del medesimo organo legittimato, alla luce dei principi costituzionali di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale, ulteriormente rafforzati dal nuovo testo dell ‘a rt. 111 Cost. e dalla presenza di vari settori del diritto in cui si chiede la tutela giurisdizionale di diritti derivanti dall ‘ ordinamento comunitario, il quale vieta una disciplina processuale che renda eccessivamente difficile l ‘ esercizio dei diritti de quibus . La stessa giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenza n. 189 del 13 giugno 2000) ha incoraggiato un ‘ interpretazione, se necessario adeguatrice, del sistema processuale, nel senso di restringere le fattispecie di inammissibilità dei rimedi giurisdizionali.
Pertanto, l ‘ espressione ‘ errore nella persona che deve ricevere la notificazione ‘ è stata letta come ‘ errore nell ‘ indicazione dell ‘ organo legittimato ‘ , intendendosi per persona il soggetto (ossia la specifica articolazione dell ‘ organizzazione statale) fornito di legittimazione.
Coerente con questo indirizzo può essere considerata Cass., Sez. L, n. 32938 del 9 novembre 2021, concernente, come sopra indicato, gli uffici scolastici territoriali, con i loro dirigenti, che, proprio perché qualificati come organi del Ministero, pur se dotati di poteri di rappresentanza verso l’esterno, s ono stati reputati privi di legittimazione passiva in sostituzione del Ministero stesso.
Cass., SU, n. 8516 del 29 maggio 2012 ha affermato, poi, che l’art. 4 della legge n. 260 del 1958 deve ritenersi applicabile anche quando l’errore d ‘ identificazione riguardi distinte ed autonome soggettività di diritto pubblico ammesse al patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, ma, in forza dell’ineludibile principio dell’effettività del contraddittorio, la sua operatività è circoscritta al profilo della rimessione in termini, con esclusione, dunque, di ogni possibilità di ‘stabilizzazione’ nei confronti de l reale destinatario, in funzione della comune difesa, degli effetti di atto giudiziario notificato ad altro soggetto e del conseguente giudizio (nella specie, erano interessate l’Agenzia delle Entrate e il Ministero della Giustizia, in un giudizio nel quale era stato rigettato il ricorso proposto da un avvocato, ai sensi degli artt. 84 e 170 del d.P.R. n. 115 del 2002, contro il decreto con il qu ale il Tribunale aveva liquidato l’onorario per l’opera professionale prestata nell’ambito di giudizio penale a favore di soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato).
In correlazione con questa ultima pronuncia delle Sezioni Unite va letta la successiva ordinanza della Cass., Sez. 6-2, n. 5314 del 6 marzo 2018 (seguita, sul punto, da Cass., Sez. 6-2, n. 15219 del 12 maggio 2022), la quale ha ribadito che l’ art. 4 della legge n. 260 del 1958, che consente alla difesa erariale di eccepire solo entro la prima udienza l ‘ errata indicazione della persona cui l ‘ atto introduttivo doveva essere notificato, deve ritenersi applicabile anche quando l ‘ errore d ‘ identificazione riguardi distinte ed autonome soggettività di diritto pubblico ammesse al patrocinio dell’Avvocatura dello Stato (nel caso de quo , Agenzia delle Entrate e Ministero della Giustizia nell ‘ ambito di un procedimento di opposizione al decreto di liquidazione ex artt. 84 e 170, d.P.R. n. 115 del 2002), precisando a sua volta che, in forza del principio dell ‘ effettività del contraddittorio, la sua operatività era circoscritta al profilo della rimessione in termini, con esclusione, dunque, di ogni possibilità di stabilizzazione nei confronti
del reale destinatario, in funzione della comune difesa, degli effetti di atto giudiziario notificato ad altro soggetto e del conseguente giudizio.
N el particolare ambito dell’equa riparazione per durata non ragionevole del procedimento, l’ ordinanza Cass., Sez. 2, n. 8049 del 21 marzo 2019 ha pure affermato che l’art. 4 della legge n. 260 del 1958 deve ritenersi applicabile anche quando l’errore d’identificazione riguardi distinte ed autonome soggettività di diritto pubblico ammesse al patrocinio dell’Avvocatura dello Stato (nella vicenda trattata , il Ministero della Giustizia e dell’Economia e delle Finanze) , e che, in forza del principio dell ‘ effettività del contraddittorio, la sua operatività è circoscritta al profilo della rimessione in termini, con esclusione, dunque, di ogni possibilità di stabilizzazione nei confronti del reale destinatario, in funzione della comune difesa, degli effetti di atto giudiziario notificato ad altro soggetto e del conseguente giudizio.
Al riguardo, deve segnalarsi che solo in parte conformi sembrano, per ciò che concerne questo specifico contenzioso, Cass., Sez. 2, n. 2 del 2 gennaio 2023 e Cass., Sez. 2, n. 23853 del 4 agosto 2023 che paiono comunque ammettere la detta stabilizzazione, diversamente dal precedente di Cass., Sez. 2, n. 8049 del 21 marzo 2019.
Queste ultime tre decisioni devono essere lette, invero, alla luce dei principi espressi dalla sentenza Cass., SU, n. 30649 del 27 novembre 2018, per la quale, in tema di responsabilità dello Stato da mancata attuazione di direttive comunitarie, sussiste la legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ma l’evocazione in giudizio di un diverso organo statuale non si traduce nella mancata instaurazione del rapporto processuale, costituendo una mera irregolarità, sanabile, ai sensi dell’art. 4 della l egge n. 260 del 1958, sempre che l’Avvocatura dello Stato si sia avvalsa, nella prima udienza, della facoltà di eccepire l’erronea identificazione della controparte pubblica, provvedendo alla contemporanea indicazione di quella realmente competente. In mancanza di una tale tempestiva eccezione resta, invece, preclusa sia la possibilità di far valere, in seguito, l’irrituale costituzione del rapporto giuridico processuale, sia il suo rilievo d ‘ ufficio. Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, in assenza di una tempestiva eccezione, aveva d’ufficio condannato la Presidenza
del Consiglio dei Ministri in un giudizio promosso nei confronti del Ministero dell’istruzione, dell’Università e della Ricerca scientifica, valorizzando la circostanza che il rapporto fra la detta Presidenza e il Ministero menzionato non correva tra distinte persone giuridiche pubbliche (stante la unitarietà e inscindibilità dello Stato nell’esercizio delle sue funzioni sovrane), bensì tra organi, ossia articolazioni dell’o rganizzazione dello Stato, forniti di distinta legittimazione.
Queste ultime Sezioni Unite hanno interpretato, quindi, l’art. 4 in questione nel senso che per ‘persona’ doveva intendersi non la persona fisica titolare dell’organo della Amministrazione dello Stato da evocare in giudizio, ma il soggetto (ossia la specifica articolazione dell’organizzazione dello Stato) fornito di legittimazione.
Non pertinente è, infine, il richiamo del ricorrente a Cass., Sez. 2, n. 18035 del 6 giugno 2022, pronuncia che, lungi dal volere affermare l’esistenza di ‘due diverse ricostruzioni’, ha interessato i rapporti fra distinti Ministeri e che, in ogni caso, ha fatto salvo il principio per cui ciascuna amministrazione è munita di un’autonoma legittimazione passiva, distinta da quell a che compete alle altre amministrazioni statali in ragione della specifica competenza di ciascuna di esse.
Sulla base delle considerazioni sopra esposte è possibile definire la questione in esame.
Come evidenziato, l’ IIS RAGIONE_SOCIALE di Formia è un organo dello Stato amministrazione , per l’esattezza del Ministero della Pubblica Istruzione, il quale è, però, dotato anche di personalità giuridica, oltre che di autonomia didattica, organizzativa e finanziaria.
La sua situazione è a metà strada fra quella degli uffici scolastici territoriali che, con i loro dirigenti, sono muniti della veste di organi del Ministero e di poteri di rappresentanza verso l’esterno, ma non di un’autonoma soggettività, distinta da quella del Ministero stesso (Cass., Sez. L, n. 32938 del 9 novembre 2021) e quella degli enti dotati di personalità giuridica, come l’Agenzia delle Entrate.
Nel primo caso, trovano applicazione i principi enunciati dalla sentenza della Cass., SU, n. 3117 del 14 febbraio 2006, con conseguente operatività della sanatoria prevista dall’art. 4 della legge n. 260 del 1958.
Nel secondo, invece, allo stato, ha spazio l’indirizzo propugnato dalla sentenza della Cass., SU, n. 8516 del 29 maggio 2012, che detta sanatoria esclude.
Ritiene questo Collegio che, nella presente fattispecie, si sia realizzata la sanatoria de qua .
Infatti, come già chiarito, la personalità giuridica dell’Istituto controricorrente non è paragonabile a quella di un ente strumentale, come l’Agenzia delle Entrate, che è in tutto distinta dalla struttura organizzativa del Ministero di riferimento.
Al contrario, la parte controricorrente è un organo stabilmente inserito nel plesso amministrativo del Ministero della Pubblica Istruzione, dal quale non fuoriesce, benché sia dotato di personalità giuridica.
La personalità giuridica dell’Istituto intimato ha una limitata portata esterna e non incide sul rapporto di lavoro, che fa capo al Ministero della Pubblica Istruzione, con il quale intercorre il rapporto organico dell’insegnante .
Gli stessi atti relativi alla gestione ordinaria di tale rapporto sono certo adottati dal Dirigente scolastico, ma, in realtà, essi esprimono una volontà riferibile al Ministero, non potendosi confondere l’esercizio in concreto di poteri datoriali con la titolarità formale del rapporto di lavoro.
Non a caso la giurisprudenza nega la legittimazione passiva degli Istituti in questione, confondendosi essi, in quanto meri organi e non enti strumentali, per ciò che concerne il profilo processuale (nonché sostanziale) , con l’organizzazione generale del Ministero.
Il ricorso, pertanto, può essere dichiarato ammissibile atteso che, nonostante l’IIS E. RAGIONE_SOCIALE di Formia sia privo di legittimazione passiva nella specie, può considerarsi perfezionata la sanatoria di cui all’art. 4 della legge n. 206 del 1958, con la conseguenza che le decisioni emesse nel corso del presente giudizio sono opponibili al Ministero di appartenenza del lavoratore.
Con il primo motivo il ricorrente contesta la contraddittorietà della motivazione in ordine al computo del risarcimento del danno e la violazione dell’art. 36, comma 1, Cost.
Infatti, la corte territoriale, nel quantificare detto risarcimento, non avrebbe considerato che il tempo trascorso tra il suo illegittimo collocamento a riposo (1° settembre 2013, data individuata perché egli avrebbe raggiunto al 31 dicembre 2011 un’anzianità utile complessiva di anni 40, mesi 0 e giorni 25 ) e il suo pensionamento per avvenuto raggiungimento del limite massimo di età, verificatosi con il compimento del 65° anno di età (19 maggio 2014), era di 8 mesi e 19 giorni, mentre il risarcimento era stato quantificato in soli 8 mesi della retribuzione globale di fatto.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta l’erronea applicazione del principio espresso dall’art. 509, comma 6, d.lgs. n. 297 del 1994, poi sostituito dall’art. 1, comma 01, del d.P.R. n. 101 del 2001.
Egli sostiene che il citato art. 509, comma 6, avrebbe previsto che i collocamenti a riposo per limiti di età del personale del comparto scuola dovessero decorrere dall’inizio dell’anno scolastico o accademico successivo alla data di compimento del 65° anno di età, avvenuto il 19 maggio 2014, ovvero al termine del trattenimento in servizio.
Al contrario, nella specie, il suo pensionamento sarebbe stato disposto dal 1° settembre 2013.
Peraltro, il giudice di appello avrebbe riconosciuto il suo diritto al risarcimento del danno prendendo come riferimento il mese del suo sessantacinquesimo compleanno e non il primo giorno dell’anno scolastico a questo successivo (1° settembre 2014).
Le doglianze, che possono essere trattate congiuntamente, stante la stretta connessione, sono fondate.
Innanzitutto, si rileva che, nel lavoro pubblico contrattualizzato, nel regime anteriore alle modifiche apportate all’art. 63 del d.lgs. n. 165 del 2001 dal d.lgs. n. 75 del 2017, il risarcimento del danno spettante al dipendente illegittimamente licenziato va commisurato alle retribuzioni maturate nel periodo compreso fra la data del licenziamento e quella di estinzione automatica del
rapporto, che si verifica al compimento dell’età massima prevista per il collocamento a riposo d’ufficio, salvo che , prima di detta data, il dipendente abbia rinunciato alla reintegrazione e manifestato la volontà di non riprendere servizio (Cass., Sez. L, n. 19520 del 23 luglio 2018).
Ne consegue che, in effetti, il risarcimento spettante al ricorrente avrebbe dovuto essere quantificato in misura pari alla retribuzione non percepita dal momento di illegittimo collocamento a riposo sino al compimento del 65° anno di età.
Inoltre, si osserva che l’art. 509, comma 1, d.lgs. n. 297 del 1994 (il riferimento all’art. 509, comma 6, d.lgs. n. 297 del 1994, contenuto nel ricorso, è da considerare inesatto), nel testo in vigore fino al 19 aprile 2001, prescriveva che ‹‹Il personale di cui al presente titolo è collocato a riposo d’ufficio dal 1° settembre successivo alla data di compimento del 65° anno di età; a domanda, dal 1° settembre successivo al compimento del 40° anno di servizio utile al pensionamento››.
In seguito, l’art. 1, comma 1, del d.P.R. n. 101 del 2001, contenente ‹‹Regolamento recante norme di modifica del decreto del Presidente della Repubblica 28 aprile 1998, n. 351, sulla semplificazione in materia di cessazione dal servizio e di trattamento d i quiescenza del personale della scuola››, nel testo in vigore dal 20 aprile 2001, nell’integrare l’art. 1 del d.P.R. n. 351 del 1998, contenente il ‹‹Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti in materia di cessazione dal servizio e di trattamento di quiescenza del personale della scuola, a norma dell’articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59››, ha previsto, all’art. 1, comma 1, che ‹‹All’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 28 aprile 1998, n. 351, prima del comma 1 è anteposto il seguente:
’01. I collocamenti a riposo per limiti di età del personale del comparto Scuola con rapporto di lavoro a tempo indeterminato decorrono dall’inizio dell’anno scolastico o accademico successivo alla data di compimento del sessantacinquesimo anno di età ovvero al termine del periodo di trattenimento in servizio. A tal fine non occorre un provvedimento formale dell’Amministrazione.’››.
Se ne ricava che il ricorrente, se la P.A. avesse correttamente applicato la normativa vigente, avrebbe dovuto essere collocato in quiescenza a decorrere dal 1° settembre 2014 e che sarebbe rimasto in servizio fino al 31 agosto 2014, circostanza che incide sulla quantificazione del risarcimento domandato, da compiere tenendo conto di quest’ultima data e non di quella del 19 maggio 2014, giorno nel quale il dipendente aveva compiuto 65 anni.
Del tutto irrilevanti sono le considerazioni della parte controricorrente, secondo la quale le esigenze sottese alle disposizioni di cui sopra non sarebbero state lese, in quanto il docente in questione non svolgeva più, nel periodo in esame, alcun tipo di insegnamento e, comunque, vi era una situazione di esubero con riferimento alla classe di concorso C260, alla quale apparteneva.
Infatti, il motivo per il quale il ricorrente non prestava più servizio era l’illegittimo provvedimento di controparte, che ne aveva impropriamente disposto il collocamento a riposo con un anno di anticipo rispetto a quanto previsto dalla legge.
5) Il ricorso è accolto.
La sentenza impugnata è cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa è decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, comma 2, c.p.c., con la condanna della parte controricorrente a corrispondere al ricorrente, a titolo di risarcimento del danno, dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori di legge, in applicazione dei seguenti principi di diritto:
‘L’art. 4 della legge n. 260 del 1958, che consente alla difesa erariale di eccepire solo entro la prima udienza l’errata indicazione della persona cui l’atto introduttivo doveva essere notificato, in mancanza non potendo più tale vizio essere prospettato o rilevato dal giudice, trova applicazione anche qualora il personale docente degli istituti statali di istruzione superiore convenga in giudizio, in luogo del Ministero di appartenenza, l’Istituto scolastico presso il quale presta servizio avanzando pretese concernenti il rapporto di lavoro ‘ ;
‘Il collocamento a riposo d’ufficio per limiti di età del personale del comparto Scuola con rapporto di lavoro a tempo indeterminato decorre dal 1° settembre
dell’anno scolastico o accademico successivo alla data di compimento del sessantacinquesimo anno di età ‘ .
Le spese di lite di tutti i gradi seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte,
accoglie il ricorso;
cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna la P.A. a corrispondere al ricorrente, a titolo di risarcimento del danno, dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori di legge;
condanna la parte controricorrente a rifondere le spese di lite, che liquida, in ordine ai gradi di merito, nella misura indicata nella sentenza qui impugnata, ossia , quanto alla fase sommaria, in complessivi € 1.500,00, con riguardo al giudizio di opposizione, in complessivi € 2.200,00, e, con riferimento al giudizio di reclamo, in complessivi € 2.500,00, e , per il giudizio di legittimità, in € 2.500,00 per compenso ed € 200,00 per esborsi , oltre agli accessori di legge e alle spese generali, nella misura del 15%.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile, il 25