Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 19549 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 19549 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 11566-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4141/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 23/11/2021 R.G.N. 1128/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
29/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Fatti di causa
Oggetto
R.G.N. 11566/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 29/04/2025
CC
La Corte d’appello di Roma, con la sentenza in atti, ha rigettato l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza con la quale il tribunale di Roma, previa declaratoria del proprio difetto di giurisdizione in ordine alle pretese impositive di natura tributaria, aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso avverso l’intimazione di pagamento indicata in relazione alle somme contenute negli avvisi di addebito Inps ivi specificati.
A fondamento della decisione la Corte ha rigettato i motivi di appello con i quali l’appellante reiterava le domande volte ad ottenere l’accertamento dell’insussistenza della pretesa creditoria dell’Inps per omessa e inesistente notifica degli avvisi di addebito sottesi all’intimazione di pagamento impugnata e per intervenuta prescrizione, siccome le stesse domande erano state proposte nei confronti del solo Agente della Riscossione non legittimato a contraddire sulla sussistenza o meno dei crediti dell’Inps.
Lo stesso dicasi con riferimento ai motivi di impugnazione afferenti l’intimazione di pagamento siccome unicamente proposta in funzione cosiddetta recuperatoria della tutela di merito invocabile come detto unicamente nei confronti dell’Inps sia sul presupposto dell’omessa notifica degli avvisi di addebito, nonché in considerazione della già ricordata natura dell’atto di intimazione di pagamento solo apparentemente assimilabile all’atto di precetto è dunque inidoneo in sé a incidere negativamente sulla sfera patrimoniale di parte ricorrente.
Avverso la sentenza ha proposto il ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE con quattro motivi ai quali ha resistito ADER con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria prima dell’udienza. Il Collegio ha autorizzato il deposito della motivazione nel termini di 60 giorni dalla decisione.
Ragioni della decisione
1.- Con il primo motivo si deduce erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 617, 100 c.p.c. e art. 50 d.p.r. 602/73 in relazione all’articolo 360, numero 3 c.p.c. in quanto il giudicante, pur essendo oggetto del giudizio un atto di competenza propria dell’Agenzia delle Entrate Riscossione autonomamente impugnabile ex lege, avverso il quale erano state proposte eccezioni proprie, ha inteso qualificare la domanda esclusivamente come opposizione all’esecuzione, confermando la pronuncia di prime cure dichiarativa dell’inammissibilità del ricorso.
2.- Col secondo motivo, si deduce la nullità della sentenza per error in procedendo ai sensi dell’articolo 360, n. 4 c.p.c. per violazione dell’articolo 132, comma 2, numero 4 c.p.c. integrante omessa motivazione, in quanto la Corte d’appello nel rigettare l’appello per ritenuta inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado instaurato avverso il concessionario, ha dichiarato assorbite tutte le domande di eccezioni svolte dal ricorrente, risultando così la pronuncia erronea e viziata per omessa motivazione.
3.- Col terzo motivo, si deduce nullità della sentenza per error in procedendo ai sensi dell’articolo 360, numero 4 per violazione dell’articolo 132, comma 2, n. 4 c.p.c. integrante omessa motivazione; duplicazione delle pretese, in quanto il collegio giudicante ha erroneamente dichiarato assorbito tutte le domande ed eccezioni svolte dal ricorrente, risultando così la pronuncia viziata per omessa motivazione stante l’eccezione di ultroneita’/illegittimità della condotta del concessionario e duplicazione delle pretese.
4.- Col quarto motivo si sostiene l’erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli articoli 617, 479 c.p.c. e
2697 c.c. in relazione all’articolo 360, numero 3 c.p.c. in quanto il giudicante ha inteso valorizzare la regolarità della notificazione degli avvisi di addebito esclusivamente in riferimento all’esistenza della pretesa creditoria ossia nel merito della stessa e non anche quale atto presupposto del procedimento di esecuzione di competenza esclusiva del concessionario su cui il medesimo è chiamato a rispondere della regolarità formale.
5.I motivi di ricorso, da esaminare unitariamente per connessione, devono essere disattesi.
Come correttamente affermato dai giudici di merito le censure di merito (per insussistenza del credito) sollevate dalla ricorrente avverso l’intimazione di pagamento, in relazione ai crediti di natura contributiva relativi ad avvisi di addebito INPS, erano inammissibili in quanto dirette contro l’Agenzia Riscossione mentre esse andavano proposte nei confronti dei titolari dei crediti di cui agli avvisi sottesi all’intimazione di pagamento; i vizi formali invece andavano sollevati nelle forme e nei termini d ell’opposizione agli atti esecutivi.
6.- Come è noto con la sentenza n. 7514/2022 le Sez. Unite della Cassazione hanno affermato, in materia di riscossione di crediti contributivi per vizi attinenti al merito della pretesa creditoria, che la legittimazione passiva compete al solo INPS ed hanno negato pure il litisconsorzio necessario tra ente impositore ed Agente della riscossione.
La conclusione presa dalle Sez. Unite sul terreno processuale è sostenuta dalla scontata premessa sostanziale relativa alla esclusiva titolarità del credito per contributi – costituente obbligazione inderogabile di natura pubblica ex art 2115,3 comma c.c. (v. Sez. Unite nn. 683/2003, 3678/2009) – in capo all’INPS . Essendo titolare del credito contributivo solo l’INPS, non c’è alcuna necessità di litisconsorzio con l’Agente della
Riscossione (anche se esso notifica il titolo ed ha poteri esecutori) e la domanda svolta nei suoi confronti va rigettata. La sentenza conferma, quindi, come, quando nel giudizio sussiste un difetto di legittimazione (attiva o passiva), la domanda vada sempre rigettata nel merito mancando una condizione dell’azione senza dover dare adito all’integrazione del contraddittorio.
Anche sul punto le Sez. unite con l’importante pronuncia n. 2951/2016 hanno statuito che ‘La titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione’. Le doglianze sollevate in proposito col ricorso in oggetto sono dunque prive di fondamento.
6.- Vanno inoltre disattese altresì le censure sollevate in ricorso per pretesi vizi della motivazione dato che come è noto, con le sentenze n. 8053 e 8054 del 2014 le Sez. Unite di questa Corte hanno precisato che è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella ‘mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico’, nella ‘motivazione apparente’, nel ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’ e nella ‘motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘sufficienza’ della motivazione”. La motivazione apparente, che determina nullità della sentenza perché affetta da error in procedendo, è quella quindi che non consente di percepire il fondamento della decisione, perché reca argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il
ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (v. Cass. n. 22232 del 2016; Cass. n. 12351 del 2017).
Nel caso di specie la motivazione è invece esistente, risulta congrua e rispondente ai requisiti dettati dall’ordinamento processuale.
7.- In base alle argomentazioni svolte il ricorso deve essere complessivamente rigettato; le spese di giudizio seguono la soccombenza.
Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in euro 4.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfettarie, oltre accessori dovuti per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 29.4.2025.
La Presidente dott.ssa NOME COGNOME