Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25513 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25513 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso 16597/2022 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura in atti;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, AVV_NOTAIO NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura in atti;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 600/2022 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 30/05/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Osserva
Il Tribunale accolse la domanda di rivendicazione avanzata da NOME e NOME COGNOME, nonché da NOME COGNOME, NOME e NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME, dichiarandoli comproprietari per usucapione e condannando il convenuto a rilasciare il terreno occupato in favore degli attori.
La Corte d’appello di Catanzaro rigettò l’impugnazione del convenuto.
NOME COGNOME avanzava ricorso sulla base di due motivi, ulteriormente illustrati da memoria e gli intimati resistevano con controricorso.
Il Consigliere delegato della Sezione ha proposto definirsi il ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
Il ricorrente, con istanza sottoscritta dal difensore munito di una nuova procura speciale, ha chiesto decidersi il ricorso.
Il processo è stato fissato per l’adunanza camerale del 12 settembre 2024.
Occorre premettere che nel procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati ex art. 380-bis c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), il presidente della sezione o il consigliere delegato che ha formulato la proposta di definizione può far parte -ed eventualmente essere nominato relatore – del collegio investito della definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c., non versando in situazione di incompatibilità agli effetti degli artt. 51, comma 1, n. 4, e 52 c.p.c., atteso che tale proposta non rivela una funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta, che si sussegue nel medesimo giudizio di cassazione con carattere di autonomia e con contenuti e finalità di riesame e di
contro
llo sulla proposta stessa (S.U., n. 9611, 10/04/2024, Rv. 670667 -01).
Ciò posto il consigliere proponente NOME COGNOME legittimamente compone il Collegio.
In via di ulteriore preliminarietà deve stigmatizzarsi il contenuto largamente improprio dell’istanza con la quale la ricorrente ha chiesto la decisione del ricorso. Con essa, infatti, la ricorrente non si è limitata, come avrebbe dovuto ai sensi dell’art. 380 bis, co. 2, cod. proc. civ., a chiedere la decisione, ma si è spesa in apprezzamenti giuridici, come si trattasse d’una integrazione del ricorso o, comunque, d’una memoria atipica, che precede la fissazione della trattazione della causa, invece che seguirla, con deposito nel termine perentorio di cui all’art. 380 bis 1 cpc. Di un tale contenuto, pertanto, non deve tenersi conto (Sez. 2, n. 8303, 27/03/2024, Rv. 670576 -01).
Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 948, 1158, 1140, 1141, 1703 e segg., 2729 e 2697 cod. civ.
Questo l’assunto impugnatorio.
La Corte d’appello aveva accolto la domanda di rivendicazione degli eredi di NOME COGNOME sul presupposto che quest’ultimo avesse acquistato per usucapione il fondo di proprietà degli eredi di tale NOME, mostrando di poterne disporre per averlo concesso in affitto nel 1964 a NOME COGNOME (padre del ricorrente odierno), il quale lo avrebbe detenuto fino al 1991, senza considerare che essendo costui mero amministratore del podere di proprietà degli eredi di NOME, giammai avrebbe potuto generare un rapporto di possesso con la cosa, in assenza della mutazione di cui all’art. 1141, co. 2, cod. civ. Per contro, nulla era tenuto a dimostrare il convenuto, al quale era bastevole affermare ‘possideo quia possideo’.
Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1141 e 948 cod. civ. per avere il Giudice d’appello malamente qualificato l’istituto del possesso, non potendosi reputare tale il rapporto di COGNOME NOME con la cosa.
La sentenza deve essere cassata per una ragione pregiudiziale diversa da quelle prospettate con i motivi di ricorso.
Consta dalla sentenza della Corte di Catanzaro che il Tribunale di Cosenza, in accoglimento della domanda di rivendicazione, accertò il diritto di proprietà degli attori e in forza di esso accertamento condannò il convenuto al rilascio.
La sentenza di secondo grado afferma che il Tribunale aveva riconosciuta l’usucapione in favore degli eredi di COGNOME. Decisione che la Corte d’appello mostra di condividere.
Risulta, inoltre, a prescindere dalla sussistenza dei presupposti per la declaratoria d’usucapione, che NOME COGNOME aveva, a sua volta, dato in affitto il fondo di terzi, del quale, a dire degli attori, disponeva quale amministratore, a NOME COGNOME.
L’acquisto per usucapione del diritto di proprietà del fondo, quindi, venne dichiarato in difetto assoluto di contraddittorio, non essendo stato citato in giudizio nemmeno uno dei titolari del diritto di proprietà, bensì il solo NOME COGNOME, il quale non solo non è il proprietario intestatario del bene, ma nemmeno ha avanzato eccezione o domanda petitoria.
L’assenza di almeno un contraddittore impedisce di ordinare l’integrazione, non potendosi estendere un contraddittorio mai avviato, dovendosi, per contro, constatare che la domanda di accertamento dell’usucapione, avanzata nei confronti del convenuto NOME COGNOME deve essere rigettata, non essendo costui proprietario del fondo (per una fattispecie, diversa, ma logicamente evocabile, si veda Cass. n. 11799/2011).
È appena il caso di soggiungere che laddove la vicenda giudiziaria si risolva sulla base di valutazione squisitamente giuridica, non implicante lo scrutinio di questioni di fatto o miste, la decisione giudiziale non giunge inaspettata per la basilare ragione che di essa questione giuridica le parti hanno piena conoscenza sin dall’inizio e in relazione a essa possono esercitare le facoltà illustrative e argomentative che reputino opportune (cfr., ex multis, Cass. nn. 11453/2014, 24312/2017, 19278/2020) e, quindi, non si è in presenza di ‘sentenza a sorpresa’.
Va ulteriormente chiarito che il dovere del giudice di verificare la corretta costituzione del contraddittorio attiene al rispetto della regola processuale non disponibile e non è in alcun modo ricollegabile a eccezione, difesa o sollecitazione di parte.
Di conseguenza, cassata la sentenza e decisa la causa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., la domanda deve essere rigettata perché rivolta nei confronti di soggetto non legittimato.
La decisione della causa per ragioni del tutto diverse rispetto a quanto prospettato dal ricorrente costituisce grave ragione (secondo il testo dell’art. 92, co. 2, cod. proc. civ., al tempo applicabile) per compensare per intero fra le parti le spese dei due gradi del giudizio di merito e di quello di legittimità
P.Q.M.
decidendo sul ricorso cassa la sentenza impugnata e rigetta la domanda.
Compensa per intero fra le parti le spese legali dei due gradi del giudizio di merito e di quello di legittimità.
Così deciso in Roma il giorno 12 settembre 2024.
Il Presidente NOME COGNOME