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Legittimazione passiva e rendiconto: il caso deciso

Il Tribunale di Venezia ha dichiarato inammissibile un ricorso per rendiconto presentato da alcuni comproprietari contro la comproprietà stessa. La decisione si fonda sulla carenza di legittimazione passiva dell’ente, poiché l’obbligo di rendere il conto deriva dal mandato conferito all’amministratore e grava su quest’ultimo personalmente, non sulla comproprietà che egli rappresenta.

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Legittimazione Passiva: Contro Chi Agire per il Rendiconto dell’Amministratore?

Chiedere chiarezza sulla gestione economica di un immobile è un diritto fondamentale per ogni proprietario. Ma cosa succede se l’azione legale viene intentata contro il soggetto sbagliato? Una recente sentenza del Tribunale di Venezia fa luce su un aspetto procedurale cruciale: la legittimazione passiva nell’azione di rendiconto. Questo principio stabilisce chi è il corretto destinatario di una domanda giudiziale, un errore sul quale può costare l’intero processo. La decisione analizzata chiarisce che l’obbligo di presentare i conti è personale dell’amministratore e non della comproprietà che egli gestisce.

I Fatti del Caso

Due comproprietari di un complesso immobiliare, ritenendo di non aver ricevuto informazioni economiche e patrimoniali sufficientemente chiare e dettagliate, decidevano di agire legalmente. Essi lamentavano l’assenza di una rendicontazione analitica e, dopo aver diffidato la comproprietà senza ottenere riscontro, avviavano un’azione giudiziaria per ottenere il rendiconto della gestione. Le loro richieste erano specifiche: un resoconto dettagliato degli ultimi dieci anni, l’elenco dei morosi, i dettagli sui canoni di locazione percepiti e copia dei relativi contratti.

L’Eccezione di Carenza di Legittimazione Passiva

La comproprietà, costituitasi in giudizio, sollevava un’eccezione preliminare determinante: la propria carenza di legittimazione passiva. La difesa sosteneva che l’obbligo di rendere il conto non spetta all’ente-comproprietà, ma direttamente e personalmente all’amministratore. Secondo questa tesi, è l’amministratore, in virtù del contratto di mandato che lo lega ai singoli proprietari, ad essere il soggetto tenuto a giustificare il proprio operato. Citare in giudizio la comproprietà, sebbene rappresentata dal suo amministratore, era un errore procedurale che viziava l’intera azione.

La Decisione del Tribunale e la Legittimazione Passiva

Il Giudice ha accolto in pieno l’eccezione della parte convenuta, dichiarando il ricorso inammissibile. La sentenza si concentra interamente sulla questione della legittimazione passiva, affermando che il procedimento di rendiconto presuppone l’esistenza di un obbligo legale o contrattuale di una parte verso l’altra. In questo caso, il rapporto che genera l’obbligo di rendiconto è il mandato tra i comproprietari e l’amministratore.

Le Motivazioni

Il Tribunale ha spiegato che le richieste dei ricorrenti (rendiconti dettagliati, elenco morosi, copie di contratti) sono tutte obbligazioni che derivano direttamente dal mandato conferito all’amministratore, non dalla comproprietà stessa, che è un’entità di cui gli stessi ricorrenti fanno parte. La comproprietà è un ente privo di obblighi gestori propri, che vengono invece delegati all’amministratore.

Il fatto che la comproprietà sia stata citata “in persona dell’amministratore pro tempore” non sana il difetto. Questa, infatti, è solo una formula processuale che indica chi rappresenta legalmente l’ente in giudizio, ma non trasforma l’ente nel soggetto titolare dell’obbligo sostanziale. Il soggetto passivo dell’azione di rendiconto, ovvero colui che è obbligato a rendere il conto, rimane l’amministratore come persona fisica o giuridica che ha ricevuto l’incarico. La domanda giudiziale era, quindi, rivolta al soggetto sbagliato.

Conclusioni

La sentenza offre un’importante lezione pratica: nell’intraprendere un’azione legale per ottenere il rendiconto della gestione, è fondamentale identificare correttamente il soggetto passivamente legittimato. L’azione non va promossa contro la comproprietà o il condominio, ma direttamente nei confronti dell’amministratore che ha gestito il patrimonio. Un errore su questo punto, come dimostra il caso in esame, può portare a una declaratoria di inammissibilità, con conseguente perdita di tempo e condanna al pagamento delle spese legali, senza nemmeno entrare nel merito della questione.

A chi deve essere richiesto giudizialmente il rendiconto della gestione in una comproprietà?
La richiesta di rendiconto deve essere presentata direttamente contro l’amministratore, in quanto è quest’ultimo, in virtù del contratto di mandato, ad essere personalmente obbligato a rendere conto della sua gestione, e non la comproprietà come entità.

Cosa succede se si cita in giudizio la comproprietà invece dell’amministratore per ottenere il rendiconto?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile per carenza di legittimazione passiva. Ciò significa che il processo si conclude senza un esame del merito della richiesta, perché è stata intentata contro il soggetto sbagliato.

Citare in giudizio la comproprietà “in persona dell’amministratore pro-tempore” è sufficiente per l’azione di rendiconto?
No. Secondo la sentenza, questa è una mera formula per la rappresentanza processuale dell’ente. Non modifica il fatto che il titolare dell’obbligo sostanziale di rendiconto è l’amministratore come soggetto distinto dalla comproprietà, e pertanto è lui che deve essere convenuto in giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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