Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27700 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 27700 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/10/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 15201/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso da ll’AVV_NOTAIO COGNOME NOME unitamente all’AVV_NOTAIO COGNOME NOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, tutti rappresentati e difesi da ll’AVV_NOTAIO COGNOME NOME unitamente all’AVV_NOTAIO COGNOME NOME;
– controricorrenti –
nonchè contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME;
-intimati –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BRESCIA n. 380/2019, depositata il 04/03/2019; udita la relazione svolta nella pubblica udienza dal Consigliere NOME COGNOME; le conclusioni rese dal Procuratore Generale nella persona del udite dottAVV_NOTAIO COGNOME;
udita la discussione orale dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME per parte ricorrente, e la discussione orale dell’avvocatessa NOME COGNOME per parte controricorrente.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, in qualità di proprietari degli immobili identificati al NCT di Brescia dai mappali 41, 43, 45 e 46, foglio 63, hanno convenuto in giudizio il RAGIONE_SOCIALE» (‘il RAGIONE_SOCIALE‘) proprietario del mappale n. 49 del foglio 63, al fine di accertare la sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto per la costituzione di una servitù coattiva di passaggio pedonale e carraio a beneficio dei citati fondi.
Si costituiva in giudizio il RAGIONE_SOCIALE al fine di ottenere la declaratoria della preesistenza di un passaggio alternativo (insistente sul contiguo mappale 40, di proprietà Zanzottera) idoneo a servire i fondi degli attori, ad escludere l’interclusione di detti fondi e in grado di assicurare un accesso più breve alla via pubblica.
1.1. Il Tribunale di Brescia, con sentenza n. 3217/2015, accoglieva l’stanza attorea e, per l’effetto, costituiva servitù coattiva di passaggio pedonale e carraio a favore dei fondi degli attori, determinava l’indennità dovuta dagli attori al RAGIONE_SOCIALE convenuto in €. 606,96, condannava il convenuto a rifondere le spese di lite, liquidate in €. 450,00 per anticipazioni, 6.738,00 per compensi, oltre al rimborso forfettario al 15%, IVA e CPA.
Il RAGIONE_SOCIALE interponeva appello avverso la suddetta pronuncia innanzi alla Corte d’Appello di Brescia, che rigettava il gravame e condannava l’appellante a rimborsare alle parti appellate costituite le spese di lite, liquidate in favore di ciascuna in complessivi €. 3 .777,00, oltre al rimborso forfettario al 15%, IVA e CPA.
A sostegno della sua decisione osservava la Corte:
l’art. 1131, comma 2, cod. civ. prevede chiaramente che l’amministratore possa essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio;
i fondi degli attori devono ritenersi interclusi, palesandosi come prova dirimente l’esito della disposta CTU, dalla quale emerge anche che il passaggio dal mappale 49 di proprietà del RAGIONE_SOCIALE convenuto è quello più breve e riesce di minor danno al fondo sul quale è consentito, posto che lo stesso è già dotato di un’ampia strada adibita ad uso pubblico sulla base di convenzione urbanistica ed è già gravato da servitù in favore di altri fondi interclusi;
non è ipotizzabile l’eventuale passaggio da altri fondi a carattere precario posto che non è riconosciuto in alcun titolo, ed anzi la l’azione giudiziaria all’uopo già proposta dagli odierni appellati è stata rigettata;
la prova testimoniale dedotta si palesa inammissibile, posto che la stessa verte chiaramente su circostanze non contestate ovvero irrilevanti o ancora tende a fare esprimere valutazioni;
-assolutamente generica è la censura attinente alla determinazione dell’indennità, posto che il primo giudice ha già evidenziato motivi di adesione alla stima effettuata dal CTU.
La suddetta pronuncia è impugnata per la cassazione dal RAGIONE_SOCIALE, e il ricorso affidato a sette motivi.
Resistono COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME.
Restano intimati COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME.
In prossimità della pubblica udienza entrambe le parti hanno depositato memorie.
Il Pubblico Ministero ha chiesto il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1130 e 1131, comma 2, cod. civ., ai sensi dell’art. 360, n. 3) cod. proc. civ., e comunque errore in procedendo , motivo previsto dall’art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ., per avere il giudice di merito ritenuto legittimato passivamente l’amministratore del RAGIONE_SOCIALE e non i singoli condòmini nel giudizio avente ad oggetto la costituzione coattiva di una servitù di passaggio sul fondo della comunione. A giudizio del RAGIONE_SOCIALE ricorrente, l’art. 1131 cod. civ. va coordinato con l’art. 1130 cod. civ., a mente del quale l’amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti sono con riferimento agli atti conservativi, non anche con riferimento alle azioni reali, in quanto ente di mera gestione, che non ha personalità giuridica né diritti propri (v. in tal senso Cass. Sez. U., n. 10934 del 2019). Nel caso di specie è stata introdotta una controversia concernente la limitazione di un diritto di ciascun condòmino: il litisconsorzio di tutti i condomini è, dunque, necessario, mentre la rappresentanza dell’amministratore si aggiunge al diritto dei comproprietari a tutelare i beni insidiati da illegittime azioni di terzi.
1.1. Il motivo è fondato.
Questa Corte ha già avuto occasione di rilevare il difetto di legittimazione a resistere, come ad agire, in capo a ll’amministratore
del condominio laddove oggetto dell’azione siano questioni concernenti l’esistenza, il contenuto o l’estensione dei diritti spettanti ai condòmini in virtù dei rispettivi acquisti, che restano nell’esclusiva disponibilità dei titolari.
1.1.1. Più precisamente, è stato rilevato che ove si sia in presenza di azioni reali (di accertamento o costitutive) dirette ad individuare e/o ad estendere la sfera del dominio acquisito pro quota da ciascun condòmino con gli atti d’acquisto delle singole unità immobiliari condominiali, ossia all’atto dell’ingresso nel RAGIONE_SOCIALE, l’azione giudiziale esula dall’ambito della mera tutela di una già acquisita proprietà comune, per incidere nella sfera dei diritti e degli interessi individuali.
Tanto basta ad escludere che la proposizione di un’azione volta come la domanda di costituzione di servitù coattiva di passaggio pedonale e carraio attraverso l’area di proprietà del condominio (ma anche di ogni condòmino) – a conseguire una limitazione del diritto dominicale possa considerarsi rientrante nei poteri deliberativi dell’assemblea condominiale, e che la rappresentanza processuale del condominio possa essere, nella stessa ipotesi, affidata all’amministratore.
Ciò in quanto -è stato precisato – il condominio è privo di personalità giuridica, quale ente di gestione delle cose comuni: di conseguenza, l’amministratore può agire in virtù della sola delibera assembleare, anche non totalitaria, a tutela della gestione delle stesse, secondo un modello di rappresentanza del tutto speciale, che consiste in un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza, che si distingue dal modello di rappresentanza volontaria in ragione della determinazione legale delle relative attribuzioni, dei compiti e dei poteri stabiliti dall’art. 1130 cod. civ.,
o dei maggiori poteri eventualmente conferitigli dal regolamento di condominio o dall’assemblea: entro questi limiti , l’amministratore del condominio ha la rappresentanza dei condòmini e può stare in giudizio sia per essi contro terzi, sia contro alcuno di essi per tutti gli altri (art. 1131 cod. civ., commi 1 e 2).
Il disposto dell’art. 1131 cod. civ., secondo cui l’amministratore può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio, viene inteso, invero, nel senso che il potere rappresentativo che spetta all’amministratore di condominio si riflette nella facoltà di agire e di resistere in giudizio unicamente per la tutela dei diritti sui beni comuni, rimanendone perciò escluse le azioni che incidono sulla condizione giuridica dei beni stessi, e, cioè, sulla estensione del relativo diritto di condominio, affare che rientra nella disponibilità esclusiva dei condòmini. In tal modo, si assicura anche la regolare corrispondenza tra le attribuzioni dispositive dell’amministratore e dell’assemblea e la legittimazione a far valere nel processo le rispettive posizioni dominicali (Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 30302 del 14.10.2022, Rv. 665975 -01; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 19566 del 18.09.2020; Cass. Sez. 2, 28/01/2019, n. 2279; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12678 del 05.06.2014).
1.1.2. Ove si tratti, quindi, di azioni a tutela dei diritti esclusivi dei singoli condòmini, tale legittimazione può trovare fondamento soltanto nel mandato conferito all’amministratore da ciascuno dei partecipanti alla comunione, e non nel meccanismo deliberativo dell’assemblea condominiale, ad eccezione dell’equivalente ipotesi di una unanime, positiva deliberazione di tutti i condòmini (Cass. 3 aprile 2003 n. 5147; Cass. 29 febbraio 1988 n. 2129; Cass. 11 marzo 1988 n. 2401; Cass. 3 marzo 1984 n. 4623).
L’assemblea, infatti (come affermato da Cass. 29 agosto 1997 n. 8246), può deliberare, con le prescritte maggioranze, solo sulle questioni che riguardano parti comuni dell’edificio o il RAGIONE_SOCIALE nel suo complesso, oppure sulle liti attive e passive che, esorbitando dalle attribuzioni istituzionali dell’amministratore, riguardino pur sempre la tutela dei diritti dei condomini su tali parti, ma non anche sulle questioni concernenti gli atti di acquisto delle singole proprietà immobiliari.
1.2. In definitiva, le domande incidenti sull’estensione del diritto di proprietà o comproprietà dei singoli devono essere rivolte nei confronti di tutti i condòmini, in quanto in tali fattispecie viene dedotto in giudizio un rapporto plurisoggettivo unico e inscindibile su cui deve statuire la richiesta pronuncia giudiziale (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 22935 del 21.10.2020; v. anche Cass. Sez. Un., 13.11.2013 n. 25454).
Con riferimento al caso di specie, la proposizione della domanda diretta ad ottenere (come rilevato dal ricorrente) la declaratoria di esistenza del preteso diritto reale in favore degli odierni resistenti deve, in difetto di un’unanime positiva deliberazione di tutti i condòmini, ritenersi esorbitante dai poteri deliberativi dell’assemblea condominiale, da un lato, e da quelli di rappresentanza processuale del RAGIONE_SOCIALE da parte dell’amministratore, dall’altro (Cass. n. 12678 del 2014, cit.; Cass. 8 agosto 1979 n. 4637).
1.3. La sentenza merita, pertanto, di essere cassata e il giudizio rinviato al Tribunale di Brescia ai sensi dell’art. 383, comma 3, cod. civ.
Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 360, n. 3) cod. proc. civ., in relazione alla falsa applicazione dell’art. 1051 cod. civ., e dell’art. 360, n. 5) cod. proc. civ., per travisamento dei fatti e
omesso esame di fatti decisivi inerenti sia l’ actio confessoria servitutis promossa dagli attori che ha confermato l’esistenza di un passaggio e la non inadeguatezza dello stesso, sia la presenza di documenti che attestano la presenza del passaggio pedonale/carraio riconosciuto dal 1933. Comunque, per motivazione omessa o solo apparente, con conseguente errore in procedendo ex art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ., per violazione dell’art. 132 comma 2, n. 4, cod. proc. civ. Nella fattispecie, sostiene il ricorrente, vi è una violazione di legge (art. 1051 cod. civ.) nella parte in cui si ritiene intercluso un fondo che tale non è, perché già godeva di una servitù di passaggio al lato nord sul mappale 40. Del resto, se tale indicata servitù è stata ritenuta estinta, essa può nuovamente essere costituita coattivamente a carico del medesimo fondo, anziché costituirne una nuova sul mappale 49 di proprietà del RAGIONE_SOCIALE.
Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 1051 cod. civ., motive previsto dall’art. 360, n. 3) cod. proc. civ., nonché omessa e/o erronea motivazione e travisamento dei fatti con riguardo all’assunta «precarietà» del passaggio già esistente e non suscettibile di trasformazione in carraio se non con sacrificio per il fondo servente, con conseguente errore in procedendo ex art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ., per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. Volendo disporre la costituzione coattiva della servitù su un diverso passaggio, il giudice avrebbe dovuto motivare in ordine all’esistenza dei presupposti; sarebbe stato, dunque, più agevole ampliare nuovamente il passaggio già esistente, atteso che l’onerosità era rappresentata e rappresentata dall’eliminazione della suddetta tettoia.
Con il quarto motivo si deduce errore in procedendo ex art. 360, comma1, n. 4) cod. proc. civ., per avere la Corte d’Appello di
Brescia ritenuto inammissibile la prova testimoniale articolata, in quanto tendente a dimostrare circostanze non contestate. Nullità della sentenza per motivazione meramente apparente, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ., in quanto la sentenza della Corte d’Appello ha espresso solo una acritica condivisione alla pronuncia del giudice di prime cure, riportando integralmente la consulenza disposta nel giudizio di primo grado senza dare adeguata risposta alle singole censure avanzate con la proposizione dell’appello, nonché per il contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili contenute nella consulenza.
Con il quinto motivo si deduce violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ., per omesso esame di fatti decisivi in relazione alla violazione dell’art. 1051, comma 4, cod. civ., o quanto meno errore in procedendo ex art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ., per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. In ogni caso, violazione nell’art. 1051, comma 4, cod. civ., motivo di ricorso in Cassazione ex art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ.
Con il sesto motivo si deduce violazione dell’art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ., per vizio di motivazione in relazione all’art. 1053 cod civ. per erronea determinazione dell’indennità dovuta ad evidente errore rispetto alla CTU. In subordine, violazione di legge ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. Il ricorrente censura la sentenza con riferimento alla determinazione dell’indennità per l’imposizione della servitù di passaggio, in quanto il giudice di seconde cure avrebbe aderito alle motivazioni del primo giudice che a sua volta aveva accolto la stima effettuata dal CTU basata sul quasi inesistente valore agrario del fondo servente. Si tratta di una motivazione per relazione ma che non soddisfa l’obbligo motivazionale imposto al giudice in presenza di specifiche censure a
riguardo mosse alla sentenza di primo grado riguardanti sia i criteri di determinazione dell’indennità, sia la misura. In particolare, la sentenza impugnata non ha adeguatamente motivato sul fatto che il CTU, nel determinare l’indennità, non ha tenuto conto dell’aumento di valore dei fondi dominanti, non ha considerato un aggravio di spesa per la manutenzione della strada privata del RAGIONE_SOCIALE, e non ha tenuto conto di tutto il percorso che i proprietari del fondo dominante dovranno effettuare su tutta la proprietà del RAGIONE_SOCIALE, e non solo sul tratto di aiuola e marciapiede.
Con il settimo motivo si deduce violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione delle norme di diritto in relazione all’art. 5 del D.M. n. 55/2014 e all’art. 15 cod. proc. civ. (nonché, in subordine, 4 e 8 D.M. n. 55/2014 e 92, comma 1, cod. proc. civ.). A giudizio del ricorrente, erroneamente la Corte d’Appello, confermando la sentenza di primo grado in ordine alle spese di giudizio, ha liquidato le spese di lite secondo il valore indeterminabile della causa, senza tenere conto del richiamo dell’art. 5, D.M. n. 55/2014 all’art. 15 cod. proc. civ., che a sua volta prevede il reddito dominicale del terreno, ma soprattutto la valutazione data dalla misura dell’indennizzo ex art. 1053 cod. civ. Inoltre, il ricorrente lamenta la quadruplicazione del compenso, come da conteggio 11.3.19 che si produce, atteso che nel dispositivo la Corte d’Appello ha riconosciuto le spese del secondo grado «in favore di ciascuna».
Avendo il Collegio accolto il primo motivo del ricorso e, per l’effetto, cassato la sentenza gravata con rinvio al Tribunale di Brescia, i restanti motivi vanno dichiarati assorbiti.
Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti i restanti;
cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e, ai sensi dell’art. 383, comma 3, cod. proc. civ., rinvia il giudizio al Tribunale di Brescia, in persona di diverso magistrato, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 20 marzo 2025.
La Relatrice NOME COGNOME
La Presidente NOME COGNOME