Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5554 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 5554 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 3798-2021 proposto da
COGNOME NOME COGNOME, rappresentato e difeso, in forza di procura conferita in calce al ricorso, dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, in ROMA, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato e domiciliata presso i suoi uffici, in ROMA, INDIRIZZO
-resistente con procura –
per la cassazione della sentenza n. 577 del 2020 della CORTE D’APPELLO DI CALTANISSETTA, depositata il 24 dicembre 2020 (R.G.N. 275/2019).
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 12 dicembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
R.G.N. 3798/2021
COGNOME
Rep.
C.C. 12/12/2024
giurisdizione Concessionario e merito della pretesa. Carenza di legittimazione passiva.
1. -Con sentenza n. 577 del 2020, depositata il 24 dicembre 2020, la Corte d’appello di Caltanissetta ha accolto il gravame dell’Agenzia delle Entrate -Riscossione e, in riforma della pronuncia del Tribunale della medesima sede, ha dichiarato inammissibile l’ opposizione proposta dal signor NOME COGNOME contro l’intimazione di pagamento n. 019 2016 9007305067 000, notificata il 28 novembre 2016, in relazione a contributi INPS e a premi INAIL.
A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha argomentato che i fatti estintivi eccepiti (la prescrizione) investono il merito della pretesa, aspetto sul quale solo gli enti creditori, INPS e INAIL, avrebbero potuto contraddire. Il concessionario, a tale riguardo, è sprovvisto di legittimazione passiva e non si frappone alcun ostacolo al rilievo d’ufficio di tale profilo, che attiene a una «questione di puro diritto, connessa a dati processuali pacifici» (pagina 3 della sentenza d’appello).
-Il signor NOME COGNOME ricorre per cassazione, sulla base di un motivo , contro la sentenza d’appello.
-L’ Agenzia delle Entrate -Riscossione si è limitata a depositare atto di costituzione, in vista dell’eventuale partecipazione alla discussione.
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio, in applicazione dell’art. 380bis .1. cod. proc. civ.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
-All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni (art. 380 -bis .1., secondo comma, cod. proc. civ.).
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con l’unico motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 39 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 312, e degli artt. 100, 102, 106 e 107 cod. proc. civ. e lamenta che la Corte territoriale abbia
erroneamente negato la legittimazione passiva del concessionario, in una controversia concernente la prescrizione del diritto, prescrizione imputabile all’inerzia dell’agente per la riscossione. A tutto voler concedere, nel giudizio di primo grado la società di riscossione avrebbe avuto l’onere di chiamare in causa gli enti creditori, ma le questioni inerenti all’integrità del contraddittorio sarebbero oramai precluse nel giudizio d’appello.
-Il ricorso è infondato.
-Non è controverso che il giudizio instaurato dall’odierno ricorrente tenda a contestare la fondatezza della pretesa degli enti creditori, sulla scorta della prescrizione che nel frattempo si sarebbe compiuta.
-Proprio con riferimento a un’opposizione incentrata sulla prescrizione del credito, questa Corte ha affermato che la legittimazione a contraddire compete al solo ente impositore, quale unico titolare della situazione sostanziale dedotta in giudizio (Cass., Sez.Un., 8 marzo 2022, n. 7514).
A tali princìpi, che la parte ricorrente non induce a rimeditare con argomenti persuasivi, si è uniformata la pronuncia d’appello, nel dichiarare la carenza di legittimazione passiva del concessionario.
-In coerenza con i princìpi enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte, si deve poi ribadire che il difetto di legitimatio ad causam può essere rilevato d’ufficio anche in sede di legittimità , in virtù del principio dettato dall ‘ art. 81 cod. proc. civ., che non consente ad alcuno di far valere nel processo un diritto altrui in nome proprio, fuori dei casi espressamente previsti dalla legge.
Il rilievo d’ufficio soggiace all’unico limite del giudicato interno, limite che, tuttavia, nel caso di specie non si riscontra.
Come questa Corte ha puntualizzato di recente, «la decisione della causa nel merito non comporta la formazione del giudicato implicito sulla legittimazione ad agire ove tale quaestio iuris , pur avendo
costituito la premessa logica della statuizione di merito, non sia stata sollevata dalle parti (così Cass. Sez.Un. n. 7925 del 2019)» (Cass., sez. lav., 10 giugno 2022, n. 18812, in motivazione).
-Dai rilievi esposti consegue che, in caso di proposizione del giudizio nei confronti del solo concessionario, non trovano applicazione i meccanismi di cui agli artt. 107 o 102 cod. proc. civ., invocati dal ricorrente, e il ricorso dev’essere rigettato per carenza di legittimazione passiva di chi ha la veste di mero destinatario del pagamento, ai sensi dell’art. 1188 cod. civ. (sentenza n. 7514 del 2022, cit.).
-Il ricorso, in definitiva, dev’essere respinto.
-Non si devono regolare le spese del presente giudizio, in quanto il concessionario non ha replicato con controricorso e, limitandosi a depositare ‘atto di costituzione’, non ha svolto sostanziale attività difensiva.
-Il rigetto del ricorso impone di dare atto dei presupposti per il sorgere dell’obbligo del ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione