Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 33816 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 33816 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28393/2020 R.G. proposto da:
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
COMUNE DI NAPOLI , in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo STUDIO COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente-
Avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 6797/2019 depositata il 27/03/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di Napoli ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME e ha confermato la sentenza del Tribunale che, nel contraddittorio con il Comune di Napoli, aveva dichiarato il difetto di legittimazione passiva del resistente in relazione alla domanda con la quale l’COGNOME, dipendente comunale in servizio presso la Direzione Centrale Ambiente Tutela del Territorio e del Mare, aveva chiesto il pagamento della somma di euro 51.030,93, a suo dire dovuta ex art. 92, comma 5, del d.lgs. n. 163/2006;
la Corte distrettuale ha premesso che con ordinanza del Ministero dell’ Interno n. 2509 del 22 febbraio 1997 il Sindaco di Napoli era stato nominato Commissario delegato per gli interventi di emergenza connessi al consolidamento del sottosuolo della città ed in questa veste aveva conferito all’Esposito l’incarico in discussione, che aveva ad oggetto il collaudo statico in corso d’opera e il collaudo amministrativo dei lavori di sistemazione idrogeologica dell’alveo Torciolano e Torci olano bis nonché di realizzazione di paratia di pali alla INDIRIZZO
ha escluso che l’attività svolta dall’COGNOME fosse stata richiesta ed effettuata nell’ambito del rapporto di impiego intercorrente con il Comune di Napoli, perché, come già detto, il sindaco aveva agito quale Ufficiale di Governo e sulla base delle ordinanze ministeriali, sicché il Comune era rimasto estraneo al conferimento dell’incarico ed alle obbligazioni che nello stesso trovavano titolo;
per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME sulla base di quattro motivi, illustrati da memoria, ai quali ha opposto difese con controricorso il Comune di Napoli.
CONSIDERATO CHE
il ricorrente deduce, in premessa, che le questioni attinenti alla titolarità dal lato passivo del rapporto dedotto in giudizio sono rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio e richiama al riguardo Cass. S.U. n. 2951/2016, aggiungendo anche che il difetto di legittimazione
passiva del Comune nella specie è stato affermato per ragioni giuridiche e non fattuali;
evidenzia, poi, che le ordinanze ministeriali emesse ai sensi dell’art. 5 della legge n. 225/1992, pur non contenendo disposizioni generali ed astratte, formano oggetto della scienza diretta del giudice, con la conseguenza che nel giudizio di legittimità ne può essere denunciata la violazione ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ.;
ne trae, quale conseguenza, la piena ammissibilità delle questioni dedotte nei motivi, seppure non specificamente affrontate nella sentenza impugnata, trattandosi, appunto, di questioni giuridiche non implicanti accertamenti di fatto;
1.1. il primo motivo, rubricato «sussistenza di una fattispecie di avvalimento – legittimazione passiva del Comune di Napoli», richiama l’art. 2, comma 3, dell’Ordinanza del Ministro dell’Interno Delegato per il Coordinamento della Protezione Civile n. 2509 del 22 febbraio 1997 e sostiene che la disposizione citata, nel consentire al Commissario di avvalersi per la progettazione degli interventi prioritari delle professionalità presenti all’interno dell’amministrazione comunale, prevede un avvalimento che, secondo la giurisprudenza di legittimità, non determina alcuna modifica del rapporto di impiego né implica una scissione fra quest’ultimo e quello di servizio, con la conseguenza che le prestazioni svolte restano riferibili al datore di lavoro, che è tenuto a retribuirle, salvo il diritto al rimborso da parte dell’ente nel cui interesse la prestazione medesima è stata richiesta;
addebita, di conseguenza, al giudice del merito di avere violato le norme in materia di legittimazione passiva nonché la disciplina speciale dettata dalla citata ordinanza ministeriale;
1.2. la seconda critica lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 8 dell’ordinanza ministeriale del 22 febbraio 1997 n. 2509 nella parte in cui afferma l’estraneità del Dipartimento della Protezione Civile ai rapporti obbligatori sorti per dare attuazione alla ordinanza medesima ed aggiunge che gravano sugli enti attuatori tutti gli oneri «derivanti da ritardi, inadempienze o contenzioso a qualsiasi titolo insorgente»;
il ricorrente evidenzia che l’obbligazione assunta per garantire l’attuazione degli interventi di consolidamento del sottosuolo non può
gravare sul Ministero dell’Interno che non riveste la qualità di ente attuatore e che, quanto alla soggettività, non può essere ritenuto distinto dal Dipartimento che, all’epoca, costituiva una sua articolazione;
1.3. con il terzo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 422, della legge n. 147/2013, dell’art. 24, comma 6, del d.lgs. n. 1/2018 nonché dell’art. 13 dell’Ordinanza n. 3675/2008;
il ricorrente illustra il contenuto delle disposizioni citate in rubrica e richiama la sentenza della Corte Costituzionale n. 8 del 21 gennaio 2016 che, nell’escludere l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 422, della legge n. 147/2013, ha ritenuto ragionevole, cessata la gestione commissariale, la successione nei rapporti dell’ente territoriale ordinariamente competente in virtù di « un radicamento sia spaziale che funzionale alle esigenze dell’ente stesso dei rapporti in questione»;
rileva che nella specie, in attuazione dell’art. 13 della citata ordinanza n. 3675/2008, tutte le attività ancora in corso sono state trasferite al Comune di Napoli, ossia all’ente il cui territorio era stato colpito dall’emergenza;
il quarto motivo, rubricato «inapplicabilità dei principi richiamati dalla corte d’appello al rapporto di lavoro -inerenza dell’obbligazione che ci occupa al bilancio del Comune di Napoli», nel richiamare considerazioni già svolte nei precedenti motivi, aggiunge che i fondi per i lavori ai quali si riferisce l’incentivo oggetto di causa sono inclusi nel bilancio comunale, in conformità a quanto espressamente previsto dall’ordinanza n. 2808 del 15 luglio 1998 che ha modificato l’ordinanza n. 2509/1997 prevedendo che « per l’attuazione degli interventi il commissario delegato é altresì autorizzato ad utilizzare le eventuali risorse finanziarie comunitarie, statali, regionali o del proprio bilancio comunale.»;
è infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal Comune controricorrente;
la giurisprudenza di questa Corte, in adesione al principio di diritto enunciato da Cass. S.U. n. 2951 del 2016, è ormai consolidata nell’affermare che «l e contestazioni sulla legittimazione ad agire, attiva o passiva, così come sulla titolarità, attiva o passiva, del rapporto controverso hanno natura di mere difese, proponibili in ogni fase del giudizio, e, di conseguenza, il difetto di legittimazione così come la
carenza di titolarità del rapporto, ancorché non oggetto di contestazione dall’altra parte, sono rilevabili di ufficio se risultanti dagli atti di causa, in cassazione solo nei limiti del giudizio di legittimità e del giudicato» ( Cass. n. 23721/2021);
nella specie nessun giudicato interno si è formato sulla questione, che è stata oggetto di discussione in entrambi i gradi del giudizio di merito e che è stata riproposta in questa sede, ed inoltre il ricorso, nel fare leva sulla disciplina dettata dalle ordinanze ministeriali n. 2509 del 22 febbraio 1997 e n. 2808 del 15 luglio 1998 non sollecita accertamenti fattuali, non consentiti nel giudizio di cassazione, bensì pone una questione giuridica che, seppure connotata da novità, non è preclusa nel giudizio di legittimità, a condizione che non implichi anche una diversa ricostruzione dei fatti di causa;
le ordinanze ministeriali che vengono in rilievo sono state emanate ai sensi dell’art. 5 della legge n. 225 del 1992 e, pertanto, quanto alla loro natura, va data continuità all’orientamento , invocato dal ricorrente, secondo cui le richiamate ordinanze, pur non contenendo disposizioni generali ed astratte, devono formare oggetto della scienza diretta del giudice e nel giudizio di legittimità la loro violazione è denunciabile come vizio riconducibile all’ipotesi di cui all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. (cfr. fra le tante Cass. n. 8160/2024; Cass. n. 17473/2020; Cass. n. 13482/2018; Cass. n. 16450/2007;Cass. S.U. n. 4813/2006);
la censura con la quale si prospetta l’errata interpretazione ed applicazione delle ordinanze citate pone, quindi, una questione giuridica, sicché, per quanto sopra detto, non rileva, ai fini dell’ammissibilità, che la sentenza impugnata (che le richiama solo per ricostruire i fatti di causa) non ne abbia esaminato il contenuto, perché, al contrario, proprio il mancato apprezzamento della disciplina dalle stesse dettata integra un vizio della decisione gravata, posto che il giudice solo attraverso l’esame del contenuto dell’ordinanza può pervenire a stabilire se sia o meno applicabile la disciplina normativa generale o se, viceversa, la stessa sia stata derogata, in assoluto o con limitazioni;
6. i primi tre motivi di ricorso, da trattare unitariamente in ragione della loro connessione logica e giuridica, sono fondati, con conseguente assorbimento della quarta censura;
la Corte territoriale per escludere la legittimazione passiva del Comune di Napoli ha fatto leva unicamente sull ‘oggetto dell’incarico, concernente lavori ricompresi negli interventi di emergenza connessi al consolidamento del sottosuolo della città di Napoli, nonché sul rilievo che i lavori medesimi erano stati deliberati dal Sindaco nella sua qualità di Commissario delegato e, quindi, di Ufficiale del Governo;
ha, però, omesso di valutare le disposizioni dell’ordinanza n. 2509/1997 concernenti i poteri e le modalità di azione del Commissario ed in particolare non ha considerato che l’ordinanza in parola, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 48 del 27 febbraio 1997, non prevede la creazione di un apposito ufficio incaricato, sia pure temporaneamente, di gestire le attività connesse agli interventi di urgenza, bensì all’art. 2, comma 3, prescrive che « il commissario delegato, sulla base del quadro organico di cui al precedente comma, avvia la progettazione degli interventi prioritari, … avvalendosi delle professionalità presenti all’interno della amministrazione comunale, i cui compensi saranno determinati ai sensi dell’art. 62 del regio decreto 23 ottobre 1925, n. 2537, ovvero in caso di particolare necessità ed urgenza ricorrendo anche al conferimento di incarichi a liberi professionisti, singoli o associati avvalendosi delle deroghe di cui al successivo art. 5.»;
6.1. questa Corte ha da tempo affermato che l ‘utilizzazione da parte di un soggetto pubblico degli uffici di altro ente, solitamente indicata con l’espressione «avvalimento dell’ufficio», si verifica allorquando l’amministrazione, anziché dotarsi di una struttura propria per lo svolgimento della funzione ad essa assegnata, si avvale, di solito a fini istruttori o di esecuzione, degli uffici di altro ente, al quale, però, non viene delegata la funzione stessa, che resta in capo, quanto alla titolarità ed alla responsabilità, al soggetto pubblico che utilizza gli uffici altrui (cfr. Cass. 1471/2024; Cass. n. 13482/2018; Cass. S.U. n. 3043/2013);
l ‘avvalimento, quindi, attiene al rapporto fra enti e non determina alcuna modifica del rapporto di impiego, perché il personale dell’ente che fornisce la struttura necessaria allo svolgimento del compito resta incardinato in quest’ultimo a tutti gli effetti e non si verifica scissione fra rapporto di impiego e rapporto di servizio, con la conseguenza che le obbligazioni retributive assunte nei confronti del personale dipendente
continuano a gravare sull’ente datore di lavoro, salvo l’obbligo del soggetto che ha interesse alla prestazione di ristorarlo;
la mera circostanza che il Sindaco del Comune di Napoli, che rivestiva anche la qualità di Commissario, si sia ‘avvalso’ dell’ufficio tecnico comunale per la progettazione di interventi rientranti nelle competenze commissariali non determina, quindi, l’instaurazione di un rapporto diretto fra il dipendente pubblico ed il Commissario medesimo, perché la prestazione, che non ha carattere libero professionale in senso stretto, viene ad essere ricompresa fra quelle che gli enti pubblici, ove autorizzati da specifiche disposizioni, possono conferire ai propri dipendenti in aggiunta a quelle proprie di ufficio e che legittimano, sempre nei limiti fissati dalle disposizioni autorizzatorie, il riconoscimento di compensi aggiuntivi, che gravano sul datore di lavoro;
7. a quanto rilevato nel punto che precede va, poi, aggiunto che il Commissario nominato ex lege n. 225/1992, come affermato da questa Corte (cfr. Cass. n. 28970/2023), pervenuta alle medesime conclusioni della giurisprudenza amministrativa (cfr. CdS n. 10242/2022 e CdS n. 1832/2015), risulta essere un centro d’imputazione autonomo rispetto agli enti territoriali competenti, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed ai Ministeri interessati, stante l’autonomia operativa, decisionale ed organizzativa della struttura commissariale, competendo alla Presidenza del Consiglio il solo procedimento di nomina e la prodromica attività istruttoria relativa all’accertamento dei presupposti per disporre l’intervento sostituivo;
questa soggettività, peraltro, è limitata nel tempo perché la funzione statale che attraverso i Commissari si realizza, connessa alla necessità di fronteggiare emergenze di protezione civile, è «una funzione temporanea, che si origina e si elide (nasce e muore) in ragione, rispettivamente dell’insorgere e del cessare della situazione di emergenza» (Corte Cost. n. 8/2016) e, pertanto, il venir meno della struttura commissariale integra il presupposto di una necessitata successione nei rapporti da questa instaurati, successione che va regolata tenendo conto delle normali competenze degli enti rispetto agli interventi oggetto della situazione emergenziale;
pertanto, anche per le fattispecie antecedenti all’entrata in vigore della legge n. 147 del 2013 ( che, all’art. 1, comma 422, lett. c , ha stabilito che: « Alla scadenza dello stato di emergenza, le amministrazioni e gli enti ordinariamente competenti, individuati anche ai sensi dell’articolo 5, commi 4-ter e 4- quater, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi, nei procedimenti giurisdizionali pendenti, anche ai sensi dell’articolo 110 del codice di procedura civile, nonché in tutti quelli derivanti dalle dichiarazioni di cui all’articolo 5 -bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, già facenti capo ai soggetti nominati ai sensi dell’articolo 5 della citata legge n. 225 del 1992. Le disposizioni di cui al presente comma trovano applicazione nelle sole ipotesi in cui i soggetti nominati ai sensi dell’articolo 5 della medesima legge n. 225 del 1992 siano rappresentanti delle amministrazioni e degli enti ordinariamente competenti ovvero soggetti dagli stessi designati ), in difetto di disposizioni derogatorie, si realizza una successione a titolo universale in ragione della funzione che, nella normalità, è attribuita all’ente;
7.1. le ordinanze ministeriali che vengono in rilievo non derogano a detto principio perché, da un lato, l’art. 8 dell’O.M. 22 febbraio 1997 nel prevedere che « Il Dipartimento della protezione civile é estraneo ad ogni rapporto contrattuale scaturito dall’applicazione della presente ordinanza e dalle ordinanze n. 2499 e n. 2507 datate rispettivamente 25 e 30 gennaio 1997 e, pertanto, eventuali oneri derivanti da ritardi, inadempienze o contenzioso, a qualsiasi titolo insorgente, grava sugli enti attuatori », esclude la legittimazione passiva dello Stato e delle sue articolazioni (la disposizione, infatti, pone le obbligazioni a carico dell’ente attuatore) , dall’altro l’art. 13 della O.M . 28 maggio 2008 n. 3675 (secondo cui 1. Il sindaco di Napoli, Commissario delegato ai sensi dell’art. 1, comma 1, dell’ordinanza del Presidente del Consiglio n. 3566/2007 e successive modifiche ed integrazioni, provvede al completamento delle opere e degli interventi previsti dall’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 2509/1997 e successive modifiche ed integrazioni, funzionali al superamento dell’emergenza nel settore del traffico e della mobilità nel territorio della città di Napoli, avvalendosi
delle pertinenti risorse finanziarie ancora disponibili. 2. Il Commissario delegato provvede al successivo trasferimento, entro e non oltre il 30 giugno 2010, delle opere e degli interventi di cui al comma 1, unitamente alla relativa documentazione amministrativa e contabile agli enti ed alle amministrazioni ordinariamente competenti ), nel disporre la cessazione della struttura commissariale, prevede il trasferimento di tutte le competenze residue, e quindi anche dei rapporti giuridici attivi e passivi ancora pendenti, all’ente ordinariamente competente, nella specie il Comune di Napoli nel cui territorio e nelle cui competenze erano e sono ricompresi gli interventi dei quali si discute;
in via conclusiva la Corte territoriale, nell’escludere la legittimazione passiva del Comune di Napoli, pur a fronte di azione intrapresa dall’COGNOME nell’anno 2013 (e quindi successivamente alla cessazione della gestione commissariale), si è dunque posta in contrasto con entrambi i principi enunciati nei punti 6 e 7, sicché la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla medesima Corte che procederà ad un nuovo esame, provvedendo anche al regolamento delle spese del giudizio di cassazione;
non ricorrono le condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla L. 24.12.12 n. 228, ai fini del raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi tre motivi di ricorso ed assorbe il quarto. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione anche per il regolamento delle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, il 19 novembre 2024
La Presidente
NOME COGNOME