SENTENZA CORTE DI APPELLO DI ROMA N. 4869 2025 – N. R.G. 00004342 2021 DEPOSITO MINUTA 28 08 2025 PUBBLICAZIONE 28 08 2025
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
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LA CORTE DI APPELLO DI ROMA II SEZIONE CIVILE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA
In persona dei seguenti Magistrati:
Dott.ssa NOME COGNOME Presidente
Dott. NOME COGNOME Consigliere rel.
Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere
all’esito della camera di consiglio del 27.5.2025, ha pronunciato sulle conclusioni scritte delle parti, la seguente
SENTENZA NON DEFINITIVA
nel giudizio civile iscritto al n. 4342/2021 di Ruolo Generale degli affari contenziosi trattenuta in decisione sulle conclusioni scritte delle parti all’udienza a trattazione scritta del 25.2.2025 tra:
persona del l.r.p.t. corrente in Viterbo alla INDIRIZZO(C.F. , rappresentata e difesa nel presente giudizio dall’Avv. NOME COGNOME (C.F. ), ed elettivamente domiciliata presso lo Studio del medesimo legale in Roma alla INDIRIZZO giusta procura allegata/in calce all’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo del I grado di giudizio P. C.F.
-APPELLANTE –
CONTRO
, con sede in Roma, INDIRIZZO
P.
, in persona del suo Presidente, dott.
autorizzato a
stare in giudizio con Deliberazione del C.d.A. n. 343 del 27 luglio 2021, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale in calce al presente atto, anche disgiuntamente, dagli avvocati NOME COGNOMEc.f. PEC: ; fax n. 06.80687995) e NOME COGNOMEcod. fisc. ; PEC: ; fax n. 06.80687995) ed elettivamente domiciliato nel domicilio digitale dei medesimi, nonché nel C.F. C.F.
loro Studio in Roma, INDIRIZZO
APPELLATO –
Oggetto: impugnazione della sentenza del Tribunale di Viterbo n. 759/21.
Conclusioni: come da conclusioni scritte delle parti.
MOTIVAZIONE
La presente sentenza non attiene a materia di impresa.
Con atto di citazione in appello ritualmente notificato, la ha impugnato la sentenza n. 759/21 con cui il Tribunale di Viterbo, sulla opposizione al decreto ingiuntivo n. 254/18 emesso nei suoi confronti su ricorso del appellato per il pagamento dei canoni relativi agli anni 2011,2012,2013,2014,2015, 2016 e 2017, ha così statuito:
‘ Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:
revoca il decreto ingiuntivo n. 254/2018 e, in accoglimento parziale della domanda, condanna al pagamento in favore del della somma di euro 376.007,61 oltre interessi legali come in motivazione;
compensa parzialmente le spese, condannando alla refusione dei 2/3 quale quota che liquida in favore del in euro 14.258,00 per compensi oltre rimborso spese generali, cpa ed iva se dovuta ‘ .
A sostegno del gravame ha posto i seguenti due motivi:
Errore/difetto di motivazione, nonché errata applicazione delle norme di diritto. Difetto di legittimazione passiva della Emissione/notifica del titolo monitorio nei confronti di un soggetto erroneamente identificato e non tenuto al pagamento delle somme ingiunte.
Errore/difetto di motivazione, nonché errata applicazione delle norme di diritto. Indeterminatezza/erroneità del canone richiesto.
Sulla base dei detti motivi ha rassegnato le seguenti conclusioni:
‘Piaccia all’Ecc.ma Corte d’Appello adita, ogni contraria istanza disattesa, in accoglimento dell’appello proposto dalla
-annullare/riformare parzialmente la sentenza n. 592/2021 (r.g. n. 1302/2018) emessa dal Tribunale Ordinario di Viterbo nella persona del Giudice Dott. NOME COGNOME, pubblicata in data 14.06.2021, notificata in data 14.06.2021, e per l’effetto;
-per le causali di cui in narrativa, accogliere le domande formulate in I grado dalla scrivente difesa (anche eventualmente in via subordinata) e, contestualmente, respingere tutte le domande formulate dalla controparte in I grado (ed eventualmente, in caso di costituzione, nel presente grado di appello) in quanto infondate in fatto ed in diritto, con ogni conseguente provvedimento e/o statuizione;
-con vittoria di spese, competenze ed onorari del doppio grado di giudizio, oltre al rimborso forfettario del 15%, C.A. ed I.V.A. come per legge ‘ .
Si è costituito il appellato il quale, nel contestare l’avverso gravame in quanto, a suo dire, inammissibile e comunque infondato in fatto e diritto, ha a sua volta così concluso:
‘Piaccia all’Ecc.ma Corte di Appello di Roma, disattesa ogni contraria istanza,
dichiarare inammissibili o in subordine infondate, con conseguente rigetto, le domande tutte formulate da con l’atto di citazione in appello sopra esattamente descritto, notificato a mezzo pec il 9 luglio 2021;
2) confermare quindi le statuizioni tutte della sentenza del Tribunale di Viterbo emessa -nel giudizio R.G. n. 1302/2018 -in data 11 giugno 2021, pubblicata il 14 giugno 2021 con il n.759/2021.
Con vittoria di spese, competenze ed onorari del doppio grado di giudizio ‘ .
Rinunciata da parte appellante la inibitoria richiesta ai sensi dell’art. 351 c.p.c., alla udienza a trattazione scritta del 25.2.2025, sulle conclusioni delle parti, la Corte ha riservato la decisione previa concessione dei termini ex artt. 190 e 352 c.p.c.
Va premessa la ammissibilità della impugnazione, avendo la difesa di parte appellante ben indicato le parti della sentenza da impugnarsi e le ragioni sottese all’atto impugnatorio nel rispetto dell’art. 342 c.p.c.
Anche la eccezione di inammissibilità dell’appello proposta dalla parte appellata in quanto si afferma che la notifica della impugnazione si sarebbe dovuta effettuare al
, succeduto al vecchio
in quanto soggetto estinto è da respingersi, visto che il nuovo soggetto odierno appellato ha mantenuto il medesimo c.f. del precedente Ente e, inoltre, la notifica è stata effettuata presso il domicilio del medesimo difensore, sicchè essa ha pienamente raggiunto lo scopo tanto che il si è ritualmente costituito.
Venendo al merito, il primo motivo attiene, come premesso, alla sollevata eccezione di carenza di legittimazione passiva di che è stata respinta dal Giudice di prime cure. Afferma la difesa appellante che una più corretta interpretazione dei fatti e della normativa avrebbe dovuto indurre ad una sentenza ben diversa, non potendo essa rispondere di obbligazione di versamento di contributi in favore del ricorrente laddove i Comuni ad esso aderenti non hanno ancora affidato/consegnato a la gestione del SRAGIONE_SOCIALE o lo hanno affidato in parte solo con decorrenza dal 30.6.2016 (il Comune di Tarquinia nella fattispecie).
Infatti, non avrebbe mai ricevuto alcun beneficio specifico e diretto dalla attività consortile e né aveva potuto richiedere il pagamento di alcunchè da parte dei cittadini dei Comuni interessati i quali, in realtà, avevano continuato ad essere i gestori effettivi dei servizi e nei cui confronti si sarebbe dovuta rivolgere l’avversaria istanza di pagamento.
Una più corretta lettura di tutte le parti della normativa regionale, infatti, avrebbe consentito di verificare che ‘.. I soggetti Gestori del Servizio idrico integrato di cui alla L.R. n. 6 del 1996 che, nell’ambito dei servizi affidati, utilizzano canali e strutture di bonifica come recapito di scarichi (..) contribuiscono (..) alle spese consortili in proporzione al beneficio diretto ottenuto, mediante il versamento dei canoni stabiliti dalle convenzioni di cui al comma 3 …’.
‘ In buona sostanza, – prosegue la difesa appellante – è normativamente previsto che il Gestore del RAGIONE_SOCIALE sia chiamato a contribuire sulla scorta di due imprescindibili principi/elementi che devono simultaneamente coesistere: 1) l’uno, territoriale, prevede che le opere di bonifica debbano essere situate nell’ambito territoriale dei servizi idrici che gli sono stati effettivamente (in fatto ed in diritto) affidati; 2) l’altro, di utilità/beneficio, prevede che il contributo debba essere parametrato in proporzione al beneficio che effettivamente (in fatto ed in diritto) trae dalle opere di bonifica del . Due criteri quindi: il primo, territoriale e di effettiva gestione del territorio consortile nonché delle opere idriche che scaricano nelle opere di bonifica; il secondo, di utilità/beneficio che viene tratto dalle opere di bonifica ‘ .
Nel caso di specie, difetterebbero entrambi i detti requisiti.
E infatti, – prosegue -‘ per quel che attiene il primo dei predetti elementi, si evidenzia nuovamente come il di Montalto di Castro non ha ancora affidato le proprie opere al Gestore, mentre il lo abbia fatto solo a partire dal 30.06.2016 con effetti a valersi per l’intera annualità (quindi, le opere di bonifica site nel territorio di tali EE.LL. non rientrano ‘.. nell’ambito dei servizi affidati …’ );
– per quel che attiene il secondo dei predetti elementi, invece, si evidenzia nuovamente come sfugga alla scrivente difesa il beneficio eventualmente tratto dal Gestore dalle opere di bonifica in tutti gli anni addebitati dalla controparte, non solo non avendole utilizzate e quindi non avendone tratto un vantaggio idrico, ma non avendo neppure riscosso la tariffa dalle utenze idriche situate sui territori in parola e quindi non avendone tratto nemmeno un vantaggio economico (i pagamenti delle bollette riferite a quelle Utenze sono confluiti direttamente nelle casse comunali dei citati EE.LL.) ‘ .
Conclude, affermando che “nelle more della presa in carico, semmai, era la che, oltre ad anticipare i contributi di bonifica (ovvero gli stessi Enti locali), si sarebbe dovuta fare
carico di esercitare proprio quei poteri sostitutivi affidatigli dal al fine di costringere gli EE.LL. ad affidare, tutti quanti, il servizio all’unico Gestore individuato (sul punto si precisa che ci sono state ed attualmente ancora pendono alcune ‘battaglie giudiziarie’ dinanzi ai Giudici Amministrativi proprio riguardanti l’obbligo di affidamento del servizio al Gestore del S.I.I. e proprio addirittura riguardanti il ) ‘ .
Una diversa lettura della normativa e delle convenzioni stipulate ‘ provocherebbe (come ha provocato) nell’ordinamento una indebita discrepanza, una illegittima violazione dei canoni minimi costituzionalmente statuiti, una impasse insanabile se non in sede costituzionale ‘.
La questione di legittimità costituzionale, in particolare, andrebbe sollevata rispetto alla seguente norme: art. 17 della L.R. Lazio n. 9/2017, essendo ‘Assurdo sarebbe ritenere che il Legislatore nazionale e regionale abbia potuto prevedere una simile fattispecie normativa, contravvenendosi viceversa a qualsivoglia ragionevole valore del diritto vigente ‘ .
Rileva la Corte che appare condivisibile il primo motivo del gravame nei termini che seguono:
la richiesta di ingiunzione è basata sulla convenzione stipulata in data 8.10.2008 tra l Parte
Con tale convenzione è stata determinata la misura del canone in attuazione della L.R. 53/1998.
Ebbene, proprio nella citata convenzione si dice nelle premesse che ‘ in conformità con i principi di cui alla legge regionale 22 gennaio 1996 n. 6 art. 20 comma 1 e quindi nelle more della presa in carico del servizio idrico integrato da parte del Gestore unico, il gestore al momento operante dovrà contribuire e versare -nei modo previsti da apposita convenzione -una quota a copertura degli oneri relativi ai servizi resi ai
.
Ciò detto, l’art. 1 commi 1 e 2 così recitano:
Comma 1) ‘L’Autorità d’Ambito si impegna ad obbligare il soggetto gestore del servizio idrico integrato al versamento del relativo canone al , quale corrispettivo del beneficio ottenuto dall’utilizzazione del sistema di opere e servizi di bonifica’.
Comma 2: ‘Per i fini del comma precedente, l’Autorità d’Ambito si impegna ad inserire la presente convenzione come facente parte integrante della convenzione di gestione del
servizio idrico integrato, che dovrà prevedere la copertura degli oneri a carico della tariffa per il servizio idrico integrato’.
Dunque, è chiaro che a fronte di tale norma, la convenzione ha visto come parti l’Autorità d’Ambito ed il , con il preciso obbligo della prima di procedere alla stipula di apposite convenzioni di cui quella sottoscritta in questo contesto avrebbe dovuto costituire parte integrante.
Afferma il Primo Giudice che detta convenzione sarebbe integrativa di quella sottoscritta tra e in data 11.3.2006 ma, in verità di detta convenzione non vi è traccia. Parte
Risulta invece, che alcuna convenzione ha poi realmente fatto seguito tra i due Comuni di Montalto di Castro e Tarquinia con l’ATO ai fini della effettiva cessione del S.I.I. (e ciò fino al 30.6.2016 con effetti a valersi per tutta la annualità quanto al . E in affetti, neanche è stato possibile per procedere alla riscossione delle tariffe nei confronti dei singoli cittadini.
Sono stati detti Comuni che hanno continuato a gestire il servizio idrico integrato e il contributo non poteva essere quindi richiesto alla opponente quale gestore che, per quanto individuato, non aveva ricevuto in concreto l’affidamento in assenza della prescritta convenzione pure approvata come ‘tipo’ dalla stessa .
Ne consegue, che proprio ai sensi della detta convenzione del 2008 e nelle more della stipula delle singole e successive convenzioni tra l’Autorità d’Ambito e quale soggetto individuato , l’obbligo di proseguire nel versamento dei contributi in favore del
doveva ricadere su coloro che al momento della sottoscrizione della convenzione del 2008 effettivamente gestivano il RAGIONE_SOCIALE
Né, del resto, la ha mai esercito il potere sostitutivo che il T.U. Ambiente gli attribuiva, onde costringere gli Enti locali alla sottoscrizione delle singole convenzioni con il Gestore unico.
Va, dunque, accolta in parte la eccezione di carenza di legittimazione passiva della odierna appellante con riferimento alle annualità oggetto di ricorso e con eccezione agli anni 2026 e 2017 per quanto concerne il Comune di Tarquinia.
Con il secondo motivo la appellante si duole della erroneità del calcolo dei contributi da versarsi in quanto indeterminati negli importi perché comprensivi anche della attività di raccolta, collettamento e allontanamento delle acque meteoriche escluse in realtà dal Sul punto, tuttavia, l’appello non è meritevole di accoglimento alla luce della pronuncia del TAR Lazio richiamata ampiamente nella sentenza impugnata e che è divenuta irrevocabile in ordine alla correttezza della determinazione del canone rapportato all’effettivo beneficio che il Gestore trae dall’uso delle infrastrutture di competenza del .
Va, dunque, rideterminato semplicemente il canone effettivamente dovuto per le annualità come sopra indicate (2016/2017 per il solo Comune di Tarquinia) in assenza, peraltro, di specifica impugnazione quanto alla modalità di calcolo effettuato dal Giudice di prime cure, atteso che il non ha adempiuto, almeno con riferimento a tale periodo oggetto di ricorso monitorio, alla stipula della Convenzione con il ricorrente.
A tal fine, tuttavia, come da richiesta della parte appellata, si impone la ammissione di una ctu. diretta ad accertare l’effettiva somma dovuta in ragione della effettiva utilità che il ha ottenuto come da motivazione.
Ogni ulteriore questione inerente alle spese si rimette al definitivo.
P.Q.M.
La Corte di Appello di Roma, non definitivamente pronunciando sull’appello proposto da avverso la sentenza n. 759/21 del Tribunale di Viterbo, così provvede:
accoglie in parte l’appello e, per l’effetto, accerta e dichiara la carenza di legittimazione passiva della appellante rispetto al pagamento dei canoni di contribuzione per il S.I.I. per gli anni fino al 2016 con riferimento al Comune di Tarquinia e fino a tutto il 2017 per il Comune di Montalto di Castro.
Dispone la rimessione della causa sul ruolo per il conferimento della ctu. come da motivazione.
Spese al definitivo.
Così deciso alla camera di consiglio del 27.5.2025.
Il Presidente Dott.ssa NOME COGNOME
Il Consigliere Relatore Dott. NOME COGNOME