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Legittimazione passiva: chi paga i rimborsi sanitari?

Una struttura sanitaria ha citato in giudizio un’Azienda Sanitaria Locale (ASL) per rimborsi indebitamente decurtati. La Corte d’Appello ha respinto la domanda, stabilendo che la struttura non ha provato la legittimazione passiva dell’ASL. Secondo la Corte, spettava alla struttura dimostrare, tramite una delibera regionale, che l’ASL fosse l’ente effettivamente incaricato dei pagamenti, e non la Regione. La mancata prova ha reso la domanda inammissibile.

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Pubblicato il 17 febbraio 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Legittimazione Passiva nei Rimborsi Sanitari: A Chi Chiedere i Soldi?

Quando una struttura sanitaria privata accreditata avanza una pretesa di pagamento nei confronti della Pubblica Amministrazione, a chi deve rivolgersi? All’Azienda Sanitaria Locale (ASL) con cui ha stipulato gli accordi o direttamente alla Regione? Una recente sentenza della Corte d’Appello di Roma fa luce su un aspetto procedurale fondamentale: la legittimazione passiva. Questo concetto, che indica chi sia il soggetto corretto da citare in giudizio, si è rivelato decisivo, portando al rigetto totale delle richieste di una struttura sanitaria, pur fondate nel merito. Vediamo perché.

I Fatti di Causa: Una Decurtazione Tariffaria Contesa

Una struttura di laboratorio analisi si è rivolta al Tribunale per ottenere il rimborso di somme che riteneva indebitamente trattenute da un’ASL e dalla Regione. La controversia nasceva dall’applicazione, anche dopo il 2009, di una decurtazione tariffaria del 20% prevista da una legge finanziaria solo per il triennio 2007-2009.

In primo grado, il Tribunale aveva dato parzialmente ragione alla struttura: aveva riconosciuto l’illegittimità dell’applicazione dello sconto per gli anni 2010-2013, ma aveva limitato il rimborso entro i ‘tetti di spesa’ annuali, riducendo l’importo dovuto. Inoltre, aveva escluso la responsabilità della Regione per difetto di legittimazione passiva.

La Questione della Legittimazione Passiva nell’Appello

Entrambe le parti hanno presentato appello. La struttura sanitaria per ottenere l’intera somma richiesta, senza la limitazione dei tetti di spesa. L’ASL, invece, ha basato il suo appello proprio sulla questione della legittimazione passiva, sostenendo di non essere l’ente tenuto al pagamento e che la domanda avrebbe dovuto essere rivolta altrove.

È stato questo il punto cruciale che ha cambiato le sorti del giudizio. La Corte d’Appello ha ritenuto questo motivo di appello prioritario e fondato, assorbendo tutte le altre questioni.

La Decisione della Corte d’Appello: L’Onere della Prova non Assolto

La Corte d’Appello, riformando la sentenza di primo grado, ha respinto integralmente le domande della struttura sanitaria. La ragione non risiede nel merito della pretesa (la decurtazione era effettivamente indebita), ma in un vizio procedurale insuperabile: la mancata prova della legittimazione passiva dell’ASL.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha basato la sua decisione su un principio consolidato dalla Cassazione, applicato alla specifica normativa della Regione Lazio (L.R. 18/1994). Questa legge regionale stabilisce che è la Giunta Regionale a dover individuare, con un’apposita delibera, l’ente incaricato del pagamento delle prestazioni rese dalle strutture accreditate. Di conseguenza, il semplice fatto di avere un accordo contrattuale con l’ASL non è sufficiente a renderla automaticamente il soggetto debitore.

L’onere di provare chi fosse l’ente pagatore designato gravava sulla struttura sanitaria che agiva in giudizio. Essa avrebbe dovuto produrre in giudizio la delibera regionale che identificava l’ASL come soggetto tenuto al pagamento. Non avendolo fatto, né avendo allegato alcunché sul punto, la sua domanda è risultata priva di un presupposto processuale essenziale. La Corte ha quindi concluso che non era possibile accogliere la richiesta di condanna nei confronti dell’ASL.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia offre una lezione fondamentale per tutte le strutture che operano in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale. Prima di intraprendere un’azione legale per il recupero di crediti, è indispensabile non solo verificare la fondatezza della propria pretesa, ma anche condurre un’analisi approfondita per individuare con certezza il soggetto giuridico che le leggi regionali designano come responsabile dei pagamenti. La legittimazione passiva non è un mero formalismo, ma il fondamento stesso dell’azione legale: citare in giudizio l’ente sbagliato equivale a un rigetto della domanda, con conseguente perdita di tempo e risorse.

Perché la richiesta di rimborso della struttura sanitaria è stata respinta in appello?
È stata respinta non perché la pretesa non fosse fondata nel merito, ma per un motivo procedurale: la struttura non ha fornito la prova della legittimazione passiva dell’Azienda Sanitaria Locale (ASL) che aveva citato in giudizio. Mancava la dimostrazione che, secondo la legge regionale, fosse proprio l’ASL l’ente incaricato di effettuare i pagamenti.

Chi ha l’onere di provare la legittimazione passiva in un caso come questo?
L’onere della prova spetta interamente alla parte che avvia la causa (l’attore). Nel caso specifico, la struttura sanitaria avrebbe dovuto dimostrare, producendo la relativa delibera della Giunta Regionale, che l’ASL convenuta era il soggetto designato per legge al pagamento delle prestazioni.

Avere un contratto con un’ASL è sufficiente per poterla citare in giudizio per mancati pagamenti?
No, secondo questa sentenza non è sufficiente. Anche in presenza di accordi diretti, la designazione del soggetto pagatore dipende dalla normativa regionale. È quindi necessario verificare quale ente (ASL o Regione stessa) sia stato formalmente incaricato di liquidare le somme dovute alle strutture accreditate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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