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Legittimazione passiva: chi paga i crediti sanitari?

Una struttura sanitaria aveva ottenuto il pagamento di quasi un milione di euro da un ente locale per prestazioni erogate. La Corte di Cassazione, però, ha annullato la decisione, stabilendo che la corretta legittimazione passiva appartiene alla Regione, in quanto soggetto finanziatore. La Corte d’Appello, in sede di rinvio, ha applicato questo principio, condannando la struttura a restituire le somme precedentemente incassate e chiarendo un punto fondamentale per tutti gli operatori del settore.

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Pubblicato il 3 settembre 2025 in Diritto Commerciale, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Legittimazione Passiva Sanitaria: a Chi Chiedere il Pagamento?

Una recente sentenza della Corte di Appello di Roma, emessa in sede di rinvio dalla Cassazione, offre un chiarimento cruciale sulla legittimazione passiva nelle controversie relative al pagamento delle prestazioni sanitarie erogate in regime di accreditamento. La decisione stabilisce un principio fondamentale: il soggetto tenuto al pagamento è la Regione, in quanto ente finanziatore, e non l’ente locale con cui la struttura sanitaria ha stipulato la convenzione. Questo caso evidenzia l’importanza di individuare correttamente il convenuto per evitare di perdere una causa per motivi puramente procedurali.

I Fatti di Causa: un Credito Conteso

Una struttura sanitaria accreditata aveva agito in giudizio per ottenere il pagamento di prestazioni sanitarie fornite per un valore complessivo di quasi un milione di euro. La struttura aveva citato in giudizio l’ente con cui aveva stipulato le convenzioni, ottenendo ragione sia in primo grado dal Tribunale di Roma sia in secondo grado dalla Corte di Appello. L’ente convenuto, tuttavia, non si era arreso e aveva proposto ricorso per Cassazione, sostenendo un proprio difetto di legittimazione passiva.

Il Principio della Cassazione sulla Legittimazione Passiva

La Suprema Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’ente, ribaltando l’esito dei primi due gradi di giudizio. I giudici di legittimità hanno affermato un principio di diritto ormai consolidato: sulla base della legislazione nazionale e regionale, il soggetto giuridico tenuto al pagamento delle prestazioni sanitarie in regime di accreditamento è l’ente regionale “incaricato del pagamento e finanziatore”. La stipula di convenzioni operative da parte di un ente locale non è sufficiente a trasferire su quest’ultimo l’obbligazione di pagamento, che rimane in capo alla Regione. La Cassazione ha quindi annullato la sentenza d’appello e rinviato la causa alla stessa Corte d’Appello di Roma per una nuova decisione.

La Decisione della Corte d’Appello in Sede di Rinvio

Nel cosiddetto “giudizio di rinvio chiuso”, la Corte d’Appello è strettamente vincolata al principio di diritto enunciato dalla Cassazione. Non potendo discostarsi da tale interpretazione, il Collegio non ha potuto fare altro che dichiarare il difetto di legittimazione passiva dell’ente originariamente convenuto. Di conseguenza, la domanda della struttura sanitaria è stata rigettata. L’effetto più rilevante di questa decisione è stata la condanna della struttura sanitaria a restituire all’ente convenuto tutte le somme che aveva già incassato in esecuzione delle precedenti sentenze favorevoli, comprensive di interessi legali.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando la natura vincolante del giudizio di rinvio. Una volta che la Cassazione ha stabilito un principio, il giudice del rinvio deve limitarsi ad applicarlo al caso concreto senza poterlo rimettere in discussione. La difesa della struttura sanitaria, che ha tentato di riproporre le proprie argomentazioni, non ha potuto trovare accoglimento. Un aspetto interessante riguarda la gestione delle spese legali. Per tutti i gradi di giudizio precedenti (primo grado, appello e Cassazione), la Corte ha disposto la compensazione integrale delle spese. Questa scelta è stata motivata dalla complessità della materia e dalla presenza di contrasti giurisprudenziali passati, che giustificavano l’errore iniziale della struttura sanitaria nell’individuare il convenuto. Tuttavia, per il giudizio di rinvio, la Corte ha condannato l’ente convenuto (che ha comunque resistito in giudizio) al pagamento delle spese, applicando il principio della soccombenza per questa specifica fase processuale.

Conclusioni

La sentenza analizzata è un monito per tutte le strutture sanitarie accreditate. L’individuazione del corretto soggetto da citare in giudizio è un presupposto processuale imprescindibile. Anche in presenza di un credito certo e documentato, un errore sulla legittimazione passiva può portare non solo al rigetto della domanda, ma anche, come in questo caso, all’obbligo di restituire somme già incassate dopo anni di contenzioso. La decisione conferma che l’interlocutore corretto per le richieste di pagamento è l’ente regionale, a prescindere da chi sia il soggetto che materialmente gestisce le convenzioni a livello locale.

Chi è il soggetto obbligato a pagare le prestazioni sanitarie erogate in regime di accreditamento?
Secondo la sentenza, che applica un principio stabilito dalla Corte di Cassazione, il soggetto tenuto al pagamento è l’ente regionale, in quanto incaricato del finanziamento del sistema sanitario, e non l’ente locale che stipula le convenzioni con le strutture.

Cosa succede se si cita in giudizio l’ente sbagliato e si vince nei primi gradi di giudizio?
Se la decisione viene impugnata fino in Cassazione e questa rileva un difetto di legittimazione passiva, le sentenze precedenti vengono annullate. La parte che aveva vinto può essere condannata a restituire tutte le somme già percepite in esecuzione di tali sentenze, oltre agli interessi.

Perché la Corte ha compensato le spese dei gradi precedenti ma ha condannato per quelle del giudizio di rinvio?
La Corte ha compensato le spese dei giudizi precedenti a causa della complessità della materia e dei precedenti contrasti giurisprudenziali, che potevano aver indotto in errore la parte attrice. Ha invece condannato alle spese del giudizio di rinvio la parte convenuta perché, nonostante il principio di diritto fosse ormai stato chiarito dalla Cassazione, ha continuato a resistere in giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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