Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31664 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31664 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 28206-2020 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME, COGNOME tutti elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOMECOGNOME che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
PROVINCIA DI GROSSETO, in persona del Presidente pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME
Oggetto
Altre ipotesi pubblico impiego
R.G.N. 28206/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 07/11/2024
CC
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 85/2020 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 16/03/2020 R.G.N. 682/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/11/2024 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE:
con sentenza del 16/3/2020 la Corte d’appello di Firenze rigettava l’appello di NOME COGNOME e di altri lavoratori, dapprima dipendenti della Provincia di Grosseto e poi transitati alla Regione Toscana, i quali avevano chiesto, nei soli confronti della Provincia, il pagamento del compenso incentivante previsto dalla determina dirigenziale n. 3181/2012, per aver fatto parte dei gruppi di lavoro incaricati di redigere i piani di gestione SIR/ZPS collegati al piano ittico e faunistico venatorio;
la Corte distrettuale, nel confermare la sentenza di primo grado, riteneva il difetto di legittimazione passiva della Provincia osservando che: i) i ricorrenti erano passati alla Regione per effetto della legge reg. Toscana n. 22 del 3 marzo 2015, che aveva disposto il trasferimento a tale ente territoriale delle materie della gestione rifiuti, difesa del suolo e demanio idrico; ii) la Corte cost. (sent. n. 110/2018) aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 10 comma 3 e 11-bis comma 5, stessa legge, come modificata dalla legge reg. Toscana n. 9/2016, nella parte in cui escludevano dal
trasferimento i ‘ procedimenti ‘ già avviati, mantenendo in capo alla Provincia il contenzioso in corso al 1/1/2016; iii) al momento del deposito del ricorso di primo grado (18.10.2016) era stato già effettuato il trasferimento di funzioni, dei dipendenti e delle risorse alla regione ad opera della citata legge regionale n. 22/2015 ed i lavoratori avevano evocato la Provincia facendo leva sull’art. 10 comma 3, disposizione che non poteva più essere applicata dopo la pronuncia della Consulta; iv) non ricorreva una successione a titolo particolare ex art. 111 cod. proc. civ. perché il diritto controverso si era trasferito dalla Provincia alla Regione prima e non dopo l’avvio del processo in data 18.10.2016; v) ai fini della legittimazione della Provincia non val eva neppure richiamare l’art. 10 comma 2 legge reg., cit., secondo cui « Sono esclusi dalla successione e dal relativo trasferimento, i residui attivi e passivi generati prima della data di trasferimento della funzione e i debiti e i crediti per prestazioni oggetto di obbligazioni scadute prima del trasferimento medesimo. È altresì esclusa la successione nei rapporti passivi derivanti da fatti e comportamenti illeciti, anche di natura omissiva, posti in essere nell’esercizio delle funzioni oggetto di trasferimento» ; iv) tale disposizione, che faceva riferimento a posizioni già accertate e definite nel corso del giudizio (anzi, scadute), doveva essere rettamente intesa alla luce del principio, riaffermato dalla Consulta, del divieto alle Regioni di interferire nella materia giurisdizionale e processuale, sicché la Regione, cui erano passate le relative funzioni, non poteva che subentrare, ex art. 1, comma 96, lettera c), della legge n. 56 del 2014, « anche nei rapporti attivi e passivi in corso, compreso il contenzioso»;
avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione i lavoratori sulla base di due motivi assistiti da memoria, cui si oppone con controricorso (illustrato da memoria) la Provincia.
CONSIDERATO CHE:
1. con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 136 comma 1 Cost. e dell’art. 30 comma 3 legge n. 87/1953 nonché dell’art. 11 Preleggi, dell’art. 5 -111 cod. proc. civ.; i ricorrenti sostengono in sintesi che non poteva produrre effetti nella fattispecie la dichiarazione di incostituzionalità perché il rapporto si doveva ritenere ormai esaurito e la legittimazione consolidata al momento della vocatio in ius ;
aveva errato quindi la Corte di merito nel ritenere che la legittimazione passiva era in capo alla regione fin dalla proposizione del giudizio in primo grado (18.10.2016) allorquando la legge reg. Toscana n. 22/2015 era «chiarissima nello stabilire che i procedimenti già avvi ati all’atto del trasferimento delle funzioni rimanessero in capo alle Province»;
nella specie il «rapporto processuale si era costituito e incardinato definitivamente con la notifica del ricorso introduttivo alla Provincia» la quale, a fronte della vocatio in ius , nulla aveva eccepito sulla propria legittimazione passiva;
1.1 il motivo è destituito di fondamento;
errano i ricorrenti quando sostengono la irretroattività delle decisioni di incostituzionalità relative a discipline processuali;
come affermato da questa Corte, infatti, nel caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma processuale, fin quando la validità ed efficacia degli atti disciplinati da detta norma sono sub iudice , il rapporto processuale non può considerarsi esaurito; sicché nel momento in cui viene in discussione la ritualità dell’atto, la valutazione della sua conformità alla disposizione va valutata tenendo conto della sua modificazione conseguita alla pronuncia di
incostituzionalità, indipendentemente dal tempo in cui l’atto è stato compiuto (Cass. n. 33610/2019; Cass. 10528/2017; Cass. 3642/2007; Cass. n. 8548/2003; Cass. n. 17184/2003);
nella specie, è indubbia l’efficacia retroattiva della sentenza della Corte cost. n. 110/2018, cit., rispetto al giudizio poiché al momento della pronuncia della Consulta il rapporto processuale era ancora pendente e, pertanto, non si poteva dire definitivamente accertata la legittimazione passiva della Provincia che, quindi, andava valutata dal giudice d’appello sulla base della norma processuale (e di diritto sostanziale) risultante all’esito della dichiarazione di illegittimità costituzionale ;
né varrebbe richiamare, in contrario, Cass. n. 23335/2019 (ma nello stesso senso vedi: Cass. n. 1061/2024) secondo cui «la sopraggiunta declaratoria di nullità della norma regionale che costituiva il presupposto del rilascio della procura all’avvocatura regionale non è in grado di invalidare ab origine l’attività processuale pregressa, espletata in forza della procura alle liti rilasciata in base a una legge dichiarata successivamente incostituzionale»; infatti, «gli effetti processuali che si sono verificati per effetto della procura alle liti si devono ritenere irreversibilmente consolidati», perché la «decisione della Corte costituzionale ha inciso sulla norma regionale che sanciva tale facoltà per gli enti collegati alle regioni, e non sullo ius postulandi; ciò in quanto , come perspicuamente si afferma in tale arresto, «il vizio del negozio di patrocinio posto a fondamento dello ius postulandi non è anch’esso in grado di invalidare l’attività processuale svolta dall’avvocato a favore della parte processuale in forza di una procura alle liti non formalmente revocata, equiparabile in tal caso a una particolare ipotesi di negotiorum gestio» (così Cass. n. 23335/2019; conf. v. Cass. nn. 2162/2022 e 14992/2023);
com’è agevole constatare, tale giurisprudenza di legittimità fa leva sulla distinzione tra negozio di patrocinio e ius postulandi e sulla perdurante validità della difesa esercitata sulla base del primo , tant’è che si chiarisce che «diversamente ragionando, verrebbe compresso a posteriori il diritto di difesa esercitato dal difensore della parte, così rappresentata, per contrastare il diritto di azione esercitato dall’attore, pur non essendo stato tale specifico rapporto toccato dalla pronuncia di incostituzionalità che ha riguardato il solo aspetto -formale -della mancanza di una norma primaria che consentisse alla regione di legiferare autonomamente in tale materia incidente sulla professione legale di avvocato» (Cass. n. 23335/2019, cit.);
tutt’ altra cosa, non (certo) assimilabile al rilascio della procura alle liti, è invece la verifica della legittimazione passiva a stare in giudizio che si effettua sulla base del diritto o rapporto sostanziale affermato dall’attore , trattandosi di questione che (come noto) può essere rilevata anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio , salva la formazione del giudicato esplicito, non potendosi qui ragionare in termini di “rapporti esauriti”, in quanto proprio la questione di merito relativa all’esistenza o meno del diritto fatto valere in giudizio costituisce l’oggetto del contendere ;
espunte dunque le previsioni contenute nell’art. 10 comma 3 e 11 bis comma 5 legge reg. n. 22/2015, cit., per effetto della pronuncia di incostituzionalità sopra citata, correttamente il giudice del gravame ha ritenuto operassero i principi delineati dall’art. 1, comma 96, lettera c), della legge n. 56 del 2014, secondo cui con il subentro nella funzione v’era successione ex lege «…anche nei rapporti attivi e passivi in corso, compreso il contenzioso»;
2. con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 134 comma 1 Cost., dell’art. 1 comma 1 legge cost. n. 1/1948 nonché dell’art. 10 comma 2 legge reg. Toscana n. 22/2015, avendo il giudice d’appello erroneamente affermato che tale ultima disposizione non troverebbe in concreto applicazione;
ai sensi del comma 2 dell’art. 10 cit., ciò che rileverebbe non è che i crediti siano divenuti definitivi, bensì «che siano scadute prima del 1.1.2016 le prestazioni e le conseguenti obbligazioni di debito/credito», e nella specie, a fronte di un trasferimento di funzioni risalente al 1.1.2016, i crediti dei ricorrenti dovevano essere pagati in due rate entro il 1.9.2012 e il 19.1.2013;
2.1 il motivo è infondato;
la Corte cost. ha evidenziato, nella sentenza più volte richiamata, che per la «riserva di legge statale stabilita dall’art. 108, comma 1, Cost., gli organi legislativi regionali, nel disciplinare gli oggetti rientranti nelle loro competenze, anche di tipo esclusivo, debbono astenersi da qualsiasi interferenza in materia giurisdizionale e processuale»; ed ha rilevato, poi, che «le disposizioni censurate attengono bensì alla vicenda del “riordino” e trasferimento delle funzioni non fondamentali delle Province -demandato (allo Stato o) alle Regioni «secondo le rispettive competenze» dai commi 89 e seguenti dell’art. 1 della legge n . 56 del 2014 -, ma non esauriscono la loro portata precettiva nell’aspetto sostanziale di tale vicenda, poiché si spingono a regolarne anche l’ulteriore profilo, innegabilmente processuale, che attiene alla successione nelle controversie pendenti relative all’esercizio pregresso delle funzioni trasferite. Dal che, per ciò stesso, lo sconfinamento delle disposizioni regionali in questione in ambito di materia di esclusiva competenza dello
Stato, quale quello, appunto, delle «norme processuali», di cui alla lettera l) dell’art. 117, secondo comma, Cost.»;
pur essendo la pronuncia di incostituzionalità limitata agli artt. 10, comma 3, e 11-bis, comma 5, della legge della Regione Toscana 3 marzo 2015, n. 22, il giudice d’appello ha ritenuto anzitutto non potesse venire in considerazione l’art. 111 cod. proc. civ., giacché al momento del deposito del ricorso di primo grado era già avvenuto il trasferimento «delle funzioni, dei dipendenti e delle risorse alla regione Toscana»; ha aggiunto, in ogni caso, che non potesse intendersi il testo dell’art. 10 comma 2 de lla legge reg., cit., nel senso suggerito dai ricorrenti, in guisa da escludere il trasferimento dei debiti e crediti per prestazioni oggetto di obbligazioni scadute e tuttavia ancora sub iudice perché altrimenti si sarebbe ripresentata quell ‘interferenza nella materia processuale già scrutinata negativamente dalla Corte costituzionale, dispiegandosi un effetto diretto sull’applicabilità del comma 96 dell’art. 1 della legge n. 56 del 2014, norma che sancisce, con il subentro del nuovo ente nelle funzioni, anche -ed esp licitamente la successione ex lege, disciplinata in via autonoma, e da intendersi (secondo la Corte costituzionale) in termini esclusivi, «nei rapporti attivi e passivi, compreso il contenzioso» (cfr. Corte cost. sent. n. 110/2018, paragrafo 3.3.1, cit.);
così argomentando, la Corte territoriale, lungi dal ‘disapplicare’ la norma regionale, come opinano i ricorrenti, ha fornito della stessa un’interpretazione logica e coerente con il dettato normativo e costituzionale, circoscrivendone la portata alle sole «posizioni passive già accertate e definitive nel corso dell’esercizio (anzi, scadute), mentre nel caso in esame si tratta(va) di un credito azionato dai
lavoratori, per una prestazione rispetto alla quale non esiste(va) un definitivo accertamento bensì un contenzioso (di qui, la causa)» (p. 7 sentenza impugnata);
nel far ciò, la Corte distrettuale ha interpretato l’art. 10 comma 2 della legge reg. Toscana n. 22/2015 («Sono esclusi dalla successione e dal relativo trasferimento, i residui attivi e passivi generati prima della data di trasferimento della funzione e i debiti e i crediti per prestazioni oggetto di obbligazioni scadute prima del trasferimento medesimo. È altresì esclusa la successione nei rapporti passivi derivanti da fatti e comportamenti illeciti, anche di natura omissiva, posti in essere nell’esercizi o delle funzioni oggetto di trasferimento») come riferito ai ‘rapporti definiti’ escludendo correttamente che la sua portata applicativa potesse estendersi, inammissibilmente, fino a ricomprendere i debiti per i quali il procedimento di liquidazione non è stato ultimato con l’emissione del mandato di pagamento e/o sui quali sorgono comunque contestazioni;
alla stregua delle considerazioni esposte, la sentenza impugnata si appalesa, or dunque, esente da censure e il ricorso per cassazione dev’essere conseguentemente rigettato anche con riguardo alla seconda censura in applicazione del seguente principio di diritto:
«l’art. 10 comma 2 della legge reg. Toscana n. 22/2015 laddove esclude dalla successione e dal relativo trasferimento tra enti territoriali ‘i residui attivi e passivi generati prima della data del trasferimento della funzione e i debiti e i crediti per prestazioni oggetto di obbligazioni scadute prima del trasferimento medesimo’ deve essere interpretato, alla luce di Corte cost. n. 110/2018, in termini restrittivi e cioè nel senso di escludere dalla successione ex lege i soli debiti per i quali il procedimento di liquidazione sia stato ultimato con l’ emissione del mandato di pagamento e/o sui quali non sorgano comunque contestazioni»;
le spese di legittimità, liquidate col dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte: rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di legittimità che liquida in €. 2.500,00 per compensi, €. 200,00 per esborsi, oltre 15% di rimborso spese forfettario ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione