Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 27369 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 27369 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25795/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall ‘ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliato per legge;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME e COGNOME, presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliata per legge;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO di ROMA n. 4097/2020 depositata il 08/09/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/10/2025 dal Consigliere COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. Il RAGIONE_SOCIALE competente con decreto n. 126645 del23.6.2003 concesse in via provvisoria all’impresa RAGIONE_SOCIALE. un contributo in conto impianti di euro 5.135.157,00, erogabile in tre quote annuali di pari importo, oltre ad un contributo in conto esercizio di euro 245.250,00, per la realizzazione di un programma di formazione, erogabile in tre quote a stato d’avanzamento.
A fronte dei contributi concessi, la Banca concessionaria, RAGIONE_SOCIALE, effettuò erogazioni per complessivi euro 1.797.390,00, così suddivisi: a) quanto al contributo in conto impianti, 1.699.290,00 euro con valuta 29.12.2003, a titolo di anticipazione garantita da polizza n. 411.281, rilasciata in data 28.10.2003 da RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE); b) quanto al contributo in conto esercizio, 98.100,00 euro con valuta 21.4.2005, a titolo di anticipazione garantita da polizza n. 412.069, rilasciata in data 1.10.2004 da RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE).
La Banca concessionaria: a) con nota del 30.1.2006 propose al RAGIONE_SOCIALE la revoca delle agevolazioni concesse in via provvisoria alla predetta impresa, in quanto, dall’esame della documentazione trasmessa dalla Guardia di RAGIONE_SOCIALE in data 11.8.2003, a conclusione di un’attività di verifica svolta nei confronti della medesima, era emerso che il programma agevolato era stato avviato in data antecedente a quella di presentazione del modulo di domanda; b) con nota del 21.12. 2006, escusse la polizza RAGIONE_SOCIALE n. 411.281, non avendo certificato con esito positivo la compiuta realizzazione RAGIONE_SOCIALE stato d’avanzamento corrispondente all’importo della prima quota erogata, né l’assenza di cause e/o fatti idonei a comportare la revoca delle agevolazioni concesse in via provvisoria; c) con nota del 21.6.2007 comunicò al RAGIONE_SOCIALE il mancato recupero delle somme richieste con riferimento alla polizza n. 411.281; d) con nota del 9.10.2008, confermò la
proposta di revoca, aggiornandola, sulla base del mancato raggiungimento, alla data di disponibilità dell’ultima quota di contributo, delle condizioni necessarie per procedere all’erogazione della prima quota a stato di avanzamento; e) con nota del 27.11.2008, per le medesime ragioni, la Banca concessionaria escusse la polizza n. 412.069.
Con nota del 13.07.2012 il RAGIONE_SOCIALE trasmetteva alla ditta ed alla Società assicuratrice copia del decreto n. reg. 569 dell’8.6.2012, di revoca del decreto di concessione provvisoria n. 126645 del 23.6.2003. Detto decreto, all’art. 3, disponeva, in capo alla ditta o alla società assicuratrice, entro sessanta giorni dal ricevimento del decreto stesso, il recupero degli importi di euro 1.669.290,00 e di euro 98.100,00, rivalutati sulla base dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, maggiorati degli interessi legali calcolati dalla rispettiva data di erogazione a quella di restituzione.
A seguito dell’emanazione del decreto di revoca, con nota del 24.10.2012 la Banca concessionaria richiedeva nuovamente alla RAGIONE_SOCIALE ed alla RAGIONE_SOCIALE la restituzione delle somme dovute.
In assenza della restituzione dell’importo dovuto e in esecuzione del citato provvedimento di revoca delle agevolazioni, il RAGIONE_SOCIALE, ai sensi dell’art. 24, comma 32, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, attivò la procedura di recupero coattivo del credito a mezzo RAGIONE_SOCIALE, con conseguente notifica della cartella di pagamento n. 03020130010788838/001, recante intimazione al pagamento di euro 2.776.793,99 a titolo di recupero delle somme garantite dalle polizze fideiussorie n. 411.281 e 412.069.
Nel 2013 la RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione avverso la cartella di pagamento predetta, avanti al Tribunale civile di Roma, per chiederne l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia esecutiva.
Il RAGIONE_SOCIALE convenuto-opposto si costituiva in giudizio contestando integralmente le avverse pretese e chiedendo il rigetto dell’opposizione, confermate le ragioni creditorie dell’Amministrazione.
Il Tribunale di Roma: dapprima, con ordinanza resa nell’udienza del 15.5.2014, confermava la sospensione della cartella esattoriale, già disposta con decreto del 23.1.2004; poi, con sentenza n. 23828/2016, accoglieva la domanda, ritenendo fondata l’eccezione di tardività dell’escussione della garanzia, sollevata dalla RAGIONE_SOCIALE, e dichiarava l’insussistenza del credito vantato dal MISE nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, con conseguente condanna dell’opposta al pagamento delle spese di lite. In sintesi, sul presupposto del difetto di prova sull’effettiva conoscenza delle richieste di pagamento inoltrate alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE prima della scadenza delle due polizze fideiussorie, il giudice di primo grado escludeva che si fosse validamente perfezionato il procedimento di escussione della garanzia.
Avverso la sentenza del giudice di primo grado il RAGIONE_SOCIALE proponeva appello, deducendo: in via principale, che il Giudice di prime cure aveva erroneamente accolto l’eccezione di tardività dell’escussione delle due polizze, allegando a tal fine l’originale dell’avviso di ricevimento della prima nota di escussione, da cui risultava in modo in equivoco l’effettiva ricezione della medesima da parte della società assicuratrice; in via subordinata, che, a prescindere dalla effettiva ricezione o meno delle due controverse note di escussione, doveva comunque concludersi per la tempestiva escussione delle polizze, posto che le medesime erano state notificate durante il relativo periodo di vigenza, in ossequio al principio della scissione soggettiva degli effetti del procedimento notificatorio.
Si costituiva in giudizio RAGIONE_SOCIALE, chiedendo il rigetto dell’appello.
La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 4097/20, respingeva l’appello del RAGIONE_SOCIALE e lo condannava alle spese di lite.
Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso il RAGIONE_SOCIALE.
Ha resistito con controricorso la RAGIONE_SOCIALE.
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte.
Il Difensore della RAGIONE_SOCIALE resistente ha depositato memoria, richiamando a sostegno delle proprie conclusioni Cass. n. 12706/2024.
La Corte si è riservata il deposito della motivazione entro il termine di giorni sessanta dalla data della decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il RAGIONE_SOCIALE articola in ricorso tre motivi. Precisamente:
con il primo motivo denuncia: <> nella parte in cui la corte territoriale ha affermato che, per escutere validamente la polizza fideiussoria, <>, in quanto solo in quel momento <>. Con la conseguenza che, essendo stata ricevuta la richiesta del 21 dicembre 2006 dalla RAGIONE_SOCIALE il 4 gennaio 2007, <> e <>. In sintesi, secondo il ministero ricorrente, il
procedimento previsto dalle citate disposizioni contrattuali, interpretate secondo i crismi di cui agli artt. 1363 e 1366 c.c., sarebbe stato correttamente seguito dall’Amministrazione;
con il secondo motivo denuncia <> nella parte in cui la corte di merito, pur avendo riconosciuto come provata la ricezione della nota del 21.12.2006 da parte della RAGIONE_SOCIALE, ha omesso di spiegare per quale motivo tale circostanza sia del tutto ininfluente ai fini della valida escussione della polizza, come se la comprovata conoscenza da parte della società assicuratrice sia dell’inadempimento contestato alla ditta beneficiaria, che della richiesta di procedere al rimborso del contributo fossero tamquam non essent . Osserva che la corte territoriale, una volta riconosciuta l’effettiva ricezione della nota di escussione da parte della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE entro il termine di scadenza della garanzia, avrebbe dovuto motivare sul perché tale circostanza non fosse dirimente ai fini della decisione;
-con il terzo motivo denuncia <> nella parte in cui la corte territoriale ha affermato che: <>, avendo ritenuto dirimente il fatto che non fosse stata prodotta dall’Amministrazione neppure la distinta di spedizione della raccomandata, così da precludere al Giudice la possibilità di ricorrere al ragionamento di tipo presuntivo. Osserva che la conclusione, a cui è pervenuta la corte di merito, poggia su un’erronea applicazione dei principi in materia di prova. E che la società assicuratrice avrebbe dovuto, a rigore, dimostrare che la mancata conoscenza della nota di escussione fosse dovuta a cause ad essa non
imputabili, allegando a tal fine prove concrete e specifiche. Sostiene che – nel contesto della clausola contrattuale, di cui all’art. 3 – non c’è nulla che autorizzi a ritenere che la richiesta di escussione della polizza non solo debba essere trasmessa entro il termine di conclusione della garanzia, ma debba essere anche ricevuta dal fideiussore entro il medesimo termine.
Lo scrutinio di merito sugli illustrati motivi di ricorso è superfluo, in quanto la sentenza impugnata va cassata senza rinvio (con gli effetti di seguito precisati) ai sensi dell’art. 382, terzo comma, cod. proc. civ..
Invero, questa Corte ha avuto modo di precisare (cfr. Cass. n. 3870/2024) che, in tema di riscossione dei crediti a mezzo ruolo ai sensi del d.P.R. n. 602 del 1973, la legittimazione passiva rispetto alle opposizioni esecutive non « recuperatorie » compete unicamente all’agente della riscossione, con la conseguenza che quelle proposte nei confronti dell’ente titolare del credito devono essere dichiarate inammissibili, senza che possa darsi corso all’integrazione del contraddittorio di cui all’art. 102 cod. proc. civ., non vertendosi in una fattispecie di litisconsorzio necessario c.d. sostanziale.
Successivamente è stato precisato (Cass. n. 25272/2024) che il suddetto principio riposa, in sintesi, sui seguenti argomenti:
l’agente della riscossione è titolare esclusivo dell’azione esecutiva per la riscossione dei crediti esattoriali e, pertanto, non soltanto è da ritenersi necessariamente legittimato passivo nelle opposizioni esecutive avanzate del debitore; ma è, anzi, l’unico legittimato passivo necessario, proprio perché soggetto titolare in via esclusiva dell’azione esecutiva, avendo l’onere di chiamare eventualmente in giudizio l’ente creditore, laddove siano in discussione questioni attinenti al credito o comunque che non riguardino esclusivamente la regolarità degli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 39 del d. lgs. 13 aprile 1999, n. 112;
b) diversa è la situazione delle opposizioni c.d. recuperatorie, nelle quali cioè la parte deduce che la cartella di pagamento costituisce il primo atto con cui è venuta a conoscenza della pretesa, in ragione della nullità o della inesistenza della notificazione degli atti prodromici alla iscrizione a ruolo: in tal caso, avendo l’opposizione lo scopo effettivo di recuperare la tutela relativa alla stessa esistenza del credito iscritto a ruolo, sussiste legittimazione concorrente necessaria dell’agente della riscossione e dell’ente creditore;
c) al contrario, nelle opposizioni esecutive riconducibili nell’àmbito dell’art. 615 cod. proc. civ., quale quella sottesa al ricorso in esame, il principio generale è quello dettato dal citato art. 39 del d.lgs. n. 112 del 1999: norma che onera l’agente della riscossione, nelle liti che « non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi » di chiamare in causa l’ente creditore interessato, sotto pena di rispondere delle conseguenze della lite.
Da questa disposizione – dettata per agevolare l’esercizio del diritto di difesa del debitore, con l’individuazione sicura dell’agente della riscossione quale soggetto da convenire in giudizio – si inferisce che la opposizione esecutiva può legittimamente svolgersi senza la partecipazione dell’ente creditore, il quale, pertanto, non assume la veste di litisconsorte necessario, ma di eventuale chiamato in causa.
Tanto non impedisce al debitore che proponga una opposizione esecutiva in seno ad una procedura di riscossione coattiva a mezzo ruolo, di evocare in giudizio, oltre l’agente della riscossione, anche l’ente creditore con l’unico effetto (non di ingenerare un invero inesistente litisconsorzio necessario, ma) di rendere superflua la chiamata ad opera dell’agente della riscossione.
Ne consegue che, nell’ipotesi in cui venga evocato in giudizio esclusivamente l’ente creditore, soggetto privo di legittimazione (processuale) passiva, ma non venga evocato anche l’agente della riscossione – che, si ribadisce, è l’unico effettivo legittimato necessario
– la domanda è inammissibile, non sussistendo i presupposti per l’emissione di un ordine giudiziale ex art. 102 cod. proc. civ..
In applicazione di tale principio di diritto, al quale il Collegio intende dare continuità, l’originaria inammissibilità dell’opposizione all’esecuzione per difetto di legittimazione processuale passiva dei soggetti evocati (che non ha formato oggetto di espressa pronuncia da parte dei giudici del merito e, quindi, non è coperta da giudicato interno, che sarebbe ostativo al rilievo qui operato) importa, ai sensi dell’art. 382, terzo comma, cod. proc. civ., la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata perché la domanda non poteva essere proposta, con conseguente caducazione degli effetti non soltanto della sentenza impugnata ma anche di quella di primo grado (che da quella impugnata era stata sostituita) e l’assorbimento di tutti i motivi di ricorso proposti a suffragio dell’impugnazione, introduttiva del presente giudizio di legittimità.
Vero è che questa Corte con la recente ordinanza n. 12706/2024 ha statuito che: <>. In applicazione di detto principio, è stata confermata la sentenza di merito che aveva ritenuto inidonea a costituire valido atto di escussione della garanzia la lettera trasmessa dal RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE assicuratrice quando il termine, contrattualmente concesso all’impresa assicurata
per adempiere, non era scaduto e, dunque, senza che si fosse verificato l’evento garantito, ossia l’inadempimento.
Senonché in detta occasione non ha formato oggetto di scrutinio la questione – assolutamente preliminare e potenzialmente dirimente della legittimazione passiva rispetto alle opposizioni esecutive non « recuperatorie », in tema di riscossione dei crediti a mezzo ruolo ai sensi del d.P.R. n. 602/1973: questione che invece viene qui affrontata, essendo il relativo rilievo praticabile per la prima volta ed ex officio anche in sede di legittimità, salvo che non sia coperto da giudicato interno (ipotesi questa che, come sopra rilevato, nel caso di specie non ricorre).
La circostanza che la pronuncia richiamata dall’odierna controricorrente non abbia affrontato tale preliminare, ma dirimente, questione processuale esclude la stessa configurabilità di un contrasto ed impone anzi di confermare l’approdo sulla medesima raggiunto in più di un’occasione nella materia specifica di opposizioni esattoriali per escussione di prodotti assicurativi ed all’esito di meditata riflessione sui principi processuali coinvolti.
Il regolamento delle spese dell’intero giudizio segue il principio della soccombenza, con liquidazione operata, secondo le tabelle dei parametri approvate con d.m. n. 147/2022, in maniera partitamente distinta per i due gradi di merito e per il presente grado di legittimità, come in dispositivo.
Il tenore della presente decisione, che (non è di rigetto o inammissibilità o improponibilità, ma) di cassazione senza rinvio, esclude l’applicabilità dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per cui si dà atto che non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ministero ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.
Decidendo sul ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata perché la domanda non poteva essere proposta.
Condanna la controricorrente alla refusione delle spese dell’intero giudizio in favore del RAGIONE_SOCIALE, liquidate:
per il primo grado di giudizio, in euro 25.000 per compensi professionali, oltre alle spese eventualmente prenotate a debito ed agli accessori di legge;
-per il giudizio di appello, in euro 25.000 per compensi professionali, oltre alle spese eventualmente prenotate a debito ed agli accessori;
per il giudizio di legittimità, in euro 18.000 per compensi professionali, oltre alle spese eventualmente prenotate a debito ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, l ‘ 8 ottobre 2025, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile.
Il Presidente NOME COGNOME