Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 32557 Anno 2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15627/2023 R.G. proposto da :
DI NOMECOGNOME rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME unitamente agli avvocati COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME domiciliazione telematica
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-ricorrente-
Civile Ord. Sez. U Num. 32557 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/12/2024
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME
-controricorrente-
nonché contro
UFFICIO DEL GENIO CIVILE DI SIRACUSA, COMUNE DI SIRACUSA, SOPRINTENDENZA BBCCAA DI SIRACUSA
-intimati- avverso sentenza di Cons.di RAGIONE_SOCIALE in Palermo n. 52/2023 depositata il 16/01/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia contro il silenzio del Comune di Siracusa in ordine alla diffida dalla stessa inoltrata con riferimento alla C.I.L.A. del 12.4.2018 presentata da NOME COGNOME, concernente la realizzazione di una tettoia smontabile in legno lamellare con copertura in teli e un basamento in cemento armato su area di esclusiva proprietà, e di opere per lo smaltimento di acque piovane nelle aree comuni;
il ricorso veniva proposto anche contro il Genio Civile e la Soprintendenza di Siracusa che avevano espresso pareri favorevoli; 3. la deducente si doleva del fatto che le opere, incluse quelle fognarie, avrebbero imposto in primo luogo un provvedimento concessorio, in secondo luogo il parere della Commissione Speciale per il Centro storico ad alto valore monumentale di Ortigia, in terzo luogo l’assenso dei comproprietari, insistendo su parti comuni; 4. a séguito del provvedimento espresso del Comune con protocollo UCS n. 820 del 29.3.2019, contenente l’avviso di non avere alcun
provvedimento repressivo da adottare essendo la C.IRAGIONE_SOCIALE Alagona, con motivi aggiunti, ne chiedeva l’annullamento;
il giudice dl prime cure con la sentenza n. 359 del 2020, osservato che «il Comune di Siracusa aveva eccepito il difetto di giurisdizione con riferimento alla realizzazione delle opere necessarie di smaltimento delle acque piovane su aree cortilizie di proprietà comune e comunque sostenuto la non necessità della previa autorizzazione degli altri condomini, trattandosi di opere di miglioria», affermava che «con riferimento ai lavori sulle parti comuni o aree di cui è controversa la comunione…, laddove, a fronte dell’impugnata nota di riscontro del Comune, residuano solo questioni di proprietà/comproprietà, senza che venga indicata alcuna violazione di regole edilizie/urbanistiche, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, venendo in considerazione diritti soggettivi»;
parte qua , veniva quindi dichiarato ‘inammissibile’ il ricorso, attenendo a doglianze che «devono essere fatte valere…innanzi al giudice ordinario», rigettando le domande residue per non essere stato provato che non fosse sufficiente la C.I.L.A.;
il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana accoglieva per quanto di ragione l’appello interposto da COGNOME osservando che:
-non vi era controversia, davanti al giudice amministrativo, sui titoli dominicali, ma solo sulla legittimazione all’ottenimento del titolo edilizio;
-il manufatto era una nuova costruzione, mancante del carattere della precarietà strutturale, che necessitava pertanto di permesso di costruire nonché del parere della suddetta Commissione Speciale;
-il correlato annullamento da pronunciare in accoglimento dei motivi aggiunti non determinava «l’improcedibilità del motivo di appello riguardante la giurisdizione», permanendo «un interesse ad
un possibile ampliamento dell’effetto conformativo, qualora, a séguito del rinvio» al giudice di prime cure, «venisse accolta la lagnanza relativa al mancato consenso dei comproprietari per le parti in cui le opere contestate insistito su aree comuni»;
avverso questa decisione ricorre NOME COGNOME articolando tre censure;
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso;
parte ricorrente ha depositato duplice memoria;
il Sostituto Procuratore Generale ha concluso per la dichiarazione d’inammissibilità o il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si prospetta la violazione delle norme sulla giurisdizione e l’invasione della sfera della giurisdizione ordinaria, poiché il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana avrebbe errato statuendo sui diritti dei comproprietari;
13. con il secondo motivo si prospetta la violazione dell’art. 2 della legge n. 2248 del 1865 e degli artt. 1102, cod. civ., e 11 d.P.R. n. 380 del 2001, poiché il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana avrebbe errato mancando di considerare che ciascun comproprietario della cosa comune ha il diritto di apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa, servendosi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso, senza subordinazione al previo consenso degli altri contitolari, restando riservata al giudice ordinario la risoluzione di ogni contestazione al riguardo, in particolare sulla natura della miglioria;
14. con il terzo motivo si prospetta la violazione dell’art. 24, Cost., poiché il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana avrebbe errato mancando di considerare che non era
configurabile alcun interesse legittimo tutelabile davanti il giudice amministrativo in ordine alla titolarità del diritto del comproprietario a realizzare l’opera di miglioria, ma esclusivamente per eventuali vizi diversi e propri del provvedimento amministrativo censurato, dovendosi così escludere che la C.I.L.A. dovesse essere richiesta ovvero sottoscritta dagli altri comproprietari, anche tenuto conto del fatto che l’art.11 della legge n. 380 del 2001, concernente il ‘Permesso di costruire’, attribuisce il diritto di richiederne il rilascio ‘al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo’, e dunque anche a chi abbia il diritto soggettivo di apportare, da solo, la miglioria in discussione;
15. preliminarmente deve scrutinarsi l’eccezione d’inammissibilità del ricorso, per tardività, sollevata dalla controricorrente la quale ha sostenuto che la notifica del ricorso per riassunzione, davanti al Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, avrebbe fatto decorrere il termine c.d. breve per impugnare in questa sede la decisione del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana;
l’eccezione va disattesa poiché, come osservato dal Pubblico Ministero e nella memoria di parte ricorrente, nel caso in cui il giudice inizialmente adito abbia declinato la propria giurisdizione in favore di altro giudice, la riassunzione della causa dinanzi a quest’ultimo, equivalendo a legale conoscenza della sentenza, fa decorrere il termine per l’impugnazione della stessa, ai sensi dell’art. 326, cod. proc. civ., nei confronti della parte destinataria dell’atto di riassunzione, solo quando detta riassunzione possa dirsi effettivamente equipollente alla notifica della sentenza, presupponendo, infatti, il termine breve d’impugnazione la «necessità che il provvedimento da impugnare sia tutto, e nella sua interezza, nella disponibilità del soccombente per le valutazioni inerenti alla possibilità di efficacemente impugnarlo» (Cass., Sez.
U., 21/09/2021, n. 25476, § 4.1., pag. 8, che richiama Cass., Sez. 3, 24/09 2019, n. 23642);
nel caso, come desumibile dal ricorso in riassunzione prodotto da parte controricorrente, in esso è trascritta solo una parte, sia pure significativa, della sentenza in parola, omettendo non solo i fatti processuali assunti come acquisiti, ma anche rilevanti riferimenti alla condivisa giurisprudenza amministrativa, al primo capoverso di pag. 6 e al primo capoverso di pag. 7, che non permettono di ritenere interamente conosciuto il provvedimento di cui si discorre.
Nel merito cassatorio le censure, da esaminare congiuntamente per connessione, sono inammissibili;
17. come osservato dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana, e come incontestato, la domanda svolta davanti al giudice amministrativo è stata diretta a censurare la legittimità della C.I.L.A. per le descritte opere, in quanto queste ultime avrebbero richiesto un provvedimento concessorio, oltre al parere della ricordata Commissione Speciale, e comunque, in specie, l’assenso dei comproprietari;
a quest’ultimo riguardo, pertanto, la tutela effettivamente richiesta, in relazione alla quale valutare la sussistenza della giurisdizione (v., solo ad esempio, Cass., Sez. U., 24/01/2024, n. 2368), è stata quella concernente la legittimazione al rilascio del titolo abilitativo, e non la distinta regolazione dei rapporti dominicali ovvero dei diritti sulla res , rimessa al giudice ordinario;
19. in termini di riparto di giurisdizione, e dunque di limiti esterni a quella amministrativa, il relativo giudice può vagliare la legittimità del provvedimento abilitativo, anche, logicamente, quanto alla legittimazione a richiederlo e ottenerlo, laddove il vaglio di quest’ultima non può tradursi nella regolazione dei distinti diritti soggettivi, in questo caso reali, essendovi al più, sul punto, un accertamento solo in via incidentale rispetto alla tutela in concreto richiesta;
19.1. difatti, a mente dell’art. 8, primo comma, c.p.a., «il giudice amministrativo nelle materie in cui non ha giurisdizione esclusiva conosce, senza efficacia di giudicato, di tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti, la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale»;
19.2. è stato pertanto precisato che la violazione dei limiti della cognizione incidentale in parola non configura un eccesso di potere giurisdizionale, ma solo un error in procedendo , commesso dal giudice amministrativo all’interno della sua giurisdizione, in quanto l’oggetto della cognizione incidenter tantum viene conosciuto dal giudice amministrativo sempre e soltanto in funzione dell’esplicazione della giurisdizione sull’oggetto conosciuto in via principale, sicché il bene della vita sul quale il giudice amministrativo esercita la sua giurisdizione -e riguardo al quale può teoricamente rilevare la figura dell’eccesso di potere giurisdizionale -è per definizione solamente quello riguardo al quale la sua giurisdizione sussiste in via diretta (Cass., Sez. U., 09/06/2022, n. 18638: nella fattispecie si trattava dell’impugnazione del decreto comunale di autorizzazione alla cessione di una farmacia da parte di eredi del titolare della medesima, e si è chiarito che era stato implicato non un accertamento propriamente attinente a una questione di status ereditario, bensì esclusivamente incidentale, senza efficacia di giudicato, sulla titolarità in questione);
19.3. non a caso da ciò è stato fatto derivare che le modalità di svolgimento della cognizione incidentale e, ancor più in radice , la stessa delibazione, positiva o negativa, dei presupposti di tale cognizione incidentale, possono dare origine, in ipotesi, a un errore commesso dal giudice amministrativo riguardo a una norma regolatrice del processo amministrativo, come tale posta certamente all’interno della sua giurisdizione, e non all’indebita
affermazione della sua giurisdizione su oggetto riservato invece al giudice ordinario (Cass., Sez. U., 13/4/2016, n. 7292);
19.4. in coerenza, anche la violazione da parte del giudice amministrativo della norma sulla sospensione del processo per pregiudizialità è stata ritenuta sindacabile avanti a questa Corte in termini di eccesso di potere giurisdizionale unicamente in ipotesi di riserva a favore della giurisdizione ordinaria di cui al secondo comma dell’art. 8 c.p.a. (secondo cui «restano riservate all’autorità giudiziaria ordinaria le questioni pregiudiziali concernenti lo stato e la capacità delle persone, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio, e la risoluzione dell’incidente di falso») (Cass., Sez. U., 27/6/2018, n. 16959), laddove il mancato esercizio da parte del giudice amministrativo del potere di sospendere il giudizio ex art. 295 cod. proc. civ. (applicabile al processo amministrativo per il rinvio contenuto nell’art. 79, primo comma, c.p.a.) non integra una violazione dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa, ma piuttosto un errore procedimentale, come in questa sede tale insindacabile (Cass., Sez. U., 7/12/2004, n. 22887, Cass., Sez. U., 23/9/2020, n. 19952, Cass., Sez. U., 4/6/2021, n. 15573);
19.5. in omologa prospettiva ricostruttiva non è stato ammesso il ricorso per cassazione della sentenza con cui il giudice amministrativo abbia rigettato la domanda di risarcimento del danno fondata sull’illegittimità di una sanzione irrogata a un avvocato sul presupposto di non poter conoscere, nemmeno incidentalmente, dei vizi di quella irrogazione, una volta diventata definitiva all’esito delle impugnazioni previste dalla legge sull’ordinamento forense, proprio perché essa non costituisce rifiuto di esercizio della giurisdizione, ma, al più, un errore interno ai limiti del potere giurisdizionale del giudice amministrativo (Cass., Sez. U., 06/07/2023, n. 19103);
20. per queste ragioni non è pertinente la giurisprudenza richiamata nell’ultima memoria da parte ricorrente, a mente della
quale sussiste la giurisdizione del giudice ordinario quando vengano in gioco diritti (come anche quello all’integrità patrimoniale) rispetto ai quali l’esercizio del potere amministrativo non rileva in sé, ma per l’efficacia causale del danno-evento (da affidamento incolpevole nel caso di Cass., 31/07/2023, n. 23284, in fattispecie di attività edilizia svolta sulla base di permesso comunale, e controversia volta alla riduzione in pristino stato dei luoghi per violazione delle distanze, nella quale era stato chiamato in manleva il Comune);
va quindi ribadito che il sindacato di queste Sezioni Unite risulta estraneo ad assunti errori commessi riguardo allo scrutinio della legittimazione in parola, la cui ricostruzione è, anche alla luce di quanto sopra esplicitato, del tutto interna alla giurisdizione amministrativa;
22. quanto sopra osservato è reso palese dalla stessa giurisprudenza amministrativa la quale è solita affermare che il soggetto legittimato alla richiesta del titolo abilitativo deve essere colui che ha la totale disponibilità del bene, non essendo sufficiente la proprietà di una sola sua parte o quota, potendo al più ipotizzarsi ed evincersi un implicito avallo per pactum fiduciae : secondo tale ricostruzione, univocamente interna alla giurisdizione in questione, «il singolo comproprietario non può essere legittimato, perché, diversamente opinando, la sua autonoma condotta potrebbe pregiudicare i diritti e gli interessi qualificati dei soggetti con cui condivide la posizione giuridica sul bene oggetto di provvedimento» (Consiglio di Stato, Sez. 2, 21/07/2023, n. 7158, in cui si precisa che «costituisce un’eccezione il regime di comunione legale dei beni tra coniugi, con riferimento al quale la giurisprudenza ha ritenuto non trovi applicazione il principio del c.d. consenso necessitato, anche allo scopo di salvaguardare il coniuge ignaro dell’abuso dalle conseguenze penali dello stesso»; cfr. anche Consiglio di Stato, Sez. 6, 29/08/2019, n. 5947, menzionata in controricorso);
tutto ciò, nella prospettiva assunta, proprio perché il giudice amministrativo non può sindacare in via diretta la sussistenza o meno di quei possibili pregiudizi;
22.1. in altra chiave, ma nello stesso ambito e in una logica ancor più nettamente distinta, il giudice amministrativo ha talora ritenuto che l’amministrazione è «tenuta a rilasciare il titolo abilitativo edilizio avendo esclusivo riguardo alla compatibilità urbanistica dell’opera richiesta il che non implica affatto che essa non sia lesiva di diritti soggettivi altrui -lasciando ogni questione afferente a diritti soggettivi alla sua unica sede competente, che è il giudizio civile», e ciò in quanto non le compete di valutare, neanche incidentalmente, «se l’opera integri un’alterazione della destinazione della cosa comune (di cui un singolo comunista voglia servirsi in modo esclusivo); né se tale utilizzo sia compatibile con l’uso paritario altrui…» (C.G.A.R.S., 05/06/2023, n. 392);
22.2. in relazione a questa ricostruzione il Consiglio di Stato ha di recente osservato che «i diritti dei comproprietari…ivi inclusi quelli connessi all’eventuale travalicamento dei limiti imposti a ogni comunista dall’art. 1102 cod. civ., non sono giammai pregiudicati dal rilascio del titolo edilizio (che…è sempre legittimamente rilasciato, senza neanche bisogno di esplicitazione, con salvezza dei diritti dei terzi). Al che consegue…che i diritti dei terzi sono tutelabili (esclusivamente) mediante azioni civili innanzi al Giudice ordinario. … Ciò vale quanto dire, tuttavia, che la legittimità dell’intervento edilizio che ‘ciascun partecipante’ alla comunione chieda alla p.a. di essere autorizzato a eseguire in forza della norma che gli consente di ‘servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto’…, deve essere valutata dall’amministrazione competente ad autorizzarlo solo per i profili amministrativi senza riguardo ai profili civilistici e ai connessi limiti posti dalla norma, in quanto entrambi azionabili…soltanto davanti
al giudice civile. Le decisioni del quale, tuttavia, operano… su piani diversi…e per nulla interferenti con le valutazioni amministrative di competenza comunale». Dal che la messa a fuoco della «esatta accezione da attribuire alla previsione della clausola di salvaguardia dei diritti dei terzi. Essa, cioè, se per regola esime l’Amministrazione procedente da qualsivoglia approfondimento circa l’effettiva titolarità della pienezza del proprio diritto proprietario…non consente di prescinderne laddove la carenza di legittimazione piena emerga per tabulas e non richieda né indagini suppletive, né, men che meno, prese di posizione a favore dell’una o dell’altra tesi di parte. Il comproprietario, infatti, diviene ‘terzo’ solo nel momento in cui se ne è ignorata la presenza, laddove configura una sorta di litisconsorte necessario in caso di oggettiva conoscenza della contitolarità di un bene e del contrasto tra aventi diritto… . In tali ipotesi, cioè, si ritiene che l’Ente abbia il dovere di compiere quel minimo di indagini necessarie per verificare se le contestazioni sono fondate sul piano quanto meno della legittimità formale e denegare il rilascio del titolo se il richiedente non sia in grado di fornire elementi seri a fondamento dell’esclusività, in fatto o in diritto, della sua posizione» (Consiglio di Stato, n. 7158 del 2023, cit., §§ 20-21);
23. le descritte ricostruzioni proprie della giurisdizione amministrativa rendono, dunque, ulteriormente evidente come la tutela cui la stessa ha correttamente riguardo è, nella fattispecie, esclusivamente quella concernente la legittimazione al rilascio del titolo abilitativo, e solo incidentalmente, quando ritenuto necessario, la valutazione e portata del sotteso diritto soggettivo, senza che la violazione dei limiti della cognizione incidentale, stabiliti dall’art. 8 c.p.a., possa configurare un eccesso di potere giurisdizionale, integrando, in tesi, solo un error in procedendo , commesso dal giudice amministrativo all’interno della sua giurisdizione (Cass., Sez. U., 10/09/2024, n. 24242);
24. spese secondo soccombenza;
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni Unite, dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite di parte controricorrente liquidate in euro 5.000,00, oltre a 200,00 euro per esborsi, 15% per spese forfettarie, e accessori legali.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte ricorrente, se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 08/10/2024.