Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8339 Anno 2024
ORDINANZA
sul ricorso 1003/2021 proposto da:
NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
Pec:
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME;
– intimato –
nonché contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
Pec:
-controricorrente –
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8339 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/03/2024
avverso la sentenza n. 527/2020 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 12/05/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/12/2023 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME stipulò, in data 6/8/2010, con NOME COGNOME la locazione di un appartamento ad uso abitativo sito in Costabissara per la durata di quattro anni più quattro; dopo due anni la COGNOME assumendo che l’intestazione del contratto fosse errata la rettificò sostituendo al suo nominativo quello di NOME COGNOME con scrittura privata registrata presso l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e comunicata alla conduttrice; alla fine del primo quadriennio il COGNOME comunicò rituale disdetta del contratto alla prima scadenza quadriennale, dovendo destinare l’appartamento ad abitazione di un familiare e, sorta contestazione con la conduttrice in ordine ad infiltrazioni presenti nell’appartamento, entrambi i locatori, la COGNOME e il COGNOME con ricorso ex art. 447 bis c.p.c. agirono nei confronti della conduttrice chiedendo l’accertamento del legittimo esercizio del diniego di rinnovo alla prima scadenza quadriennale e il conseguente ordine di rilascio o, in via subordinata, la risoluzione del contratto per inadempimento, essendosi la conduttrice resa morosa nel pagamento dei canoni relativi alle mensilità di novembre e dicembre 2014, con condanna della convenuta al pagamento dei suddetti canoni e a tutti i successivi a scadere fino all’effettivo rilascio dei locali;
la convenuta si costituì in giudizio ed eccepì che la COGNOME si era limitata a chiedere, in qualità di usufruttuaria, il pagamento dei canoni scaduti e che il COGNOME non aveva legittimazione alla domanda di rilascio; in subordine, in via di eccezione riconvenzionale,
chiese fosse pronunciata la risoluzione del contratto per inadempimento della parte locatrice agli obblighi di consegnare e mantenere la cosa locata priva di vizi;
istruita la causa con prove testimoniali e CTU, il Tribunale di Vicenza, ritenuta la legittimazione attiva dei ricorrenti e ritenuto non contestato l’inadempimento della conduttrice all’obbligazione del pagamento dei canoni di novembre e dicembre 2014, ritenne di non poter procedere all’esame dell’ eccezione riconvenzionale della COGNOME sull’inadempimento del locatore per essere state le domande proposte anche in un successivo giudizio; dichiarò risolto il contratto intercorso tra le parti e condannò la P aganotto a pagare la somma di € 1.160,00 per i canoni di novembre e dicembre 2014;
a seguito di appello della COGNOME la Corte d’Appello di Venezia , con sentenza pubblicata in data 12/5/2020, ha rigettato il gravame, ritenendo per quanto ancora rileva che entrambi i ricorrenti avessero legittimazione attiva, che il rapporto di locazione fosse continuato tra il nuovo locatore e la conduttrice e che l’eccezione di inadempimento da quest’ultima sollevata per paralizzare la domanda di risoluzione del contratto per inadempimento all’obbligazione del pagamento dei canoni non potesse trovare accoglimento perché in ogni caso l’entità dei vizi denunciati dalla conduttrice non era tale da giustificare la sospensione nel pagamento dei canoni;
avverso la sentenza NOME COGNOME propone ricorso per cassazione sulla base di undici motivi;
resiste con controricorso NOME COGNOME;
il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 -bis. 1 c.p.c;
parte ricorrente ha depositato memoria;
AVV_NOTAIOiderato che:
Parte controricorrente eccepisce la tardività del ricorso perché il termine per l’impugnazione sarebbe decorso non dalla pubblicazione della sentenza ma dalla sola lettura del dispositivo in udienza;
l’eccezione è priva di fondamento. In base a Cass., L, n. 18162 del 16/9/2015 ‘ Il potere di proporre impugnazione avverso la sentenza del giudice del lavoro non sorge in conseguenza della semplice lettura del dispositivo in udienza (salva l’eccezionale ipotesi prevista dall’art. 433, comma 2, c.p.c.), ma postula che la sentenza stessa sia completa nei suoi elementi strutturali, tra cui è essenziale la motivazione, e che sia stata depositata in cancelleria a norma degli artt. 430 e 438 c.p.c.; ne consegue che la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso per cassazione, erroneamente proposto contro il solo dispositivo della sentenza di appello letto in udienza, non comporta l’irreparabile consunzione del diritto d’impugnare la sentenza dopo il deposito della stessa, sempreché non siano decorsi i termini previsti dagli artt. 325 e 327 c.p.c. ‘ ;
il principio non può che riguardare anche le controversie di rito locatizio , soggette al rito del lavoro ai sensi dell’art. 447 -bis c.p.c.
con il primo motivo di ricorso -violazione dell’art. 132, co. 2 n. 4 c.p.c. per manifesta contraddittorietà, motivazione apparente e/o assenza di motivazione ex art. 360 co. 1 n. 4 c.p.c. -la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata abbia motivazione apparente in relazione all’eccepito difetto di legittimazione attiva dei ricorrenti; la corte, dopo aver esordito indicando il ‘ thema decidendum nella violazione della disciplina in materia di gestione d’affari , applicabile alle ipotesi in cui l’usufruttua rio sia soggetto diverso dal locatore ‘ invita a considerare l’avvenuta stipula del contratto originario da parte della sola COGNOME, la successiva comunicazione di rettifica della parte locatrice con l’indicazione del COGNOME , qualificatosi unico
proprietario con l’assenso scritto d ella COGNOME , e l’avvenuta proposizione del ricorso da parte di entrambi i soggetti, per concludere ‘onde non può dubitarsi della legittimazione dei medesimi a far valere i diritti nascenti dal contratto di cui essi furono parte’; in mancanza di una critica argomentata sia con riferimento alle motivazioni della sentenza di primo grado, sia con riferimento a quelle, peraltro disattese, del motivo di appello, non è dato capire se i diritti riconosciuti ai signori COGNOME e COGNOME siano stati riconosciuti in quanto fondati sul fatto di essere parti contraenti ovvero usufruttuari e, in tal caso, se si sia inteso applicare la disciplina della gestione di negozio altrui rappresentativa o che altro;
con il secondo motivo -violazione o falsa applicazione degli artt. 2031, 2032, 1375 c.c. 1372 c.c. ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. violazione e/o falsa applicazione degli artt. 99, 100, 112, 163 n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 360 co. 1 n. 4 c.p.c. -la ricorrente lamenta che la Corte del gravame ha presupposto una gestione d’affari rappresentativa tra i due soggetti qualificatisi prima quali usufruttuari e poi (il COGNOME) quale unico proprietario del bene essendo, in base alla giurisprudenza di questa Corte, il contratto stipulato da un unico comproprietario inidoneo a far subentrare il dominus in luogo del gestore nel rapporto costituito da quest’ultimo in nome proprio con i terzi;
con il terzo motivo -violazione e falsa applicazione dell’art. 99, 100, 112, 163 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 2031 e 2032 c.c. ex art. 360 n. 4 c.p.c. -lamenta che la sentenza ha ritenuto entrambi i soggetti originari attori legittimati e titolati indistintamente in relazione alla causa petendi e al petitum , senza specificare chi di loro avesse prospettato anche la qualifica di ‘locatore’ ai fini del pieno esercizio RAGIONE_SOCIALE azioni derivanti dal contratto di locazione; la sentenza si porrebbe in contrasto con le disposizioni indicate in epigrafe e sarebbe
censurabile anche sotto il profilo della violazione dell’art. 112 c.p.c. per aver omesso di pronunciare sul relativo motivo di appello;
con il quarto motivo -violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 416 c.p.c. in relazione all’art. 360 primo co. n. 4 c.p.c. la ricorrente impugna il capo di sentenza che ha ritenuto non autosufficiente e nuovo il motivo di appello con cui si faceva valere la mancata accettazione per iscritto, da parte della conduttrice, dell’autorizzazione al subentro del COGNOME quale locatore;
con il quinto motivo di ricorso -violazione e falsa applicazione degli artt. 1325, 1406, 1350 c.c. n. 13, in correlazione all’art. 1 co. 4 l. n. 431/1998 ex art. 360, primo co. n. 3 c.p.c. -lamenta che la impugnata sentenza ha ritenuto valida la successione nel contratto di locazione senza richiedere che la stessa rivestisse la forma scritta;
con il sesto motivo -subordinatamente incoerenza della motivazione in relazione all’art. 360, primo co. n. 4 c.p.c. lamenta motivazione apparente sugli elementi di cui ai precedenti motivi;
con il settimo motivo -violazione dell’art. 132 co. 1 n. 4 c.p.c. per motivazione perplessa o incomprensibile ex art. 360, primo co. n. 4 c.p.c. -lamenta motivazione apparente sulla eccezione di inadempimento sollevata dalla conduttrice con riguardo ai vizi presenti nella cosa locata;
con l’ottavo violazione e falsa applicazione degli artt. 1460, 1578 c.c. ex art. 360, primo co. n. 3 c.p.c.- lamenta che non sia stata tenuta in considerazione la possibilità per il conduttore di sollevare l’eccezione ex art. 1460 c.c. ;
con il nono -omessa motivazione in relazione alle disattese conclusioni della CTU in violazione e falsa applicazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. ed omesso esame di fatti decisivi -lamenta che il giudice non si sia attenuto alle risultanze della CTU; la sentenza impugnata, pur
rilevando che sui danni per inadempimento del locatore fosse stato incardinato un distinto giudizio, non ha escluso ma anzi esplicitamente ammesso che l’eccezione di inadempimento fosse finalizzata, nel presente giudizio, solo a paralizzare la domanda attorea opponendo il controcredito costituito dal minor valore del canone, dovendosi valutare la fondatezza dell’eccezione con riguardo all’intero equilibrio del contratto;
con il decimo motivo -violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116, 416, 420 c.p.c. ex art. 360, primo co. n. 4 c.p.c. -la ricorrente censura la non contestazione che si sarebbe formata sui vizi presenti nell’immobile non avendo la Corte del merito motivato sulle doglianze contenute nel relativo motivo di gravame;
con l’undicesimo motivo violazione degli artt. 112, 132 n. 4, 277 c.p.c. ex art. 360, primo co. n. 4 c.p.c. per omessa parziale pronuncia in relazione all’eccezione di compensazione del deposito cauzionale -lamenta che la corte del gravame abbia omesso di pronunciare sulla eccepita compensazione RAGIONE_SOCIALE somme dovute a titolo di restituzione del deposito cauzionale;
il primo motivo è fondato ed il suo accoglimento assorbe gli altri motivi;
la motivazione resa dalla sentenza sul primo motivo di appello con cui si lamentava la violazione della disciplina in materia di gestione d’affari applicabile alle ipotesi in cui l’usufruttuario sia soggetto diverso dal locatore è del seguente tenore :’A tal proposito, va considerato che il contratto di locazione è stato in origine stipulato da COGNOME NOME e che successivamente, il 28/12/2012, COGNOME NOME, qualificatosi unico proprietario, con l’assenso scritto della signora COGNOME, ha com unicato all’RAGIONE_SOCIALE una rettifica della parte locatrice, sostituendo sé a quest’ultima, dandone comunicazione
a mezzo raccomandata anche alla conduttrice. Nel giudizio in esame, la disdetta è stata intimata dal signor COGNOME ovvero dal locatore e, d’altra parte, l’azione è stata promossa da entrambi i soggetti, ovvero l’originaria locatrice e il locatore sube ntrato, onde non può dubitarsi della legittimazione dei medesimi a far valere i diritti nascenti dal contratto di cui essi furono parte’ ;
la motivazione è del tutto apparente e ciò tanto se si assume come relativa al modo in cui indica il tenore del primo motivo di appello, quanto se la si considera come motivazione che doveva spiegare la legittimazione del COGNOME a porre in essere il diniego di rinnovo, cosa che supponeva la qualità di locatore e, dunque, un subentro nel contratto stipulato dalla COGNOME. Sotto il primo profilo, ciò che motiva la sentenza non appare in alcun modo correlato con ciò che si è detto oggetto del primo motivo, giacché non vi si coglie alcunché che spieghi l’infondatezza del motivo, peraltro enunciato in modo tutt’altro che chiaro. Sotto il secondo aspetto non è dato comprendere come e perché la comunicazione all’RAGIONE_SOCIALE abbia potuto determinare il subentro nella posizione di locatore del COGNOME. Fermo che per stipulare una locazione non è necessario essere proprietari del bene locato, è palese che, fuori dal caso in cui il locatore proprietario alieni il bene, il subentro di un diverso soggetto nella posizione di locatore può avvenire per effetto di una cessione del contratto, che, però, dev’essere accettata dall’altra parte, in questo caso la conduttrice. Ulteriore incongruenza evidenziante una motivazione talmente illogica da ridondare in motivazione inesistente si coglie nell’affermazione che sarebbero stati legittimati entrambi i soggetti; nella motivazione non si coglie alcun ragionamento giuridico volto a spiegare perché il COGNOME aveva legittimamente esercitato il diniego di rinnovo in quanto subentrato come parte locatrice ed
altrettanto dicasi a proposito della pretesa colegittimazione all’azione introduttiva del giudizio;
l’accoglimento del primo motivo di ricorso determina l’assorbimento degli altri, la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione anche per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese; a tal ultimo proposito si osserva che nel controricorso si dà atto che il COGNOME sarebbe deceduto, ma la notifica del ricorso è stata fatta al suo difensore d ‘ appello sicché gli eredi avrebbero dovuto eventualmente resistere in giudizio assumendo la legittimazione nella qualità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia ad altra Sezione della Corte d’Appello di Venezia , comunque in diversa composizione, anche per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di AVV_NOTAIOiglio della Terza