Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16151 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16151 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5132 R.G. anno 2023 proposto da:
NOME , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO DOM DIGITALE, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende;
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE)
contro
ricorrente
avverso la SENTENZA n. 5352/2022 emessa da CORTE D’APPELLO NAPOLI.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 aprile 2024 dal
consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
─ NOME AVV_NOTAIO COGNOME ha proposto appello avverso la sentenza del Tribunale di Benevento con la quale era stata rigettata la querela incidentale di falso da lui proposta in un giudizio di opposizione a precetto. Con tale precetto era stato intimato allo stesso COGNOME il pagamento della somma di € 33.580,17, in forza dell’assegno bancario n. 0019075819 tratto su di un conto corrente intrattenuto presso la Banca della Campania: assegno che l’ appellante aveva dedotto essere stato falsificato quanto alla data.
E’ stato escluso che NOME, dichiarato fallito, avesse titolo a coltivare in sede di gravame l’azione proposta . Secondo la Corte di appello di Napoli, «avendo nella specie la Curatela fallimentare effettuato una precisa valutazione, ritenendo non conveniente la prosecuzione del giudizio interrottosi a seguito del fallimento di COGNOME NOME, non sussisteva la legittimazione straordinaria suppletiva dello stesso in ordine alla riassunzione, dovendo quindi ritenersi inammissibile l’iniziativa giudiziaria assunta»
. 2 . ─ La sentenza della Corte di Napoli è stata impugnata per cassazione; i motivi di ricorso sono quattro. Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE.
E’ stata formulata , da parte del Presidente della sezione, una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380bis c.p.c.. A fronte di essa il ricorrente ha domandato la decisione della causa. Vi è memoria della stessa parte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La proposta ha il tenore che segue:
«l primo motivo è inammissibile, ai sensi dell’art. 360 -bis , n. 1, c.p.c., perché esso, nel denunziare la violazione e falsa applicazione dell’art. 43 l. fall. in quanto il curatore avrebbe espresso mero disinteresse, non la non convenienza per lui nel proseguire il giudizio,
da un lato vorrebbe contrastare un accertamento di fatto sul punto compiuto dalla Corte territoriale, dall’altra non tiene conto che questa ha pienamente applicato il principio di diritto, sancito dalla S.C., secondo cui la dichiarazione di fallimento, pur non sottraendo al fallito la titolarità dei rapporti patrimoniali compresi nel fallimento, comporta, a norma dell’art. 43 l. fall., la perdita della sua capacità di stare in giudizio nelle relative controversie, spettando la legittimazione processuale esclusivamente al curatore: se, però, l’amministrazione fallimentare rimane inerte, il fallito conserva, in via eccezionale, la legittimazione ad agire per la tutela dei suoi diritti patrimoniali, sempre che l’inerzia del curatore sia stata determinata da un totale disinteresse degli organi fallimentari e non anche quando essa consegua ad una negativa valutazione di questi ultimi circa la convenienza della controversia (Cass. 10 ottobre 2022, n. 29462; Cass. 2 febbraio 2018, n. 2626; Cass. 6 luglio 2016, n. 13814; cfr. pure: Cass. 25 ottobre 2013, n. 24159; Cass. 20 marzo 2012, n. 4448; Cass. 22 luglio 2005, n. 15369);
«il secondo motivo, che censura la violazione dell’art. 115 c.p.c., avendo nell’assunto il giudice territoriale compiuto una erronea percezione della corrispondenza intercorsa con il fallimento, è del pari inammissibile: invero, la violazione dell’art. 115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità solo in modo circoscritto all’eventualità che il giudice di merito abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti o disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, ovvero abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, o abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione ( e multis , Cass. nn. 27000/2016; 5009/2017; 4699/2018; 6231/2018; 26769/2018; 1229/2019; Cass. S.U. n. 20867/2020), mentre il ricorrente finisce per pretendere un esame del fatto, pur sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa
applicazione di legge, mirando ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., sez. un., 27 dicembre 2019, n. 34476);
«né giova al ricorrente prospettare il ‘ travisamento ‘ dei fatti o della prova -che, secondo recenti approdi isolati e non confermati (Cass. n. 12971/2022), potrebbe sottoporsi alla C.S., in contrario di quanto ritenuto da giurisprudenza costante (Cass. nn. 24395/2020; 6095, 8849, 9738, 18435, 18809, 27001, 28029, 29002, 34210, 40651 e 40726 del 2021, nonché Cass. nn. 11374, 12601, 14759, 15777, 24693, 28373, 34479, 35483, 35929, 36662 e 38104 del 2022, e da ult. Cass. nn. 3581 e 5807 del 2023) -in quanto in nessun caso nella specie si tratterebbe di c.d. travisamento, essendosi trattato di mera interpretazione delle intenzioni espresse dalla procedura;
«il terzo motivo, che censura ultrapetizione ex art. 112 c.p.c. per avere deciso l’inammissibilità dell’appello senza che la questione fosse rilevabile d’ufficio, è manifestamente inammissibile, ai sensi dell’art. 360bis, n. 1, c.p.c., non tenendo conto del principio consolidato, per il quale la legittimazione è valutabile e rilevabile dal giudice d’ufficio, attenendo alla verifica della regolare costituzione del rapporto processuale, che deve essere effettuata dal giudice anche d’ufficio: invero, il difetto di legittimazione, ancorché non oggetto di contestazione, è rilevabile di ufficio se risultanti dagli atti di causa, in cassazione solo nei limiti del giudizio di legittimità e del giudicato ( e multis , Cass., sez. un., n. 4 7514/2022; Cass. n. 41019/2021; n. 23721/2021; n. 5925/2019; n. 10009/2018); – il quarto motivo, che deduce la violazione dell’art. 221 c.p.c., è inammissibile, in quanto non correlato alla ratio decidendi e al decisum della impugnata decisione».
Il Collegio reputa condivisibili tali argomentazioni .
In particolare, la parte ricorrente non si mostra in grado di superare un dato cui la Corte di appello ha dato precisa evidenza: l’essersi la Curatela non già disinteressata del giudizio di falso, ma aver
riguardo ad esso «effettuato una precisa valutazione» ritenendone non conveniente la prosecuzione (sentenza impugnata, pag. 7). D’altro canto, come è stato precisato da questa S.C., l’assoluto disinteresse della Curatela come condizione negativa perché possa riconoscersi al fallito la legittimazione supplementare ed eccezionale, esige una rigorosa e specifica allegazione ed un accertamento preliminare, altrimenti generandosi una incontrollabile serie di giudizi a catena e una confusione di ruoli (o peggio l’uso strumentale di tale possibilità, per finalità estranee al corretto ed imparziale svolgimento della procedura), il cui onere di allegazione specifico, sostenuto con rigore probatorio, spetta a colui che affermi i fatti di disinteresse e chieda di surrogarsi alla curatela, poiché « la titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicché spetta all’attore allegarla e provarla » (Cass. 2 febbraio 2018 n. 2626, richiamando Cass. Sez. U, 16 febbraio 2016, n. 2951). Una prova siffatta non è stata fornita, constando, all’opposto, come rilevato, il positivo riscontro d ella spendita di un apprezzamento della Curatela circa l ‘opportunità di proseguire il giudizio. Il difetto di legittimazione del fallito è poi rilevabile, anche d’ufficio, dal giudice, poiché il curatore sta in causa sia per la massa dei creditori sia per il fallito e il suo comportamento processuale vincola l’una e l’altro (Cass. 4 dicembre 2018, n. 31313). Non è infine concludente la censura vertente sul cosiddetto travisamento della prova: come osservato nella proposta, nella fattispecie viene in questione l’accertamento di fatto quanto al significato da attribuirsi al l’intenzione dichiarata dal curatore di non proseguire il giudizio. Peraltro, il ricorrente ha denunciato, col secondo mezzo, la violazione dell’art. 115 c.p.c. : di contro, se il fatto probatorio ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare e, cioè, se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti, il vizio va fatto valere ai sensi dell’art. 360, n. 4, o n. 5,
c.p.c., a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale (Cass. Sez. U. 5 marzo 2024, n. 5792).
─ Il ricorso è in conclusione da dichiararsi inammissibile.
─ Le spese processuali seguono la soccombenza.
Poiché il giudizio è definito in conformità della proposta, va disposta condanna della parte istante a norma dell’art. 96, comma 3 e comma 4, c.p.c..
Vale rammentare quanto segue: in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380bis , comma 3, c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022) ─ che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. ─ codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente (Cass. Sez. U. 13 ottobre 2023, n. 28540).
In tal senso, la parte ricorrente va condannata, nei confronti di quella controricorrente, al pagamento della somma equitativamente determinata di € 6.000,00, oltre che al pagamento dell’ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge; condanna parte ricorrente al pagamento della somma di € 6.000,00 in favore della parte controricorrente, e di una ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della
Cassa delle ammende; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione