Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11447 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11447 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2385/2024 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NESPICA NOME
-intimato- avverso ORDINANZA di TRIBUNALE VITERBO n. 39/2020 depositata il 19/01/2024.
Lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME la quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Risulta dal provvedimento impugnato che NOME, avvocato creditore della procedura di liquidazione del patrimonio ex art. 14ter l. n. 3/2012, nonché COGNOME NOME, debitrice sovraindebitata, difesa dal menzionato avvocato COGNOME hanno proposto reclamo ex art. 14octies , comma 4 ed ex art. 10, comma 6, l. n. 3/2012 avverso il decreto di esecutività dello stato passivo della procedura di liquidazione del patrimonio di COGNOME NOME n. 1244/2018 Trib. Viterbo, nella parte in cui erano stati decurtati i compensi de ll’Avv. COGNOME chiedendo l’ammissione del credito in prededuzione e contestando la rideterminazione nel quantum . Gli opponenti hanno, inoltre, dedotto profili di inammissibilità attinenti all’ammissione allo stato passivo di altri creditori (BNL S.p.A., Intesa Sanpaolo S.p.A., CAF S.p.A.).
Il Tribunale di Viterbo, con il decreto qui impugnato, ha rigettato il reclamo. Ha ritenuto il giudice del reclamo -senza integrare il contraddittorio nei confronti dei creditori concorrenti, di cui era stata dedotta l’inammissibilità delle relative domande -ammissibili le domande tardive di ammissione al passivo da parte degli altri creditori, non essendovi nell’art. 14 -sexies l. n. 3/2012 un dies ad quem per proporre domande tardive di credito e che, in mancanza di una norma espressa, si sarebbero dovute applicare le disposizioni relative al fallimento. Il giudice del reclamo ha, poi, escluso ogni interesse ad agire della sovraindebitata.
Quanto, infine, al reclamo avverso l’esclusione della prededuzione e dell’intero ammontare del credito del reclamante Fontana, il giudice del reclamo ha ritenuto che la predeterminazione dei compensi del predetto non risultasse da documento avente data certa e, in ogni caso, non vi fosse prova della pattuizione di un compenso in epoca precedente l’apertura
della procedura di liquidazione, ritenendo i compensi correttamente determinati secondo i parametri professionali. È stato, infine, escluso il riconoscimento della prededuzione.
Propone ricorso per cassazione la sola debitrice sovraindebitata, affidato a sette motivi e ulteriormente illustrato da memoria. La parte intimata non si è costituita in giudizio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 158, 276 cod. proc. civ., unitamente all’art. 24 Cost. , per avere il Tribunale deciso la causa con un Collegio i cui componenti in precedenza avevano deciso altra causa, relativa al reclamo avverso il riparto finale proposto dalla medesima ricorrente. Osserva parte ricorrente che il collegio decidente sarebbe stato formato il giorno prima della decisione, per cui la ricorrente non avrebbe potuto esercitare il proprio diritto alla ricusazione.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 14sexies , 14terdecies l. n. 3/2012, nonché dell’art. 35 d.lgs. n. 206/2005, nella parte in cui il decreto impugnato ha ritenuto ammissibili le domande tardive presentate dai creditori tardivi, ritenendosi inapplicabile estensivamente la disciplina della legge fallimentare alla disciplina della liquidazione del patrimonio.
3. Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 14octies l. ult . cit. e dell’art. 112 cod. proc. civ., per essersi il giudice del reclamo pronunciato nel merito del progetto di stato passivo in ultrapetizione rispetto alle osservazioni del liquidatore.
Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli
artt. 81, 100, 112 cod. proc. civ., nonché degli artt. 14ter e 14ter decies l. n. 3/2012, nella parte in cui il decreto impugnato ha ritenuto insussistente l’interesse ad agire della ricorrente.
5. Con il quinto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione degli artt. 2697, 2704 cod. civ., dell’art. 112 cod. proc. civ., nonché dell’art. 24 Cost., nella parte in cui il decreto impugnato ha ritenuto insussistente la data certa quanto all’atto con cui è stato conferito l’incarico all’Avv. COGNOME ed è stato predeterminato il compenso.
6. Con il sesto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione degli artt. 2697, 2704 cod. civ., dell’art. 112 cod. proc. civ., nonché dell’art. 14 -duodecies l. n. 3/2012, nonché ancora dell’art. 24 Cost., nella parte in cui il decreto impugnato ha escluso la prededuzione in relazione al compenso dell’avvocato difensore che ha proposto il ricorso per l’ammissione alla procedura di liquidazione del patrimonio.
7. Con il settimo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2233 cod. civ., nonché dell’art. 13 l. n. 247/2012 e dell’art. 82, terzo comma, cod. proc. civ., nella parte in cui il compenso dell’Avv. COGNOME è stato rideterminato in base ai parametri professionali.
8. Va preliminarmente rilevato come il decreto del Tribunale di Viterbo non è stato impugnato dall’altro reclamante COGNOME. Inoltre, il Tribunale di Viterbo non ha integrato il contraddittorio nei confronti degli altri creditori tardivi (BNL S.p.A., Intesa Sanpaolo S.p.A., CAF S.p.A.) in relazione ai quali crediti l’Avv. COGNOME e la odierna ricorrente avevano proposto reclamo. Si premette che, secondo il principio di ragionevole durata del processo, può essere omessa l’integrazione del contraddittorio nei confronti della parte
che -pur essendo litisconsorte del giudizio in quanto parte del precedente giudizio di merito – non avrebbe in astratto nocumento dalla pronuncia di legittimità in caso di rigetto del ricorso (Cass., Sez. U., 26373/2008); principio esteso a tutte le ipotesi di inammissibilità del ricorso (Cass., Sez. U., n. 6826/2010; Cass., n. 15106/2013; Cass., n. 11287/2018; Cass., n. 16141/2019; Cass., n. 12515/2018), ove l’altro originario appellante (o gli eventuali terzi pretermessi) non ricevano nocumento per non avere proposto impugnazione avverso la sentenza di appello (Cass., n. 33915/2024).
9. Il primo motivo è inammissibile, con assorbimento dell’ulteriore tema che, nel caso concreto, non sussisterebbe una causa di ricusazione, trattandosi di pronuncia del Tribunale assunta in altro procedimento (impugnazione del riparto finale) in cui era parte in causa l’odierna ricorrente . L’istanza di ricusazione del giudice deve essere depositata non oltre il secondo giorno prima della udienza, in applicazione dell’art. 52, comma 2, cod. proc. civ. atteso che la fattispecie contemplata da tale norma – quella cioè in cui al ricusante è noto il nome dei giudici che sono chiamati a decidere la causa – resta realizzata dalla conoscibilità dei membri del collegio che il ricusante medesimo ha acquisito con la pregressa ricezione dell’avviso d’udienza, in correlazione alla sua facoltà di consultare il ruolo messo a disposizione in cancelleria; non essendovi mezzi diversi per far valere il difetto di capacità del giudice, la parte, che non abbia esercitato l’onere di ricusazione, non può -salva la prospettazione di un vizio procedurale (Cass., n. 25251/2024) – far valere, in sede di impugnazione, la violazione dell’obbligo di astensione del giudice come motivo di nullità della sentenza (Cass., n. 16831/2022).
10. I motivi dal secondo al settimo sono inammissibili per difetto di interesse dell’odierna ricorrente a impugnare le ammissioni dei crediti allo stato passivo della procedura di liquidazione del patrimonio. Come osservato dal Pubblico Ministero, questa Corte ha escluso -in tema di procedimento fallimentare – la legittimazione del fallito a impugnare i provvedimenti adottati dal giudice delegato in sede di formazione dello stato passivo, non solo perché privi di definitività e con efficacia meramente endoconcorsuale, ma anche per quanto disposto dall’art. 43 l. fall., che sancisce, per i rapporti patrimoniali del fallito compresi nel fallimento, la legittimazione esclusiva del curatore; impostazione, questa, corroborata dall’espressa previsione di cui all’art. 98 l. fall., a tenore del quale il decreto con cui il giudice rende esecutivo lo stato passivo non è suscettibile di denunzia con rimedi diversi dalle impugnazioni tipiche ivi disciplinate, esperibili soltanto dai soggetti legittimati, tra i quali non figura il fallito (Cass., n. 29156/2024; Cass., n. 7407/2013).
11. Tali principi, diversamente da quanto ritenuto dal Pubblico Ministero, operano anche in tema di procedura di liquidazione, ancorché in mancanza di norma denegativa espressa, dovendosi ritenere che il liquidatore si sostituisce al debitore nei rapporti patrimoniali del debitore e che in sede di formazione dello stato passivo non vi è alcuna legittimazione del debitore a impugnare. Depone in tal senso, in primo luogo, l’equiparazione del decreto di apertura della liquidazione al fallimento (art. 14quinquies , comma 3, l. n. 3/2012), da cui discende l’improcedibilità delle azioni cautelari ed esecutive e l’inopponibilità dell’acquisto di diritti di prelazione per crediti anteriori (art. 14quinquies , comma 2, lett. b) l. ult. cit.). Evidente, in questo caso, l’effetto sostitutivo del liquidatore -come per il curatore -ai creditori nel far valere
l’inopponibilità sia degli atti di alienazione (art. 2913 cod. civ.), sia dei titoli di prelazione che richiedano formalità trascrizionali ai fini dell’opponibilità ai creditori (art. 2916, nn. 1 e 2, cod. civ.), di cui il liquidatore si giova al pari del curatore fallimentare (Cass., n. 12061/2019). Parimenti, il liquidatore fruisce -a tutela degli interessi dei creditori -degli stessi effetti di cui gode il creditore pignorante sui singoli beni, quali gli atti che limitano la disponibilità dei beni non aventi data certa (art. 2915, primo comma, cod. civ.).
12. Tali disposizioni sostanziali, implicitamente richiamate dall’art. 14 -quinquies , comma 3, l. n. 3/2012, connotano il ruolo del liquidatore nella gestione (prima che nella liquidazione) del patrimonio di liquidazione, di cui il liquidatore ha l’amministrazione (art. 14novies , comma 2, l. cit.), equiparando -nella sostanza – la gestione dei beni compresi nel patrimonio di liquidazione alla gestione dei beni compresi nel fallimento (art. 31 l. fall.).
13. Ulteriormente rilevante appare, in termini evolutivi rispetto al caso di specie (a termini dell’art. 18, comma 2, d. l. n. 179/2020) , la disposizione di cui all’art. 14 -decies , comma 2, l. n. 3/2012, secondo cui « il liquidatore, autorizzato dal giudice, esercita o, se pendenti, prosegue le azioni dirette a far dichiarare inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori, secondo le norme del codice civile». Il liquidatore -non diversamente dal curatore del fallimento (art. 66 l. fall.) -subentra nell’azione revocatoria ordinaria o può anche intraprenderla e così « esercita» prerogative proprie dei creditori del sovraindebitato.
14. Se questo è il ruolo che il liquidatore assume nella gestione (e nella liquidazione) dell’attivo, ovvero nell’esercizio di azioni proprie dei creditori volte a soddisfarsi su beni di terzi in forme analoghe a quanto prevede l’art. 602 cod. proc. civ., il medesimo ruolo il liquidatore deve rivestirlo anche in sede di formazione dello
stato passivo. Lo stato passivo della procedura di liquidazione del patrimonio è finalizzato a collocare nel successivo piano di riparto i diritti dei creditori sul ricavato della liquidazione, non diversamente da quanto avviene nel fallimento. Nel fallimento, il curatore quando accerta un credito ai fini dell’opponibilità alla massa – opera quale terzo rappresentante della massa e, in questa veste, accerta l’opponibilità delle scritture private che documentano le pretese dei creditori ex art. 2704, primo comma, cod. civ. (Cass., n. 28214/2024), non diversamente da quanto accadrebbe ai fini dell’opponibilità dei crediti ad opera dei creditori intervenuti in sede esecutiva. Censure, quelle relative all’opponibilità dei crediti, non a caso oggetto anche del presente giudizio con il quinto motivo di ricorso. Si tratta di doglianze che non possono essere riferibili all’operato del debitore (che ha dato causa all’atto che si vuol rendere non efficace a vantaggio della massa ), ma all’operato di un creditore, ovvero di un soggetto che ne eserciti i diritti all’interno della procedura concorsuale e che vengono promosse dal liquidatore in rappresentanza, appunto, della massa dei creditori.
15. Assumendo, pertanto, il liquidatore il ruolo di rappresentante della massa all’interno dello stato passivo, egli non può ritenersi successore o avente causa del fallito. Benché lo statuto del liquidatore non faccia menzione di una disposizione analoga all’art. 43 l. fall., che prevede la sostituzione processuale del curatore al fallito né vi è disposizione analoga all’art. 98 l. fall., che individua i legittimati all’impugnazione del decreto di esecutività dello stato passivo (atteso il rinvio recettizio contenuto nell’art. 14 -octies l. n. 3/2012 all’art. 10, comma 6, l. cit.) – tra i legittimati a impugnare i provvedimenti di esecutività dello stato passivo non può, pertanto, essere ricompreso il debitore, il quale non può sostituirsi, né può esercitare prerogative proprie dei
creditori, non diversamente da quanto avviene per il fallimento (Cass., n. 29156/2024, cit.; Cass., n. 1197/2023).
Soluzione, questa, conforme al principio affermato da ultimo da questa Corte, secondo cui « la legittimazione a resistere al reclamo di cui al procedimento ex artt. 14-octies, 10, comma 6, l.3/2012 e 737 c.p.c., di indubbia natura contenziosa, spetti al liquidatore quale portatore degli interessi della massa dei creditori » (Cass., n. 10243/2025); ciò sul presupposto che « la procedura di liquidazione ricalca, nelle sue linee essenziali, quella fallimentare: entrambe le procedure hanno, infatti, natura concorsuale in quanto investono l’intero patrimonio pignorabile del debitore insolvente o sovraindebitato determinandone lo spossessamento con amministrazione affidata al soggetto (curatore o liquidatore) al quale è demandata la liquidazione del patrimonio finalizzata al soddisfacimento dei creditori concorsuali o coloro che ‘partecipano alla liquidazione’ » (Cass. ult. cit.).
Va, pertanto, enunciato il seguente principio di diritto:
«in tema di procedura di liquidazione del patrimonio, non sussiste la legittimazione del debitore sovraindebitato a impugnare il decreto di formazione dello stato passivo a termini degli artt. 14octies , comma 4 e 10, comma 6, l. n. 3/2012, attesa la posizione del liquidatore quale rappresentante della massa dei creditori, il quale esercita prerogative proprie dei creditori e non in qualità di avente causa del debitore ».
Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile. Non vi è conseguentemente luogo e per quanto premesso a pronuncia relativa all’integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti pretermessi, né a pronuncia sulle spese, in assenza di difese scritte dell’intimato. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; a i sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 08/04/2025.