Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5337 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5337 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20155/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME ( -) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME
-controricorrenti-
nonchè
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 3492/2018 depositata il 24/05/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Premesso che:
1. con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Roma ha rigettato l’appello dell’odierno ricorrente COGNOME NOME (e di altri, oggi intimati) contro le decisioni (sentenza non definitiva n. 618/2008 e sentenza definitiva n. 992/2010) con cui il Tribunale di Latina -in annosa causa originariamente proposta da COGNOME NOME e COGNOME NOME, danti causa degli odierni controricorrenti COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME e NOME nonché di altri intimati indicati in epigrafe, per far arretrare l’edificio realizzato dai danti causa del ricorrente a distanza di legge dal confine dalla proprietà attorea e per far condannare i convenuti al risarcimento dei danni -dopo avere pronunciato in tema di legittimazione attiva, aveva poi rigettato le domande, aveva compensato le spese processuali e posto le spese di CTU a carico dei convenuti.
In particolare la Corte di Appello ha confermato la decisione di primo grado affermando che:
-l’eccezione di difetto di legittimazione degli attori originari era fondata quanto a COGNOME NOME e infondata quanto a COGNOME NOME. Questa ultima doveva ritenersi proprietaria del terreno rispetto al confine del quale era stata lamentata la violazione della normativa sulle distanze, essendo COGNOME NOME erede di COGNOME NOME il quale era a sua volta erede di COGNOME NOME e COGNOME NOME, risultando, dalla sentenza di questa Corte n.8693 del 1998, che l’atto di divisione in forza del quale detto terreno era stato assegnato in proprietà ad un soggetto diverso da COGNOME NOME era stato annullato e non risultando che fosse mai intervenuto altro atto di divisione;
-il motivo di appello volto alla riforma della sentenza di primo grado in punto di compensazione delle spese era infondato. Doveva infatti ritenersi ‘pienamente condivisibile’ la decisione del Tribunale di compensare le spese di lite ‘tenuto conto della già rilevata infondatezza dell’eccezione di carenza di legittimazione attiva di COGNOME NOME su cui i convenuti avevano continuato ad insistere’ e tenuto conto della obiettiva controvertibilità della questione -sottesa alla individuazione della normativa in tema di distanze da applicare ratione temporis -della data di inizio dei lavori di costruzione dell’immobile oggetto della richiesta di arretramento;
-il motivo di appello con cui era stata lamentata la omessa pronuncia del Tribunale sulla richiesta di condanna degli attori per responsabilità processuale aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c. doveva ritenersi infondato per effetto della confermata correttezza della decisione del Tribunale di compensazione delle spese;
la sentenza in epigrafe è oggetto di ricorso da parte di NOME COGNOME (in proprio e quale erede di NOME COGNOME) con sei
motivi avversati dai controricorrenti (aventi causa degli originari attori);
considerato che:
1.con il primo motivo viene lamentato, in riferimento all’art. 360, primo comma. n. 5, c.p.c., che la Corte di Appello non avrebbe tenuto conto della sentenza del Tribunale di Latina n. 376 del 1975, precedente rispetto a quelle valorizzate dalla Corte di Appello, in forza della quale in sede di divisione tra gli eredi di COGNOME NOME il terreno era stato assegnato a soggetti diversi da COGNOME NOME; si deduce anche che la sentenza deve essere cassata perchè la parte attrice ha introdotto il giudizio con dolo, sapendo di non essere proprietaria del bene asseritamente pregiudicato dalla violazione delle distanze;
con il secondo motivo viene lamentato, in riferimento all’art. 360, primo comma. n. 3, c.p.c., la falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. per avere la Corte di Appello ritenuto che il terreno in questione fosse di proprietà dei danti causa degli odierni controricorrenti e degli odierni intimati in virtù di una serie di titoli derivativi successori in forza dei quali, secondo la Corte di Appello, non poteva che ‘confermarsi la legittimazione attiva dell’originaria attrice COGNOME NOME quale … erede di NOMECOGNOME;
con il terzo motivo viene lamentata, in riferimento all’art. 360, primo comma. n. 3, c.p.c., la falsa applicazione dell’art. 96 c.p.c. per avere la Corte di Appello negato la condanna degli attori al pagamento di una somma di denaro per responsabilità processuale aggravata malgrado che le domande degli attori originari fossero state in toto respinte;
con il quarto motivo di ricorso viene lamentata, in riferimento all’art. 360, primo comma. n. 3, c.p.c., la falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. per avere la Corte di Appello confermato la decisione del
Tribunale di compensazione delle spese malgrado che gli attori non avessero mai neppure offerto di dimostrare di essere effettivamente proprietari del terreno di cui avevano vantato la proprietà;
con il quinto motivo di ricorso viene lamentata, in riferimento all’art. 360, primo comma. n. 3, c.p.c., la falsa applicazione degli art. 92 c.p.c. per avere la Corte di Appello ritenuto di confermare la decisione di primo grado in punto di compensazione delle spese malgrado che la stessa non fosse sorretta da alcun discorso motivazionale e fosse di fatto ingiustificata data la assenza di prova della legittimazione attiva degli attori originari;
con il sesto motivo di ricorso viene lamentata, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la falsa applicazione degli art. 347 c.p.c. per avere la Corte di Appello omesso di motivare sulle ragioni per cui non poteva essere accolta la domanda avanzata con l’atto di impugnazione della sentenza di primo grado di ‘ricostruzione del fascicolo d’ufficio del tribunale di Latina n.1755/77’ relativo ad una causa proposta da COGNOME NOME per usucapione di alcuni beni tra cui non era incluso il terreno relativamente al quale egli aveva poi dato avvio al presente giudizio. La Corte di Appello ha in merito affermato che ‘la richiesta di ricostruzione avanzata dagli appellanti va disattesa non avendo gli stessi allegato quali elementi utili alla definizione del giudizio qui pendente avrebbero potuto essere tratti dallo stesso’.
il primo motivo è inammissibile.
7.1. Viene dedotto, in particolare, che la sentenza impugnata sia in contrasto con la sentenza del Tribunale di Latina n.376 del 1975, passata in giudicato e che la parte attrice avrebbe introdotto il giudizio con dolo pur sapendo di non essere proprietaria del bene asseritamente pregiudicato dalla violazione delle distanze. La
denuncia non è sussumibile sotto alcuno dei motivi di ricorso per cassazione di cui al tassativo elenco dell’art. 360 c.p.c. La contrarietà di un a sentenza ‘ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata’ è denunciabile, se la sentenza ‘non abbia pronunciato sulla relativa eccezione’ mediante ricorso per revocazione (art. 395, comma primo, n.5, c.p.c.); e stesso rimedio è previsto allorché si deduca che la sentenza è effetto di dolo di una delle parti in danno dell’altra (art. 395 comma 1 n. 1 cpc).
il secondo motivo è infondato.
8.1. La Corte di Appello, esclusa l’appartenenza a COGNOME NOME del terreno rispetto al confine del quale è stata lamentata la violazione della normativa sulle distanze, ha riconosciuto invece l’appartenenza del suddetto terreno a COGNOME NOME. Dacché la legittimazione sostanziale di quest’ultima e dei suoi aventi causa a lei subentrati nel corso del giudizio di primo grado. Tale riconoscimento è avvenuto in relazione a titoli derivativi successori: la Corte di Appello si è riferita alla successione della NOME a COGNOME NOME e di questi a COGNOME NOME e COGNOME NOME. Secondo i ricorrenti in questo modo la Corte di Appello avrebbe violato l’art. 2697 c.c. Al contrario la Corte di Appello ha applicato il principio per cui ‘l’azione diretta al rispetto delle distanze legali è modellata sullo schema dell”actio negatoria servitutis’, essendo rivolta non già all’accertamento del diritto di proprietà dell’attore, bensì a respingere l’imposizione di limitazioni a carico della proprietà, suscettibili di dar luogo a servitù; essa, pertanto, non esige la rigorosa dimostrazione della proprietà dell’immobile a cui favore l’azione viene esperita, essendo sufficiente che l’attore dimostri con qualsiasi mezzo, incluse le presunzioni, di possedere il fondo in base ad un valido titolo di acquisto’ (Cass. Sez. 2 -, Sentenza n.25342 del 12/12/2016);
il quarto e il quinto motivo di ricorso, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi e preliminarmente rispetto al terzo motivo, sono infondati.
10. La Corte ha affermato che nel motivare le ragioni della disposta compensazione, il giudice è tenuto ad evitare che “siano addotte ragioni illogiche o erronee, dovendosi ritenere altrimenti sussistente il vizio di violazione di legge” (Cass. Sez. Lav., ord. 9 aprile 2019, n. 9777, Rv. 653625-01). La Corte, in riferimento al teso dell’art. 92 cod. proc. civ. modificato dapprima dall’art. 2, comma 4, della legge 28 dicembre 2005, n. 263 e poi dell’art. 58, comma 1, della legge 18 giugno 2009, n. 69, ha affermato che ‘In tema di spese giudiziali, il sindacato di legittimità sulla pronuncia di compensazione è diretto ad evitare che siano addotte ragioni illogiche o erronee a fondamento della decisione di compensarne i costi tra le parti e consiste, come affermato dalla Corte costituzionale (sent. n.157 del 2014), in una verifica “in negativo” in ragione della “elasticità” costituzionalmente necessaria che caratterizza il potere giudiziale di compensazione delle spese di lite, “non essendo indefettibilmente coessenziale alla tutela giurisdizionale la ripetizione di dette spese” in favore della parte vittoriosa (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n.21400 del 26/07/2021). In riferimento poi al testo -applicabile anche nel caso di specieanteriore alle modifiche introdotte dall’art. 2, comma 1, della legge n. 263 del 2005, la Corte ha precisato che la decisione sulla compensazione delle spese è rimessa al giudice di merito ed è di norma incensurabile in sede di legittimità, a meno che la motivazione che lo sorregge non sia illogica, tautologica, inesistente o meramente apparente (Cass. n. 17816 del 03/07/2019 ).
10.1. La Corte di Appello ha dato conto di ragioni del tutto logiche di compensazione delle spese del primo grado di giudizio osservando che doveva infatti ritenersi ‘pienamente condivisibile’
la decisione del Tribunale di compensare le spese di lite ‘tenuto conto della già rilevata infondatezza dell’eccezione di carenza di legittimazione attiva di COGNOME NOME su cui i convenuti avevano continuato ad insistere’ e tenuto conto altresì della obiettiva controvertibilità della questione -sottesa alla individuazione della normativa in tema di distanze da applicare ratione temporis -della data di inizio dei lavori di costruzione dell’immobile oggetto della richiesta di arretramento;
il terzo motivo di ricorso è, in ragione di quanto appena rilevato con riguardo al quarto e al quinto motivo, inammissibile.
12.1. Il ricorrente deduce falsa applicazione dell’art. 96 c.p.c. per avere la Corte di Appello negato la condanna degli attori al pagamento di una somma di denaro per responsabilità processuale aggravata malgrado che le domande degli attori originari fossero state in toto respinte. Non tiene conto della corretta affermazione della Corte di Appello per cui ricorrendo i presupposti della compensazione delle spese e non essendovi dunque condanna del soccombente ai sensi dell’art. 91 c.p.c. non ricorrono i presupposti applicativi dell’art. 96, comma 3, c.p.c.;
il sesto motivo è inammissibile per difetto di interesse (art. 100 c.p.c.) come peraltro già la Corte di Appello aveva segnalato essere privo di interesse il corrispondente motivo di appello.
13.1. La Corte territoriale, ribadendo quanto già affermato dal Tribunale di Latina, ha escluso l’appartenenza a COGNOME NOME del terreno rispetto al confine del quale è stata lamentata la violazione della normativa sulle distanze. A fronte della richiesta di ricostruzione dell’indicato fascicolo relativo ad una causa che secondo i ricorrenti sarebbe stata proposta da COGNOME NOME per usucapione di alcuni beni tra cui non era incluso il terreno relativamente al quale egli aveva poi dato avvio al presente giudizio, la Corte di Appello ha affermato che ‘la richiesta di
ricostruzione avanzata dagli appellanti va disattesa non avendo gli stessi allegato quali elementi utili alla definizione del giudizio qui pendente avrebbero potuto essere tratti dallo stesso’;
in conclusione il ricorso deve essere rigettato;
le spese seguono la soccombenza. Per quanto concerne i controricorrenti NOME, NOME e NOME, le spese sono distratte in favore del difensore, dichiaratasi antistatario;
PQM
la Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente a rifondere COGNOME NOME, NOME e NOME, le spese del giudizio di legittimità liquidate in € 2.800,00, per compensi professionali, €. 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti, con distrazione in favore del difensore antistatario;
condanna il ricorrente a rifondere COGNOME NOME le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 2.800,00, per compensi professionali, €. 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma 14 dicembre 2023.
Il Presidente NOME COGNOME