Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 14712 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 14712 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18629/2023 R.G. proposto da :
NOME COGNOME e NOME COGNOME, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME e COGNOME ed elettivamente domiciliati presso il domicilio digitale indicato dai difensori.
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CATANIA n. 802/2023 depositata il 05/05/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31/01/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Rilevato che
NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME tutti fideiussori, proposero distinte opposizioni avverso un decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Catania su ricorso di Unicredit SpA con cui era ingiunto ai medesimi di pagare, nei limiti delle fideiussioni da ciascuno prestate, la somma di € 829.315 ,00. Il Tribunale ritenne che Unicredit SpA avesse la legittimazione attiva a chiedere il decreto ingiuntivo poiché, alla data del deposito del ricorso, (14/7/2017) non era stata ancora pubblicata nella Gazzetta Ufficiale la cessione del credito in favore di RAGIONE_SOCIALE
Il Tribunale di Catania rigettò le opposizioni.
A seguito di atti di appello dei due gruppi di fideiussori, i COGNOME da un lato e COGNOME dall’altro, notificati sia ad Unicredit sia a Fino 2 RAGIONE_SOCIALE, poi riuniti, e a seguito della costituzione in giudizio della seconda con atto di intervento volontario, la Corte d’Appello di Catania, con sentenza n. 802 del 5/5/2023, ha accolto il motivo con cui i fideiussori lamentavano che fosse stata ritenuta la legittimazione attiva di Unicredit SpA a richiedere il decreto ingiuntivo, nonostante, alla data del deposito del ricorso monitorio, il credito fosse stato già ceduto alla RAGIONE_SOCIALE Ha rilevato che, alla data del 14/7/2017, data di deposito del ricorso, la cessione del credito era stata già perfezionata in favore di Fino, con la conseguente mancanza di legittimazione di Unicredit ad agire. Conseguentemente, dalla accertata carenza di legittimazione ad agire di Unicredit, secondo il giudice d’appello , conseguiva la revoca del
decreto ingiuntivo, essendosi il rapporto processuale, instaurato, a seguito di intervento in giudizio della società cessionaria, nei confronti della medesima, non rilevando che il soggetto che aveva avviato il procedimento fosse carente di legittimazione attiva, dovendo prevalere, come riconosciuto anche dalla giurisprudenza di questa Corte, la posizione giuridica soggettiva di chi é sostanzialmente legittimato, indipendentemente dalla sorte del non legittimato.
In secondo luogo, per quanto ancora rileva, la corte del gravame ha rigettato l’eccezione di nullità formulata con riferimento all’art. 1956 c.c. sul presupposto che i fideiussori si erano obbligati, con specifica clausola contrattuale, a tenersi al corrente delle condizioni patrimoniali del debitore sicché non potevano lamentare che la banca avesse concesso credito anche in presenza di un peggioramento delle condizioni patrimoniali della garantita.
Conclusivamente, all’esito dell’appello , la corte adita ha dichiarato il difetto di legittimazione attiva di Unicredit SpA con revoca, nei confronti dei fideiussori, dell’emesso decreto ingiuntivo, ed ha condannato i fideiussori al pagamento della somma intimata nei confronti di RAGIONE_SOCIALE
Avverso la sentenza NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione sulla base di due motivi di ricorso, cui resiste RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
Le parti hanno depositato rispettiva memoria.
Considerato che
Con il primo motivo -art. 360 n. 3 c.p.c. violazione o falsa applicazione dell’art. 183 IV comma 346 e 112 c.p.c. – i ricorrenti lamentano che, pur avendo la corte territoriale correttamente revocato il decreto ingiuntivo sul presupposto del difetto di legittimazione attiva di Unicredit, avrebbe erroneamente accolto le domande di Fino,
nonostante le stesse fossero state esposte per la prima volta con la memoria 183 c.p.c. in contrasto con le conclusioni dell’atto di intervento. In particolare, i ricorrenti deducono che, mentre con l’atto di intervento la Fino aveva chiesto la conferma del decreto ingiuntivo opposto e la condanna dei fideiussori a versare le somme in favore di Unicredit, con la seconda memoria ex art. 183 c.p.c. aveva, invece, chiesto di accertare che essa RAGIONE_SOCIALE era titolare del credito vantato nei confronti dei fideiussori e di condannare i medesimi al pagamento in favore di essa Fino 2 della somma relativa al credito. Il motivo è inammissibile in quanto difetta di autosufficienza, non risultando sai ricorrenti debitamente riportate né ‘ localizza te’ nel fascicolo di cassazione le conclusioni formulate da RAGIONE_SOCIALE con l’atto di intervento e quelle contenute nella memoria 183 c.p.c. , essendosi i medesimi limitati ad apoditticamente affermare che le dette conclusioni sarebbero state diverse.
Questa Corte non è posta in condizioni di poter apprezzare la censura sulla base del ricorso per cassazione e ciò appare tanto più grave alla luce dell’espressa e puntuale contestazione formulata dalla Fino 2 nei propri atti difensivi.
Va altresì osservato che nell’impugnata sentenza la corte di merito , nel ritenere validamente instaurato il rapporto processuale a ll’esit o dell’ intervento volontario della cessionaria del credito nel giudizio azionato dal cedente, si è conformata al risalente indirizzo di questa Corte secondo cui la facoltà concessa ad ogni interessato di intervenire nel processo sussiste indipendentemente dalla effettiva esistenza o meno, nel soggetto che ha inizialmente proposto la domanda giudiziale, delle condizioni necessarie all’esperimento di detta domanda, sicché il soggetto legittimato ad intervenire può sostituirsi al non legittimato, anche nel corso del processo, nell’esercizio dell’azione
giudiziale, attenendo la legittimazione ad agire dell’attore alle condizioni, non ai presupposti dell’Azione, ai quali ultimi soltanto è applicabile il principio secondo cui essi debbono esistere al momento della domanda (v. Cass., 3, n. 882 del 20/3/1969, Cass., 3, n. 11828 del 13/12/1990).
Ne consegue l ‘ irrilevanza della denunciata pretesa violazione dell’art. 183 c.p.c., in quanto la sussistenza del diritto dell’interveniente a far valere in giudizio la propria pretesa è sorta in conseguenza dell’atto di cessione e nel momento in cui la parte ha esercitato il proprio diritto ad intervenire nel processo.
Parimenti infondata è la pretesa violazione degli artt. 112 e 346 c.p.c., stante la piena coincidenza tra il chiesto e il pronunciato, avendo la Corte d’Appello confermato esattamente l’importo del credito vantato come richiesto dalla creditrice.
Con il secondo motivo di ricorso -violazione e/o falsa applicazione dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. in relazione all’art. 1956 c.c. – i ricorrenti lamentano che il giudice del gravame non ha pronunciato la eccepita liberazione dei fideiussori dall’obbligo di garanzia in conseguenza dell’applicazione dell’art. 1956 c.c. di cui ricorrevano tutti i presupposti, specie in ordine al dato incontestato che il creditore, senza speciale autorizzazione del fideiussore, avesse fatto credito al terzo pur conoscendo che le condizioni patrimoniali di questo fossero divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito.
La censura è inammissibile perché attinge al merito della valutazione operata dal giudice d’appello sui presupposti per la liberazione dei fideiussori ai sensi dell’art. 1956 c.c. e non attinge in alcun modo profili di legittimità.
All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione, l liquidate come in dispositivo in favore della parte controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al solidale pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 12.000,00, di cui euro 12.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della parte controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile