Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19962 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 19962 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 27561-2021 proposto da:
COGNOME e NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO nell o studio dell’avv. COGNOME rappresentati e dife si dall’avv. NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
NOME COGNOMEclasse 1973), erede di NOME COGNOME e NOME COGNOME erede di NOME, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME
-controricorrenti –
nonchè contro
NOME COGNOMEclasse 1972), COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME
-intimati – avverso la sentenza n. 3073/2021 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata in data 16/08/2021
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione ritualmente notificato nel 2010 NOME e NOME evocavano in giudizio NOME Rocco e NOME innanzi il Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Frattamaggiore, chiedendo la condanna dei convenuti ad arretrare la loro sopraelevazione e le altre opere da essi realizzate sino al rispetto della distanza convenzionalmente stabilita tra le parti mediante apposito accordo derogativo delle disposizioni in tema di distanze.
Si costituivano i convenuti, eccependo la carenza di legittimazione attiva degli attori, contestando la genuinità della convenzione e resistendo alla domanda.
Con sentenza n. 736/2017 il Tribunale accoglieva l’eccezione di carenza di legittimazione attiva degli attori, rigettando la loro domanda.
Con la sentenza impugnata, n. 3073/2021, la Corte di Appello di Napoli accoglieva il gravame interposto dagli eredi degli originari attori, medio tempore deceduti, avverso la decisione di prime cure, riformandola ed ordinando l’arretramento dei manufatti realizzati dagli odierni ricorrenti sino al rispetto della distanza legale. Secondo la Corte distrettuale, il Tribunale aveva errato nel rigettare la domanda, sulla base della considerazione che la convenzione prodotta dagli attori non
era firmata, in quanto comunque il thema decidendum era quello del rispetto delle distanze, che, in assenza di convenzione, è comunque regolato dalla legge. Poiché dalla C.T.U. era emerso che la costruzione non rispettava le distanze legali, ne doveva quindi essere ordinato l’arretramento.
Propongono ricorso per la cassazione di detta decisione NOME Rocco e NOMECOGNOME affidandosi a quattro motivi.
Resistono con controricorso NOME COGNOMEclasse 1973) e NOME COGNOME eccependo il passaggio in giudicato della sentenza impugnata.
NOME COGNOME (classe 1972), COGNOME NOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME intimati, non hanno svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
In prossimità dell’adunanza camerale, la parte ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, dev’essere rigettata l’eccezione di tardività del ricorso sollevata dagli odierni controricorrenti. Come correttamente rilevato dai coniugi NOME COGNOME nella memoria ex art. 378 c.p.c., la notificazione della sentenza, effettuata per via telematica, deve necessariamente rispettare i requisiti formali previsti dall’art. 3/bis della legge n. 53 del 1994, che richiede che sia indicata, nel campo ‘oggetto’ del messaggio di posta elettronica certificata contenente l’atto da notificare, la dicitura ‘notificazione ai sensi della L. n. 53 del 1994’ . Tale indicazione mancava nella fattispecie, onde il messaggio del 18.8.2021, con il quale il difensore della parte vittoriosa in prime cure aveva trasmesso a quello della parte soccombente la copia della decisione di prime cure con allegati conteggi per il saldo delle spese
liquidate dal Tribunale, non poteva essere considerata sub specie di notificazione, ai sensi della prefata legge n. 53 del 1994, ma come semplice comunicazione tra difensori, sia pure effettuata mediante lo strumento della posta elettronica certificata. Non essendo quindi iniziato a decorrere il cd. termine breve, la notificazione del ricorso è tempestiva e non si è verificato alcun passaggio in giudicato della decisione di prima istanza.
Passando all’esame dei motivi del ricorso, con il primo di essi la parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe ordinato sic ed simpliciter l’arretramento del fabbricato degli odierni ricorrenti sino al rispetto della distanza legale, senza precisare quale essa fosse, né fornire idonea motivazione in relazione ai criteri di calcolo utilizzati in concreto per misurarla, né confrontarsi con le contestazioni che erano state sollevate, a scopo difensivo, dagli odierni ricorrenti.
Con il secondo motivo, invece, i ricorrenti denunziano la violazione degli artt. 100 c.p.c. e 2697 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché il giudice di seconde cure avrebbe affermato l’irrilevanza della questione attinente alla legittimazione attiva degli originari attori, senza considerare che essi, pur non essendo soggetti alla prova rigorosa prevista dall’art. 948 c.c. per l’azione di rivendicazione, avrebbero comunque dovuto dimostrare di essere proprietari del cespite in relazione al quale invocavano il rispetto delle norme in tema di distanze.
Con il terzo motivo, invece, si dolgono dell’omesso esame delle eccezioni concernenti la forma dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di prime cure e la mutatio libelli operata dagli attori, i quali prima si erano lamentati del mancato rispetto delle distanze convenzionalmente stabilite, e poi avevano contestato la violazione
degli accordi concernenti la dimensione del fabbricato eretto dagli odierni ricorrenti.
Ed infine, con il quarto ed ultimo motivo, i ricorrenti contestano l’inutilizzabilità della C.T.U. e la violazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., perché la Corte territoriale avrebbe fatto ricorso alle risultanze della relazione peritale per supplire ad una carenza di allegazione istruttoria di parte attrice, senza peraltro considerare che le norme del P.R.G. del Comune di Frattamaggiore prevedevano soltanto la distanza minima tra edifici, e non dal confine. Nel caso di specie, la fabbrica degli odierni ricorrenti, pur trovandosi a meno di 5 metri dal confine, era posta tuttavia ad oltre 10 metri dal muro frontistante dell’edificio degli originari attori, onde nessuna violazione delle norme in tema di distanze avrebbe potuto essere configurata.
Per ragioni di priorità logica va esaminato preliminarmente il secondo motivo, che è fondato.
La sentenza impugnata afferma che la questione della legittimazione attiva degli originari attori sarebbe irrilevante, poiché anche in assenza di convenzione si applicano comunque le norme di legge in tema di distanze. L’affermazione è corretta per quanto concerne il rapporto tra disciplina convenzionale e legale in tema di distanze, ma confonde il profilo della legittimazione attiva, che attiene alla dimostrazione dell’esistenza del diritto di proprietà, presupposto alla possibilità di invocare la tutela, e quello della fonte, legale o convenzionale, delle norme regolatrici delle distanze. La Corte distrettuale non considera infatti che nel caso di specie gli odierni ricorrenti avevano espressamente contestato la legittimazione attiva degli originari attori: questi ultimi, dunque, avrebbero dovuto dimostrare di essere proprietari dell’immobile rispetto al quale invocavano la tutela delle distanze. Il profilo non è in alcun modo
affrontato dalla decisione della Corte di Appello, che da’ per assodata la prova del diritto di proprietà di cui si discute. Sul punto, a pag. 9 del ricorso si evidenzia che i Giordano avevano prodotto, peraltro tardivamente, soltanto una visura catastale del loro immobile, di per sé inidonea ai fini della dimostrazione del diritto di proprietà sullo stesso. I controricorrenti, nel loro scritto difensivo, non prendono una chiara posizione sulla questione, e non dimostrano di aver prodotto documentazione ulteriore a sostegno del loro diritto dominicale.
La sentenza va dunque cassata, in accoglimento del secondo motivo, perché prima di esaminare la questione della validità della convenzione derogatoria del regime delle distanze intervenuta tra le parti (cfr., sul punto, ex multis , Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5016 del 02/03/2018, Rv. 647817 e Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12966 del 31/05/2006, Rv. 592544), individuare il regime legale applicabile alla fattispecie ed eventualmente ordinare l’arretramento della fabbrica degli odierni ricorrenti, dev’essere verificata la dimostrazione della legittimazione attiva dei Giordano.
Gli altri motivi sono logicamente assorbiti.
La sentenza impugnata va di conseguenza cassata, in relazione alla censura accolta, e la causa rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Napoli, in differente composizione.
P.Q.M.
la Corte accoglie il secondo motivo del ricorso e dichiara assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Napoli, in differente composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, addì 17 giugno 2025.
IL PRESIDENTE NOME COGNOME