ORDINANZA TRIBUNALE DI PESCARA – N. R.G. 00002248 2024 DEL 14 01 2025 PUBBLICATA IL 14 01 2025
TRIBUNALE DI PESCARA Sezione CIVILE
Il Tribunale in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
Dr. NOME COGNOME Presidente
Dr. ssa NOME COGNOME
Dr.ssa NOME COGNOME rel.
nel procedimento per reclamo ex art. 669 terdecies iscritto al n.r.g. 2248/2024
PROMOSSO DA
codice fiscale e partita IV A , in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede legale in Milano, INDIRIZZO in qualità di procuratrice di codice fiscale e partita IVA in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Venezia Mestre, INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’ Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il cui studio, sito in Milano, INDIRIZZO. P. P.
-RECLAMANTE
CONTRO
codice fiscale nata a Ortona il 28 agosto 1979 e residente in Pescara, alla INDIRIZZO difesa e rappresentata dall’ Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Pescara, alla INDIRIZZO C.F.
-RECLAMATA
avverso l’ordinanza del Giudice dell’esecuzione emessa in data 26.09.2024 nel procedimento n.rg 422/2021 sub 1 con la quale accoglieva il ricorso per opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c promosso dalla Sig.ra sospendendo la procedura esecutiva;
Visti gli atti difensivi depositati e i documenti tutti presenti al fascicolo telematico; a scioglimento della riserva assunta il 9.12.2024, il Collegio
OSSERVA
L’istituto di credito bancario Intesa San Paolo S.p.A (d’ora in poi stipulava con le Sig.re e contratto di mutuo ipotecario per importo pari a € 75.000,00. In forza dell’inadempimento contrattuale la Banca agiva nei confronti dei mutuatari nella procedura RGE 18/2010 provvedendo al pignoramento dell’immobile posto a garanzia del mutuo. La somma che si ricavava dalla vendita forzata dell’immobile pignorato non risultava sufficiente a estinguere il debito delle mutuatarie, le quali rimanevano esposte per un importo pari a € 52.603,04. Il credito residuo (€ 52.603,04.) veniva ceduto nell’ambito di una cessione in blocco ex art. 58 TUB dalla Banca a
(d’ora in avanti , la quale a sua volta lo trasferiva a in forza di scissione societaria, la quale acquisiva il ramo d’azienda relativo alla gestione dei crediti.
a sua volta, nominava sua procuratrice la quale agiva nella procedura esecutiva presso terzi RGE 422/2024 nei confronti della Sig.ra in qualità di datrice di ipoteca.
In data 21.03.2024 veniva depositato nell’interesse della Sig.ra ricorso ex art. 615 c.p.c nel quale si contestava la legittimazione attiva di per mancanza della prova della cessione.
In data 26.09.2024 il Giudice dell’esecuzione accoglieva il ricorso e sospendeva la procedura esecutiva. Avverso tale provvedimento ha proposto reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c sostenendo la legittimazione attiva della creditrice e chiedendo altresì la revoca dell’ordinanza con la quale è stata disposta la sospensione della procedura.
Si è costituita nel giudizio di reclamo la Sig.ra la quale oltre a contestare le argomentazioni di parte avversa deduceva l’inammissibilità del reclamo promosso dalla in quanto mezzo di gravame non esperibile avverso provvedimenti indilazionabili ed urgenti di cui all’art. 618 c.p.c.
Il Tribunale ritiene il reclamo meritevole di accoglimento.
Preliminarmente, in punto di ammissibilità , va rilevato che parte reclamata sostiene che il provvedimento impugnato non sia reclamabile ex art. 669 terdecies c.p.c poiché l’ordinanza con la quale è stata disposta la sospensione della procedura esecutiva è da inquadrarsi come provvedimento indilazionabile ed urgente ex art. 618 c.p.c in quanto ha accertato la mancanza della
regolarità formale del titolo posto alla base dell’esecuzione in danno della Sig.ra
Tale ricostruzione non può essere accolta.
L’art. 618 c.p.c. regola la procedura da seguire quando viene presentata un’opposizione agli atti esecutivi, delineando i passaggi che il giudice dell’esecuzione deve compiere per garantire il corretto svolgimento del processo esecutivo e la tutela dei diritti delle parti coinvolte. A tal fine il giudice può adottare immediatamente i provvedimenti opportuni (anche inaudita altera parte) e ove ciò non fosse possibile o in alternativa, può disporre la sospensione della procedura.
Ora, al di là della considerazione per cui è tuttora controversa la non reclamabilità dei provvedimenti meramente indilazionabili che non comportino la sospensione del processo esecutivo, è appena il caso di evidenziare che l’ordinanza che abbia provveduto sulla sospensione dell’esecuzione anche nell’ambito di un’opposizione ai sensi dell’art. 617 c.p.c., e quindi ex art. 618 c.p.c., è soggetta al reclamo ai sensi dell’art. 669-terdecies c.p.c., trovando applicazione analogica la previsione del secondo comma dell’art. 624 c.p.c., e questo tanto nel caso che abbia disposto la sospensione quanto in quella che l’abbia negata.
Inoltre, va rappresentato che la sospensione d’ufficio disposta dal giudice per garantire un giusto processo è concettualmente diversa da quella adottata a seguito dell’accoglimento di un’opposizione all’esecuzione di cui all’art. 615 c.p.c. e che, nel caso in esame, il ricorso proposto da parte debitrice davanti al Giudice di prime cure recava l’intestazione ‘ Ricorso in opposizione all’esecuzione ex art. 615 co 2 cpc e/o 617 co. 2 cpc con istanza di sospensione dell’esecuzione ex art. 624 c.p.c. ‘. Anche nel contenuto del ricorso si legge: ‘ dichiara di proporre, come in effetti con il presente atto propone, formale opposizione ex art. 615 co. 2 cpc e/o 617 co. 2 cpc ‘ e nel petitum la ricorrente chiedeva: ‘ voglia – in via preliminare, sussistendo il fumus di fondatezza dell’azione, nonché il periculum, sotteso alle ragioni che si intendono far valere… sospendere con provvedimento inaudita altera parte l’atto di pignoramento presso terzi del 29.02.2024 vista la dimostrata carenza di legittimazione attiva della quale titolare del credito ceduto e, per essa, della procuratrice ‘.
Non può quindi in alcun modo dubitarsi della natura, reclamabile, della ordinanza con cui è stata disposta la sospensione della procedura a seguito del ricorso, posto che lo stesso è certamente da inquadrarsi come ricorso ex art. 615 c.p.c., lamentando il debitore la insussistenza delle condizioni dell’azione esecutiva.
6. Venendo ad esaminare il motivo sostanziale oggetto di reclamo, vale a dire la legittimazione attiva della creditrice , il giudice dell’esecuzione accoglieva l’opposizione da parte dell’esecutata in quanto riteneva ‘Allo stato, quindi, ed ai soli fini cautelari, non può ritenersi acquisita una serie
indiziaria concludente ai fini della prova (presuntiva iuris tantum) che il credito reclamato in via esecutiva dall’opposta le sia legittimamente pervenuto dai precedenti danti causa’.
Ciò perché parte ricorrente nel giudizio di opposizione rilevava una difformità tra
il numero identificativo del mutuo portato in giudizio da ( ), P.
i numeri identificativi dei mutui contenuti nell’atto pubblico di avviso di cessione,
il numero del mutuo che la indicava nella dichiarazione di conferma cessione (600055198038),
tale da non poter sostenere la prova dell’avvenuta cessione del rapporto intercorrente con la Sig. anche in assenza del contratto di cessione originario.
si costituiva nel giudizio di opposizione, ritenendo che la prova della cessione del credito derivante dal contratto di mutuo da fosse data: dalla produzione dell’Avviso di cessione, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, ove vi era l’indicazione del sito internet della cessionaria nel quale trovare l’elenco dei crediti ceduti; dal possesso del titolo esecutivo in capo alla cessionaria; dalla dichiarazione della cedente allegata alla memoria di costituzione.
Il Giudice dell’esecuzione riteneva tuttavia non rilevanti le prove offerta da e, quindi, sospendeva l’esecuzione.
Esaminando la fattispecie delle modificazioni del lato attivo del rapporto, viene in rilievo una successione tra la e di cui è stata data notizia mediante pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale in data 05.10.2021 al n. 118 parte II e mediante apposita raccomandata contenente dichiarazione di avvenuta cessione e messa in mora del debitore da parte di La seconda modificazione del lato attivo del rapporto obbligatorio, intercorrente tra e veniva resa nota mediante pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale in data 02.01.2022.
Il Tribunale ha avuto modo di affrontare già in numerose altre occasioni la problematica in esame.
Si ribadiscono anche in questa sede i principi di diritto rilevanti nella fattispecie, che possono così riassumersi:
-L’iscrizione nel registro delle imprese e/o la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale non costituiscono elementi essenziali della natura contrattuale potendo semmai riversarsi sulla opponibilità al debitore del contratto di cessione, posto che è pacifico che la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’atto di cessione rileva quale notificazione della cessione ex art. 1264 c.c e assolve il solo fine di escludere l’efficacia liberatoria del pagamento eseguito al cedente (Cass. n.17944/2023; Cass. n. 4334/2020). Pertanto, come chiarito dalla consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr. già Cass. 5617/2020) e come è agevole
constatare dalla lettura dell’art. 58, comma 4, TUB, la pubblicazione sulla Gazzetta, e/o l’iscrizione nel registro, non attengono al perfezionamento della fattispecie traslativa, nè alla produzione del relativo effetto; non hanno valenza costitutiva e neanche di sanatoria di eventuali vizi dell’atto.
-La pubblicazione non dimostra quindi di per sé l’avvenuta cessione del credito, la quale, laddove l’avviso di notifica risulti essere l’unico atto che giustifica la legittimazione creditoria e risulti contestato dalla debitrice, deve essere opportunamente e documentalmente provata in sede di giudizio (Cass. 26127/2024), posto che una cosa è l’avviso della cessione necessario ai fini dell’efficacia della cessione – un’altra la prova dell’esistenza di un contratto di cessione e del suo contenuto; di conseguenza la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale esonera sì la cessionaria dal notificare la cessione al titolare del debito ceduto, ma non prova l’esistenza di quest’ultima (già Cass. 22151/2019).
-Sulla base di tali puntualizzazioni, si può certamente confermare, in primo luogo, che, in caso di cessione di crediti individuabili blocco ai sensi dell’art. 58 T.U.B., quando non sia contestata l’esistenza del contratto di cessione in sé, ma solo l’inclusione dello specifico credito controverso nell’ambito di quelli rientranti nell’operazione conclusa dagli istituti bancari, l’indicazione delle caratteristiche dei crediti ceduti, contenuta nell’avviso della cessione pubblicato dalla società cessionaria nella Gazzetta Ufficiale, può ben costituire adeguata prova dell’avvenuta cessione dello specifico credito oggetto di contestazione, laddove tali indicazioni siano sufficientemente precise e consentano, quindi, di ricondurlo con certezza tra quelli compresi nell’operazione di trasferimento in blocco, in base alle sue caratteristiche concrete. In tal caso, infatti, in mancanza di contestazioni specificamente dirette a negare l’esistenza del contratto di cessione, quest’ultimo non deve essere affatto dimostrato (in quanto i fatti non contestati devono considerarsi al di fuori del cd. thema probandum): il fatto da provare è costituito soltanto dall’esatta individuazione dell’oggetto della cessione (più precisamente, della esatta corrispondenza tra le caratteristiche del credito controverso e quelle che individuano i crediti oggetto della cessione in blocco) e, pertanto, sotto tale limitato aspetto, le indicazioni contenute nell’avviso di cessione dei crediti in blocco pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale in relazione ad una operazione da ritenersi certamente esistente in quanto non contestata, possono ben essere valutate al fine di verificare se esse consentono o meno di ricondurre con certezza il credito di cui si controverte tra quelli trasferiti in blocco al preteso cessionario, di modo che, solo laddove tale riconducibilità non sia desumibile con certezza dalle suddette indicazioni sarà necessaria
la produzione del contratto e/o dei suoi allegati, ovvero sarà necessario fornire la prova della cessione dello specifico credito oggetto di controversia in altro modo (cfr. sul punto, di recente, per un caso in cui tale riconducibilità è stata esclusa in concreto, Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 9412 del 05/04/2023; cfr. Cass. 5617/2020: ‘qualora il contenuto pubblicato nella Gazzetta indichi, senza lasciare incertezze od ombre di sorta (in relazione, prima di ogni altra cosa, al necessario rispetto del principio di determinatezza dell’oggetto e contenuto contrattuali ex art. 1346 c.c.) sui crediti inclusi/esclusi dall’ambito della cessione – detto contenuto potrebbe anche risultare in concreto idoneo, secondo il “prudente apprezzamento” del giudice del merito, a mostrare la legittimazione attiva del soggetto che assume, quale cessionario, la titolarità di un credito’).
-Diverso è il caso in cui sia oggetto di specifica contestazione da parte del debitore ceduto la stessa esistenza del contratto di cessione: in questo caso, detto contratto deve essere certamente oggetto di prova e, a tal fine, di regola non può ritenersi sufficiente (da sola) una mera dichiarazione della parte cessionaria e, quindi, come tale, neanche la mera ‘notificazione’ della cessione da questa effettuata al debitore ceduto, neanche se tale notificazione sia avvenuta mediante avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, ai sensi dell’art. 58 T.U.B., dalla società cessionaria di rapporti giuridici individuabili in blocco. Ciò non esclude che tale avviso, unitamente ad altri elementi, possa eventualmente essere valutato come indizio dal giudice del merito, sulla base di adeguata motivazione, al fine di pervenire alla prova presuntiva della cessione. La giurisprudenza ha affermato a più riprese che la prova della cessione può essere fornita senza particolari vincoli di forma, con qualunque mezzo di prova, anche indiziario (cfr. tra le altre, Cassazione civile sez. III, 22/06/2023, n.17944), anche per presunzioni .
-In merito va ricordato che ‘le presunzioni semplici costituiscono una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza, anche in via esclusiva, ai fini della formazione del proprio convincimento, nell’esercizio del potere discrezionale, istituzionalmente demandatogli, di individuare le fonti di prova, controllarne l’attendibilità e la concludenza e, infine, scegliere, fra gli elementi probatori sottoposti al suo esame, quelli ritenuti più idonei a dimostrare i fatti costitutivi della domanda o dell’eccezione’ (Cass. 11.5.2007 n. 10847 e negli stessi termini Cass. 27.10.2010 n. 21961 e Cass. 6.6.2012 n. 9108). E’ stato anche evidenziato che nella prova per presunzioni non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, ma è sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza
ragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalità. Il rapporto di dipendenza logica tra il fatto noto e quello ignoto va, quindi, accertato alla stregua di canoni di probabilità, con riferimento ad una connessione possibile e verosimile di accadimenti, la cui sequenza e ricorrenza possono verificarsi secondo regole di esperienza (Cass. 31.10.2010 n.22656; Cass. 5.2.2014 n. 2632; Cass. 27.4.2016 n. 8324). Il giudice del merito è solo tenuto ad esplicitare il criterio logico posto alla base della selezione degli indizi e le ragioni del suo convincimento, che deve risultare all’esito di una duplice valutazione: la prima, di tipo analitico, volta a selezionare gli elementi che presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; l’altra, di tipo sintetico, tendente ad una valutazione complessiva di tutte le emergenze in precedenza isolate, per accertare se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva. Detto giudizio di sintesi non è censurabile in sede di legittimità se sorretto da adeguata e corretta motivazione sotto il profilo logico e giuridico (Cass. 28.10.2014 n. 22801).
-Ne consegue che tale avviso, unitamente ad altri elementi, possa eventualmente essere valutato come indizio dal giudice del merito, sulla base di adeguata motivazione, al fine di pervenire alla prova presuntiva della cessione: ‘ ciò potrebbe avvenire, ad esempio, nel caso in cui l’avviso risulti pubblicato su iniziativa della stessa banca cedente o di quest’ultima unitamente alla società cessionaria, ovvero quando vi siano altre particolari ragioni che inducano a ritenerlo un elemento che faccia effettivamente presumere l’effettiva esistenza della dedotta cessione. In tali casi, la questione si risolve in un accertamento di fatto da effettuare in base alla valutazione delle prove da parte del giudice del merito e detto accertamento, come è ovvio, se sostenuto da adeguata motivazione, non sarà sindacabile in sede di legittimità ‘ (Cassazione civile sez. III, 22/06/2023, n.17944).
In sintesi può dirsi che : a) la prova della cessione di un credito non è, di regola, soggetta a particolari vincoli di forma; dunque, la sua esistenza è dimostrabile con qualunque mezzo di prova, anche indiziario, e il relativo accertamento è soggetto alla libera valutazione del giudice del merito, non sindacabile in sede di legittimità; b) opera, poi, certamente, in proposito, il principio di non contestazione; c) va, comunque, sempre distinta la questione della prova dell’esistenza della cessione (e, più in generale, della fattispecie traslativa della titolarità del credito) dalla questione della prova dell’inclusione di un determinato credito nel novero di quelli oggetto di una operazione di cessione di crediti individuabili in blocco ai sensi dell’art. 58 T.U.B..
Ora, secondo il presente Tribunale, atteso che la stessa giurisprudenza di legittimità ha chiarito che il contratto di cessione di credito ha natura consensuale e non risulta soggetto a forme sacramentali
o comunque particolari al fine specifico della sua validità, sicché la prova della cessione può quindi essere fornita con ogni mezzo, una dichiarazione scritta e dettagliata firmata dalla società cedente, nella quale si dia atto della cartolarizzazione di quella specifica posizione debitoria, è idonea a fornire la prova dell’avvenuta cessione e dei contenuti di essa. Anche la Corte di Cassazione del resto ha valorizzato la possibilità che la dichiarazione del cedente comunicata dal cessionario al debitore ceduto mediante la produzione in giudizio sia un elemento documentale importante, potenzialmente decisivo al fine di provare la titolarità del credito da parte della cessionaria (cfr. Cass. 10200/2021).
Pertanto, le dichiarazioni già prodotte davanti al Giudice di prime cure erano sufficienti per dare prova dell’avvenuta cessione e della legittimazione attiva del creditore procedente; ciò considerando peraltro che l’attuale creditore è in possesso del titolo mutuo ipotecario nonché dell’estratto conto ex art.50 tub di con riferimento alla debitrice (cfr. all. 4 del fascicolo prodotto dalla reclamante davanti al Giudice di prime cure).
La contestazione mossa da parte resistente e basata sulla difformità del numero identificativo del mutuo portato da inizialmente 55198038 (poi corretto con una numero a 12 cifre NUMERO_CARTA), il numero reso noto dalla nella dichiarazione di avvenuta cessione NUMERO_CARTA e l’elenco dei numeri identificativi dei mutui contenuti nell’avviso di cessione pubblicato in Gazzetta (facendo rilevare che anche il numero del mutuo contenuto nell’estratto conto, per mezzo del quale è stata dichiarata la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo, fosse incongruente con gli altri dal momento che riporta NUMERO_DOCUMENTONUMERO_CARTA, non mina l’esito dell’esame appena svolto.
A ben vedere, infatti, oltre alla intervenuta dichiarazione della cedente la quale, ribadendo l’avvenuta cessione dei crediti in favore di affermava che tra questi fosse da considerarsi il credito derivante dal mutuo stipulato con le Sig.re dichiarandolo al numero 600055198038 riscontrabile altresì nell’elenco dei crediti ceduti successivamente da a favore di va apprezzato che tutti questi numeri sono accomunati dallo stesso codice NUMERO_DOCUMENTO preceduto in ogni contesto documentale da suffissi diversi.
Inoltre, a conferma, si evidenzia che l’avviso di cessione conteneva la notizia che venivano ceduti i contratti di finanziamento di titolarità di Intesa San Paolo S.p.A nonché i crediti segnalati come ‘sofferenze’ o ‘inadempienze probabili’. Ebbene, dall’estratto conto risulta evidente che il mutuo contratto dalle Sig.re in data 15.01.2007 non è mai stato onorato essendo stata completamente saldata solo la prima rata contenuta nel piano di ammortamento, e infatti in data 01.10.2021 notificava al domicilio della Sig.ra l’avvenuta segnalazione a sofferenza nella Centrale dei
Rischi della Banca d’Italia, e successivamente in data 05.10.2021 veniva resa nota l’avvenuta cessione del credito tramite pubblicazione in Gazzetta. La segnalazione a sofferenza è stata notificata al medesimo indirizzo che, in occasione della successiva costituzione in mora, il messo notificatore ha dichiarato come ‘sconosciuto’, nonostante risulti essere lo stesso domicilio dichiarato dalla Sig.ra al momento della stipula del contratto di mutuo originario con la Banca, ovvero in INDIRIZZO In data 21.12.2022 tramite atto di scissione attribuiva alla il compendio di attività e passività quale ricompresi, tra altro, i crediti ‘Non-Performing Loans’, classificati e qualificati come esposizioni scadute, inadempienze probabili e crediti in sofferenze derivati dai rapporti di titolarità della scissa. Non può quindi dubitarsi che le dichiarazioni in atti, unitamente agli altri elementi di prova appena elencati, consentano di ritenere rientrino i già cessionaria di Intesa San Paolo S.p.A.,
parte reclamata, in considerazione della circostanza per cui documentale, liquidandosi come in dispositivo.
del tutto provato che tra i crediti oggetto della scissione in favore della crediti già di titolarità della vantati nei confronti di e . Sulla base della documentazione prodotta da parte ricorrente è quindi possibile ricostruire tutte le vicende modificative nonché i passaggi che interessano il titolo di credito portato in esecuzione e vantato nei confronti della Sig.ra tali da poter affermare e riconoscere la legittimazione attiva di in qualità di procuratrice di ad agire esecutivamente nei confronti della Sig.ra per debito consolidatosi a seguito della stipulazione di contratto di mutuo ipotecario con Intesa San Paolo S.p.A e successivamente oggetto di operazioni di cessione. 8. Il reclamo va quindi accolto. Le spese seguono la soccombenza e vanno quindi poste in capo alla l’istruttoria è stata meramente
PQM
visto l’669 terdecies c.p.c.
Accoglie il reclamo e, per l’effetto, revoca la ordinanza impugnata emessa dal Giudice dell’esecuzione emessa in data 26.09.2024 nel procedimento n.rg 422/2021 sub 1;
Condanna parte reclamata alla refusione delle spese del giudizio in favore di parte reclamante, spese che si liquidano in € 4.031,00 oltre rimb. forfettario iva e cap come per legge.
Così deciso in Pescara il 13.1.2025
Il Giudice est. Il Presidente
Dr.ssa NOME COGNOME Dr. NOME COGNOME