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Legittimazione attiva: contestabile in ogni fase

Un’organizzazione sindacale aveva citato in giudizio un’azienda di telecomunicazioni per condotta antisindacale, a causa della mancata attivazione di una procedura di confronto per un trasferimento collettivo di personale. L’azienda si era difesa tardivamente contestando la legittimazione attiva del sindacato a ricorrere. La Corte di Cassazione, ribaltando la decisione d’appello, ha stabilito che la contestazione della titolarità del diritto non è un’eccezione soggetta a preclusioni, ma una mera difesa proponibile in ogni stato e grado del processo, e rilevabile anche d’ufficio dal giudice.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Legittimazione Attiva: una Difesa Sempre Ammissibile

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un principio fondamentale del diritto processuale civile: la contestazione della legittimazione attiva, ovvero della titolarità del diritto fatto valere in giudizio, non è un’eccezione soggetta a termini di decadenza, ma una mera difesa che può essere sollevata in qualsiasi momento del processo. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche sia per chi agisce in giudizio, sia per chi si difende.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un ricorso presentato da un’organizzazione sindacale contro una nota società di telecomunicazioni. Il sindacato accusava l’azienda di condotta antisindacale per non aver attivato la procedura di confronto prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) prima di avviare un vasto piano di riorganizzazione aziendale. Tale piano prevedeva il trasferimento di centinaia di lavoratori.

Il Tribunale di primo grado aveva dato ragione al sindacato. L’azienda, in sede di opposizione, aveva sollevato per la prima volta un’eccezione cruciale: il sindacato non avrebbe avuto diritto ad agire in giudizio (difetto di legittimazione attiva) perché non risultava tra i firmatari del CCNL che prevedeva la procedura di confronto.

La Decisione dei Giudici di Merito

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto la tesi dell’azienda, considerandola un’eccezione tardiva. Secondo i giudici di merito, non avendo l’azienda contestato la titolarità del diritto del sindacato nella fase iniziale (sommaria) del procedimento, tale fatto doveva considerarsi pacifico e non più discutibile. La questione, a loro avviso, era ormai preclusa.

La contestazione della legittimazione attiva secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha completamente ribaltato questa prospettiva, accogliendo il ricorso dell’azienda. Gli Ermellini hanno riaffermato un principio consolidato: la contestazione della titolarità del diritto controverso non costituisce un’eccezione in senso stretto, ma una mera difesa.

Questo significa che spetta sempre a chi agisce in giudizio (l’attore) dimostrare di essere il titolare del diritto che vanta, secondo il principio dell’onere della prova (art. 2697 c.c.). La contestazione del convenuto non fa altro che negare la sussistenza di questo presupposto fondamentale dell’azione legale.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha spiegato che, proprio perché si tratta di una mera difesa, la contestazione della legittimazione attiva non è soggetta alle preclusioni che valgono per le eccezioni (come il divieto di nova in appello). Può essere sollevata in ogni stato e grado del processo, anche per la prima volta in Cassazione, a condizione che non richieda nuove indagini di fatto.

Ancor più importante, la Corte ha ribadito che il difetto di titolarità del diritto è talmente rilevante da poter essere rilevato anche d’ufficio dal giudice, qualora emerga dagli atti di causa. L’eventuale silenzio o la tardiva costituzione del convenuto non possono avere l’effetto di sollevare l’attore dal suo onere probatorio fondamentale: dimostrare di essere effettivamente il soggetto a cui la legge riconosce quel diritto.

Di conseguenza, la Corte d’Appello ha errato nel considerare tardiva e preclusa la difesa dell’azienda. La sentenza è stata cassata con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello, che dovrà riesaminare la questione attenendosi a questo principio di diritto.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un principio cardine del nostro ordinamento processuale: la prova della legittimazione attiva è un presupposto dell’azione che l’attore deve sempre fornire. Per le parti in causa, le implicazioni sono chiare: l’attore deve essere sempre pronto a dimostrare la titolarità del proprio diritto, fin dal primo atto. Il convenuto, d’altro canto, può contestare tale titolarità in qualsiasi momento, poiché tale difesa non si consuma e non subisce preclusioni. Si tratta di una garanzia fondamentale per assicurare che il processo si svolga tra i soggetti effettivamente legittimati a parteciparvi.

La contestazione della titolarità del diritto (legittimazione attiva) è un’eccezione che deve essere sollevata entro termini specifici?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che non è un’eccezione in senso stretto, bensì una mera difesa, e pertanto non è soggetta a preclusioni o decadenze processuali.

Cosa significa che la contestazione della legittimazione attiva è una ‘mera difesa’?
Significa che la parte convenuta si limita a contestare la sussistenza di un elemento costitutivo della domanda dell’attore. Di conseguenza, può essere proposta in ogni fase del giudizio e l’onere di provare la propria titolarità del diritto resta sempre in capo a chi agisce.

Il giudice può rilevare d’ufficio la mancanza di legittimazione attiva?
Sì, il difetto di titolarità del rapporto controverso, essendo un elemento fondamentale della domanda, può essere rilevato d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo, a condizione che risulti dagli atti di causa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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