Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 32651 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 32651 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
ORDINANZA
nel ricorso n. 10632/2019 R.G.
promosso da COGNOME NOME , rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME (PEC: ), in virtù di procura speciale in atti, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa da ll’avv. NOME COGNOME (PEC: ), in virtù di procura speciale in atti, elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO sc. B, int. 2, in virtù di procura speciale in atti;
contro
ricorrente e nei confronti di
Regione Puglia , in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME dell’Avvocatura Regionale
(PEC: ), elettivamente domiciliata presso la Delegazione della Regione Puglia in Roma, INDIRIZZO in virtù di procura speciale in atti;
contro
ricorrente
avverso l ‘ordinanza della Corte d’appello di Bari n. cron. 3627/2018, pubblicata il 18/09/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/09/2024 dal Cons. NOME COGNOME letti gli atti del procedimento in epigrafe;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
In data 14/11/2014, la RAGIONE_SOCIALE notificava a RAGIONE_SOCIALE la determinazione dell’indennità provvisoria di esproprio e il decreto di occupazione di urgenza per l’esecuzione dei lavori del ‘Grande progetto di adeguamento ferroviario dell’area metropolitana nord barese, linea Bari-Barletta. ‘
Lops NOME comunicava di non accettare l’indennità provvisoria e, costituitosi il Collegio tecnico di cui all’art. 21 d.P.R. n. 327 del 2001 , con il parere favorevole di due componenti su tre, veniva determinata l’indennità definitiva in € 75.000,00 , oltre all’indennità di occupazione, ritenendo la maggioranza dei tecnici nominati che le aree espropriate, non essendo liberamente edificabili, esprimessero, comunque, possibilità legali ed effettive di edificazione ‘ in diretta’ . Seguiva, poi, l’emanazione del decreto definitivo di esproprio n. 1/2016 dell’01/09/2016.
La RAGIONE_SOCIALE impugnava la stima operata dal Collegio, chiedendo la rideterminazione dell’indennità di esproprio e di occupazione. Riteneva che il fondo dovesse essere stimato secondo il valore agricolo, con esclusione di qualsivoglia vocazione edilizia.
Nel costituirsi, NOME NOME eccepiva preliminarmente il difetto di legittimazione attiva della RAGIONE_SOCIALEp.RAGIONE_SOCIALE in quanto mera concessionaria, chiedendo il rigetto dell’opposizione.
La Corte d’appello disponeva C .T.U. e, all’esito, accoglieva l’opposizione determinando l’indennità di esp roprio in € 753,00 e l’indennità di occup a zione in € 110,00 , con gli interessi legali decorrenti, per l’indennità di esproprio , dalla data del decreto di esproprio e, per l’indennità di occupazione , a decorrere da ciascuna annualità.
In ordine all’eccezione di difetto di legi ttimazione attiva, la Corte di merito evidenziava che la RAGIONE_SOCIALE era concessionaria della costruzione e dell’esercizio della Ferrovia Bari -Barletta, in virtù del r.d. n. 2358 del 1925, del d.m. Trasporti n. 365/1995 del 20/06/1995 ed anche del Contratto di servizio, sottoscritto con la Regione Puglia il 14/12/2009, rep. 010999 del 17/12/2009. Riteneva, quindi, che, nel giudizio di opposizione alla stima, il concessionario, quale soggetto attivo del rapporto espropriativo, diviene unico titolare dal lato passivo di tutte le obbligazioni indennitarie che a quel rapporto si ricollegano e, quindi, l’ unico legittimato passivo nelle corrispondenti controversie. Aggiungeva, inoltre, che, con determina dirigenziale dell’Assessorato ai Trasporti n. 118/2011 e con determinazione dell’Autorità espropria nte regionale n. 326 del 31/05/2013, alla RAGIONE_SOCIALE era stata conferita, ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 6, comma 8, d.P.R. 327 del 2001 e dell’art. 3 l.r. Puglia n. 3 del 2005, la delega all’esercizio delle potestà espropriative strumentali alla realizzazione dei lavori e, pertanto, quale parte del rapporto espropriativo, era legittimata a proporre opposizione alla stima.
Nel merito, la Corte territoriale rilevava che l’ espropriazione aveva riguardato il fondo di proprietà della ricorrente, sito nel Comune di
Andria, distinto nel Catasto Terreni al foglio 38, particella 375, con qualità seminativo e superficie mq 597, precisando che, all’esito del frazionamento del 24/06/2016, la particella 375 aveva assunto i nuovi identificativi 5918 e 5919, aventi rispettivamente superficie di 272 mq e 325 mq.
La Corte evidenziava, poi, che dalla relazione peritale emergeva quanto segue: il fondo era ubicato nel Comune di Andria nella zona Nord/Est dell’abitato, prospiciente la linea ferroviaria esercitata dalla Ferrotramviaria s.p.a., accessibile attualmente da viabilità realizzata nell’ambito del ‘ Grande Progetto di adeguamento ferroviario dell’area metropolitana barese ‘ , dalla INDIRIZZO Bisceglie e, in passato, da strada interpoderale percorribile dalla stessa INDIRIZZO Bisceglie; alla data del 14/11/2014 il terreno risultava incolto; l’area di forma pseudorettangolare aveva una superficie topografica di mq 597,00 circa, con il lato più lungo parallelo ed in contiguità alla strada ferrata; sotto il profilo urbanistico, Il terreno ricadeva in Zona F9 del P.R.G., disciplinato, quindi, dagli artt. 2.15 e 3.4 delle relative N.T.E., rispettivamente riferite alla classificazione di cui al capo II “zone di uso pubblico” e capo III “zone a vincolo speciale”; le norme tecniche dì esecuzione non prevedevano per l’area in questione nessun indice o parametro dì edificabilità né suggerivano indici di post-fabbricabilità; si trattava di suolo sottoposto al contenuti dell ‘ art. 49 d.P.R. n. 753 del 1980, ai sensi del quale «lungo i tracciati delle linee ferroviarie è vietata costruire, ricostruire o ampliare edifici o manufatti di qualsiasi specie ad una distanza, da misurarsi/n proiezione orizzontale, minore di trenta metri da/limite della zona di occupazione della più vicina rotaia.»
Sulla scorta di tali osservazioni, il CTU, nella relazione di stima ed anche nei successivi chiarimenti, condivisi dalla Corte d’appello, aveva escluso che ricorressero possibilità legali ed effettive dell’edificazione in considerazione degli artt. 3.4 delle N.T.E. e dell’art. 49 d.P.R. n. 753
del 1980, come confermato dalla destinazione urbanistica stabilita dal P.R.G., ove le N.T.E. al capo II art. 2.15, relativo alla zona omogenea F), imprimevano alla zona una destinazione connessa all’esercizio ferroviario esistente o di previsione ed ai relativi servizi, attuabili solo con iniziativa pubblica, previa approvazione di piano particolareggiato esteso a ll’intera zona omogenea F9, come definito dall’art 2.8 delle N.T.E.. La generica utilizzazione intermedia (ad es. parcheggi, depositi, attività sportive e ricreative, chioschi per la vendita di prodotti), dunque, non era praticabile per il fondo espropriato, essendo preclusa l’emissione del titolo edilizio abilitativo, necessario per la sua realizzazione. D’altronde, al momento del sopralluogo connesso all’esproprio, non era stata accertata una utilizzazione dell ‘ immobile differente da quella agricola, sicché l’unico intervento ammissibile per il terreno in oggetto avrebbe potuto essere la realizzazione di una recinzione lungo il proprio perimetro, previo atto d’obbligo con il Comune di Andria.
Anche per la stima, la Corte territoriale richiamava la CTU, che aveva acquisito tutti gli elementi conoscitivi ed informativi utili e aveva svolto indagini di natura tecnica ed economica, esaminando il mercato di riferimento, quello della compravendita, anche attraverso interviste a mediatori del settore immobiliare e, operando la valutazione sia con metodo sintetico-comparativo sia con metodo per punti di merito, era pervenuto a conclusioni convergenti, fatte proprie dalla Corte di merito.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME affidato a due motivi di doglianza.
Gli intimati si sono difesi con controricorso ed hanno anche depositato memorie difensive.
Anche la ricorrente ha depositato memoria difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost., degli artt. art. 3, comma 1, lett. d), e 54 d.P.R. n. 327 del 2001, in relazione all’art. 2967 c.c., ai sensi de ll’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. perché la Corte d’appello h a escluso il difetto di legittimazione attiva della RAGIONE_SOCIALE, senza considerare che non vi era prova dell’efficacia della delega ad essa conferita dalla Regione (ente espropriante e promotore dell’espropriazione ), perché, per espressa previsione dell ‘art. 2, comma 2, della determina regionale n. 326 del 31.05.2013 (recante delega di potestà espropriative), tale delega avrebbe acquistato efficacia subordinatamente alla notifica dell’atto di accettazione del legale rappresentante della concessionaria, con la precisazione che, in mancanza di tale notifica, le potestà espropriative sarebbero rimaste in capo al l’ Ufficio Regionale Espropri.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 37 d.P.R. n. 327 del 2001, in relazione all’art. 2, lett. f), d.m. n. 1444 del 02/04/1968 ( nella parte riguardante le ‘parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti’) e in relazione al combinato disposto degli artt. 2.15, 2.13 e 2.1 delle N.T.E. del Piano Regola tore del Comune di Andria, nonché dell’art. 51 d. P.R. n. 753 del 1980, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., oltre che la violazione e falsa applicazione dell’art. 51 d.P.R. n. 753 del 1980 , perché la C orte d’appello non ha considerato che la norma di P.R.G. ammette la realizzazione di servizi e impianti e i loro ampliamenti, che certamente includono la realizzazione di volumetrie destinate a servizio della ferrovia, tanto da potersi serenamente affermare che trattasi di servizi alla stessa stregua dei servizi disciplinati da ll’art. 2, lett.f), d.m. n. 1444 del 02/04/1968 (cc.dd. ”parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale”), essendo vietata nella zona F9 solo l’edilizia residenziale. In ogni caso, secondo la ricorrente,
la Corte d’appello non ha tenuto conto che le zone di rispetto ferroviario, più ampie rispetto a quelle metropolitane, non erano inedificabili in assoluto, ma in senso relativo, essendo sempre derogabili per qualsivoglia edificazione ritenuta non in contrasto con l’esercizio ferroviario, fermo restando che il divieto di edificazione non poteva che essere limitato ad una profondità di mt. 6,00 dalla rotaia.
La ricorrente, in via meramente prudenziale e tuzioristica, ha criticato anche il metodo estimativo adottato nell’ ordinanza impugnata che, secondo la parte, nella stima del valore venale, aveva contraddittoriamente affermato la possibilità di dimostrare che il fondo avesse una effettiva e documentata valutazione di mercato, che rispecchiasse anche possibili utilizzazioni intermedie tra quella agricola e quella edificabile (parcheggi, depositi ecc.), dimenticando che il terreno in questione era destinato, in progetto, anche a sede di parcheggi (e banchine), avendo i parcheggi valore maggiore rispetto al mero valore agricolo tabellare, tenuto anche conto che si trattava di suolo attaccato all’abitato cittadino.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile per due ordini di ragioni.
2.1. In primo luogo, occorre rilevare che la statuizione sulla ritenuta legittimazione attiva della RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE si fonda su due distinte rationes decidendi .
La Corte di merito ha evidenziato che la RAGIONE_SOCIALE era concessionaria della costruzione e dell’esercizio della Ferrovia Bari -Barletta, in virtù del r.d. n. 2358 del 1925, del d.m. Trasporti n. 365/1995 del 20/06/1995 ed anche del Contratto di servizio, sottoscritto con la Regione Puglia il 14/12/2009, rep. 010999 del 17/12/2009, ritenendo che, pertanto, nel giudizio di opposizione alla stima, fosse l’ unico titolare dal lato passivo di tutte le obbligazioni indennitarie.
La stessa Corte ha, poi, aggiunto che, con determina dirigenziale dell’Assessorato ai Trasporti n. 118/2011 e con determinazione dell’autorità espropriante regionale n. 326 del 31/05/2013 la RAGIONE_SOCIALE aveva ottenuto la delega, ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 6, comma 8, d.P.R. 327 del 2001 e dell’art. 3 l.r. Puglia n. 3 del 2005, ai fini dell’ esercizio delle potestà espropriative e della realizzazione dell’intervento in favore della RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE
La ricorrente, con il motivo di ricorso, ha affermato che non vi era prova della delega appena menzionata, senza nulla dedurre in ordine alla titolarità del rapporto in ragione del mero rapporto concessorio.
A prescindere dalla fondatezza o meno di tale ragione della decisione, essa non risulta impugnata.
Il motivo non attinge, dunque, una delle rationes poste a fondamento della decisione, così rendendo la censura per ciò solo inammissibile (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 17182 del 14/08/2020; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 10815 del 18/04/2019).
2.2. In secondo luogo, parte ricorrente ha posto, con il motivo, una questione relativa all’efficacia dell a delega, che non risulta essere stata affrontata dalla Corte territoriale e che la parte non ha specificato di avere prospettato già nel giudizio di merito.
Questa Corte ha più volte affermato che, qualora una questione giuridica – implicante un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 32804 del
13/12/2019; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 28480 del 22/12/2005; Cass., Sez. L, Sentenza n. 6656 del 05/04/2004).
Nel caso di specie parte ricorrente non ha specificato di avere rappresentato al Giudice di merito l ‘ inefficacia della delega conferita dalla Regione alla ricorrente, né ha richiamato alcun atto o descritto il relativo contenuto contenente tale eccezione, sicché, per i motivi sopra evidenziati, il motivo deve ritenersi inammissibile.
3. Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
Nel caso di specie, parte ricorrente ha formulato una critica del tutto generica alla ritenuta violazione dell’art. 51 d.P.R. n. 753 del 1980, senza spiegare in forza di quali disposizioni la fascia di rispetto imponesse un divieto non assoluto, ma relativo, di edificazione.
Con riferimento, poi, alla portata delle previsioni di Piano Regolatore, il motivo non coglie la ratio decidendi dell’ordinanza impugnata, fondata sul l’accertamento in ordine al fatto che la collocazione dell’area espropriata nella zona F9, così come risu ltante dal Piano regolatore e dalle relative Norme Tecniche, non precludesse in assoluto ogni forma di edificazione, ma solo l’esecuzione di opere edilizie ad opera di privati (ad esclusione della recinzione), essendo espressamente consentita quella su iniziativa pubblica in presenza di determinate condizioni (v. supra e pp. 6 e 10 dell’ordinanza impugnata).
Per il resto la censura si sostanzia in una critica alla stima come in concreto operata dalla Corte di merito, in base ad una valutazione in fatto chiaramente illustrata, insuscettibile di essere riesaminata dal giudice di legittimità.
Come più volte affermato da questa Corte, infatti, deve ritenersi inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge (come pure di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto
decisivo per il giudizio) miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., Sez. U, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 5987 del 04/03/2021).
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
La statuizione sulle spese, liquidate come in dispositivo, segue la soccombenza.
In applicazione dell’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per l’impugnazione proposta, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte
Dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite sostenute da RAGIONE_SOCIALE che liquida in € 7 .000,00 per compenso, oltre € 200,00 per esborsi ed accessori di legge;
condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite sostenute dalla Regione Puglia , che liquida in € 7 .000,00 per compenso, oltre € 200 ,00 per esborsi ed accessori di legge;
dà atto, in applicazione dell’art. 1 3, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per l’impugnazione proposta, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile