Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5791 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5791 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/03/2025
R ESPONSABILITA’ PER COSE IN CUSTODIA
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18018/2021 R.G. proposto da COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME ricorrente –
contro
COGNOME
CONDOMINIO ‘RAGIONE_SOCIALE IN ROMA, INDIRIZZO
– intimati – avverso la sentenza n. 18034/2020 del TRIBUNALE DI ROMA, depositata il giorno 16 dicembre 2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che
NOME COGNOME, proprietaria di un appartamento sito nel Condominio dell’edificio in Roma, INDIRIZZO lamentando danni al soffitto ed alle pareti di un balcone cagionati da infiltrazioni di
acqua provenienti dall’immobile sovrastante di proprietà di NOME COGNOME e ravvisando la sussistenza di una responsabilità di quest’ultimo da cose in custodia, ne domandò giudizialmente la condanna « alla riparazione dei danni ed alla sistemazione definitiva dei difetti onde evitare il verificarsi di nuove infiltrazioni, nonché al risarcimento di tutti i danni subiti, da quantificarsi come da preventivo allegato »;
nel resistere alla lite, NOME COGNOME eccepì, in via preliminare, la propria carenza di legittimazione passiva, derivando le infiltrazioni da lastrico solare di proprietà del Condominio: e di quest’ultimo, pertanto, chiese autorizzarsi la chiamata in causa;
disposto ed espletato l’incombente, il Condominio si costituì , contestando la propria legittimazione passiva e la legittimazione attiva di NOME COGNOME;
all’esito del giudizio di prime cure – nel corso del quale venne esperita consulenza tecnica di ufficio l’adito Giudice di pace di Roma dichiarò la carenza di legittimazione passiva del Condominio, accolse la domanda formulata nei riguardi di NOME COGNOME e lo condannò al pagamento di euro 2.100 (oltre IVA), pari all’importo stimato dal c.t.u. per il ripristino dei danni, nonché alla refusione delle spese di lite in favore di NOME COGNOME e del Condominio;
avverso detta sentenza dispiegarono appello tutti i contraddittori: in via principale, NOME COGNOME (sull’assunto che la fonte delle infiltrazioni era un lastrico solare comune, non un balcone aggettante di sua esclusiva proprietà), in via incidentale NOME COGNOME (la quale lamentò la mancata pronuncia di condanna di NOME COGNOME all’eliminazione delle cause delle infiltrazioni) e il Condominio (denunciando la mancata valutazione ad opera del primo giudice della eccezione di carenza di legittimazione attiva di NOME COGNOME;
la decisione in epigrafe indicata ha rigettato l’impugnazione di NOME COGNOME ed invece accolto quella del Condominio, sul rilievo che
i danni accertati interessavano unicamente il ‘ sottobalcone ‘ di proprietà esclusiva di NOME COGNOME: in riforma della pronuncia di primo grado, ha pertanto rigettato la domanda di NOME COGNOME e compensato le spese del doppio grado tra tutte le parti;
ricorre per cassazione NOME COGNOME articolando tre motivi; non svolgono difese nel giudizio di legittimità le parti intimate, NOME COGNOME ed il Condominio;
disposta la trattazione in adunanza camerale, il P.G. non ha depositato conclusioni scritte;
il Collegio si è riservato il deposito dell ‘ ordinanza nel termine di cui al secondo comma dell ‘ art. 380bis. 1 cod. proc. civ.;
Considerato che
il primo motivo denuncia falsa applicazione degli artt. 75 e 112 cod. proc., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ.;
premesso che nel giudizio di secondo grado « il Condominio, del quale era stata dichiarata la carenza di legittimazione passiva, ha inspiegabilmente svolto delle domande nei confronti della odierna ricorrente, verso la quale non nutriva alcuna legittimazione », parte ricorrente sostiene che « il Tribunale, anziché accogliere questo curioso appello incidentale, avrebbe dovuto ribadire la mancanza di legittimazione passiva del condominio a limitarsi a rigettare l’appello del signor COGNOME senza entrare nemmeno nel merito dell’appello incidentale del condominio »;
il motivo è inammissibile, per inosservanza del requisito prescritto dall’art. 366, primo comma, num. 3, cod. proc. civ.;
tale disposizione, alla luce delle indicazioni della giurisprudenza sovranazionale (in specie, della sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 resa nella causa COGNOME RAGIONE_SOCIALE c/Italia), impone alla parte ricorrente la trascrizione – essenziale e per le parti d’interesse – degli atti e dei documenti richiamati (dei quali deve invece escludersi la necessità di
una integrale riproduzione), in guisa da contemperare il fine legittimo di semplificare (e non già pregiudicare) lo scrutinio del giudice di legittimità e, allo stesso tempo, garantire la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ( ex multis, Cass. 03/03/2023, n. 6524; Cass. 14/03/2022, n. 8117; Cass. 04/02/2022, n. 3612);
nella specie, nel ricorso di adizione di questa Corte risulta omessa (o comunque svolta in maniera gravemente carente ed inadeguata) l’illustrazione delle allegazioni difensive svolte – tanto in primo grado quanto a suffragio dell’appello incidentale – dal Condominio: oltremodo necessaria, a fronte della sentenza impugnata la quale reca una assai sintetica (di certo, non esaustiva) descrizione dei motivi di tale appello incidentale (« lamentando la mancata valutazione da parte del Giudice di pace della eccezione di carenza di legittimazione attiva della RAGIONE_SOCIALE svolta sin dalla comparsa di costituzione anche alla luce della precisazione sul punto contenuta nella C.T.U. ») e ne apprezza la fondatezza, senza porsi dubbio sull’ammissibilità dell’impugnazione;
la evidenziata deficienza espositiva non rende a questa Corte una cognizione adeguata sul fatto processuale: in particolare, non consente di verificare se la questione sulla titolarità attiva del rapporto litigioso (la quale – si osserva per dovere nomofilattico – è comunque rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del processo, salvo il formarsi di uno specifico giudicato interno: cfr. Cass., S.U., 16/02/2016, n. 2951 e successive conformi) era stata ritualmente introdotta nel thema decidendum del giudizio di appello da una parte ad hoc abilitata e se sulla stessa, pertanto, il Tribunale era tenuto a pronunciarsi;
tanto giustifica l’inammissibilità del motivo;
il secondo motivo rileva la « nullità della sentenza per motivazione meramente apparente e comunque al di sotto del c.d. ‘minimo
costituzionale’, in violazione dell’art. 132 cod. proc. civ., 111 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ. »;
più precisamente, si denuncia la mancata indicazione, nella sentenza gravata, delle « ragioni di fatto » della decisione e la omessa motivazione sul rigetto della pretesa risarcitoria circa la « violazione del diritto alla salute, quale diritto soggettivo individuale, assoluto e fondamentale della persona umana, comprensivo della pretesa ad abitare in un ambiente di vita accettabile »;
il motivo non può trovare accoglimento;
anch’esso risulta in vero articolato in maniera non rispettosa del principio di autosufficienza;
il ricorso, infatti, non chiarisce in quale momento del processo e con quali modalità sia stata formulata la istanza di ristoro del (preteso) danno per lesione del diritto della salute: la natura di pregiudizio non patrimoniale, ontologicamente differente da quello subì to dall’immobile di asserita proprietà, ne esigeva una espressa e puntuale allegazione, del tutto mancante nella citazione introduttiva del primo grado;
quand’anche potesse ipotizzarsi per un momento la possibilità di superare il precedente rilievo, si osserva come la sentenza di primo grado aveva disposto in favore della odierna ricorrente soltanto il risarcimento del danno ascrivibile al costo per il ripristino del cespite, come quantificato dal c.t.u.: sicché la domanda risarcitoria per il danno alla salute (ove pure per ipotesi dispiegata in prime cure) avrebbe dovuto costituire motivo di appello incidentale da parte della COGNOME, da questa invece proposto – come narrato in ricorso – unicamente per ottenere la condanna del COGNOME alla « sistemazione definitiva dei difetti per cui è causa, onde evitare il verificarsi di nuove infiltrazioni »;
il terzo motivo, rubricato « omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ. », critica la impugnata sentenza per non
aver preso in considerazione (così incappando in omessa pronuncia) l’appello incidentale dell’ odierna ricorrente laddove aveva chiesto la condanna di NOME COGNOME all ‘ eliminazione delle cause di infiltrazioni;
a tacer della impropria intestazione (non avendo l’omissione ad oggetto un fatto fenomenico, ovvero un concreto accadimento di vita, ma un atto processuale), il motivo è infondato;
accertata l’inesistenza del diritto di proprietà di NOME COGNOME sull’immobile danneggiato, con logica coerenza il Tribunale romano ha ritenuto « infondata la domanda » dalla stessa proposta: sintagma da riferirsi ad ogni e qualsivoglia richiesta formulata nel giudizio, inclusa quella tesa all’eliminazione delle cause delle infiltrazioni, domanda pertanto (a tutto concedere, implicitamente) rigettata;
il vizio di omessa pronuncia non è dunque ravvisabile;
il ricorso è rigettato;
non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimità, non avendo in esso le parti intimate svolto difese;
atteso il rigetto del l’impugnazione , va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte della ricorrente ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13;
p. q. m.
rigetta il ricorso;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte di parte ricorrente dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dell ‘ art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione