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Legittimazione amministratore condominio: la Cassazione

Una società costruttrice ricorre in Cassazione contro la condanna al risarcimento danni per gravi vizi in un condominio. La Corte conferma la legittimazione amministratore condominio ad agire per i difetti originati nelle parti comuni, anche se causano danni alle proprietà private, quando l’edificio è compromesso nella sua unitarietà. Accoglie invece il motivo sul compenso non dovuto al professionista per l’attività di mediazione immobiliare svolta senza iscrizione all’albo.

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Legittimazione Amministratore Condominio: Quando può Agire per Danni anche alle Parti Private?

La questione della legittimazione amministratore condominio a promuovere azioni legali per gravi vizi costruttivi è un tema di cruciale importanza nel diritto immobiliare. Spesso, i difetti che originano dalle parti comuni, come infiltrazioni dal tetto o dalle fondamenta, si estendono fino a danneggiare le proprietà private dei singoli condomini. La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 31228 del 2024, è tornata su questo argomento, fornendo chiarimenti essenziali e consolidando un principio fondamentale per la tutela dell’edificio nella sua interezza. Al contempo, la pronuncia offre un’importante lezione sul diritto al compenso per l’attività di mediazione immobiliare.

I Fatti del Caso: Vizi Costruttivi e Richieste di Risarcimento

La vicenda nasce dall’azione legale intentata da un Condominio contro la Società Costruttrice, a causa di gravi difetti costruttivi che interessavano le parti comuni dell’edificio. In particolare, si lamentavano infiltrazioni d’acqua nel piano seminterrato, derivanti da una errata impermeabilizzazione delle aree di manovra, del cortile e dei vialetti comuni. Tali vizi non si limitavano a danneggiare le sole aree condominiali, ma si estendevano anche alle unità di proprietà esclusiva.

In primo grado, il Tribunale aveva negato la legittimazione attiva dell’amministratore, ritenendo che, essendo i danni strettamente connessi alle proprietà private, il Condominio non potesse agire per la loro tutela. La Corte d’Appello, tuttavia, ribaltava la decisione, riconoscendo la legittimazione dell’amministratore e condannando la Società costruttrice a un cospicuo risarcimento. La Corte territoriale confermava anche il diritto di un geometra, chiamato in causa dal costruttore, a ricevere il pagamento per prestazioni professionali svolte, tra cui l’attività di promozione delle vendite degli immobili.

La Società costruttrice ha quindi presentato ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali: l’erroneo riconoscimento della legittimazione dell’amministratore, l’illegittimità del compenso riconosciuto al geometra per l’attività di mediazione immobiliare e la carenza di prova sugli altri compensi professionali.

La Legittimazione dell’Amministratore Condominio per i Vizi Gravi

Il primo motivo di ricorso è stato respinto dalla Suprema Corte. I giudici hanno ribadito un principio ormai consolidato: l’amministratore di condominio ha il potere e il dovere di compiere atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio, ai sensi dell’art. 1130, n. 4, del codice civile. Questo potere deve essere interpretato in senso estensivo.

Quando i gravi difetti di costruzione, pur originando da parti comuni, interessano l’intero edificio condominiale nella sua unitarietà, minacciandone la stabilità o il godimento, l’azione dell’amministratore è pienamente legittima. L’azione ex art. 1669 c.c. mira a tutelare l’edificio nel suo complesso. Di conseguenza, l’amministratore può chiedere il risarcimento per tutti i danni, inclusi quelli che si sono manifestati nelle proprietà esclusive, in quanto conseguenza diretta e immediata dei vizi delle parti comuni. Non è necessario un mandato speciale da parte dei singoli proprietari.

Mediazione Immobiliare Atipica: L’Obbligo di Iscrizione all’Albo

Il secondo motivo di ricorso, relativo al compenso per l’attività di vendita, è stato invece accolto. La Corte d’Appello aveva qualificato il rapporto tra il costruttore e il geometra come un mandato, escludendo l’applicazione della disciplina sulla mediazione per la mancanza del requisito di terzietà e imparzialità del professionista.

La Cassazione ha corretto questa impostazione, richiamando la fondamentale pronuncia delle Sezioni Unite n. 19161/2017. Anche la cosiddetta mediazione atipica, ovvero quella svolta su incarico di una sola parte (mediazione unilaterale), rientra nell’ambito di applicazione della Legge n. 39/1989. L’esercizio di qualsiasi attività di intermediazione per la conclusione di affari relativi a beni immobili, anche se svolta in modo occasionale e su mandato oneroso, è subordinato all’iscrizione nell’apposito albo (ora sezione del REA). In assenza di tale iscrizione, il mediatore, tipico o atipico che sia, non ha diritto ad alcuna provvigione.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha fondato la sua decisione su due pilastri argomentativi distinti.
Sul primo punto, ha sottolineato che la legittimazione amministratore condominio non si ferma alla soglia delle proprietà private quando il danno a queste ultime è un ‘effetto di riflesso’ di un problema strutturale comune. Ignorare questo aspetto significherebbe frammentare la tutela e rendere più difficile e meno efficace la protezione dell’edificio come bene unitario. L’azione dell’amministratore in questi casi è uno strumento essenziale per la conservazione del valore dell’intero immobile.

Sul secondo punto, la Corte ha spiegato che la normativa sulla mediazione ha una finalità di ordine pubblico: tutelare l’affidamento dei consumatori e la correttezza del mercato immobiliare, garantendo che chi svolge tale attività possieda specifici requisiti di professionalità e onorabilità. Consentire a soggetti non iscritti di percepire compensi per l’intermediazione, anche se definita ‘atipica’ o ‘mandato’, svuoterebbe di significato questa normativa imperativa. Pertanto, la sanzione della perdita del diritto alla provvigione si applica a chiunque svolga di fatto un’attività di intermediazione immobiliare senza il necessario titolo abilitativo.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza analizzata offre due importanti indicazioni operative:
1. Per gli amministratori di condominio: Viene confermata la loro ampia legittimazione ad agire contro il costruttore per gravi vizi che colpiscono l’edificio nella sua globalità, semplificando la gestione del contenzioso e garantendo una tutela più efficace e unitaria per tutti i condomini.
2. Per costruttori e professionisti immobiliari: Viene ribadito con forza che qualsiasi attività finalizzata a mettere in contatto due o più parti per la conclusione di un affare immobiliare, a prescindere dal nomen iuris del contratto (mandato, procacciamento d’affari), è soggetta alle regole della mediazione. Chi svolge tale attività senza essere regolarmente iscritto all’albo non potrà pretendere alcun compenso, con il rischio di aver lavorato gratuitamente.

L’amministratore di condominio può agire in giudizio per gravi difetti che, pur originando dalle parti comuni, danneggiano anche le singole proprietà private?
Sì. La Corte di Cassazione conferma che quando i difetti compromettono l’edificio nella sua unitarietà e funzionalità, l’azione dell’amministratore è un atto conservativo legittimo per la tutela dell’intero stabile, inclusi i danni derivati alle proprietà esclusive.

Un professionista incaricato da un costruttore di vendere appartamenti ha diritto al compenso se non è iscritto all’albo dei mediatori immobiliari?
No. La Corte chiarisce che qualsiasi attività di intermediazione immobiliare, anche se svolta su incarico di una sola parte (c.d. mediazione atipica), richiede l’obbligatoria iscrizione nell’apposito registro. In assenza di tale iscrizione, non è dovuto alcun compenso o provvigione.

Cosa succede se un costruttore riconosce per iscritto un debito verso un professionista?
Il riconoscimento del debito, ai sensi dell’art. 1988 c.c., inverte l’onere della prova. Non è più il professionista (creditore) a dover dimostrare l’esistenza del suo diritto, ma spetta al costruttore (debitore) provare che il debito non esiste, è stato estinto o si fonda su una causa illecita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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