Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3976 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3976 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2148/2023 R.G. proposto da : COGNOME, CONDOMINIO COGNOME, COGNOME, elettivamente domiciliati in San Vendemiano INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende -ricorrenti- contro
COMUNE DI PORDENONE, elettivamente domiciliato in PORDENONE C.INDIRIZZO COGNOME, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO TRIESTE n. 243/2022 depositata il 15/06/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/10/2024 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Condominio NOME COGNOME, in persona dell’amministratore pro -tempore, nonché i condomini NOME COGNOME e NOME COGNOME in proprio, convennero in giudizio dinanzi al Tribunale di Pordenone il Comune di Pordenone, per far dichiarare l’estinzione , per non uso ultraventennale, del diritto di passaggio a uso pubblico costituito il 12.12.1989 con scrittura privata autenticata sui mappali n. 599 e n. 2331 del Foglio 20 del NCEU di Pordenone di proprietà condominiale. Si costituì in giudizio il Comune di Pordenone, eccependo in via preliminare il difetto di legittimazione del Condominio, trattandosi di materia di diritti reali e, nel merito, chiese il rigetto della domanda. Il Tribunale, rigettata l’eccezione, accolse la domanda degli attori e dichiarò l’estinzione del diritto di passaggio a uso pubblico costituito con scrittura privata autenticata del 12.12.1989.
Avverso tale sentenza, il Comune di Pordenone propose appello. La Corte d’Appello di Trieste accolse l’appello del Comune e rigettò la domanda.
Per quel che ancora rileva in questa sede, la Corte di merito ritenne insussistente la legittimazione dell’amministratore del Condominio in ordine alle azioni reali nei confronti dei singoli condomini o contro terzi e dirette ad ottenere statuizioni relative alla titolarità, al contenuto o alla tutela dei diritti reali su cose o parti dell’edificio condominiale, non venendo in gioco atti meramente conservativi.
Inoltre, quanto alla legittimazione dei condomini, fece applicazione dell’art.1108, comma 3 c.c., che richiede il consenso unanime dei condomini mentre, nel caso di specie, la domanda non era stata proposta da tutti i condomini.
Il Condominio ‘Palazzo COGNOME e i condomini COGNOME e COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello sulla base di quattro motivi.
Il Comune di Pordenone ha resistito con controricorso
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
In prossimità della camera di consiglio, le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza per vizio logico della motivazione, la violazione degli artt. 111, comma 6 Cost., dell’art.132, comma 2, n. 4 c.p.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n.4 c.p.c., per contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili in punto di valutazione della legittimazione attiva in capo agli odierni ricorrenti. La Corte d’appello, dopo aver affermato che l’amministratore può svolgere, senza l’autorizzazione dell’assemblea solo gli atti conservativi, avrebbe escluso la sua legittimazione facendo riferimento alle azioni reali – svolte dal medesimo contro i singoli condomini e contro i terzi – dirette ad ottenere statuizioni relative alla titolarità o al contenuto di diritti concernenti le parti comuni dell’edificio. Parimenti, la Corte d’appello avrebbe escluso la legittimazione dei singoli condomini sulla base dell’art.1108, comma 3 c.c., sebbene la norma si riferisca alle ipotesi di costituzione della servitù sulle parti comuni dell’edificio condominiale e non all’estinzione di un diritto reale.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione degli artt. 1108, 1130, 1131, 1136 c.c. e dell’art.116 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., oltre all’omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art.
360, comma 1, n. 5 c.p.c. La Corte d’appello avrebbe erroneamente fondato la pronuncia di difetto di legittimazione attiva dell’amministratore di condominio sulla base dell’art.1108 , comma 3 c.p.c., sebbene la norma richieda il consenso unanime di tutti i partecipanti per gli atti di costituzione di diritti reali su un fondo comune mentre, nel caso di specie l’azione aveva ad oggetto l’estinzione del diritto di passaggio a uso pubblico su un bene di proprietà condominiale.
I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente, sono fondati.
L’azione proposta dall’amministratore del condominio e dai singoli condomini era volta ad ottenere la declaratoria dell’estinzione per non uso ventennale del diritto di passaggio costituito sulla proprietà condominiale con scrittura privata autenticata del 12.12.1989.
Si trattava, come è evidente, di un’azione volta a conseguire l’accertamento dell’ inesistenza di un diritto reale altrui sul bene condominiale per intervenuta estinzione per non uso.
La Corte d’appello, pur partendo dalla premessa che si trattava di un’azione di estinzione di un diritto di terzi gravante sul bene condominiale, ha fatto erroneo riferimento all’art.1108, comma 3 c.p.c. -applicabile al condominio per il rinvio contenuto nell’art.1139 c.c. alle norme sulla comunione – che richiede il consenso unanime di tutti i condomini per la costituzione di una servitù sulle parti comuni dell’edificio.
L’art.1108 c.c. deroga al principio maggioritario nelle ipotesi di alienazione di beni condominiali o di costituzione di diritti reali o di locazioni ultranovennali in quanto si tratta di atti dispositivi che importano un sacrificio per i condomini mentre, nel caso di specie, l’azione di estinzione per non uso della servitù di passaggio su un
bene condominiale era volta a liberare il Condominio da un peso e non aveva affetto alcuna ricaduta negativa sul diritto dei singoli condomini. La fattispecie è completamente diversa.
Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c., per violazione del c.d. giudicato interno ex artt. 324 c.p.c. e 2909 c.c., con riferimento alla declaratoria del difetto di legittimazione attiva in capo ai condomini NOME COGNOME e NOME COGNOME perché la Corte d’Appello di Trieste ha negato la legittimazione ad agire dei singoli condomini NOME COGNOME NOME COGNOME, che era stata affermata dal Tribunale, senza che vi fosse specifica impugnazione sul punto, sicché sulla questione si sarebbe formato il giudicato interno.
Il motivo è fondato.
A prescindere dal rilievo che l”actio negatoria servitutis” può essere proposta da uno solo dei proprietari del bene (tra le tante, Sez. 2, Sentenza n. 4658 del 08/05/1998), osserva il Collegio che il Tribunale riconosciuto la legittimazione dei singoli condomini e tale statuizione non era stata impugnata dal Comune di Pordenone, le cui contestazioni erano limitate unicamente alla legittimazione attiva dell’amministratore del Condominio, sicchè sulla questione si era formato il giudicato interno.
E’ logicamente assorbito il quarto motivo, con il quale si deduce la violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, n. 3 c.p.c.: violazione degli artt. 24 Cost, 81 c.p.c., 949 c.c., 1108 c.c., 1073 c.c. e 2939 c.c., per non avere la Corte d’appello riconosciuto la legittimazione attiva dei singoli condomini nelle azioni che hanno ad oggetto la tutela della cosa comune.
Il ricorso deve, pertanto, accolto; la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di Appello di Trieste in diversa composizione, che regolerà le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie i primi tre motivi di ricorso, dichiara assorbito il quarto, cassa la sentenza impugnata in ordine ai motivi accolti con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Trieste in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione