Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 279 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 279 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 07/01/2025
ORDINANZA
sui ricorsi riuniti n. 16707/2023 r.g. e n. 2885/2024 proposti da:
NOME NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO per procura in calce al ricorso.
-ricorrente
e controricorrente nel ricorso rg 2885/2024 contro
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA, in persona dei curatori pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME del Foro di Milano e presso di lui domiciliato a Milano, INDIRIZZO
-controricorrente
e ricorrente nel ricorso rg 2885/2024 –
avverso il decreto cron. n. 949/23 emesso il 24.7.2023 dal Tribunale di Monza, nel giudizio di impugnazione del credito ammesso RG n. 54/2023,
pubblicato in data 27.7.2023 e non notificato; nonché avverso il decreto n. 11/2024 emesso dal Tribunale di Monza in data 21 dicembre 2023, pubblicato in data 6 gennaio 2024 e comunicato dalla cancelleria in data 8 gennaio 2024; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/12/2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con il provvedimento impugnato di cui al cron. n. 949/23 il Tribunale di Monza h a accolto l’impugnazione ex art. 98 l. fall. presentata dal Fallimento RAGIONE_SOCIALE quale terzo creditore tardivo, e ha escluso integralmente il credito di NOME COGNOME dallo stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE
Il COGNOME aveva chiesto infatti di essere ammesso al passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE per due titoli, consistenti il primo in prestazioni professionali svolte in favore della società ed il secondo nel pegno sulle quote del capitale sociale .
Il g.d., in relazione alla richiesta di ammissione ‘in via chirografaria postergata’ per €3.259.012,00 in forza del pegno costituito in favore del COGNOME mediante assegnazione diretta al creditore pignoratizio delle quote, aveva – per quanto qui ancora di interesse – ammesso il predetto credito, in via chirografaria postergata, in ragione del pegno costituito sulle quote sociali.
Il Fallimento RAGIONE_SOCIALE ha proposto impugnazione ex art. 98 l. fall. avverso il predetto provvedimento di ammissione allo stato passivo in favore del COGNOME, deducendo, in via preliminare, la sussistenza della sua legittimazione ad impugnare (avendo proposto insinuazione allo stato passivo con domanda ancora sub iudice ) e, nel merito, l’e rroneità della domanda di insinuazione del COGNOME, in quanto la fallita RAGIONE_SOCIALE non sarebbe stata debitrice del COGNOME per il prezzo di cessione delle quote, essendo debitrici invece le sole RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e perché non sarebbe stata sussistente una pretesa azionabile da parte di COGNOME, né sarebbe stato escutibile il pegno.
5. Si costituiva nel giudizio di impugnazione il COGNOME, eccependo la tardività nella presentazione della impugnazione ex art. 98 l. fall. da parte del Fallimento RAGIONE_SOCIALE, nonché la carenza di legittimazione attiva di quest’ultimo ad impugnare in quanto il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non era stato ancora ammesso allo stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE; avanzava il COGNOME altresì richiesta di sospensione ex art. 295 c.p.c. del giudizio di impugnazione, fino all’esito dell’istanza di ammissione tardiva ; nel merito il COGNOME insisteva per la legittimità della sua insinuazione al passivo perché il credito era garantito da pegno sulle quote sociali.
6. Il Tribunale ha rilevato che: (i) il credito ammesso del COGNOME doveva essere espunto dallo stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE; (ii) quanto alla legittimazione e al l’interesse a promuovere impugnazione da parte del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, occorreva infatti applicare quell’orientamento giurisprudenziale di legittimità -avallato altresì dalla dottrina -in forza del quale la legittimazione dell’impugnante deve ritenersi sussistente sin tanto che il credito insinuato tardivamente si trovi sub iudice ; (ii) più precisamente, la legittimazione a far valere tale rimedio doveva essere negata, in via pregiudiziale di rito, al solo creditore che non avesse presentato la domanda di insinuazione o al creditore (tempestivo o tardivo che fosse) che, pur avendola presentata, l’a vesse vista respingere e non avesse proposto opposizione, creditore il quale, essendo stato definitivamente escluso dallo stato passivo, non avrebbe potuto più affermare di essere titolare di un credito concorsuale; (iii) occorreva pertanto negare la legittimazione al solo creditore escluso definitivamente con pronuncia di rigetto non opposta ovvero opposta e confermata; (iv) con la conseguenza che sussisteva l’interesse ad impugnare per il creditore sub iudice, in quanto anche per questi, sino a che non fosse intervenuta una pronuncia definitiva di rigetto, sussisteva un interesse connesso alla prospettiva di conseguire un miglioramento delle prospettive di soddisfacimento in caso di ammissione; (v) la produzione documentale del 14.07.2023 risultava pertanto irrilevante, in quanto – al momento della proposizione del giudizio – la domanda del RAGIONE_SOCIALE non era stata ancora esaminata, con la conseguenza che, pertanto, l ‘ impugnazione doveva ritenersi ammissibile;
(vi) non essendo, poi, ancora decorso il termine per l’opposizione allo stato passivo – che il RAGIONE_SOCIALE avrebbe potuto ancora promuovere – doveva ritenersi persistente in capo all’impugnante tanto la legittimazione, quanto l’interesse ad agire ; (vii) quanto alla richiesta di sospensione ex art. 295 c.p.c., i soggetti, gli oggetti e i riti dei due giudizi dovevano far ritenere insussistente qualsiasi forma di pregiudizialità giuridica intercorrente tra i gli stessi, (viii) quanto, poi, all ‘asserita tardività dell’impugnazione , occorreva applicare in via analogica l’art. 327 c.p.c. , tale norma, infatti, identificando, secondo gli insegnamenti del giudice di legittimità, il principio generale secondo cui, decorsi sei mesi dalla pubblicazione del provvedimento assunto in fase decisionale, non possono più essere proposte le impugnazioni ordinarie; (ix) inoltre, il RAGIONE_SOCIALE non era tenuto a presentare il ricorso di impugnazione ex art. 98 l.f. contestualmente all’istanza tardiva di ammissione al passivo, non essendo ricorrente il presupposto della medesimezza dei crediti insinuati, dovendosi invece ritenere diversi i titoli (da un lato il pegno sulle quote sociali, dall’altro la restituzione di somme versate alla società a titolo di finanziamento soci), con la conseguenza che, astrattamente, l’accoglimento del credito dell’uno non avrebbe escluso l’accoglimento del credito dell’altro ; (x) considerato che l’esecutività dello stato passivo era stata dichiarata in data 16.06.2022 e che le impugnazioni dello stato passivo non si sottraevano al principio della sospensione dei termini durante il periodo feriale, occorreva concludere nel senso che il RAGIONE_SOCIALE avesse promosso il proprio ricorso tempestivamente, e cioè in data 3.01.2023, entro il termine individuato , ai sensi dell’art. 327 c.p.c., nella data del 16.01.2023; (xi) nel merito, COGNOME non era tuttavia creditore della fallita, bensì dei soci della stessa, in quanto le sole debitrici del RAGIONE_SOCIALE sarebbero state la RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE; (xii) il pegno sulle quote sociali cristallizzava infatti un credito del RAGIONE_SOCIALE nei confronti delle società con le quali aveva instaurato un rapporto obbligatorio – poi rimasto inadempiuto – nel 2010, dovendosi ritenere, in altri termini, che debitrici del RAGIONE_SOCIALE fossero solo le titolari delle quote sociali oggetto di pegno e non la società fallita.
Il decreto, pubblicato il 27.7.2023, è stato impugnato da NOME COGNOME con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il ricorrente COGNOME ha depositato memoria.
In relazione alla seconda causa pendente innanzi a questa Corte e di cui al n. rg. 2885/2024, i fatti processuali possono essere riassunti nei termini che seguono.
7.1 Con ricorso ex art. 101 l. fall. in data 15 novembre 20221, il Fallimento RAGIONE_SOCIALE chiedeva l’ammissione dei propri crediti nel passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE, allegando che: RAGIONE_SOCIALE era titolare di una partecipazione pari all’87,20% del capitale sociale di RAGIONE_SOCIALE; RAGIONE_SOCIALE, apertosi il fallimento di RAGIONE_SOCIALE, vantava nei confronti di quest’ultima crediti, costituiti da versamenti effettuati a favore della stessa controllata, complessivamente pari a € 1.372.834,852.
7.2 Il Giudice Delegato così disponeva: – gli importi insinuati costituivano dei finanziamenti e non già degli apporti a capitale; – il creditore pignoratizio era privo dei poteri dispositivi di tale diritto di credito, con la conseguenza che la delibera di approvazione del bilancio al 31.12.2020 rendeva irrilevante la riclassificazione dei suddetti importi nella voce ‘versamenti in conto capitale’; – nonostante tutto questo, i crediti insinuati andavano considerati tacitamente rinunciati dal socio in considerazione del fatto che: (i) il bilancio al 31.12.2020 non veniva impugnato (ii) RAGIONE_SOCIALE allegava alla propria domanda concordataria un prospetto dello stato patrimoniale di contenuto analogo (anche in punto di riclassificazione dei crediti soci) a quello di cui al bilancio al 31.12.2020 approvato dal creditore pignoratizio.
7.3 Con ricorso datato 27 luglio 2023, il Fallimento RAGIONE_SOCIALE presentava opposizione contro lo stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE e, instauratosi il contraddittorio in esito alla costituzione in giudizio della curatela del Fallimento RAGIONE_SOCIALE e del controinteressato dott. COGNOME, il Tribunale di Monza respingeva l’opposizione in forza delle seguenti motivazioni: (1) ‘in seno alla contabilità della fallita RAGIONE_SOCIALE i versamenti effettuati dai soci a favore della società ‘ risultavano
appostati alla voce ‘debiti verso soci’ sino al 31.12.2019; (2) con l’approvazione del bilancio al 31.12.2020 avvenuta in data 27.1.2021, con voto favorevole del dott. NOME NOME COGNOME titolare del diritto di pegno sul 100% del capitale sociale, con diritto di voto -tali somme erano state riclassificate come ‘versamenti soci in capitale’ e, per l’effetto, non più ripetibili; (3) l’approvazione del bilancio era stata preceduta dalla riunione in data 11.01.2020 del Consiglio di Amministrazione di RAGIONE_SOCIALE tenutasi per predisporre il progetto di bilancio ( relativo all’annualità 2020) e convocare l’assemblea ordinaria per l’approvazione dello stesso; (4) (…) nel verbale della predetta riunione, allegato alla memoria di costituzione del dott. COGNOME si constatava che alla predisposizione del bilancio -nel quale era stata operata la riqualificazione delle somme -aveva partecipato anche NOME COGNOME in proprio, nonché, in qualità sia di Presidente del Consiglio di Amministrazione della RAGIONE_SOCIALE sia di Amministratore della società RAGIONE_SOCIALE; (5) il bilancio predisposto in tale sede era stato quindi oggetto di analisi e di approvazione da parte del socio RAGIONE_SOCIALE rappresentato dal COGNOME; (6) ne conseguiva che RAGIONE_SOCIALE, socia di RAGIONE_SOCIALE e pertanto legittimata a disporre del diritto oggetto della presente opposizione, rappresentata dal COGNOME, aveva rinunciato al diritto di credito, approvando la riclassificazione degli apporti dei soci; (7) tale rinuncia non aveva trovato smentita alcuna e doveva pertanto ritenersi confermata nel verbale di assemblea convocata per l’approvazione del bilancio 2020, ove si era dato atto della presenza dei soci per l’intero capitale sociale e della presenza di NOME COGNOME; (8) il comportamento successivo tenuto dal socio RAGIONE_SOCIALE confermava tale volontà abdicativa: la delibera di approvazione del bilancio che conteneva la riqualificazione degli apporti non era stata infatti impugnata.
7.4 Il decreto, pubblicato il 6 gennaio 2024, è stato impugnato da RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I ricorsi sono riuniti per connessione.
Occorre esaminare per primo il ricorso con rg. n. 2885/2024.
1.Con il primo motivo il fallimento ricorrente RAGIONE_SOCIALE lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 1236 cod. civ., in combinato disposto con i canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1324 e 1362 cod. civ. 1.1 Ritiene censurabile per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1236, 1324 e 1362 cod. civ. il decreto impugnato, nella parte in cui il Tribunale ha affermato che ‘ COGNOME NOME, socia di RAGIONE_SOCIALE e pertanto legittimata a disporre del diritto oggetto della presente opposizione, rappresentata dal Sig. NOME COGNOME ha rinunciato al diritto di credito, approvando la riclassificazione degli apporti dei soci ‘.
1.2 Secondo il Fallimento ricorrente, invece, sarebbe erronea la sussunzione della fattispecie in esame nella categoria del negozio abdicativo. Alla luce del costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, la remissione del debito sarebbe pur sempre un atto negoziale che richiederebbe una manifestazione di volontà, anche tacita, ma in tal caso sarebbe indispensabile che la volontà abdicativa risultasse da una serie di circostanze concludenti e non equivoche, assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi del diritto di credito.
1.3 Sempre secondo il ricorrente, l’errore di sussunzione sarebbe reso evidente dalla violazione e/o falsa applicazione dei criteri ermeneutici, vizi che avrebbero condotto il Tribunale ad esprimere un’interpretazione non plausibile, in quanto non confortata né dal dato letterale né (in subordine) dagli ulteriori canoni contemplati dagli artt. 1362 e ss. cod. civ.
1.4 La doglianza così articolata è inammissibile.
Il fallimento ricorrente pretende, invero, un nuovo apprezzamento in fatto degli elementi probatori, già scrutinati dai giudici del merito, per la valutazione giudiziale del profilo della esistenza o meno di una volontà negoziale abdicativa del diritto di credito invece azionato in sede endoconcorsuale, e ciò tramite la violazione -peraltro dedotta in termini
estremamente generici -dei canoni interpretativi dettati dagli artt. 1362 e segg. cod. civ.
Sul punto, è utile ricordare che, secondo la consolidata giurisprudenza espressa da questa Corte in tema di interpretazione del negozio, il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (Cass. sez. 3, sentenza n. 2465 del 10/02/2015; n. 2074 del 2002; vedi: n. 4178 del 2007, n. 22801 del 2009, n. 25866 del 2010). A ciò va aggiunto che – ai fini della censura di violazione dei predetti canoni ermeneutici – non è peraltro sufficiente l’astratto riferimento alle regole legali di interpretazione, ma è necessaria la specificazione dei canoni in concreto violati, con la precisazione del modo e delle considerazioni attraverso i quali il giudice se ne è discostato, nonché, in ossequio al principio di specificità ed autosufficienza del ricorso, con la trascrizione del testo integrale della regolamentazione pattizia del rapporto o della parte in contestazione, ancorché la sentenza abbia fatto ad essa riferimento, riproducendone solo in parte il contenuto, qualora ciò non consenta una sicura ricostruzione del diverso significato che ad essa il ricorrente pretenda di attribuire (cfr. anche Sez. 3, Sentenza n. 10891 del 26/05/2016). In ogni caso, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (cfr. anche Sez. 1, Sentenza n. 4178 del 2007).
Ne consegue la declaratoria di inammissibilità del primo motivo di ricorso.
Con il secondo mezzo si denuncia ‘ nullità del decreto, ex art. 360, co. 1, n. 4), cod. proc. civ., per assoluto travisamento della prova’, sul rilievo che le censure indirizzate nei confronti del decreto impugnato al motivo di ricorso immediatamente precedente potevano essere apprezzate anche sotto un diverso profilo, in considerazione del quale tale decreto risulterebbe altresì
affetto da nullità, ex art. 360, co. 1, n. 4), cod. proc. civ., avendo il Tribunale, in contraddizione con il disposto dell’art. 115 cod. proc. civ., errato nella ricognizione del contenuto oggettivo della prova, alla luce dell’impossibilità logica e giuridica di ricavare dal verbale del Consiglio di Amministrazione di RAGIONE_SOCIALE in data 11.01.2012 qualsivoglia rinuncia al credito riconducibile alla sfera giuridica del sociocreditore RAGIONE_SOCIALE
Anche il secondo mezzo è inammissibile.
2.1 Il ricorrente invoca un ‘assoluto travisamento della prova’ in relazione all’apprezzamento del contenuto del predetto verbale datato 11.1.2012 , apprezzamento dal quale il Tribunale aveva ricavato l’affermata rinuncia al credito da parte del socio-creditore NOME
Il ricorrente tuttavia non veicola la doglianza così proposta attraverso i paradigmi applicativi delineati dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità. Ed invero, le Sezioni Unite hanno definitivamente chiarito che «Il travisamento del contenuto oggettivo della prova, il quale ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé, e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio, trova il suo istituzionale rime dio nell’impugnazione per revocaz ione per errore di fatto, in concorso dei presupposti richiesti dall’articolo 395, n. 4, c.p.c., mentre, ove il fatto probatorio abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare, e cioè se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti, il vizio va fatto valere, in concorso dei presupposti di legge, ai sensi dell’articolo 360, nn. 4 e 5, c.p.c., a seconda si tratti di fatto processuale o sostanziale» (Sezioni Unite civili, sentenza n. 5792 del 5 marzo 2024).
Ma anche al di là di tale difetto di articolazione del vizio, nella duplice formulazione sopra prospettata (per altro, in un caso da farsi valere innanzi al giudice a quo), il fallimento ricorrente, tramite la deduzione del vizio di violazione dell’art. 115 c.p.c., pretende, ancora una volta, un nuovo scrutinio del contenuto della prova documentale sopra rammentata, scrutinio invece non consentito in questo giudizio di legittimità (v. anche: Cass., Sez. U., Sentenza n. 20867 del 30/09/2020; Cass. ord. n. 16016/2021).
Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per nullità del decreto di rigetto dell’opposizione allo stato passivo del Tribunale di Monza per omessa pronuncia.
3.1 Il motivo di ricorso, declinato con il terzo mezzo, è anch’esso inammissibile perché oggetto della denunziata omessa pronuncia sarebbero domande che avrebbero dovuto essere comunque dichiarate inammissibili in sede di giudizio di opposizione allo stato passivo, riguardando profili di censura nuovi introdotti dalla parte opponente per ampliare il thema decidendum già invece definitivamente cristallizzato con la domanda di insinuazione al passivo (Cass. sez. 1, 15/06/2023, n.17133).
La declaratoria di inammissibilità del ricorso presentato da RAGIONE_SOCIALE (ricorso con r.g. n. 2885/2024) determina necessariamente, sulla scorta dei principi già affermati da questa Corte nel precedente Cass. 41511/2021, l’accoglimento de l primo motivo del ricorso riunito con r.g. n. 16707/2023 e l’assorbimento delle restanti censure.
4.1 Nella predetta causa con r.g. n. 16707/2023, il ricorrente COGNOME lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., in ordine alla ‘ omessa verifica della sussistenza dell’interesse ad agire …’.
4.2 Si ricorda da parte del ricorrente che il Tribunale aveva affermato che i crediti ammessi a favore del dott. COGNOME non erano in conflitto con quelli di cui aveva chiesto l’ammissione il Fallimento RAGIONE_SOCIALE Secondo il ricorrente, il conflitto sostanziale sussisterebbe poiché quelli che il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE pretende va essere finanziamenti da soci, erano stati in realtà versamenti per riserva in conto capitale: in questo secondo caso gli stessi non erano ripetibili dai soci, neanche in via postergata, in seno alla liquidazione dell’attivo e al soddisfacimento dei creditori della società fallita.
4.3 Aggiunge il ricorrente che la sua domanda era stata accolta in forza del pegno sulle quote dei soci e riguardava i residui della liquidazione dopo l’estinzione di tutti i debiti, compresi quelli eventualmente ammessi in via chirografaria postergata a favore dei soci, in quanto erano effettivi finanziamenti, ossia mutui a favore della società. Se questa distinzione fosse
vera, allora l’eventuale ammissione dei crediti del RAGIONE_SOCIALE in via chirografaria e postergata avrebbe rango comunque superiore a quello dei crediti ammessi a suo favore ex art. 118 l. fall., in via assolutamente residuale.
In tal caso, l’impugnazione del capo di ammissione del suo credito – precisa il ricorrente – non avrebbe più senso per carenza di interesse del Fallimento RAGIONE_SOCIALE ad impugnare l’ammissione del credito di un soggetto, che allo stato vanterebbe il diritto di apprendere flussi e residui della liquidazione solo all’esito della procedura concorsuale.
4.4 Con un secondo ordine di censure sempre articolate nel primo motivo di ricorso, si deduce l’erroneità della decisione impugnata s ulla omessa verifica dei requisiti di legittimazione attiva per l’impugnazione ex 98 L.F. , nonché per omessa sospensione ex art. 295 c.p.c. ai fini della verifica della sussistenza dei precitati requisiti.
Ricorda il ricorrente che, a l momento della proposizione dell’impugnazione del suo credito ammesso, il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE asseriva di essere a ciò legittimato per aver proposto l’insinuazione del suo asserito credito da socio nel passivo fallimentare della RAGIONE_SOCIALE per € 1.372.834,85, domanda che, tuttavia, al momento della proposizione del ricorso per l’impugnazione del credito ammesso era ancora era sub iudice . Contestando, mediante argomentazioni documentalmente supportate, l’esistenza del credito di cui il Fallimento RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto l’ammissione nel passivo fallimento della RAGIONE_SOCIALE, aveva sin dal principio sollevato l’eccezione di carenza di legittimazione attiva in capo al ricorrente, non avendo esso la qualità di creditore che , appunto, l’art. 98 l. f all. impone ai fini dell’impugnazione dello stato passivo. Aggiunge sempre il ricorrente che – p oiché la decisione dell’impugnazione del suo credito ammesso proposta dal Fallimento RAGIONE_SOCIALE dipendeva dall’ammissione o meno del credito di quest’ultimo nel passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE – aveva altresì chiesto di sospendere il giudizio di impugnazione ex art. 295 c.p.c. sino all’esito dell’esame delle domande tardive da parte del Fallimento RAGIONE_SOCIALE Aggiunge sempre il ricorrente che, all’udienza dell’11.7.2023, il Giudice Delegato, aveva escluso
i crediti dei soci della RAGIONE_SOCIALE dal passivo fallimentare della società fallita RAGIONE_SOCIALE, tra cui quelli oggetto di insinuazione del Fallimento RAGIONE_SOCIALE, sulla base della quale quest’ultima aveva promosso l’impugnazione del suo credito ammesso. Il Tribunale di Monza, richiamando tuttavia la decisione del giudice di legittimità n. 41511 del 27.12.2021, aveva ritenuto che sussistesse ‘ l’interesse ad impugnare per il creditore sub iudice, atteso che anche per questi, sino a che non interviene una pronuncia definitiva di rigetto, sussiste un interesse connesso alla prospettiva di conseguire un miglioramento delle prospettive di soddisfacimento in caso di ammissione ‘. Il collegio giudicante, peraltro, aveva ritenuto inammissibile l’istanza promossa in via preliminare di sospendere ex art. 295 c.p.c. il giudizio di impugnazione sino all’esito delle domande tardive di ammissione al passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE, stabilendo la sussistenza della legittimazione processuale avversaria solo sulla base della presentazione della domanda al passivo, ma in assenza di un provvedimento inoppugnabile di accertamento della sua qualità di creditore, e non tenendo tuttavia conto di quanto la Corte di cassazione, con la medesima sentenza sopra ri chiamata, aveva altresì statuito, ossia ‘ che le interferenze processuali derivanti dalla possibile, contestuale pendenza del procedimento di impugnazione del credito ammesso proposto dal creditore tardivo e del procedimento di verifica della domanda tardiva dallo stesso avanzata e non ancora esaminata (come pure dalla possibile contestuale pendenza dell’opposizione e dell’impugnazione allo stato passivo, proposte dal creditore – tempestivo o tardivo – che insista per l’accoglimento della propria domanda e per l’esclusione, totale o parziale, di altro credito già ammesso) potranno trovare soluzione, ove non sia possibile la riunione dei giudizi, attraverso il ricorso all’istituto della sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c. ‘. Ne conseguiva che l ‘omessa sospensione del giudizio di impugnazione del credito ammesso aveva impedito di fatto l’accertamento della sussistenza del requisito della legittimazione attiva e aveva esposto le parti al possibile contrasto tra giudicati che il principio sopra enunciato mirava ad evitare.
4.4 Come già sopra evidenziato, la declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione che riguarda il diniego di ammissione al passivo del creditore tardivo RAGIONE_SOCIALE determina, come necessaria conseguenza, l’accoglimento del m otivo di ricorso da ultimo riportato in punto di carenza di legittimazione attiva ad impugnare da parte del RAGIONE_SOCIALE, ex art. 98 l. fall., l’ammissione al passivo dell’altro creditore (concorrente) Bissanti, alla luce di quanto affermato già da questa Corte nel più volte richiamato precedente Cass. 41511/2021.
4.5 E’ stato infatti affermato nell’arresto da ultimo citato che, i n tema di opposizione allo stato passivo fallimentare, l’interesse all’impugnazione dei crediti tempestivi di colui che abbia avanzato domanda di ammissione tardiva allo stato passivo sorge sin dal momento della proposizione di tale domanda e permane sino a quando l’impugnante non veda definitivamente accertata l’insussistenza del suo diritto a partecipare al concorso, salva l’ipotesi che il credito in contestazione venga definitivamente soddisfatto in sede di riparto prima che la domanda tardiva sia stata esaminata.
Ebbene, l’evenienza sopra ricordata, e cioè l’accertamento dell’insussistenza del diritto alla partecipazione al concorso in capo al terzo creditore tardivo -che aveva impugnato, ai sensi dell’art. 98 l. fall., l’ammissione al passivo del creditore (concorrente) tempestivo COGNOME -è, ora, intervenuta, in via definitiva, proprio con la declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione sopra decretata in relazione alla causa con rg. 2885/2024.
Ciò impone l’accoglimento del primo motivo articolato dal COGNOME.
I restanti motivi rimangono invece assorbiti.
Con il secondo mezzo si deduce, infatti, violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., dell’art. 99 l. fall. in punto di mancato accertamento della tardività dell’impugnazione promossa dal RAGIONE_SOCIALE
Con il terzo motivo si censura, inoltre, il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., in ordine all ‘ illegittima esclusione dal passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE del credito del dott. COGNOME garantito da pegno trascritto sulle quote della medesima società fallita.
7. In via definitiva va dunque dichiarato inammissibile il ricorso con r.g. 2885/2024 ed accolto, invece, il primo motivo del ricorso con r.g. n. 16707/2023, con assorbimento dei restanti motivi.
Ciò determina la cassazione senza rinvio, ai sensi dell’art. 382, u.c., c.p.c., del decreto cron. n. 949/23 emesso il 24.7.2023 dal Tribunale di Monza perché, appunto, la domanda di impugnazione era inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità e di quelli di merito vanno integralmente compensate in ragione della peculiarità della vicenda processuale sopra descritta.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente RAGIONE_SOCIALE dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
previa riunione tra i giudizi r.g. 16707/2023 e r.g. 2885/2024, dichiara inammissibile il ricorso con r.g. 2885/2024; accoglie il primo motivo del ricorso con r.g. n. 16707/2023, con assorbimento dei restanti motivi; cassa senza rinvio il decreto con cron. n. 949/23, emesso il 24.7.2023 dal Tribunale di Monza; compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente RAGIONE_SOCIALE , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello , se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 10.12.2024