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Legittimazione ad impugnare: chi può contestare?

La Cassazione chiarisce la legittimazione ad impugnare di un convenuto. Un Comune, condannato per danni ambientali, non può appellare la declaratoria di inammissibilità della chiamata in causa di terzi responsabili, se la chiamata è stata effettuata da altri convenuti e il Comune non ha proposto domande proprie contro i terzi.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Legittimazione ad impugnare e Chiamata del Terzo: la Cassazione fa chiarezza

La legittimazione ad impugnare rappresenta un pilastro del diritto processuale, stabilendo chi ha il diritto di contestare una decisione giudiziaria. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento su questo principio in un contesto processuale complesso, che vede coinvolti più convenuti e una chiamata in causa di terzi. La pronuncia analizza il caso di un Comune che, pur essendo stato condannato insieme ad altre amministrazioni, ha tentato di impugnare la decisione di inammissibilità della chiamata in causa effettuata non da lui, ma da altri convenuti. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti di Causa: una complessa vicenda di danno ambientale

La vicenda trae origine dalla richiesta di risarcimento danni avanzata dal proprietario di un’azienda agricola, danneggiata dall’interramento illecito di rifiuti chimici tossici provenienti da uno stabilimento industriale. L’imprenditore agricolo citava in giudizio diverse Amministrazioni Pubbliche, tra cui il Ministero dell’Ambiente, il Ministero della Salute, la Regione, la Città Metropolitana e un Comune, chiedendone la condanna in solido.

Alcune delle Amministrazioni convenute (ma non il Comune) si costituivano in giudizio e chiedevano di chiamare in causa le società ritenute le vere responsabili dell’inquinamento, al fine di essere manlevate da ogni pretesa. Il Comune si costituiva tardivamente, senza formulare domande specifiche nei confronti delle società terze chiamate in causa.

La decisione dei giudici di merito

Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda dell’agricoltore, condannando in solido tutti i convenuti al risarcimento del danno. Al contempo, dichiarava inammissibili le domande proposte dalle Amministrazioni chiamanti nei confronti delle società terze, poiché la domanda risarcitoria dell’attore non era stata automaticamente estesa a queste ultime né era stata configurata una valida azione di regresso.

A seguito degli appelli proposti dalle Amministrazioni soccombenti, la Corte d’Appello confermava integralmente la sentenza di primo grado, ribadendo l’inammissibilità della chiamata in causa. A questo punto, il solo Comune decideva di ricorrere per cassazione, lamentando l’erroneità della decisione d’appello che aveva confermato l’inammissibilità.

Il Ricorso in Cassazione e la questione sulla legittimazione ad impugnare

Con il suo ricorso, il Comune sosteneva di avere un interesse concreto a veder riconosciuta la responsabilità delle società terze. Secondo la sua tesi, l’ingresso di queste ultime nel processo avrebbe dovuto comportare un’estensione automatica della domanda originaria dell’attore, con la conseguenza di poter escludere o ridurre la propria quota di responsabilità. La questione centrale sottoposta alla Suprema Corte era, quindi, se il Comune avesse la legittimazione ad impugnare una statuizione relativa a un rapporto processuale (quello tra le altre Amministrazioni e le società terze) al quale non aveva preso parte attiva, non avendo né effettuato la chiamata né formulato domande proprie.

Le motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso del Comune inammissibile per carenza di legittimazione ad impugnare. I giudici hanno chiarito un punto processuale fondamentale: un convenuto non può impugnare una statuizione che riguarda la chiamata in causa di un terzo effettuata da un altro convenuto, se non ha a sua volta proposto una domanda nei confronti del terzo chiamato.

Nel caso specifico, il Comune non aveva mai chiesto la chiamata in causa delle società né aveva formulato domande per accertarne la responsabilità o per essere da loro manlevato. Di conseguenza, il rapporto processuale oggetto della declaratoria di inammissibilità era unicamente quello tra le Amministrazioni che avevano effettuato la chiamata e le società chiamate. Il Comune era rimasto estraneo a tale rapporto.

La Corte ha specificato che, non essendo stata impugnata dalle parti direttamente interessate (le Amministrazioni chiamanti), la decisione sull’inammissibilità della chiamata in causa era passata in giudicato nei confronti di tutti, incluso il Comune. Si è formato un cosiddetto “giudicato interno” che ha reso la questione non più discutibile. Pertanto, il Comune non aveva più titolo per contestare quella statuizione mediante una propria autonoma impugnazione.

Conclusioni: implicazioni pratiche della pronuncia

Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale per le cause con una pluralità di parti: l’inerzia processuale ha conseguenze definitive. Un convenuto che intenda beneficiare della presenza di un terzo in giudizio, ritenendolo il vero responsabile, non può fare affidamento sull’iniziativa di altri co-convenuti. È indispensabile che formuli una specifica e autonoma domanda nei confronti del terzo per poter poi, in caso di esito sfavorevole, avere la legittimazione a impugnare la relativa decisione. In assenza di un’iniziativa diretta, si perde il diritto di contestare le statuizioni che regolano i rapporti processuali altrui, anche se queste possono avere un impatto indiretto sulla propria posizione.

Un convenuto può impugnare una decisione che riguarda una chiamata in causa effettuata da un altro convenuto?
No, secondo la Corte, un convenuto non ha legittimazione ad impugnare la statuizione sulla chiamata in causa di un terzo effettuata da un altro co-convenuto, se non ha a sua volta proposto una domanda autonoma nei confronti del terzo chiamato.

Cosa significa che una statuizione è coperta da “giudicato interno”?
Significa che una specifica parte della sentenza, che decide una questione tra alcune parti, se non viene impugnata da queste ultime diventa definitiva e non può più essere messa in discussione nel prosieguo del giudizio, neppure dalle altre parti che non erano direttamente coinvolte in quella specifica questione.

Qual è il requisito fondamentale per avere legittimazione ad impugnare una sentenza?
Il requisito fondamentale è avere un interesse giuridicamente rilevante. Ciò significa che la parte che impugna deve aver subito un pregiudizio diretto dalla decisione che contesta e deve poter ottenere un vantaggio concreto dalla sua eventuale riforma. Nel caso di specie, il Comune non aveva questo interesse diretto perché non aveva formulato alcuna domanda contro i terzi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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