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Legittimazione ad agire: Riscossione e Crediti INPS

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Agente della Riscossione contro una sentenza che aveva accertato la prescrizione di crediti previdenziali. La decisione si fonda sul principio della carenza di legittimazione ad agire dell’Agente, il quale non può contestare il merito della pretesa contributiva (come la prescrizione), competenza che spetta esclusivamente all’ente impositore, in questo caso l’istituto di previdenza.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Legittimazione ad Agire: l’Agente di Riscossione non può contestare la prescrizione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale nel contenzioso sui crediti previdenziali, chiarendo i confini operativi dell’Agente della Riscossione. La questione centrale riguarda la legittimazione ad agire: chi ha il diritto di contestare in giudizio una decisione che dichiara un debito estinto per prescrizione? La Corte ha stabilito che tale potere spetta unicamente all’ente creditore (come l’INPS) e non all’agente incaricato della sola riscossione.

I Fatti di Causa

Un contribuente si opponeva a delle cartelle di pagamento relative a crediti previdenziali, sostenendo che il diritto a riscuoterli si fosse estinto per prescrizione. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello davano ragione al cittadino, confermando l’avvenuta prescrizione dei crediti. L’Agente della Riscossione, non accettando la decisione, proponeva ricorso per cassazione, lamentando due aspetti: in primo luogo, la presunta carenza di interesse del contribuente ad agire in giudizio e, in secondo luogo, un’errata valutazione da parte dei giudici delle prove relative alla notifica degli atti interruttivi della prescrizione.

La Decisione della Corte: la carenza di legittimazione ad agire dell’Agente

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso dell’Agente della Riscossione inammissibile, senza neppure entrare nel merito delle questioni sollevate. La decisione si fonda su un presupposto procedurale fondamentale: la carenza di legittimazione ad agire del concessionario.

Secondo la Suprema Corte, l’Agente della Riscossione è un soggetto incaricato di recuperare materialmente le somme, ma non è il titolare del credito. La titolarità del diritto, e quindi l’interesse a contestare questioni che ne riguardano l’esistenza o l’estinzione (come la prescrizione), appartiene esclusivamente all’ente impositore, in questo caso l’istituto di previdenza.

Il Principio delle Sezioni Unite

Questa posizione si allinea a un orientamento consolidato, sancito in particolare da una pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione (n. 7514/2022). Tale sentenza ha chiarito che, in materia di riscossione di crediti previdenziali, la legittimazione a contraddire nel merito della pretesa contributiva spetta solo all’ente impositore. L’Agente della Riscossione non può sostituirsi ad esso per difendere un diritto che non è suo, in applicazione del principio generale previsto dall’art. 81 del codice di procedura civile, che vieta di far valere in giudizio un diritto altrui in nome proprio, salvo i casi espressamente previsti dalla legge.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si concentrano sulla natura del difetto di legittimazione. Questo non è un semplice vizio formale, ma una condizione fondamentale dell’azione giudiziaria. La sua assenza può e deve essere rilevata d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo, purché non si sia già formato un giudicato interno sul punto. Nel caso specifico, l’Agente della Riscossione, impugnando una statuizione sulla prescrizione, ha tentato di agire su un terreno che non gli compete, ovvero il merito della pretesa. La prescrizione, infatti, incide direttamente sulla sostanza del diritto di credito. Poiché l’Agente non è titolare di tale diritto, non ha alcun interesse giuridicamente tutelato a impugnare una sentenza che ne dichiara l’estinzione. Il suo ricorso è stato quindi giudicato inammissibile in radice, poiché proposto da un soggetto privo del potere di farlo.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre importanti indicazioni pratiche. Per i cittadini, significa che qualsiasi discussione sul merito di un debito previdenziale (validità, importo, prescrizione) deve essere condotta nei confronti del vero creditore, ossia l’ente previdenziale. Per l’Agente della Riscossione, rappresenta un chiaro monito sui limiti del proprio ruolo: è un esattore, non il titolare del credito. Non può quindi spendere risorse pubbliche e intasare i tribunali con ricorsi su questioni di merito che non ha la legittimazione a trattare. La decisione contribuisce a una maggiore chiarezza nei ruoli processuali e a una più efficiente gestione del contenzioso, evitando che i giudizi vengano portati avanti da soggetti non legittimati.

Chi ha il diritto di contestare in giudizio una decisione riguardante la prescrizione di un debito previdenziale?
Secondo la Corte di Cassazione, la legittimazione a contraddire in ordine al merito della pretesa contributiva, inclusa la questione della prescrizione, compete esclusivamente all’ente impositore (es. INPS) e non all’Agente della Riscossione.

L’Agente della Riscossione può fare ricorso contro una sentenza che dichiara prescritto un credito previdenziale?
No. L’ordinanza stabilisce che l’Agente della Riscossione non ha interesse né legittimazione ad impugnare le statuizioni che vertono sul merito della pretesa, come la prescrizione. Di conseguenza, un suo eventuale ricorso su questo punto è inammissibile.

Cosa succede se l’Agente della Riscossione presenta un ricorso senza avere la legittimazione ad agire?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che i giudici non esaminano il merito delle questioni sollevate, ma si fermano alla constatazione del difetto di legittimazione. Inoltre, l’Agente ricorrente può essere condannato a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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