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Legittimazione ad Agire: nonni non possono impugnare

Una coppia omogenitoriale femminile otteneva la trascrizione in Italia dell’atto di nascita del figlio nato da maternità surrogata all’estero. A seguito della separazione, i genitori della madre genetica avviavano un’azione per la rettifica dell’atto, al fine di rimuovere il nome della madre intenzionale. La Corte di Cassazione ha dichiarato il loro ricorso inammissibile, negando la sussistenza della loro legittimazione ad agire. La sentenza chiarisce che i nonni, avendo agito come meri interventori a sostegno del Pubblico Ministero (che non ha impugnato la decisione d’appello), non possiedono un diritto autonomo di impugnazione.

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Legittimazione ad Agire: i Nonni Non Possono Impugnare l’Atto di Nascita del Nipote

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema tanto delicato quanto complesso, stabilendo i confini della legittimazione ad agire dei familiari nella procedura di rettifica degli atti dello stato civile. Il caso riguarda l’impugnazione promossa dai nonni per far rimuovere dall’atto di nascita del nipote il nome della madre intenzionale, a seguito della separazione della coppia omogenitoriale femminile. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo chiarimenti cruciali sul ruolo dei privati e del Pubblico Ministero in queste vicende.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dalla storia di una coppia di donne, unite in matrimonio a New York, che decidevano di avere un figlio tramite gestazione per altri (GPA) negli Stati Uniti. L’atto di nascita, formato in California, indicava entrambe come genitori. Successivamente, questo documento veniva regolarmente trascritto nei registri dello stato civile del Comune di Bari.

Dopo la fine della loro relazione sentimentale, il Pubblico Ministero avviava un’azione legale per la rettifica dell’atto di nascita, chiedendo la cancellazione del nome della madre non biologica (la cosiddetta “madre intenzionale”). A sostegno di tale richiesta si univano i genitori della madre biologica, ovvero i nonni materni del bambino. I giudici di primo e secondo grado respingevano la richiesta.

Contro la decisione della Corte d’Appello, proponevano ricorso in Cassazione esclusivamente i nonni. Il Pubblico Ministero, invece, prestava acquiescenza, decidendo di non impugnare la sentenza.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24369/2024, ha dichiarato il ricorso dei nonni inammissibile per difetto di legittimazione ad agire. La decisione si fonda su un’analisi rigorosa delle norme processuali che regolano l’intervento in giudizio e il diritto di impugnazione.

Le Motivazioni: la distinzione tra ruolo pubblico e interesse privato

Il cuore della motivazione risiede nella distinzione fondamentale tra la posizione del Pubblico Ministero e quella dei soggetti privati nell’azione di rettificazione degli atti dello stato civile.

1. Il Ruolo del Pubblico Ministero: La legge affida al P.M. il potere di agire “in ogni tempo” per garantire la corretta tenuta dei registri dello stato civile. Questo potere si basa su un interesse pubblico generale alla legalità e alla veridicità delle attestazioni ufficiali.

2. L’Interesse del Privato: Un privato cittadino, per poter avviare la stessa azione, deve invece dimostrare di avere un “interesse ad agire” specifico. Tale interesse deve essere personale, concreto e attuale; non può essere un generico interesse al ripristino della legalità, che è di competenza del P.M.

Nel caso specifico, i nonni non hanno allegato né provato un interesse proprio e distinto da quello generale. La loro azione era volta a sostenere la posizione del Pubblico Ministero.

L’Intervento “ad adiuvandum” e i suoi limiti

La Corte ha qualificato la partecipazione dei nonni al processo come un “intervento ad adiuvandum”. Questo significa che essi sono entrati nel giudizio non per far valere un proprio diritto autonomo, ma per sostenere le ragioni di una delle parti principali, in questo caso il Pubblico Ministero. Secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza, l’interveniente “ad adiuvandum” ha poteri processuali subordinati a quelli della parte che sostiene. Di conseguenza, non possiede un autonomo diritto di impugnazione. Se la parte principale (il P.M.) decide di non appellare la sentenza, prestandovi acquiescenza, anche l’interveniente perde la facoltà di farlo.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio cardine del nostro ordinamento processuale: la legittimazione ad agire non può essere presunta, ma deve fondarsi su un interesse giuridicamente rilevante. Nel contesto della rettifica degli atti di stato civile, i privati cittadini, inclusi i parenti stretti come i nonni, non possono sostituirsi all’organo pubblico (il Pubblico Ministero) nella tutela di un interesse generale alla legalità. Per poter agire e, soprattutto, per poter impugnare autonomamente una decisione, devono dimostrare che il provvedimento incide direttamente su una loro posizione giuridica soggettiva. In assenza di tale prova, la loro partecipazione al processo è meramente adesiva e non conferisce loro il potere di proseguire l’azione in via autonoma.

I nonni possono chiedere di modificare l’atto di nascita di un nipote?
No, secondo questa sentenza, i nonni non possono agire in autonomia per la rettifica dell’atto di nascita del nipote se non dimostrano di avere un interesse ad agire che sia concreto, personale e attuale, distinto dal generico interesse alla legalità che spetta al Pubblico Ministero.

Cos’è un “interveniente ad adiuvandum” e può impugnare una sentenza da solo?
È un soggetto che si unisce a una causa già iniziata per sostenere le ragioni di una delle parti. La Corte ha chiarito che, secondo la giurisprudenza prevalente, l’interveniente non ha un diritto autonomo di impugnazione. Se la parte che sostiene decide di non appellare (presta acquiescenza), anche l’interveniente perde il diritto di farlo.

Qual è la differenza tra la legittimazione ad agire del Pubblico Ministero e quella di un privato?
Il Pubblico Ministero può sempre agire a tutela dell’interesse pubblico per la corretta tenuta dei registri. Un privato cittadino, invece, per avere la legittimazione ad agire deve dimostrare di avere un interesse specifico e personale che verrebbe direttamente tutelato dalla modifica dell’atto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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