Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 14829 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 14829 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 1241/2021 R.G. proposto da:
COGNOME, in proprio e quale delegata condominiale ex L. 219/1981 ed amministratrice/delegata del Condominio ex L. 219/1981 di INDIRIZZO SummonteINDIRIZZO elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (Studio Legale Tramonti), rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura in atti;
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME NOME, NOME, NOME già soci della RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura in atti;
-controricorrenti –
avverso la sentenza n. 4256/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 11/12/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Osserva
La RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, esponendo di avere svolto lavori di ristrutturazione su un edificio condominiale e che era rimasto insoluto il saldo, ottenne decreto ingiuntivo, per l’importo di € 12.793,99, nei confronti di NOME COGNOMEquale amministratore del fabbricato’
La COGNOME, in proprio e in qualità d’amministratore del Condominio, chiese, oltre alla revoca del provvedimento monitorio, la condanna dell’opposta al risarcimento del danno e al pagamento della prevista penale per il ritardo, nonché la condanna alla restituzione di quanto pagato per l’acquisto di servizi igienici e infissi.
L’opposta eccepì il difetto di rappresentanza processuale e di legittimazione attiva dell’opponente, perché non munita di mandato conferitole da delibera assembleare che la legittimasse a proporre domanda riconvenzionale e nel merito dedusse l’infondatezza delle avverse pretese, chiedendo, inoltre, che l’opponente fosse condannata risarcire il danno procurato.
1.1. Il Tribunale adito, dichiarata inammissibile la domanda di risarcimento proposta dall’opposta, rigettò l’opposizione confermando il decreto ingiuntivo, tuttavia accolse in parte la domanda riconvenzionale dell’opponente, risolvendo il contratto d’appalto per colpa dell’opposta, che condannò al pagamento della somma di € 7.441,63 in favore dell’opponente.
La Corte d’appello di Napoli, investita dall’impugnazione principale di NOME COGNOME da quella incidentale del Condominio e della NOME RAGIONE_SOCIALE, nonché di NOME COGNOME dichiarò inammissibile l’appello principale e quello incidentale del
Condominio, in conseguenza dell’inammissibilità del primo, rigettò quello incidentale della RAGIONE_SOCIALE e quello incidentale di NOME COGNOME.
2.1. Rileva in questa sede ricordare che la pronuncia della Corte territoriale nega l’ammissibilità, dovendosi dissentire <>, in quanto che il contratto d’appalto era stato stipulato da NOME COGNOME in qualità di amministratore del condominio e in relazione a lavori che avevano riguardato l’edificio condominiale e, quindi, anche parti comuni.
NOME COGNOME ricorre sulla base di due motivi, ulteriormente illustrati da memoria.
NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME già soci della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, resistono con controricorso, in seno al quale, peraltro, deducono l’improcedibilità dell’appello principale <> e <>.
NOME COGNOME deposita atto avversativo di quello dei controricorrenti, che, a sua volta, noma ‘controricorso’.
In primo luogo va rilevato che per buona parte il controricorso dei COGNOME/COGNOME, del tutto impropriamente, è diretto a censurare le statuizione della sentenza d’appello, in assenza di rituale ricorso incidentale.
Trattasi, all’evidenza, di apprezzamenti e valutazioni dei quali la Corte non potrà tener conto.
Per la medesima ragione, in assenza di ricorso incidentale, risulta inconferente l’atto difensivo della controparte nomato ‘controricorso’.
Con il primo motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 75, 81, 100, 182, 327, 331 e 345 cod. proc. civ., 15, co. 1, T.U. n. 76 T.U. n. 76/1990, 111 Cost.
La ricorrente censura la declaratoria d’inammissibilità dell’appello principale proposto dalla stessa, in sintesi, sulla base dei seguenti argomenti:
-aveva proposto in primo grado l’opposizione, debitamente autorizzata dall’assemblea condominiale, quale amministratrice speciale ex l. n. 219/1981, nonché in proprio, quale <>;
-la sussistenza dell’asserito vizio di mancata convocazione dell’assemblea, sollevato dalla controparte era stata già negata dal Tribunale e il Giudice d’appello aveva obliterato i rilievi mossi dalla esponente sul punto (la ricorrente riporta le sue osservazioni in seno alla comparsa conclusionale in appello);
-la sentenza impugnata era <>;
-né il Giudice aveva scrutinato la circostanza che la ricorrente aveva promosso l’appello principale in veste di <> ex l. n. 219/1981, essendo stata designata dall’assemblea condominiale per un tal ruolo, ai sensi dell’art. 12 della citata l. 219 e dell’art. 15 T.U. n. 76/1990, pertanto, <>;
-l’esponente, ottemperando all’ordine d’integrazione del contraddittorio, aveva depositato il verbale assembleare con il quale il suo operato era stato ratificato, quindi si era avuta piena sanatoria ex art. 182 cod. proc. civ.;
pur ove si fosse ritenuto che la COGNOME avesse agito in proprio nella qualità di condomino era legittimata a chiedere il ristoro dei danni alle parti comuni e di quelli della propria esclusiva proprietà;
la ricorrente <>.
6. Il motivo è infondato.
La ricorrente appella in proprio. Questo è il punto.
La circostanza che in primo grado le fosse stata riconosciuta legittimazione è oggi priva di rilievo essendo stata la questione posta nuovamente in gioco dall’appello specifico sul punto della controparte. Impugnazione che ha imposto alla Corte d’appello di valutare se la COGNOME fosse legittimata ad impugnare in proprio la sentenza di primo grado.
La superiore osservazione priva di rilevo gli argomenti della ricorrente, per i quali la medesima avrebbe avuto mandato di agire quale amministratore speciale per la ricostruzione o il recupero dell’edificio post evento sismico, stante che non fu questa la qualità spesa di cui qui si discute, bensì quella di attrice in proprio (ciò rende inutile disquisire sulla novità del fatto ora prospettato).
Per la stessa ragione, non ha miglior fortuna l’evocazione della ‘causa inscindibile’. Il condominio è parte contrattuale complessa, necessariamente rappresentata dall’amministratore e il singolo condomino, pertanto, non è legittimato ad agire in proprio contro l’appaltatore.
Si è, infatti, avuto modo di chiarire che il condominio si pone, verso i terzi, come soggetto di gestione dei diritti e degli obblighi dei condomini, attinenti alle parti comuni, sicché l’amministratore è rappresentante necessario della collettività dei partecipanti, sia quale assuntore degli obblighi per la conservazione delle cose
comuni, sia quale referente dei relativi pagamenti. Ne consegue che non è idoneo ad estinguere il debito “pro quota” il pagamento eseguito dal condomino direttamente a mani del creditore del condominio, se tale creditore non è munito di titolo esecutivo verso lo stesso singolo partecipante (Sez. 6, n. 3636, 17/02/2014, Rv. 629424 – 01.
Sullo stesso crinale si pone il principio secondo il quale la deliberazione di approvazione delle spese, adottata dall’assemblea e divenuta inoppugnabile, fa sorgere l’obbligo dei condomini di pagare al condominio i contributi dovuti, rimanendo indipendenti l’obbligazione del singolo partecipante verso il condominio e le vicende delle partite debitorie del condominio verso i suoi creditori (Sez. 2, n. 2, n. 2049, 29/01/2013, Rv. 625051).
Ancor più chiaramente, in tema di spese per la conservazione delle parti comuni, l’obbligo del singolo partecipante di sostenere le spese condominiali, da un lato, e le vicende debitorie del condominio verso i suoi appaltatori o fornitori, dall’altro, restano del tutto indipendenti, il primo fondando sulle norme che regolano il regime di contribuzione alle spese per le cose comuni (artt. 1118 e 1123 ss. c.c.), le seconde trovando causa nel rapporto contrattuale col terzo, approvato dall’assemblea e concluso dall’amministratore in rappresentanza dei partecipanti al condominio; ne consegue che il pagamento diretto eseguito dal singolo partecipante a mani del creditore del condominio non è idoneo ad estinguere il debito “pro quota” dello stesso relativo ai contributi ex art. 1123 c.c. (Sez. 2, n. 10371, 20/04/2021, Rv. 661618 -02).
Cartina di tornasole dell’autonomia del rapporto negoziale stipulato dal condominio, rappresentato dall’amministratore con i terzi, nella specie con l’appaltatore, si rinviene in altra collegata
giurisprudenza di legittimità, secondo la quale, nel contratto di appalto il termine per la denuncia dei vizi e delle difformità dell’opera ai sensi dell’art. 1667 cod. civ., nel caso in cui il committente sia un condominio, decorre dal momento in cui l’amministratore abbia acquisito un apprezzabile grado di conoscenza obiettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dalla imperfetta esecuzione dell’opera e non dal giorno in cui l’amministratore ne renda edotti i condomini in sede assembleare, posto che rientra fra i poteri dell’amministratore il compimento degli atti conservativi di diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio, per cui è da tale momento che il condominio in persona dell’amministratore che lo rappresenta è posto in grado di agire per far valere la garanzia (Sez. 2, n. 4619, 18/05/1996, Rv. 497684; conf. Cass. nn. 10218/1994 e 5103/1995).
Il vaglio del secondo motivo, con il quale la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112 cod. proc. civ. e 111, co. 2 Cost., sul presupposto che la Corte di merito non avrebbe statuito sulle doglianze mosse con il primo motivo d’appello, riguardanti la quantificazione del credito della controparte, è precluso dal rigetto del primo motivo del ricorso.
Rigettato il ricorso nel suo complesso, il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno liquidate, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonché delle svolte attività, siccome in dispositivo, in favore del controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 5 marzo