Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 6450 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 6450 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 14641/2019 R.G. proposto da:
COGNOME c.f. CODICE_FISCALE ammessa in via anticipata e provvisoria al patrocinio a spese dello Stato con delibera 16-42019 del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Catania, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma presso l’avv. NOME COGNOME nel suo studio in INDIRIZZO
ricorrente
contro
PAGANO SALVATORE, TERZO FUSILLO CARMELA, TERZO FUSILLO IMMACOLATA
intimati avverso la sentenza n. 928/2018 della Corte d’Appello di Catania, depositata il 23-4-2018,
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28-22025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno convenuto avanti il Tribunale di Siracusa Marinella
OGGETTO:
divisione
RG. 14641/2019
C.C. 28-2-2025
COGNOME, esponendo di essere proprietarie per la quota di 4/20 ciascuna, unitamente alla convenuta comproprietaria della quota restante, di immobile sito in Carlentini, INDIRIZZO censito al catasto fabbricati al fg.88 map. 1920 sub 2 e sub 3, e hanno chiesto lo scioglimento della comunione, proponendo anche domanda di rendiconto.
Si è costituita la convenuta NOME COGNOME dichiarando che le attrici con scrittura privata 21-6-2003 avevano trasferito a suo favore le quote di comproprietà e chiedendo in via riconvenzionale declaratoria dell’avvenuto trasferimento o pronuncia e x art. 2932 cod. civ.; ha altresì chiesto in via riconvenzionale pagamento di somma per l’attività di assistenza prestata alla sorella deceduta NOME COGNOME e al marito, nonché il rimborso delle spese sostenute per i miglioramenti all’immobile.
Con sentenza n. 407/2016 depositata il 23-2-2016 il Tribunale di Siracusa ha parzialmente accolto la domanda riconvenzionale e ha dichiarato la convenuta NOME COGNOME proprietaria esclusiva dell’immobile in forza della scrittura privata del 21 -6-2003.
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quale erede di NOME COGNOME, hanno proposto appello, che è stato deciso dalla Corte d’appello di Catania con sentenza n. 928/2018 pubblicata il 23-4-2018. La sentenza rigettato l’appello proposto da NOME e da NOME COGNOME e le ha condannate alla rifusione delle spese del grado a favore dell’appellata. Ha altresì dichiarato che alla scrittura del 21-6-2003 non aveva partecipato NOME COGNOME e quindi non era avvenuta alcuna cessione della quota di 4/20 di cui era titolare la stessa, e per essa il suo erede NOME COGNOME e quindi l’immobile per la quota di un quinto era in comproprietà di NOME COGNOME per l’effetto ha disposto lo scioglimento della comunione tra NOME COGNOME e NOME
COGNOME, ha assegnato l’immobile a NOME COGNOME, ponendo a suo carico il conguaglio di Euro 10.313,00; ha altresì accolto la domanda di pagamento dei frutti civili a favore di NOME COGNOME dalla data della domanda alla decisione, per l’impo rto di Euro 3.828,44; ha rigettato le domande riproposte dall’appellata al fine di ottenere il pagamento del compenso per l’attività prestata a favore della sorella e del marito e la rifusione delle spese sopportate se non per l’importo di Euro 628,80, per il quale ha condannato NOME COGNOME al pagamento; in applicazione del principio di soccombenza, ha condannato l’appellata NOME COGNOME che si era opposta alla divisione, alla rifusione delle spese di entrambi i gradi a favore di NOME COGNOME
2.NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, illustrato con memoria.
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME sono rimasti intimati.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. avanti alla Prima Sezione di questa Corte, che con ordinanza interlocutoria n. 5223/2024 depositata il 27-2-2024 ha disposto la trasmissione degli atti alla Seconda Sezione tabellarmente competente. Rifissata l’adunanza in camera di consiglio , in prossimità della stessa la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 28-2-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Preliminarmente si dà atto che, in ragione dell’esito del giudizio, non si pone questione sulle modalità di esecuzione della notificazione del ricorso per cassazione alle parti rimaste intimate; ciò in applicazione del principio sulla ragionevole durata del processo, che impone di evitare condotte che ostacolino una sollecita definizione del
giudizio, tra le quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuale, non giustificata dalla struttura dialettica del processo; ingiustificata sarebbe nella fattispecie la fissazione di termine per documentare il perfezionamento delle notifiche ed eventualmente rinnovare le notifiche non andate a buon fine, in quanto la fissazione di tale termine si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione, senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti process uali delle parti (Cass. Sez. 1 11-3-2020 n. 6924 Rv. 657479-01, Cass. Sez. 6-3 17-6-2019 n. 16141 Rv. 654313-01, Cass. Sez. 2 21-5-2018 n. 12515 Rv. 648755-01).
2 .Con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 325, 326, 165, 347, 348 e 350 c.p.c. e 78 e 87 disp. att. c.p.c., nullità della sentenza e del procedimento, in relazione all’art. 360 n. 3 e 4 e 366 c.p.c., per non aver la Corte territoriale dichiarato inammiss ibile l’appello per avvenuta decadenza , non avendo fornito gli appellanti la prova che fosse stato proposto nei termini, e in ogni caso per non averlo dichiarato improcedibile per la tardiva costituzio ne degli appellanti in giudizio’. Evidenzia che gli appellanti, al momento della costituzione in giudizio il 25-3-2016 non hanno prodotto l’originale dell’atto di appello, ma solo una ‘velina’ con data 24-3-2016 e senza relata di notifica; aggiunge che, nel costituirsi, l’appellata non ha prodotto la copia dell’atto di appello notificat o, non ha indicato la data di notifica e ha eccepito l’inammissibilità dell’appello, riproponendo l’eccezione all’udienza di comparizione del 6 -12-2016, nella quale gli appel lanti non hanno prodotto l’originale dell’atto di appello notificato. Quindi sostiene che la Corte d’appello avrebbe dovuto dichiarare tardivo e inammissibile l’appello , a fronte della notifica della sentenza di primo grado avvenuta il 25-2-2016, e avrebbe dovuto in ogni caso dichiararlo improcedibile; aggiunge che non rileva
il fatto che la sentenza abbia dichiarato che l’appello era stato proposto con atto di citazione notificato il 24-3-2016, perché non risultava prodotto l’atto di citazione con la relata di notifica ex art. 87 disp. att. cod. proc. civ.
2.1.Il motivo è infondato.
La sentenza impugnata dichiara (pag. 3) che l’atto di citazione in appello è stato notificato in data 24-32016 e ciò comporta che l’appello è stato tempestivo, in quanto la stessa ricorrente dà atto che la sentenza di primo grado era stata notificata il 25-2-2016; non si pone neppure questione di tardiva costituzione degli appellanti, perché la stessa ricorrente deduce che la costituzione è avvenuta il 25-3-2016. Gli argomenti svolti dalla ricorrente non sono neppure finalizzati a sostenere che l’affermazi one della sentenza in ordine alla data di notifica dell’atto di appello sia stata erronea; a prescindere dal rilievo che tale tesi avrebbe evocato un errore di percezione di un dato di fatto -e perciò un errore revocatorio non rilevante in questa sede-, la stessa ricorrente presuppone che l’affermazione della sentenza sia corretta, in quanto produce (doc. 9) certificazione dell’ufficiale giudiziario del 291-2019, attestante che la notifica dell’atto di appello di cui si discute era stata eseguita e andata a buon fine il 24-3-2016.
Gli argomenti della ricorrente sono volti in sostanza a sostenere il vizio riferito al fatto che l’originale dell’atto di appello con la relata di notifica non fosse stato prodotto in causa, ma si esclude che sia necessaria l’acquisizione del fascicolo d’ufficio del grado di appello al fine di verificare tale deduzione. Infatti, come già statuito da Cass. Sez. 2 30-3-2023 n. 8951 (Rv. 667514-01) alla quale si rinvia per l’esposizione delle ragioni a sostegno del principio, la costituzione dell’appellante c on deposito della copia dell’atto di citazione -cd. velinain luogo dell’originale non determina l’improcedibilità del gravame ai sensi dell’art. 348 co. 1 cod. proc. civ., ma integra una nulli tà per
inosservanza delle forme indicate dall’art. 165 cod. proc. civ., come tale sanabile anche in virtù del principio del raggiungimento dello scopo; il raggiungimento dello scopo nella fattispecie si è verificato, per il fatto che l’appellata si è costituita e si è difesa anche nel merito.
3 .Con il secondo motivo la ricorrente deduce ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 100, 110 c.p.c. in riferimento all’art. 360 n. 3 e 4 c.p.c. -inammissibilità dell’appello per carenza di prova della legittimazione a impugnare’ e rileva che NOME COGNOME ha proposto appello quale presunto erede di NOME COGNOME senza indicare se l’eredità gli sia stata devoluta per legge o per testamento e senza fornire prova della sua qualità di erede e conseguentemente della sua legittimazione a impugnare la sentenza di primo grado. Sostiene che per tale ragione l’appello doveva essere dichiarato inammissibile per mancanza di prova della legittimazione a impugnare, senza che avesse rilievo il fatto che l’appellata avesse sollevato l’eccezione solo in c omparsa conclusionale, trattandosi di questione rilevabile d’ufficio.
3.1.Il motivo è infondato.
Secondo l’indirizzo di Cass. Sez. U 16 -2-2016 n. 2951 (Rv. 638371-01), la titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda e attiene al merito della decisione, sicché spetta all’attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione da parte del convenuto. Quindi, la titolarità della posizione soggettiva può essere provata in positivo dall’attore , ma può dirsi provata anche in forza del comportamento processuale del convenuto; in entrambi i casi non rimane spazio per il rilievo della carenza di titolarità, attiva o passiva, del rapporto controverso -che secondo la stessa Cass. 2951/2016 può essere eseguita anche d’ufficio dal giudice se risultante dagli atti di causa- in quanto tale titolarità è stata provata
e perciò acquisita in causa. In ossequio a tale principio, anche colui che, assumendo di essere erede di una delle parti originarie del giudizio, propone impugnazione, deve fornire la prova ex art. 2697 cod. civ. di tale sua qualità, in quanto attinente alla titolarità della posizione soggettiva vantata in giudizio e perciò elemento costitutivo della domanda; anche in tale caso, si deve fare salvo il riconoscimento da parte del l’appellato o lo svolgimento di difese incompatibili con la sua negazione (Cass. Sez. 3 27-9-2024 n. 25860 Rv. 672461-01).
Nella fattispecie non è ravvisabile alcun vizio nella sentenza impugnata laddove ha ritenuto NOME COGNOME erede di NOME COGNOME perché l’appellata nella sua comparsa di risposta, lungi dal rilevare l’estraneità dell’appellante NOME COGNOME al giudizio, aveva svolto difese incompatibili con la negazione della sua qualità di erede di NOME COGNOME in quanto finalizzate a opporsi nel merito all’accoglimento dell’ appello di NOME COGNOME. Nella comparsa di risposta in appello, l’appellata COGNOME non solo, alle pagg.1 e 2, ha fatto riferimento al difensore ‘degli odierni appellanti’, così presupponendo l’identità delle loro posizioni determinata dal fatto che tra gli appellanti vi era anche l’erede di una delle attrici in primo grado; nel prosi eguo della comparsa, l’appellata si è difesa nel merito dei motivi di appello, chiedendo il rigetto dell’appello e chiedendo l’accoglimento delle domande così come proposte in primo grado, nei confronti degli appellanti e senza alcuna distinzione tra le loro posizioni. Di conseguenza, non è incorsa in alcun vizio la Corte d’appello laddove ha dichiarato che NOME COGNOME era erede di NOME COGNOME senza prendere in esame la contestazione della qualità di erede eseguita dall’appellata solo in comparsa conclusionale e in memoria di replica, in quanto quella qualità era già stata acquisita in causa in ragione del le difese dell’appellata , incompatibili con la negazione della qualità di erede di NOME COGNOME Fusillo in capo a NOME COGNOME
4 .Con il terzo motivo l’appellante deduce ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 91 e 92 c.p.c. in riferimento all’art. 360 n.3 c.p.c. -illegittimità della condanna dell’appellata al pagamento delle spese processuali’ e sostiene che la Corte d’appello abbia erroneamente condannato l’appellata al pagamento delle spese processuali, che invece andavano poste a carico degli appellanti.
4.1.Il motivo è manifestamente infondato.
La sentenza ha condannato le appellanti NOME e NOME COGNOME, il cui appello è stato rigettato, alla rifusione delle spese del grado a favore di NOME COGNOME facendo applicazione del principio della soccombenza. Ugualmente, facendo piana applicazione del principio della soccombenza, considerato che l’appello e la domanda proposti da NOME COGNOME quale erede di NOME COGNOME sono stati accolti, la sentenza ha condannato l’appellata alla rifusione delle spese di primo e di secondo grado a favore di questo appellante.
5.In conclusione il ricorso è integralmente rigettato, senza nulla disporre sulle spese del giudizio di legittimità, essendo le controparti intimate.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. Infatti, l’attestazione deve essere eseguita anche quando il contributo non sia stato inizialmente versato per una causa suscettibile di venire meno, come nel caso di ammissione della parte al patrocinio a spese dello Stato (Cass. Sez. U 20-2-2020 n. 4315 Rv. 657198-06, Cass. Sez. 2 4-4-2024 n. 8982 Rv. 670959-02).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione