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Legge incostituzionale: nessun diritto acquisito

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un dipendente pubblico che chiedeva un adeguamento retributivo basato su una legge regionale successivamente dichiarata incostituzionale. La Corte ha ribadito che da una legge incostituzionale non può sorgere alcun diritto soggettivo e che il principio del legittimo affidamento non è invocabile, soprattutto in presenza di un precedente giudicato sfavorevole sulla medesima questione.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Legge Incostituzionale: la Cassazione Nega il Diritto alla Perequazione Retributiva

Quando una legge incostituzionale viene emanata, quali sono le conseguenze per i cittadini che su di essa basavano le proprie pretese? Con l’ordinanza n. 5520/2025, la Corte di Cassazione ha offerto una risposta netta: nessuna norma dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale può fondare un diritto, né può generare un legittimo affidamento. Questo principio si rivela cruciale nel contesto del pubblico impiego, dove le pretese economiche dei dipendenti devono sempre poggiare su basi normative solide e legittime.

Il caso esaminato riguarda un dipendente di una Regione che per anni ha cercato di ottenere un adeguamento dello stipendio (perequazione) basandosi su una legge regionale che, successivamente, è stata giudicata in contrasto con la Costituzione.

I Fatti del Caso

Un dipendente pubblico, assunto nel 1981, aveva avviato un contenzioso per ottenere lo stesso trattamento economico di anzianità riconosciuto ad altri colleghi provenienti da diversi enti pubblici. La sua richiesta si fondava su una serie di leggi regionali, in particolare su una norma del 2005 (e successive modifiche) che introduceva un meccanismo di perequazione.

Inizialmente, i tribunali di merito avevano dato ragione al lavoratore. Tuttavia, la vicenda ha subito una svolta decisiva quando la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 211 del 2014, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma chiave. Il motivo? La legge regionale invadeva la competenza esclusiva dello Stato in materia di “ordinamento civile”, che include la disciplina dei rapporti di lavoro.

A seguito di questa pronuncia, una precedente sentenza della Cassazione (del 2015) aveva già respinto le pretese del dipendente. Nonostante ciò, il lavoratore ha intentato una nuova causa, rigettata sia in primo che in secondo grado, portando nuovamente la questione dinanzi alla Suprema Corte.

Legge Incostituzionale e l’Assenza di un Diritto Acquisito

Il ricorrente ha sostenuto che, nonostante la dichiarazione di incostituzionalità, gli effetti della legge si sarebbero dovuti conservare per i rapporti sorti prima della sentenza della Corte Costituzionale. A suo avviso, si era già formato un “diritto soggettivo perfetto” al trattamento economico più favorevole. Inoltre, lamentava la violazione del suo legittimo affidamento.

La Corte di Cassazione ha respinto categoricamente tali argomentazioni, dichiarando il ricorso inammissibile.

Le Motivazioni della Corte

I giudici hanno fondato la loro decisione su due pilastri fondamentali:

1. L’efficacia retroattiva della dichiarazione di incostituzionalità: Una norma dichiarata incostituzionale cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. Tale effetto è retroattivo: la norma si considera come mai esistita, travolgendo i rapporti giuridici non ancora esauriti. Di conseguenza, nessun diritto “perfetto” poteva essersi consolidato sulla base di una legge incostituzionale, in quanto priva di fondamento giuridico sin dall’origine.

2. L’esistenza di un precedente giudicato: La Corte ha evidenziato come la stessa pretesa fosse già stata rigettata con una sentenza definitiva della Cassazione nel 2015. Tale decisione, passata in giudicato, preclude ogni possibilità di riesaminare la questione tra le stesse parti. Il giudicato rappresenta un punto fermo, invalicabile, che cristallizza la situazione giuridica.

La Corte ha inoltre smontato la tesi del legittimo affidamento. Non solo non si può fare affidamento su una norma incostituzionale, ma nel caso specifico l’Amministrazione regionale non aveva mai concretamente applicato la norma per erogare le somme richieste. Pertanto, non si era mai creata una situazione di vantaggio stabile su cui il dipendente potesse fare ragionevolmente affidamento.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione riafferma un principio cardine del nostro ordinamento: la supremazia della Costituzione. Nessun diritto patrimoniale può sorgere da una legge incostituzionale, e i cittadini non possono invocare il legittimo affidamento su norme che violano i principi fondamentali. La decisione sottolinea anche l’importanza del giudicato, che garantisce la certezza del diritto e impedisce la proliferazione di contenziosi sulla medesima questione. Per i dipendenti pubblici, questo significa che qualsiasi pretesa economica deve trovare fondamento in una legislazione valida e conforme ai dettami costituzionali, senza possibilità di sanare a posteriori situazioni basate su norme illegittime.

Può una legge regionale, successivamente dichiarata incostituzionale, creare un diritto acquisito a un trattamento economico migliore?
No, la Corte ha stabilito che una norma dichiarata incostituzionale viene rimossa dall’ordinamento fin dall’origine. Di conseguenza, non può aver mai creato un diritto soggettivo perfetto in capo al lavoratore.

È possibile invocare il principio del legittimo affidamento se una Pubblica Amministrazione non ha mai applicato una norma poi rivelatasi illegittima?
No. La Corte ha chiarito che non può sorgere alcun legittimo affidamento se la norma non è mai stata applicata dall’ente, poiché non si è mai generata una situazione di vantaggio sulla quale il dipendente potesse fare affidamento. Inoltre, non si può avere un valido affidamento su una norma incostituzionale.

Un precedente giudicato sfavorevole impedisce di riproporre la stessa domanda in un nuovo processo?
Sì. La Corte ha sottolineato che il giudicato formatosi a seguito di una precedente sentenza della Cassazione, che aveva già rigettato la medesima domanda del ricorrente, preclude l’accoglimento di ogni ulteriore richiesta fondata sulla stessa normativa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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