Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 26173 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 26173 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/09/2025
SENTENZA
sul ricorso 9630-2023 proposto da:
COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
– ricorrente principale –
contro
RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
ricorrente incidentale avverso la sentenza n. 3421/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 20/10/2022 R.G.N. 1927/2020; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
02/07/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
Oggetto
Licenziamento
-legge applicabile -Regolamento UE Roma I
R.G.N. 9630/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 02/07/2025
PU
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e incidentale; udito l’avvocato NOME COGNOME per delega avvocato NOME COGNOME udito l’avvocato COGNOME.
Fatti di causa
Il Tribunale di Roma, pronunciandosi sul ricorso proposto da NOME COGNOME contro RAGIONE_SOCIALE, di cui era dipendente dal 3.5.2017, con qualifica di quadro e mansioni di Construction Manager principalmente presso il cantiere di Arad in Romania, ricorso di impugnativa del licenziamento disciplinare comminato il 26.11.2018, nel contraddittorio con la società resistente, annullava il licenziamento, condannava la società alla reintegra del ricorrente nel posto di lavoro, con le mansioni e l’inquadramento in atto al momento del recesso, al risarcimento del danno nella misura complessiva di € 64.157,64 (pari a 12 mensilità di retribuzione), oltre accessori, e al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal momento del licenziamento sino all’effettiva reintegra.
La Corte d’Appello di Roma, in parziale accoglimento dell’appello della società e in parziale riforma della sentenza impugnata in punto di reintegra, condannava la società alla sola indennità risarcitoria, conseguente all’annullamento del licenziamento, determinata nella misura di 5 mensilità dell’ultima retribuzione, oltre interessi e rivalutazione come per legge, oltre alla regolarizzazione contributiva; confermava nel resto la sentenza gravata e respingeva ogni altra domanda.
L’ing. COGNOME ricorre per la cassazione della sentenza di appello con 4 motivi; resiste con controricorso la società (ora RAGIONE_SOCIALE, proponendo ricorso incidentale con 3 motivi; entrambe le parti hanno depositato memoria per l”udienza del 17.12.2014.
In esito alla stessa, con ordinanza interlocutoria n. 2973/2025, il Collegio ha osservato che, come risulta dalla sentenza d’appello e dagli atti di parte nella presente fase del giudizio, la decisione di primo grado è stata fondata sull’applicabilità al rapporto di lavoro della legge italiana, in base al Regolamento UE n. 1215/2012 (c.d. ‘Regolamento Bruxelles I bis’, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale) e al Regolamento UE n. 593/2008 (c.d. Regolamento Roma I, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali), art. 8, perché, pur in considerazione del riferimento contenuto nel contratto individuale di lavoro alla legge romena, dovendosi verificare se la scelta consensuale possa valere a privare il lavoratore delle tutele inderogabili assicurate dalla legge del paese così individuato, in base al criterio di prevalenza, il contratto presentava un collegamento più stretto con l’Italia rispetto alla Romania, in virtù delle circostanze di fatto emerse nel corso del giudizio; sono state ritenute, di conseguenza, inapplicabili le previsioni contrattuali in materia di recesso dal rapporto di lavoro, nella misura in cui prevedono, per l’ipotesi di licenziamento ingiustificato, tutele per il lavoratore inferiori e differenti rispetto a quelle assicurate dalle norme di legge vigenti in Italia, che rivestono carattere imperativo e sono inderogabili; è stato giudicato il licenziamento illegittimo per la violazione delle garanzie procedimentali di cui all’art. 7 St. Lav., per difetto dei requisiti di determinatezza,
specificità e tempestività della contestazione, la cui estrema genericità era tale da fare assimilare l’ipotesi a quella dell’omessa contestazione, con applicazione della tutela reintegratoria attenuata di cui all’art. 3, d.lgs. n. 23/2015 (insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore).
5. La Corte d’Appello, invece, ha osservato che, in base al contratto individuale di lavoro era applicabile al rapporto la legge della Romania, fermo il limite all’applicabilità della legge individuata in via pattizia dalle parti fissato dall’art. 8 del Regolamento Roma I, posto a garanzia del lavoratore, quale contraente più debole, al fine di non privarlo delle tutele previste dall’ordinamento, che sarebbero state applicabili nel caso in cui le parti non avessero optato per una legge diversa; che, a prescindere dall’interpretazione preferibile sulla prevalenza, ai fini dell’individuazione della legge applicabile in mancanza di scelta, del collegamento più stretto, di cui al comma 4, sugli altri criteri previsti dai commi 2 e 3 (principalmente il luogo di esecuzione del contratto o, con carattere di sussidiarietà, il luogo dove esiste la sede in cui il lavoratore è stato assunto), anche aderendo alla prospettazione del lavoratore sull’applicazione della legge italiana, e quindi della reintegra conseguente al licenziamento dichiarato nullo, tale misura (la reintegra) non era qualificabile come non derogabile; che deve ritenersi inderogabile convenzionalmente, piuttosto, il principio della stabilità del rapporto, nel senso che non si può escludere in via pattizia la previsione di tutela contro il licenziamento ingiustificato, quanto al divieto di arbitrio da parte del datore di lavoro nell’adozione degli atti di recesso, ma che il carattere dell’inderogabilità non si estende anche alla misura sanzionatoria, non necessariamente identificabile con il rimedio della reintegra; pertanto, la Corte territoriale ha confermato la
declaratoria, già operata dal Tribunale, di illegittimità del licenziamento per essere la contestazione totalmente priva dei requisiti di determinatezza e specificità, in violazione dell’art. 7 legge n. 300/1970, ovvero sorretta da giustificazione talmente generica da potersi assimilare all’ipotesi di omessa contestazione in violazione delle garanzie poste a tutela del procedimento disciplinare; in punto di sanzione applicabile, ha ritenuto doversi fare riferimento alla disciplina individuata convenzionalmente dalle parti per l’ipotesi di licenziamento ingiustificato (corresponsione di un indennizzo da un minimo di due e mezzo a un massimo di cinque mensilità dell’ultima retribuzione), individuando la sanzione da applicare al caso concreto nella misura massima stabilita convenzionalmente.
Per il rilievo nomofilattico delle questioni – interpretazione del Regolamento Roma I, individuazione dei criteri di prevalenza o di collegamento ai fini dell’individuazione della legge applicabile, derogabilità o meno di specifici profili di tutela poste dal ricorso principale e dal ricorso incidentale, è stata ritenuta opportuna la trattazione della causa in pubblica udienza.
Il P .G. ha concluso per il rigetto del ricorso.
La società controricorrente e ricorrente incidentale ha depositato ulteriore memoria.
All’odierna udienza la causa è stata discussa oralmente dal P.G. e dai difensori delle parti, e trattenuta in decisione.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo del ricorso principale viene dedotta (art. 360, n. 4, c.p.c.) nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione sul criterio adottato in ordine alla disciplina sostanziale applicabile alla fattispecie oggetto di scrutinio.
Con il secondo motivo (art. 360, n. 3, c.p.c.), erronea applicazione dell’art. 8 del Regolamento UE n. 593/2008 (cd. Regolamento Roma I); si sostiene erroneità della sentenza impugnata per non avere chiarito il percorso logico che l’ha condotta a ritenere valida ed efficace una pattuizione relativa a un licenziamento nullo.
Con il terzo motivo (art. 360, n. 3, c.p.c.), erronea applicazione dell’art. 8 del Regolamento UE n. 593/2008 (c.d. Regolamento Roma I) in relazione all’art. 3, d. lgs. n. 23/2015; si sostiene che è necessario far riferimento al consolidato orientamento di legittimità circa l’estensione della tutela reale come conseguenza del licenziamento illegittimo in presenza di violazioni talmente gravi da essere parificate all’omessa contestazione.
Con il quarto motivo (art. 360, n. 5, c.p.c.), omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in ordine ai criteri di prevalenza per determinare la legge applicabile al rapporto.
Con il primo motivo di ricorso incidentale, la società deduce (art. 360, n. 4, c.p.c.) nullità della sentenza per carenza degli elementi essenziali di cui agli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.; si sostiene la contraddittorietà della pronuncia, con riferimento al licenziamento, quanto all’applicazione delle clausole del contratto individuale tra le parti, in legittima deroga
alla legge romena scelta dalle parti, per poi applicare la norma di cui all’art. 7 St. Lav. per la procedura disciplinare.
Con il secondo motivo (art. 360, n. 5, c.p.c.), erroneità della sentenza (ove non nulla) sempre in relazione alla non applicabilità alla fattispecie della legge italiana.
Con il terzo motivo, (art. 360, n. 3, c.p.c.), in caso di accoglimento del ricorso principale e ritenuta applicabilità della legge italiana, violazione dell’art. 1 -bis del contratto di lavoro sottoscritto e applicato dalle parti e dell’art. 7, legge n. 300/1970.
Il secondo motivo del ricorso principale e il primo motivo di ricorso incidentale sono da trattare congiuntamente per ragioni logiche e per la loro valenza assorbente.
Entrambi i motivi, infatti, seppure sotto profili diversi e con direzioni inverse, censurano la sentenza d’appello impugnata quanto all’interpretazione in essa fornita dei criteri per la determinazione della legge applicabile ai sensi dell’art. 8 del Regolamento UE n. 593/2008.
Infatti, la pronuncia gravata ha ritenuto superflua l’individuazione degli stessi (‘ a prescindere dall’interpretazione preferibile … sulla prevalenza, ai fini dell’individuazione della legge applicabile in mancanza di scelta, del collegamento più stretto, di cui al comma 4 ‘) per pervenire all’applicazione della legge italiana per la declaratoria di illegittimità del licenziamento per violazione dell’art. 7 legge. n. 300/1970, e della legge romena per l’individuazione della sanzione applicabile, ossia la tutela indennitaria come e nella misura individuata convenzionalmente dalle parti nel contratto individuale di lavoro stipulato ai sensi della legge romena.
11. Tale operazione ermeneutica non è condivisibile, perché si traduce nell’applicazione sovrapposta di due sistemi normativi
(compatibili o meno, contraddittori o meno), in contrasto con le regole di individuazione della legge applicabile alla fattispecie concreta (o l’una o l’altra) in base alla fonte europea (Regolamento Roma I), alla quale entrambe le normative, italiana e romena, debbono conformarsi nel sistema UE.
E ciò a monte della stessa correttezza o meno dell’individuazione della legge italiana, in base ai criteri di prevalenza valorizzati dal Tribunale, e alle conseguenze tratte, questioni logicamente e giuridicamente successive, da accertarsi nel merito.
Infatti, Il regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 17 giugno 2008, n. 593, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I), che ha sostituito la Convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, aperta alla firma a Roma il 19 giugno 1980 (la «Convenzione di Roma») e si applica ai contratti conclusi dopo il 17 dicembre 2009, all’art. 8, intitolato « Contratti individuali di lavoro », così recita: ‘ 1. Un contratto individuale di lavoro è disciplinato dalla legge scelta dalle parti conformemente all’articolo 3. Tuttavia, tale scelta non vale a privare il lavoratore della protezione assicuratagli dalle disposizioni alle quali non è permesso derogare convenzionalmente in virtù della legge che, in mancanza di scelta, sarebbe stata applicabile a norma dei paragrafi 2, 3 e 4 del presente articolo. 2. Nella misura in cui la legge applicabile al contratto individuale di lavoro non sia stata scelta dalle parti, il contratto è disciplinato dalla legge del paese nel quale o, in mancanza, a partire dal quale il lavoratore, in esecuzione del contratto, svolge abitualmente il suo lavoro. Il paese in cui il lavoro è abitualmente svolto non è ritenuto cambiato quando il lavoratore svolge il suo lavoro in un altro paese in modo temporaneo. 3. Qualora la legge applicabile non
possa essere determinata a norma del paragrafo 2, il contratto è disciplinato dalla legge del paese nel quale si trova la sede che ha proceduto ad assumere il lavoratore. 4. Se dall’insieme delle circostanze risulta che il contratto di lavoro presenta un collegamento più stretto con un paese diverso da quello indicato ai paragrafi 2 o 3, si applica la legge di tale diverso paese ‘.
14. Il Regolamento Roma I stabilisce norme comuni a tutta l’Unione europea per la determinazione della legge nazionale applicabile alle obbligazioni contrattuali nelle decisioni in materia civile e commerciale che coinvolgono più paesi.
15. Come indicato dal ventitreesimo «considerando» del regolamento in parola, ‘ l’interpretazione di tale disposizione deve ispirarsi a principi del favor laboratoris ‘ , in quanto le parti più deboli del contratto devono essere protette « tramite regole di conflitto di leggi più favorevoli ai loro interessi di quanto non lo siano le norme generali » (cfr. sent. CGUE 15.3.2011 in causa C-29/10, Koelzsch , § 46, nonché sent. CGUE 12.9.2013 in causa C-64/12, COGNOME (riferita alla Convenzione di Roma, ma che esprime principi validi anche per la norma del Regolamento Roma I in esame, §§ 38-41); dunque, si tratta di normativa prevista per materie in cui gli interessi di una parte contraente non si pongono sullo stesso piano degli interessi dell’altra, e diretta ad assicurare quindi una migliore tutela a quella parte che, sotto l’aspetto socio -economico, dev’essere considerata come la più debole nel rapporto contrattuale.
16. Secondo la citata giurisprudenza della Corte di Giustizia, perciò , tenuto dell’obiettivo della normativa di assicurare una migliore tutela al lavoratore, tale disposizione deve garantire che sia applicata al contratto di lavoro la legge del paese con il quale tale contratto presenta il criterio di collegamento più str etto; ciò non deve necessariamente condurre all’applicazione
in tutti i casi della legge più favorevole al lavoratore, ma, a fini di protezione del lavoratore quale parte più debole del rapporto contrattuale, il giudice nazionale deve valutare l’insieme delle circostanze che caratterizzano il rapporto di lavoro ed esaminare quella o quelle che risultano maggiormente significative, prendendo in esame tutte le circostanze pertinenti (ad es. luogo di lavoro effettivo, il paese in cui il lavoratore versa le imposte e le tasse sui redditi della sua attività nonché quello in cui egli è iscritto al sistema di previdenza sociale ed ai diversi regimi pensionistici, di assicurazione malattia e di invalidità, i parametri presi in considerazione per stabilire la retribuzione e le altre condizioni di lavoro).
17. Ai principi fissati dall’art. 8 del Regolamento CE n. 593/2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, come interpretati dalla giurisprudenza CGUE, non si è conformata la sentenza d’appello impugnata, che ha operato una commistione di piani, anziché individuare la legge applicabile e farne derivare le conseguenze per la decisone del caso concreto.
18. La sentenza impugnata, non conforme ai principi, deve essere cassata per le ragioni esposte, in accoglimento dei motivi indicati, con assorbimento degli altri motivi (che presuppongono la risoluzione della questione preliminare circa l’applicazione della legge italiana oppure romena), con rinvio alla medesima Corte d’Appello, in diversa composizione, per procedere a un nuovo esame della fattispecie previa individuazione di unica legge applicabile (italiana o romena), alla luce dei principi di tutela della parte più debole del rapporto contrattuale di lavoro subordinato, come chiarito dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE interpretando l’art. 8 del Regolamento Roma I, ossia valutando l’insieme delle circostanze caratterizzan ti lo
specifico rapporto di lavoro, maggiormente significative e pertinenti nel loro complesso.
Alla Corte del rinvio è demandata altresì la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso principale e il primo motivo del ricorso incidentale, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 2 luglio 2025.
IL CONSIGLIERE ESTENSORE LA PRESIDENTE dott. NOME COGNOME dott.ssa NOME COGNOME