L’azione revocatoria ordinaria nelle società di persone: i criteri per l’accertamento dell’eventus damni secondo la Cassazione
La Cassazione civile Sez. I ordinanza n. 11296 del 29 aprile 2025 ha fornito importanti chiarimenti sui presupposti dell’azione revocatoria ordinaria esperita dal curatore fallimentare nei confronti di atti dispositivi compiuti dai soci illimitatamente responsabili di società di persone, delineando con precisione i criteri per l’accertamento dell’eventus damni e la distribuzione dell’onere probatorio.
Il quadro normativo di riferimento
L’azione revocatoria ordinaria nel contesto fallimentare trova la sua disciplina nell’art. 66 della legge fallimentare e nell’art. 165 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, che consentono al curatore di domandare l’inefficacia degli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori secondo le norme del codice civile. Tale rinvio alle disposizioni civilistiche comporta l’applicazione dei principi dell’azione pauliana di cui all’art. 2901 del codice civile, pur con le peculiarità derivanti dal contesto concorsuale.
Nel caso delle società di persone, particolare rilevanza assume l’art. 147 della legge fallimentare e l’art. 256 del CCII, che stabiliscono l’estensione automatica del fallimento ai soci illimitatamente responsabili, creando un regime di responsabilità solidale che giustifica l’interesse del curatore ad agire contro gli atti dispositivi compiuti dai soci stessi.
La legittimazione del curatore e la ratio dell’azione
La Suprema Corte ha chiarito che il curatore del fallimento sociale è legittimato ad agire contro gli atti di disposizione compiuti dal socio illimitatamente responsabile in quanto l’accrescimento del patrimonio di quest’ultimo produce risultati positivi ai fini del soddisfacimento non solo dei creditori particolari ma anche dei creditori della società. Tale principio si fonda sulla considerazione che, in virtù della responsabilità illimitata prevista dall’art. 2304 del codice civile, il patrimonio del socio costituisce garanzia anche per i debiti sociali.
La ratio dell’azione si inserisce nel più ampio sistema di tutela della par condicio creditorum, consentendo al curatore di recuperare alla massa attiva beni che, pur non appartenendo formalmente al patrimonio sociale, costituiscono comunque garanzia per i creditori sociali in virtù del regime di responsabilità solidale che caratterizza le società di persone.
I tre elementi costitutivi dell’eventus damni
La decisione ha precisato che per dimostrare la sussistenza dell’eventus damni nell’azione revocatoria ordinaria, il curatore fallimentare ha l’onere di provare tre circostanze specifiche, in linea con l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità.
La consistenza del credito
Il primo elemento richiede la dimostrazione della consistenza del credito vantato dai creditori ammessi al passivo nei confronti del fallito. Tale prova deve essere fornita con riferimento ai crediti effettivamente ammessi al passivo fallimentare, non essendo sufficiente la mera allegazione dell’esistenza di rapporti debitori. La Cassazione ha precisato che occorre avere riguardo ai crediti ammessi al passivo del fallito disponente, in via diretta o per effetto dell’art. 148, comma 3, della legge fallimentare, risultando erronea l’estensione della verifica ai crediti sorti in epoca successiva all’atto pregiudizievole.
La preesistenza delle ragioni creditorie
Il secondo elemento concerne la preesistenza delle ragioni creditorie rispetto al compimento dell’atto pregiudizievole. Tale requisito è fondamentale per stabilire il nesso causale tra l’atto dispositivo e il pregiudizio subito dai creditori, escludendo dalla tutela revocatoria i crediti sorti successivamente all’atto impugnato. La verifica della preesistenza deve essere condotta con rigoroso accertamento temporale, considerando che solo i creditori già esistenti al momento dell’atto possono invocare la tutela revocatoria.
Il mutamento patrimoniale
Il terzo elemento, particolarmente significativo nel caso di atti compiuti dai soci illimitatamente responsabili, riguarda il mutamento qualitativo o quantitativo del patrimonio del debitore per effetto dell’atto dispositivo. La Corte ha chiarito che, trattandosi di atti posti in essere dai soci illimitatamente responsabili, occorre verificare l’eventuale mutamento qualitativo o quantitativo del patrimonio di questi ultimi, in modo da rendere oggettivamente più difficoltosa l’esazione dei crediti, personali o sociali di cui i soci rispondono ex art. 2304 del codice civile.
La valutazione complessiva dell’eventus damni
La Cassazione ha sottolineato che solo dalla valutazione complessiva e rigorosa di tutti e tre gli elementi può emergere che per effetto dell’atto pregiudizievole sia divenuta oggettivamente più difficoltosa l’esazione del credito, in misura che ecceda la normale e fisiologica esposizione di un imprenditore verso i propri creditori. Tale approccio richiede un’analisi sostanziale della situazione patrimoniale, non limitandosi alla mera verifica formale dei singoli requisiti.
L’eventus damni non richiede la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, essendo sufficiente che l’atto impugnato renda più incerto o difficile il soddisfacimento del credito. Come precisato dalla Cassazione civile Sez. I ordinanza n. 30140 del 22 novembre 2024, il pregiudizio può consistere anche in una modificazione qualitativa del patrimonio, come la sostituzione di un immobile con denaro, considerata la maggiore facilità di dispersione di quest’ultimo.
La distribuzione dell’onere probatorio
Un aspetto particolarmente innovativo della decisione riguarda la distribuzione dell’onere probatorio nell’azione revocatoria ordinaria esercitata dal curatore fallimentare. La Corte ha stabilito che nel caso di revocatoria ordinaria esercitata dal fallimento non trova applicazione il principio secondo cui l’onere di provare l’insussistenza del rischio di compromissione delle ragioni creditorie incombe sul convenuto che eccepisca la mancanza dell’eventus damni.
Tale deroga al regime ordinario dell’azione pauliana si giustifica con la peculiare posizione del curatore, che rappresenta contemporaneamente sia la massa dei creditori sia il debitore fallito. In ossequio al principio della vicinanza della prova, l’onere probatorio non può essere posto a carico del convenuto beneficiario dell’atto impugnato, che non è tenuto a conoscere l’effettiva situazione patrimoniale del suo dante causa.
Questo orientamento, confermato dalla Cassazione civile Sez. I ordinanza n. 34278 del 24 dicembre 2024 e dalla ordinanza n. 20764 del 25 luglio 2024, rappresenta un significativo adeguamento della disciplina probatoria alle specificità del contesto concorsuale.
L’errore della Corte di merito
Nel caso esaminato, la Cassazione ha censurato la decisione della Corte d’appello che aveva omesso di verificare il mutamento patrimoniale dei soci disponenti. La Corte distrettuale aveva preso in considerazione unicamente il patrimonio immobiliare e mobiliare della società e i crediti vantati dalla stessa nei confronti dei terzi, ma non aveva considerato se ciascuno dei due soci disponenti avesse un patrimonio di entità tale da lasciar ritenere che il compimento dell’atto revocando avrebbe compromesso le ragioni dei creditori.
Tale omissione è stata ritenuta decisiva ai fini della cassazione della sentenza, evidenziando l’importanza di una valutazione specifica del patrimonio dei soci illimitatamente responsabili quando l’azione revocatoria sia diretta contro atti da questi compiuti.
Il divieto dello ius novorum
La decisione ha anche affrontato il tema del divieto di nuove domande in sede di legittimità, precisando che il divieto previsto dall’art. 345 del codice di procedura civile concerne tanto le allegazioni in fatto e l’indicazione degli elementi di prova, quanto la specificazione delle causae petendi fatte valere in giudizio a sostegno delle azioni e delle eccezioni. Il divieto opera anche quando la nuova prospettazione sia fondata sulle stesse circostanze di fatto, purché non si risolva in una semplice precisazione di una tematica già acquisita al giudizio.
Le implicazioni sistematiche
La decisione si inserisce in un orientamento giurisprudenziale consolidato che ha progressivamente definito i contorni dell’azione revocatoria ordinaria nel contesto fallimentare. Come evidenziato dalla Cassazione civile Sez. I ordinanza n. 25407 del 23 settembre 2024, possono essere oggetto di revoca non solo gli atti di alienazione ma anche quelli che comportano l’assunzione di debiti, in quanto atti dispositivi del patrimonio che possono comprometterne la consistenza futura.
La Cassazione civile Sez. I ordinanza n. 12514 dell’11 maggio 2025 ha ulteriormente precisato che non è sufficiente l’accertamento della mera esistenza di un’esposizione debitoria della società al momento della stipula dell’atto revocando, essendo necessario verificare che quei crediti non siano stati successivamente soddisfatti e siano stati perciò ammessi allo stato passivo.
La transizione al nuovo Codice della crisi
I principi enunciati dalla Cassazione mantengono piena attualità anche sotto il vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, che ha sostanzialmente confermato la disciplina dell’azione revocatoria ordinaria. L’art. 165 del CCII riproduce infatti il contenuto dell’art. 66 della legge fallimentare, mantenendo il rinvio alle norme del codice civile per la disciplina sostanziale dell’azione.
Conclusioni
L’ordinanza n. 11296 del 2025 rappresenta un importante contributo alla definizione dei presupposti dell’azione revocatoria ordinaria nelle società di persone, fornendo criteri chiari per l’accertamento dell’eventus damni e precisando la distribuzione dell’onere probatorio nel contesto concorsuale. La decisione evidenzia l’importanza di una valutazione specifica del patrimonio dei soci illimitatamente responsabili, superando approcci meramente formalistici in favore di un’analisi sostanziale della situazione patrimoniale complessiva.
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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