Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16929 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 16929 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso 3950-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE COGNOME, in persona del legale rappresentane pro tempore, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
Ingiunzione retribuzioni rapporto lavoro tra conviventi
R.NUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 24/04/2024
CC
avverso la sentenza n. 409/2022 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 16/12/2022 R.G.N. 303/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/04/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
1. con sentenza 16 (comunicata il 23) dicembre 2022, la Corte d’appello di Ancona ha rigettato l’appello di NOME COGNOME, titolare dell’RAGIONE_SOCIALE, avverso la sentenza di primo grado, di reiezione della sua opposizione al decreto del Tribunale di Ancona con il quale NOME COGNOME le aveva ingiunto il pagamento di € 27.634,35, per retribuzioni maturate in proprio favore in base a tre diversi rapporti di lavoro subordinato intrattenuti con la predetta tra il maggio 2016 e il novembre 2018;
2. essa ha escluso la simulazione dei documentati rapporti di lavoro subordinato tra le parti, per infondatezza della contestazione dell’accertamento di fatto del Tribunale, sulla base delle risultanze istruttorie: previamente rilevata l’inammissibilità de l primo motivo di gravame, siccome introduttivo soltanto in grado d’appello della circostanza della convivenza more uxorio tra le parti, quale fatto estintivo della pretesa remunerazione dell’attività prestata da controparte e non, come invece in primo grado, quale mero elemento di giustificazione della loro condizione di parità, avendo dedotto l’esistenza di una società di fatto per la gestione comune dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE;
3. con atto notificato il 13 febbraio 2023, NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione con un unico motivo, cui NOME COGNOME ha resistito con controricorso;
entrambe le parti hanno comunicato memoria ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c.;
il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380 bis 1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
CONSIDERATO CHE
la ricorrente ha dedotto nullità della sentenza per violazione dell’art. 437, secondo comma c.p.c., per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto la novità della deduzione di mancata valutazione, da parte del Tribunale, della presunzione di gratuità della prestazione lavorativa della controparte per il rapporto more uxorio intrattenuto, siccome mera rimodulazione argomentativa della contestazione di un rapporto di lavoro subordinato tra le parti (unico motivo);
esso è inammissibile; 3. il divieto dello jus novorum non concerne soltanto le allegazioni in fatto e l’indicazione degli elementi di prova, ma anche (e soprattutto) la specificazione delle causae petendi fatte valere in giudizio a sostegno delle azioni e delle eccezioni, pur se la nuova prospettazione sia fondata sulle stesse circostanze di fatto, ma non si risolva in una semplice precisazione di una tematica già acquisita al giudizio (Cass. 22 novembre 2010, n. 23614; Cass. 11 gennaio 2018, n. 535);
3.1. nel caso di specie, tuttavia, non si configura la violazione del divieto, avendo la ricorrente dedotto, fin dal ricorso in opposizione al decreto ingiuntivo, la convivenza more uxorio tra le parti e la gestione in comune dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nonché la prestazione lavorativa della controparte a titolo gratuito, con un apporto eventualmente qualificabile alla stregua di ‘socio di fatto’ (così a pg. 4 del ricorso). Esso è stato comunque oggetto di valutazione da parte del Tribunale (come da trascrizione della
sentenza, per la parte d’interesse, a pg. 16 del ricorso) e quindi circostanza già introdotta nel giudizio di opposizione acquisita al giudizio come sua sostanziale giustificazione;
4. in ogni caso, la circostanza dedotta è irrilevante, posto che la doglianza si risolve nella sostanziale contestazione della valutazione probatoria della Corte territoriale, sulla base di uno scrutinio delle risultanze istruttorie (orali e documentali: ai due ultimi capoversi di pg. 4 della sentenza) congruamente argomentato e pertanto insindacabile in sede di legittimità;
5. pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e le spese del giudizio regolate secondo il regime di soccombenza, con il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi e € 3.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 24 aprile 2024
Il Presidente (dottAVV_NOTAIO NOME COGNOME)