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Lavoro supplementare: annullata sanzione per prova

Il Tribunale di Ancona ha annullato un’ordinanza ingiunzione per presunto lavoro supplementare non registrato. La decisione si fonda sull’insufficienza e contraddittorietà delle prove testimoniali raccolte, sottolineando che l’onere della prova grava sull’ente accertatore. Le dichiarazioni rese agli ispettori sono state ritenute non sufficienti a superare le testimonianze processuali e la coerenza del lavoratore interessato.

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Pubblicato il 30 dicembre 2024 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Lavoro Supplementare: Annullata Sanzione per Insufficienza di Prove

Una recente sentenza del Tribunale di Ancona affronta un tema cruciale nel diritto del lavoro: la prova del lavoro supplementare e il valore delle dichiarazioni rese agli ispettori. Il caso si è concluso con l’annullamento di un’ordinanza ingiunzione, poiché l’ente accertatore non è riuscito a fornire prove sufficienti e concordanti per sostenere la sanzione. Analizziamo i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti di Causa: L’Opposizione all’Ordinanza Ingiunzione

Una società ha presentato ricorso contro un’ordinanza ingiunzione che le contestava la violazione dell’articolo 14 della Legge 689/1981. L’accusa era di non aver registrato correttamente le ore di lavoro supplementare svolte da un dipendente assunto con contratto part-time dopo il suo pensionamento.

L’azienda ha contestato la sanzione su due fronti: in via preliminare, ha eccepito la violazione del termine di 90 giorni per la notifica della contestazione; nel merito, ha sostenuto l’infondatezza dell’accusa, affermando che il lavoratore non aveva mai svolto ore eccedenti rispetto a quelle contrattualizzate.

L’ente resistente, invece, sosteneva la legittimità del proprio operato, affermando che dalle dichiarazioni raccolte in fase di accertamento era emerso lo svolgimento di lavoro supplementare non registrato sul Libro Unico del Lavoro (LUL).

La Questione del Termine di Contestazione

Il Tribunale ha innanzitutto respinto l’eccezione relativa alla tardività della contestazione. Richiamando consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, il giudice ha chiarito che il termine di 90 giorni non decorre dalla data della presunta violazione, bensì dal momento in cui l’amministrazione conclude l’accertamento e acquisisce piena contezza di tutti gli elementi, oggettivi e soggettivi, dell’illecito.

Nel caso specifico, l’accertamento si era concluso con la ricezione della documentazione integrativa richiesta all’azienda. Pertanto, il termine di 90 giorni è stato calcolato a partire da tale data e, di conseguenza, è stato ritenuto pienamente rispettato.

Le Motivazioni della Decisione

Entrando nel merito della controversia, il Tribunale ha focalizzato la sua analisi sulla valutazione del materiale probatorio, in particolare sulle testimonianze dei colleghi del lavoratore interessato.

Il giudice ha osservato una significativa discrepanza tra le dichiarazioni rese dagli stessi testimoni durante l’accesso ispettivo e quelle fornite successivamente in sede di giudizio. In tribunale, nessuno dei lavoratori escussi è stato in grado di riferire con precisione l’orario di lavoro del collega, limitandosi a confermare la sua presenza sia al mattino che, a volte, al pomeriggio. Molti hanno specificato che la disposizione dei reparti non permetteva una visione costante degli altri dipendenti.

Queste testimonianze processuali, più incerte e sfumate, hanno modificato e indebolito quanto affermato in precedenza agli ispettori. Il Tribunale ha dato maggior peso alla ricostruzione emersa in giudizio, sottolineando un principio fondamentale: le dichiarazioni raccolte nel verbale ispettivo non costituiscono prova piena, ma sono un elemento documentale liberamente valutabile dal giudice insieme a tutte le altre prove.

L’attendibilità del lavoratore interessato è stata, invece, avvalorata dalla coerenza delle sue dichiarazioni. Sia agli ispettori che in tribunale, egli ha sempre sostenuto di aver svolto unicamente le ore previste dal contratto part-time, pur con una certa flessibilità oraria. Tale coerenza è stata ritenuta significativa, anche perché contraria al suo stesso interesse economico a vedersi riconosciuta una maggiore retribuzione.

Di fronte a un quadro probatorio così contraddittorio e incerto, il giudice ha concluso che l’ente accertatore non aveva assolto al proprio onere della prova. Non era stata fornita una dimostrazione sufficiente dei fatti posti a fondamento dell’ordinanza ingiunzione.

Le Conclusioni

In conclusione, il Tribunale di Ancona ha accolto il ricorso e annullato l’ordinanza ingiunzione. La sentenza ribadisce che, in un giudizio di opposizione a una sanzione amministrativa, l’onere di provare la violazione spetta interamente all’amministrazione che ha emesso il provvedimento. Dichiarazioni testimoniali incerte o contraddittorie, specialmente se smentite o ridimensionate in sede processuale, non sono sufficienti a fondare una condanna. Questo caso evidenzia l’importanza di un’istruttoria rigorosa e di prove solide e concordanti per poter legittimamente irrogare sanzioni per presunto lavoro supplementare non registrato.

Da quando decorre il termine di 90 giorni per contestare una violazione amministrativa sul lavoro?
Il termine decorre non dal giorno in cui la violazione è stata commessa, ma dal momento in cui l’autorità preposta conclude l’accertamento e acquisisce tutti i dati indispensabili per valutare l’esistenza dell’illecito. Questo include il tempo necessario per esaminare la documentazione richiesta.

Le dichiarazioni rese dai lavoratori a un ispettore hanno pieno valore di prova in un successivo giudizio?
No, non hanno valore di prova piena. Il verbale ispettivo è considerato una prova documentale che il giudice valuta liberamente insieme agli altri elementi probatori, come le testimonianze rese durante il processo. Le dichiarazioni in giudizio possono modificare o smentire quelle rese in fase di ispezione.

Chi deve provare lo svolgimento di lavoro supplementare non registrato in un’opposizione a ordinanza ingiunzione?
L’onere della prova grava sull’ente che ha emesso l’ordinanza ingiunzione. È l’amministrazione a dover dimostrare, con prove sufficienti e non contraddittorie, i fatti che costituiscono il fondamento della sanzione applicata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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