Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 22624 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 22624 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 14673-2021 proposto da:
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1929/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 19/11/2020 R.G.N. 5359/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
Oggetto
Lavoro subordinato
R.G.N.14673/2021
COGNOME
Rep.
Ud.08/04/2025
CC
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d’appello di Roma, in parziale accoglimento dell’appello proposto da NOME COGNOME contro la sentenza n. 9963/2016 del Tribunale della medesima sede e in parziale riforma di quest’ultima, che nel resto confermava, dichiarava che tra l’appellante e l’appellata NOME COGNOME era intercorso un rapporto di lavoro subordinato dall’1 aprile 2010 al 27 ottobre 2010, con inquadramento dell’appellante al VI livello del CCNL Commercio -Terziario; condannava per l’effetto l’appellata al pagamento in favore di NOME COGNOME della complessiva somma di € 9.707,27, oltre interessi e rivalutazione monetaria dalle singole maturazioni dei crediti al soddisfo.
La Corte territoriale premetteva che il Tribunale aveva rigettato integralmente la domanda della lavoratrice, ritenendo non raggiunta la prova della subordinazione, ma, rivalutate le risultanze processuali, riteneva che la domanda della lavoratrice fosse meritevole di accoglimento nei termini e nei limiti illustrati in motivazione e specificati in dispositivo.
Avverso tale decisione NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
L’intimata resiste con controricorso.
Il Consigliere delegato ex art. 380 bis c.p.c. novellato, con atto depositato il 10.6.2024, ha proposto la definizione del ricorso per cassazione nel senso della sua manifesta infondatezza.
Con atto depositato telematicamente il 10.7.2024, il difensore della ricorrente ha chiesto la decisione del ricorso.
La ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Osserva il Collegio che nella cennata proposta in data 10.6.2024, dopo aver riferito i due motivi di ricorso, si è considerato che:
.
Rileva il Collegio che la ricorrente: 1) con il primo motivo denuncia ‘Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697 e 2094 cod. civ., nonché degli artt. 132, n. 4, e 118 disp. att. cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. pro c. civ., per avere la Corte di Appello di Roma ritenuto provata la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato intercorrente tra le parti, nel periodo dal 01.04.2010 al 27.10.2010, attraverso una motivazione apparente, manifestamente ed irriducibilmente contraddittoria, perplessa e incomprensibile; 2) con il secondo motivo denuncia ‘Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112, 132, n. 4, e 118 disp. att. cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, per avere la Corte d’Appello omesso di esaminare e quindi di motivare in ordine all’eccepita nullità del contratto di lavoro per violazione di una norma imperativa ai sensi e per gli effetti degli artt. 1343 e 1418 1° comma c.c.,
con le conseguenze di cui all’art. 2126, 1° comma e/o 2231 c.c.’. La norma imperativa che si assume violata è quella di cui all’art. 3, comma 1, d.lgs. n. 374/1999, circa l’obbligo di iscrizione nell’Elenco degli agenti in attività finanziaria.
Ebbene, osserva il Collegio che nella prima censura, al netto delle anomalie motivazionali che la ricorrente cumulativamente denuncia nella rubrica del motivo, come non è sfuggito nella proposta di definizione (cfr. punto 2 alla facciata seconda), si lamenta che la Corte di Appello di Roma ha ‘ritenuto provata la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato intercorrente tra le parti, nel periodo dal 01.04.2010 al 27.10.2010, esclusivamente sulla base di due elementi (la presenza sul luogo di lavoro e lo svolgimento da parte della stessa dell’attività di money transfer come riferito dalle testimonianze rese in primo grado e desumibile dal Processo Verbale della Guardia di Finanza tratto in sede di attività ispettiva antiriciclaggio) insufficienti a dimostrare il vincolo di subordinazione’, il che è in effetti dedotto a pag. 39 del ricorso per cassazione.
E tale critica passa attraverso la deduzione di un ‘completo travisamento del dato probatorio’ da parte della Corte d’appello (così in particolare a pag. 40 del ricorso, ma v. passim lo svolgimento dello stesso primo motivo sino a pag. 49); critica dell’apprezzamento probatorio, perciò, che non può trovare ingresso in questa sede di legittimità.
3.1. Le anomalie motivazionali, pure denunciate dalla ricorrente, non sussistono, ed è la stessa piuttosto a non considerare in estrema sintesi: a) che la Corte territoriale ha formato il proprio convincimento anzitutto in base alle dichiarazioni della stessa attuale ricorrente, raccolte in
occasione dell’ispezione di personale della G.d.F. in data 27.10.2010 (come da verbale in pari data) presso la sede della sua ‘ditta individuale’; b) che in tale contesto la stessa titolare dell’impresa, a richiesta di ‘precisazioni in merito allo svolgime nto dell’attività di money transfer effettuata da NOME COGNOME presso la ditta in ispezione e appellata’, aveva dichiarato che ‘COGNOME esegue le operazioni di trasferimento a mezzo money transfer presso i locali della ditta, in mia assenza, a decorrere dall’1 aprile a tutt’oggi’, specificando che, ‘per eseguire le suddette operazioni, COGNOME utilizza le mie credenziali di accesso al programma di accesso al programma Ofnet’, sostituendo la titolare ‘presso la ditta con cadenza giornaliera, normalmente a partire dalle ore 12,00’; c) sempre nel corso della medesima ispezione l’allora appellata aveva dichiarato che la RAGIONE_SOCIALE -agente della Western Union per l’Italia per i money transfer aveva delegato la COGNOME solo a versare denaro sui propri conti correnti, in nome di NOME COGNOME, vale a dire, sempre a nome della titolare dell’impresa individu ale; d) che il m.llo NOME COGNOME che aveva preso parte all’accesso del 27.10.2010, sentito quale teste, aveva specificato che l’attuale ricorrente per cassazione si avvaleva di una ‘collaboratrice’, ossia, l’attuale controricorrente, che ‘all’atto dell’accesso della G.d.F. effettuava, alla presenza degli operanti diverse operazioni money transfer, utilizzando la password della RAGIONE_SOCIALE … che presso la ditta RAGIONE_SOCIALE vi era un call center e si facevano fotocopie’, oltre all’attività di money transfer; e) che in particolare la deposizione della teste COGNOME evidenziava in modo univoco l’esercizio del potere gerarchico e disciplinare nello svolgimento del rapporto lavorativo e permetteva di qualificare il rapporto come
subordinato (cfr. in extenso pagg. 35 dell’impugnata sentenza).
3.2. Contrariamente, allora, a quanto deduce la ricorrente, la Corte di merito, in base a tale accertamento probatorio, ha constatato l’esistenza di una serie di convergenti elementi, utilizzabili ai fini dei criteri sussidiari indicativi della subordinazione.
In particolare, ha verificato: I) che la lavoratrice aveva fornito le sue prestazioni in un arco di tempo apprezzabile, con cadenza giornaliera, e a far tempo di regola dalle ore 12,00, e, in realtà, non sempre in assenza della titolare (tanto che in occas ione dell’ispezione della G.d.F. la lavoratrice era presente, al pari della titolare, ed era in attività, e la teste NOME ha potuto riferire, tra l’altro, che la titolare ‘riprendeva in modo sgarbato e dava ordini alla ricorrente’); II) che tali prestaz ioni erano svolte esclusivamente presso la sede unica dell’impresa individuale della ricorrente per cassazione, con i mezzi materiali dalla stessa messi a disposizione, e con l’utilizzazione delle credenziali della titolare quanto alle operazioni di money transfer; III) che tali prestazioni lavorative erano sempre le stesse, e quindi, ripetitive e predeterminate, tanto da essere svolte anche in assenza della titolare, ed infatti, poi, ricondotte al VI livello del CCNL (come notato nella proposta di definizione); IV) che, peraltro, la titolare non mancava di esercitare un potere gerarchico rispetto alla lavoratrice, ma anche disciplinare, sia pure richiamando verbalmente quest’ultima.
Parimenti privo di fondamento è il secondo motivo.
Esattamente nella proposta si pone in luce l’assenza di elementi probatori circa l’esercizio, da parte della lavoratrice, dell’attività di agente in attività finanziaria: secondo quanto già evidenziato nell’esaminare il primo motivo, la lavoratrice eseguiva le operazioni di money transfer, non in prima persona e in proprio, ma a mezzo di credenziali e password della NOME, e in nome di quest’ultima, appunto in regime di accertata subordinazione.
In definitiva, in conformità alla suddetta proposta, il ricorso dev’essere rigettato.
La ricorrente, in quanto soccombente, dev’essere condannata al pagamento, in favore del difensore della controricorrente, dichiaratosi anticipatario, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto. Inoltre, ai sensi dell’art. 380 bis, ult. comma, c.p.c. novellato, siccome il giudizio di legittimità viene definito in conformità alla proposta di cui sopra, devono essere applicati il terzo ed il quarto comma dell’art. 96 c.p.c. nei termini specificati in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi e in € 2.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e C.P.A. come per legge, e distrae in favore del difensore della controricorrente; condanna, altresì, la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, della somma di
€ 1.250,00, ex art. 96, comma terzo, c.p.c., ed al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di € 1.250,00, ex art. 96, comma quarto, c.p.c.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così dec iso in Roma nell’adunanza camerale dell’8.4.2025.
La Presidente
NOME COGNOME