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Lavoro subordinato: quando si applica a cooperative

Una cooperativa sociale ha contestato la riqualificazione dei rapporti di lavoro dei suoi collaboratori in lavoro subordinato. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che la presenza di eterodirezione, ovvero il potere direttivo e di controllo del datore di lavoro, è l’elemento decisivo per definire un rapporto come subordinato, a prescindere dal nome formale del contratto.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Lavoro Subordinato nelle Cooperative: la Sostanza Prevale sulla Forma

La distinzione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato è una delle questioni più dibattute nel diritto del lavoro, specialmente in settori come quello delle cooperative sociali, dove le forme contrattuali possono essere flessibili. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: per qualificare un rapporto di lavoro, non conta il nome dato al contratto, ma le concrete modalità di svolgimento della prestazione. Se emerge un potere di direzione e controllo da parte del datore di lavoro, si è di fronte a un rapporto di lavoro subordinato.

I Fatti del Caso: La Controversia sulla Natura del Rapporto di Lavoro

Una società cooperativa sociale, attiva nell’assistenza socio-sanitaria a persone anziane, si è vista riqualificare i rapporti di lavoro con oltre 160 dei suoi collaboratori. A seguito di un’ispezione, le collaborazioni a progetto e continuative sono state considerate a tutti gli effetti rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
La cooperativa ha impugnato il verbale ispettivo, sostenendo la natura autonoma delle collaborazioni. Tuttavia, sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno dato ragione agli enti previdenziali, confermando la sussistenza della subordinazione. La vicenda è quindi giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte: la Centralità dell’Eterodirezione nel Lavoro Subordinato

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della cooperativa, confermando le decisioni dei giudici di merito. Il punto centrale della decisione ruota attorno al concetto di eterodirezione, ovvero la soggezione del lavoratore all’effettivo potere direttivo, organizzativo, di controllo e disciplinare del datore di lavoro. Secondo la Corte, la valutazione sulla sussistenza di questo potere è un accertamento di fatto che spetta al giudice di merito e che non può essere riesaminato in sede di legittimità, se non per vizi logici o per errata applicazione delle norme di diritto.

Le Motivazioni

I giudici di legittimità hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse correttamente applicato i principi giuridici, basando la propria decisione su prove concrete emerse durante il processo. Le testimonianze avevano infatti rivelato chiari indicatori della subordinazione:

* Organizzazione del lavoro: Le prestazioni offerte dai collaboratori (assistenza ad anziani) erano semplici e ripetitive, senza alcuna reale discrezionalità nell’esecuzione per tempi e modi.
* Controllo e direttive: I lavoratori dovevano rispettare orari e fornire informazioni in caso di assenze per ferie o malattia.
* Potere disciplinare: Era stato dimostrato il concreto esercizio del potere disciplinare da parte della cooperativa.

La Corte ha specificato che, sebbene ogni assistenza fosse basata su un progetto personalizzato per l’anziano, dal punto di vista del lavoratore emergeva unicamente una generica funzione di accudimento e una disponibilità verso la società, escludendo qualsiasi autonomia organizzativa. Questo inserimento stabile e costante nella compagine aziendale è un tratto tipico del lavoro subordinato.

Inoltre, la Cassazione ha dichiarato inammissibile il secondo motivo di ricorso, relativo all’omesso esame di fatti decisivi, applicando il principio della “doppia conforme”. Poiché le sentenze di primo e secondo grado erano giunte alla medesima conclusione, l’esame dei fatti era precluso in sede di legittimità.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio consolidato: la qualificazione di un rapporto di lavoro dipende dalla sua reale natura e non dal nomen iuris utilizzato dalle parti. La presenza di un potere di eterodirezione, anche se esercitato in modo non continuativo o pervasivo, è sufficiente a configurare un rapporto di lavoro subordinato. Questa decisione assume particolare rilevanza per il settore delle cooperative e del terzo settore, dove è fondamentale garantire che forme contrattuali flessibili non mascherino reali rapporti di lavoro dipendente, con conseguente elusione delle tutele previdenziali e giuslavoristiche previste per i lavoratori subordinati.

Quando un rapporto di collaborazione in una cooperativa sociale si considera lavoro subordinato?
Un rapporto di collaborazione si considera lavoro subordinato quando il lavoratore è soggetto al potere direttivo, organizzativo e di controllo della cooperativa (eterodirezione). Gli indici rilevanti sono la regolarità di retribuzione e orario, la necessità di giustificare le assenze e la mancanza di autonomia nell’esecuzione delle mansioni, a prescindere dal nome formale del contratto.

Quali sono gli elementi concreti che indicano l’eterodirezione?
Secondo la Corte, gli elementi concreti che indicano l’eterodirezione sono: la regolarità della retribuzione e dell’orario, la necessità di comunicare e giustificare le assenze per ferie o malattia, il concreto esercizio del potere disciplinare da parte del datore di lavoro e la natura semplice e ripetitiva delle prestazioni che non lascia spazio a discrezionalità organizzativa per il lavoratore.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione dei fatti compiuta dai giudici di primo e secondo grado?
No, la Corte di Cassazione non riesamina i fatti del caso. Il suo compito è verificare la corretta applicazione delle norme di diritto. La valutazione delle prove e l’accertamento dei fatti sono di competenza esclusiva dei giudici di merito. Tale limite è ancora più stringente in caso di “doppia conforme”, ovvero quando le decisioni di primo e secondo grado sono identiche sulla ricostruzione dei fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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