Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21477 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 21477 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26348/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO –RAGIONE_SOCIALE, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI -ISPETTORATO TERRITORIALE LAVORO LECCE -intimato-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO LECCE n. 96/2019 depositata il 05/02/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/06/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 1039/2017 del 9.3.2017, rigettava l’opposizione proposta da NOME COGNOME, quale titolare dell’omonima ditta, avverso l’ordinanza -ingiunzione n. 614/2012, emessa dalla RAGIONE_SOCIALE Provinciale del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in data 21.12.2012, con la quale gli veniva ingiunto il pagamento di € 74.500 a titolo di sanzione amministrativa per violazione di norme in materia di RAGIONE_SOCIALE irregolare ed in particolare gli artt. 1 e 4 della Legge n. 4 del 1953 e l’art. 3, comma 3, del d.l. n. 12 del 2002, conv. in l. n. 73 del 2012 per aver impiegato 1 lavoratore (NOME COGNOME) non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria e per aver omesso di consegnare il prescritto prospetto paga.
La Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE con sentenza n. 96/2019 emessa il 5.2.2019 rigettava l’appello proposto dal COGNOME. La Corte territoriale, a fondamento della propria decisione, per quanto qui ancora rileva, evidenziava che i testi escussi avevano reso dichiarazioni imprecise ed in ogni caso non decisive ad escludere una ricostruzione del rapporto in termini di RAGIONE_SOCIALE subordinato anche alla luce della circostanza che trattavasi di soggetti che frequentavano, a vario titolo, il negozio del COGNOME non con continuità; che lo stesso COGNOME aveva dichiarato in sede ispettiva e successivamente confermato in sede di dichiarazioni testimoniali, rese nel corso del giudizio di primo grado, di aver svolto attività di RAGIONE_SOCIALE subordinato alle dipendenze del COGNOME dal 2001 al 2008 con qualifica di ‘aiuto commesso’; in
relazione a quanto riferito dei testimoni escussi circa le modalità di svolgimento della prestazione in autonomia evidenziava che, non essendo risultato provato che il COGNOME fosse titolare o contitolare del negozio, ciò andava ricondotto ad attività rientrante nelle ordinarie mansioni di un commesso di negozio, svolte senza chiedere istruzioni ma seguendo le direttive del datore di RAGIONE_SOCIALE; la ricostruzione del rapporto come RAGIONE_SOCIALE subordinato trovava ulteriore conforto nella documentazione acquisita in atti ed in particolare nelle fatture di acquisto merce sottoscritte al ritiro dal COGNOME, prova di una condotta incompatibile con una presenza saltuaria in negozio.
Avverso la decisione di secondo grado propone ricorso per cassazione NOME COGNOME affidato a quattro motivi.
Il RAGIONE_SOCIALE non si è costituito.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denunzia l’omesso esame di fatti decisivi, oggetto non solo di discussione tra le parti, ma anche di specifici motivi di appello, che, se presi in considerazione, avrebbero determinato una diversa decisione, perché incompatibili con il rapporto di RAGIONE_SOCIALE subordinato. Lamenta che la Corte d’Appello aveva omesso di considerare sia la circostanza della sussistenza di un rapporto commerciale di finanziamento e ripartizione degli utili tra il COGNOME ed COGNOME – comprovata dagli assegni e dai brogliacci contabili esibiti e dalla prova testimoniale – sia l’assenza di subordinazione e di potere disciplinare, l’occasionalità della frequentazione del COGNOME, l’assenza di orari e giorni di RAGIONE_SOCIALE predeterminati, l’assenza di una retribuzione, il suo ruolo nella gestione autonoma dell’esercizio commerciale e degli affari, indipendente e slegato da ogni direttiva e decisione del COGNOME. Tutti fatti incompatibili
con l’ipotizzato rapporto di RAGIONE_SOCIALE subordinato e deponenti per la configurazione di una compartecipazione commerciale.
Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c per avere la sentenza impugnata omesso la valutazione complessiva RAGIONE_SOCIALE risultanze istruttorie che, sia singolarmente che complessivamente valutate, avrebbero portato al riconoscimento del rapporto di compartecipazione ed alla esclusione del rapporto di RAGIONE_SOCIALE subordinato, omissione aggravata dalla omessa di integrazione dell’istruttoria, attraverso l’ordine di esibizione di ulteriore documentazione bancaria. Lamentava che la Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE aveva fondato la propria decisione solo ed esclusivamente sulla prova orale, peraltro malamente interpretata, senza esaminare la prova documentale (assegni e brogliacci di contabilità), offerta dal ricorrente a sostegno del rapporto di compartecipazione.
Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. per avere la sentenza gravata ricostruito le risultanze istruttorie in contrasto con i canoni interpretativi di ragionevolezza e di aderenza al c.d. probatum, attraverso una lettura superficiale e non aderente alla realtà. Lamenta che, violando la norma in epigrafe indicata, la sentenza impugnata aveva: ritenuto prive di valenza probatoria le dichiarazioni dei testimoni in ragione dell’occasionalità della loro presenza in negozio; ignorato le dichiarazioni di un teste e la confessione dello stesso COGNOME, il quale aveva riconosciuto, senza possibilità di equivoco, l’inesistenza del vincolo di subordinazione; ignorato la prova documentale prodotta dal ricorrente focalizzando l’attenzione su documenti (bolle di consegna merce sottoscritte dal COGNOME) irrilevanti; disatteso precise risultanze istruttorie incompatibili con il preteso rapporto di RAGIONE_SOCIALE subordinato, attribuendo, nel contrasto, maggiore valenza probatoria alle dichiarazioni rese “a caldo ” dal COGNOME.
Con il quarto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2094 cc e di principi giurisprudenziali per aver ravvisato la sussistenza di un rapporto di RAGIONE_SOCIALE subordinato solo per esclusione di altra tipologia di rapporto ed in aperta violazione RAGIONE_SOCIALE regole di individuazione degli indici rivelatori di tale rapporto, sanciti dall’art 2094 c.c. e dalla giurisprudenza consolidata, avendo le prove raccolte decisamente escluso l’esistenza della subordinazione e dell’assoggettamento al potere disciplinare, nonché l’inserimento stabile nella organizzazione aziendale attraverso la continuità della prestazione con predeterminazione, in modo fisso e continuativo, dei giorni lavorativi e degli orari di RAGIONE_SOCIALE, infine dalla retribuzione fissa mensile in relazione sinallagmatica con la prestazione lavorativa.
Il primo motivo è inammissibile per plurime ragioni.
5.1. In primo luogo, poiché si configura una ipotesi di cd. doppia conforme – avendo la Corte di Appello rigettato il gravame proposto dall’odierno ricorrente per le stesse ragioni già indicate dal giudice di primo grado a sostegno della decisione impugnata – è preclusa, ai sensi dell’art. 348 ter, ultimo comma, c.p.c., la possibilità di proporre, in sede di legittimità, la censura di omesso esame di fatti decisivi. In proposito, questa Corte ha da tempo chiarito che il presupposto di applicabilità della norma risiede nella c.d. ‘doppia conforme’ in facto, sicché il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo, ha l’onere nella specie non assolto -di indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 18/12/2014, n. 26860; Cass. 22/12/2016, n. 26774; Cass. 06/08/2019, n. 20994; Cass. 28/02/2023, n. 5947).
5 .2. Nel caso di specie, il COGNOME si è limitato a dedurre ‘che le due decisioni giurisdizionali riportate sono, evidentemente, fondate su presupposti ed argomentazioni difformi e non coincidenti, se non
in parte’ allegando che, mentre il giudice del primo grado avrebbe fondato il suo convincimento sia sulle prove documentali che quelle orali, il giudice dell’appello avrebbe fondato la sua decisione solo ed esclusivamente sulla prova orale. E’ palese l’insussistenza di quella reciproca diversità tra le ragioni di fatto poste a base della sentenza di primo grado e quelle poste a fondamento della sua conferma in grado di appello, che sola rende ammissibile, in presenza di una ‘doppia conforme’, la censura ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.. Sia il giudice di primo grado che quello d’appello, infatti, hanno fondato il rigetto dell’opposizione a ordinanza ingiunzione sul riscontro della prova della ricorrenza di un rapporto di RAGIONE_SOCIALE subordinato (irregolare) tra il COGNOME ed il COGNOME e della carenza di prova a sostegno della tesi difensiva del ricorrente circa la configurabilità di un rapporto di compartecipazione. La stessa sentenza d’appello gravata, peraltro, si conclude con una piena condivisione della decisione di primo grado che ‘ ha fatto corretto uso RAGIONE_SOCIALE prove acquisite pervenendo ad una soluzione che appare al Collegio corretta e condivisibile, a fronte della mancanza di elementi significativi di segno contrario atti a porre in dubbio detta univoca ricostruzione ‘.
5.3. Il motivo è, infine, inammissibile anche perché l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità RAGIONE_SOCIALE censure irritualmente formulate. (Cfr. Cass. n. 2268 del 26/01/2022, Rv. 663758 – 01; Cass. n. 13024 del 26/04/2022, Rv. 664615 – 01). Rimane peraltro estranea dall’ambito del vizio in questione
qualsiasi censura volta a criticare il ‘convincimento’ che il giudice si sia formato in esito all’esame del materiale istruttorio (Cass. 20553/2021). Nel caso di specie il ricorrente si duole che non sia stato preso in considerazione l’assunto relativo alla sussistenza di un rapporto commerciale di finanziamento e ripartizione degli utili tra il COGNOME ed COGNOME, ed all’assenza di subordinazione e di potere disciplinare. E dunque, non si lamenta l’omessa considerazione di un fatto, ma l’errata valutazione dei fatti. Anche sotto questo profilo il motivo è pertanto inammissibile.
6. I motivi secondo e terzo risultano inammissibili, poiché con le anzidette doglianze parte ricorrente pretende di ricostruire in punto di fatto la vicenda che ha dato origine all’opposta ordinanza ingiunzione in modo diverso da quanto ritenuto ed accertato dalla Corte di merito, poiché, attraverso un improprio richiamo alla violazione degli artt. 115 c.p.c. e 116 c.p.c., introduce una non consentita critica al libero apprezzamento RAGIONE_SOCIALE prove – sottratto al sindacato di legittimità – ad opera del giudice di merito.
6.1. Come anche di recente ribadito (Cass. Sez. 1 – , Sentenza n. 6774 del 01/03/2022, Rv. 664106 – 02), infatti, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, (Cfr Cass. Sez. Un. n. 20867 del 30/09/2020, Rv. 659037 – 01), o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, RAGIONE_SOCIALE prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cfr. Cass. sez. 6 – L, n. 27000 del 27/12/2016, Rv. 642299 – 01). Giova poi ribadire come siano riservate al giudice del merito ‘l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo di attendibilità e di concludenza
RAGIONE_SOCIALE prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonché la scelta RAGIONE_SOCIALE prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento; sicché, è insindacabile, in sede di legittimità, il ‘peso probatorio’ di alcune testimonianze rispetto ad altre, in base al quale il giudice di secondo grado sia pervenuto a un giudizio logicamente motivato’ (Cass. Sez. L, n. 13054 del 10/06/2014, Rv. 631274 – 01 e in senso conforme Cass. n. 21187 del 08/08/2019, Rv. 655229 – 01).
6.2. In particolare, in relazione al secondo motivo, nella parte in cui il ricorrente lamenta l’omessa considerazione RAGIONE_SOCIALE prove documentali offerte, occorre considerare che il giudice non è tenuto a dare conto in motivazione del fatto di aver valutato analiticamente tutte le risultanze processuali, nè a confutare ogni singola argomentazione prospettata dalle parti, essendo, invece, sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo convincimento e l'”iter” logico seguito nella valutazione degli stessi per giungere alle proprie conclusioni, implicitamente disattendendo quelli morfologicamente incompatibili con la decisione adottata. In tema di valutazione RAGIONE_SOCIALE prove, difatti, nel nostro ordinamento, fondato sul principio del libero convincimento del giudice, non esiste una gerarchia RAGIONE_SOCIALE prove stesse, nel senso che (fuori dai casi di prova legale) esse, anche se a carattere indiziario, sono tutte liberamente valutabili dal giudice di merito per essere poste a fondamento del suo convincimento.
6.3. In relazione al terzo motivo, quanto alla valutazione di (ir)rilevanza RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni rese dai testi ai fini della prova della saltuarietà della presenza del COGNOME in negozio, svolta nella sentenza impugnata, in ragione della loro stessa presenza discontinua, va ulteriormente precisato che il giudizio sulla superfluità o genericità della prova testimoniale è insindacabile in cassazione, involgendo una valutazione di fatto che può essere
censurata soltanto se basata su erronei principi giuridici, ovvero su incongruenze di ordine logico (Sez. L – , Ordinanza n. 34189 del 21/11/2022 (Rv. 666179 – 01). Quanto alla valenza probatoria RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni rese dal COGNOME ‘a caldo’ va, peraltro, ribadito il principio valevole anche nel caso di verbale formato nell’ambito dell’attività di vigilanza sul RAGIONE_SOCIALE -che ‘il rapporto ispettivo dei funzionari dell’ente previdenziale, pur non facendo piena prova fino a querela di falso, è attendibile fino a prova contraria, quando esprime gli elementi da cui trae origine (in particolare, mediante allegazione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni rese da terzi), restando, comunque, liberamente valutabile dal giudice in concorso con gli altri elementi probatori’ (v., tra le altre, Cass. 21/12/2017, n. 30713; in precedenza, cfr. Cass. 6/09/2012, n. 14965). Nel caso specifico le risultanze del verbale sono state valutate unitamente ad altri elementi descritti nella sentenza impugnata (quali la prova documentale consistente nelle fatture di acquisto sottoscritte dal COGNOME; le dichiarazioni da questo rese anche in sede giudiziale ed il contenuto complessivo RAGIONE_SOCIALE prove testimoniali raccolte).
7. Il quarto motivo di ricorso va, del pari, dichiarato inammissibile atteso che, ancora una volta, il ricorrente dietro la formale prospettazione del vizio di violazione di legge svolge una sostanziale contestazione della valutazione probatoria di spettanza esclusiva, così come l’accertamento in fatto compiuto, del giudice di merito e insindacabile in sede di legittimità. Va, infatti, precisato che il giudizio relativo alla qualificazione di uno specifico rapporto come subordinato o autonomo è censurabile ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. solo per ciò che riguarda l’individuazione dei caratteri identificativi del RAGIONE_SOCIALE subordinato, per come tipizzati dall’art. 2094 c.c., mentre è sindacabile nei limiti ammessi dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. allorché si proponga di criticare il ragionamento (necessariamente presuntivo) concernente la scelta e la ponderazione degli elementi di fatto, altrimenti denominati
indici o criteri sussidiari di subordinazione, che hanno indotto il giudice del merito ad includere il rapporto controverso nell’uno o nell’altro schema contrattuale (Sez. L – , Ordinanza n. 22846 del 21/07/2022 (Rv. 665324 – 01). Non è, invece, censurabile la valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali per la classificazione del rapporto controverso nell’uno o nell’altro schema contrattuale, in quanto accertamento di fatto incensurabile in questa sede, se sorretto da motivazione adeguata ed immune da vizi logici e giuridici. Nel caso di specie la gravata sentenza, con accertamento in fatto insindacabile in questa sede, ha valorizzato ai fini della prova dell’esistenza di un rapporto di RAGIONE_SOCIALE subordinato, circostanze emerse dalla prova (testimoniale e documentale) quali la prestazione di attività lavorativa all’interno dei locali dell’azienda con modalità tipologiche proprie di un lavoratore subordinato, in relazione alle caratteristiche RAGIONE_SOCIALE mansioni svolte (nella specie, commesso addetto alla vendita), ciò che comporta una presunzione di subordinazione, che è onere del datore di RAGIONE_SOCIALE vincere.
Il ricorso va, in conclusione, dichiarato inammissibile.
Nulla va disposto quanto alle spese del presente giudizio di legittimità, non essendosi costituito il RAGIONE_SOCIALE.
La circostanza che il ricorrente risulti ammesso al patrocinio a spese dello Stato non esclude l’obbligo del giudice dell’impugnazione, quando adotti una decisione di integrale rigetto o di inammissibilità o di improcedibilità della stessa, di attestare, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo di contributo unificato (c.d. ‘raddoppio del contributo’); ciò perché l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato è suscettibile di essere revocata, anche dopo la pronuncia della sentenza che ha definito il giudizio di impugnazione, allorquando sopravvengano i presupposti di cui all’art. 136 del
sopra citato Testo Unico sulle Spese di Giustizia (Cass, Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20 febbraio 2020, Rv. 657198-06; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 11116 del 10 giugno 2020, Rv. 658146-01). Pertanto, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, ove dovuto. Tale statuizione lascia impregiudicata la questione della debenza originaria del contributo in esame, con la conseguenza che il suo raddoppio non sarà consentito qualora venga accertato, nelle sedi competenti, che fin dall’inizio ne era escluso anche il pagamento.
P. Q. M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Nulla per le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. Roma, così deciso nella Adunanza Camerale della Sezione RAGIONE_SOCIALE