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Lavoro subordinato: quando è escluso per l’ISF?

Un informatore scientifico del farmaco ha chiesto il riconoscimento del suo rapporto come lavoro subordinato. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto la sua richiesta, non trovando prove di un vincolo di subordinazione o di etero-organizzazione. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, rigettando il ricorso del lavoratore. La Suprema Corte ha ribadito che la valutazione sulla natura del rapporto è un accertamento di fatto riservato ai giudici di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità, se non per vizi logici o giuridici che nel caso specifico non sono stati riscontrati.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Lavoro subordinato: la Cassazione nega la qualifica a un Informatore Scientifico

La distinzione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato è una delle questioni più dibattute nel diritto del lavoro, specialmente per figure professionali come l’informatore scientifico del farmaco (ISF). Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato proprio questo tema, confermando la decisione dei giudici di merito che avevano escluso la natura subordinata del rapporto di un ISF, fornendo importanti chiarimenti sui limiti del sindacato di legittimità.

I Fatti del Caso

Un informatore scientifico del farmaco si rivolgeva al Tribunale per chiedere l’accertamento della natura subordinata del suo rapporto di lavoro con un’azienda. Le sue richieste includevano il pagamento di differenze retributive, il versamento dei contributi previdenziali e la dichiarazione di inefficacia del licenziamento, con conseguente reintegrazione nel posto di lavoro.

Il Tribunale, dopo aver disposto l’integrazione del contraddittorio con l’INPS, rigettava il ricorso. La decisione veniva confermata anche dalla Corte d’Appello, la quale escludeva che il rapporto presentasse le caratteristiche tipiche del lavoro subordinato, come definite dall’art. 2094 c.c. Inoltre, la Corte territoriale riteneva inapplicabile anche la disciplina delle collaborazioni etero-organizzate (art. 2 del D.Lgs. 81/2015), non avendo riscontrato alcun vincolo significativo su tempo, luogo e modalità della prestazione imposto unilateralmente dall’azienda.

L’esame dei motivi del ricorso sul lavoro subordinato

Il lavoratore proponeva ricorso in Cassazione basato su quattro motivi principali:
1. Erronea condanna alle spese legali verso l’INPS: Si contestava la condanna a pagare le spese all’ente previdenziale, sostenendo che non vi fosse un litisconsorzio necessario.
2. Violazione dell’art. 2094 c.c.: Si criticava la sentenza per aver escluso l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato.
3. Violazione dell’art. 2 del D.Lgs. 81/2015: Si affermava che sussistevano i presupposti della collaborazione etero-organizzata.
4. Erroneo rigetto dell’impugnativa di licenziamento: Si insisteva sull’illegittimità della cessazione del rapporto.

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendo i motivi infondati o inammissibili.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha chiarito diversi principi fondamentali. In primo luogo, ha respinto il motivo sulle spese legali, affermando che, in base al principio della soccombenza, chi perde la causa deve sostenere le spese di tutte le parti, incluse quelle chiamate in giudizio su ordine del giudice, anche se la loro partecipazione si rivela poi non necessaria.

Sul punto cruciale del lavoro subordinato, i giudici hanno ribadito un orientamento consolidato: l’accertamento della natura del rapporto di lavoro è una valutazione di fatto, riservata ai giudici di merito. La Cassazione non può riesaminare le prove e sostituire il proprio convincimento a quello dei giudici dei gradi precedenti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione. Nel caso di specie, il ricorrente si era limitato a proporre una diversa lettura delle risultanze processuali, senza evidenziare vizi giuridici o logici nella sentenza impugnata. L’attività di informatore scientifico, come molte altre, può essere svolta sia in forma autonoma che subordinata; spetta al giudice di merito, analizzando gli indici concreti (assoggettamento al potere direttivo, controllo, disciplinare, ecc.), qualificare il rapporto.

Anche il motivo sull’etero-organizzazione è stato dichiarato inammissibile perché il ricorrente non aveva adeguatamente contestato la valutazione della Corte d’Appello, che aveva escluso l’esistenza di un’organizzazione unilaterale della prestazione da parte del committente. Infine, la questione del licenziamento è stata considerata assorbita: una volta esclusa la natura subordinata del rapporto, non è possibile configurare un licenziamento illegittimo ai sensi della normativa sul lavoro dipendente.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce con forza la distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. La qualificazione di un rapporto di lavoro come autonomo o subordinato dipende da un’attenta analisi dei fatti e delle concrete modalità di svolgimento della prestazione. Tale analisi è di competenza esclusiva del Tribunale e della Corte d’Appello. Il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito, ma deve limitarsi a censurare specifici errori di diritto o vizi di motivazione. Per i lavoratori che intendono far valere la natura subordinata del proprio rapporto, è quindi cruciale fornire, fin dal primo grado, prove concrete e inequivocabili dell’assoggettamento al potere direttivo e organizzativo del datore di lavoro.

Quando un rapporto di lavoro come informatore scientifico è considerato autonomo e non subordinato?
Secondo la decisione in esame, il rapporto è considerato autonomo quando non risulta provato alcun significativo vincolo relativo al tempo, al luogo o ad altri aspetti della prestazione che sia imposto unilateralmente dalla parte datoriale e che sia estraneo alle normali esigenze di coordinamento tipiche delle collaborazioni autonome in quel settore.

La Corte di Cassazione può riesaminare i fatti per decidere se un lavoro è subordinato?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare nel merito la vicenda processuale. La valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti per qualificare un rapporto di lavoro come subordinato o autonomo costituiscono un accertamento di fatto riservato ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Il ruolo della Cassazione è limitato al controllo della corretta applicazione della legge e della logicità della motivazione.

Chi paga le spese legali di una parte chiamata in causa che poi si rivela non necessaria?
In base al principio della soccombenza, la parte che perde la causa deve rimborsare le spese legali anche di coloro che sono stati chiamati a partecipare al giudizio su ordine del giudice, anche se la loro presenza si rivela successivamente ingiustificata. Questo per tutelare il diritto di difesa delle parti ingiustamente coinvolte nel processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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