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Lavoro subordinato: quando due società sono un unico datore

La Corte di Cassazione conferma la decisione di merito che ha riconosciuto la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a favore di un medico, formalmente legato da contratti di collaborazione con una società. La Suprema Corte ha ritenuto che due distinte società costituissero un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro, data l’unicità della struttura organizzativa e l’interesse comune, condannandole in solido alla reintegrazione e al risarcimento del danno. Viene ribadito il principio della prevalenza della sostanza sulla forma nella qualificazione del rapporto di lavoro.

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Lavoro Subordinato: la Cassazione conferma l’Unico Datore tra Due Società

La distinzione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato è una delle questioni più dibattute nel diritto del lavoro. Spesso, la realtà operativa di un rapporto professionale diverge notevolmente dalla sua qualificazione formale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un caso emblematico, chiarendo come due società giuridicamente distinte possano essere considerate un unico datore di lavoro, con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di tutele per il lavoratore. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

La vicenda riguarda un medico che per molti anni ha lavorato per un centro medico, formalmente legato da contratti di collaborazione professionale prima e di collaborazione coordinata e continuativa poi con una prima società (Società A). Il medico, ritenendo che le modalità effettive della sua prestazione fossero quelle tipiche del lavoro subordinato, ha agito in giudizio per ottenere il riconoscimento di tale natura del rapporto. La sua domanda era rivolta non solo alla Società A, ma anche a una seconda società (Società B), che gestiva il centro medico, sostenendo che entrambe costituissero un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro.

La Corte d’Appello, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha accolto le richieste del lavoratore. I giudici hanno accertato che, al di là del nome dato ai contratti, il rapporto presentava tutti gli indici del lavoro subordinato: svolgimento delle stesse mansioni per un lungo arco temporale, inserimento stabile nell’organizzazione aziendale, rispetto di orari predeterminati e sottoposizione al controllo dei responsabili. Inoltre, la Corte ha riconosciuto che le due società, pur essendo formalmente distinte, operavano come un’unica entità, con una struttura organizzativa e produttiva integrata e un interesse comune. Di conseguenza, ha dichiarato nullo il recesso comunicato dalla Società A e ha ordinato a entrambe le società la reintegrazione del medico nel posto di lavoro, con il conseguente risarcimento del danno.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Lavoro Subordinato

Entrambe le società hanno presentato ricorso per cassazione, ma la Suprema Corte ha rigettato tutte le censure, confermando integralmente la sentenza d’appello. La decisione si fonda su due pilastri fondamentali: la prevalenza della sostanza sulla forma nella qualificazione del rapporto e il riconoscimento di un unico centro di imputazione quando più imprese sono collegate economicamente e funzionalmente.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha articolato le sue motivazioni respingendo punto per punto i motivi di ricorso delle società.

Prevalenza della Sostanza sulla Forma

Il primo punto chiave riguarda la qualificazione del rapporto. La Cassazione ha ribadito il principio consolidato secondo cui, per stabilire la natura di un rapporto di lavoro, è necessario guardare alle sue modalità effettive di svolgimento e non alla qualificazione giuridica data dalle parti (il cosiddetto nomen iuris). Nel caso di specie, le prove raccolte hanno dimostrato in modo inequivocabile l’esistenza degli indici tipici della subordinazione. Il lavoratore era pienamente inserito nell’organizzazione aziendale, senza differenze significative rispetto agli altri medici dipendenti, ed era soggetto al potere di controllo e coordinamento del Direttore sanitario. Questi elementi sono stati ritenuti sufficienti per qualificare il rapporto come lavoro subordinato sin dal suo inizio.

Il Concetto di Unico Centro di Imputazione del Rapporto di Lavoro

Il secondo aspetto cruciale della decisione è l’aver considerato le due società come un unico datore di lavoro. Le società ricorrenti sostenevano che un semplice collegamento economico-funzionale non fosse sufficiente a estendere la titolarità del rapporto di lavoro. La Cassazione, tuttavia, ha confermato la valutazione dei giudici di merito, i quali avevano ravvisato non un mero collegamento, ma una vera e propria simulazione nel frazionamento del datore di lavoro. Erano presenti elementi concreti come unicità di struttura, integrazione delle attività, interesse comune e un coordinamento tecnico-amministrativo-finanziario che riconduceva la gestione a un unico soggetto direttivo. Questa situazione, secondo la Corte, giustificava l’imputazione del rapporto di lavoro a entrambe le società, rendendole solidalmente responsabili nei confronti del lavoratore.

Inammissibilità di Altri Motivi di Ricorso

La Corte ha inoltre dichiarato inammissibili diversi altri motivi di ricorso per ragioni processuali. Ad esempio, le censure relative al risarcimento del danno sono state respinte perché basate su un’errata interpretazione della decisione d’appello, che non aveva applicato l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, bensì aveva dichiarato la nullità dei contratti di collaborazione, con conseguente ripristino del rapporto di lavoro ab origine. Altri motivi sono stati giudicati inammissibili per carenza di autosufficienza, non avendo le ricorrenti trascritto adeguatamente gli atti processuali su cui basavano le loro lamentele.

Le Conclusioni

Questa ordinanza della Corte di Cassazione rappresenta un’importante conferma a tutela dei lavoratori. Sottolinea con forza che i giudici devono andare oltre le apparenze formali per indagare la vera natura di un rapporto di lavoro. Inoltre, offre un chiaro monito alle imprese che utilizzano strutture societarie complesse o frazionate per eludere gli obblighi derivanti dal lavoro subordinato. Quando emerge un’unica realtà imprenditoriale, le diverse entità giuridiche che la compongono saranno considerate un unico datore di lavoro e saranno chiamate a rispondere in solido delle proprie responsabilità. Per i lavoratori, questa decisione rafforza la possibilità di ottenere il riconoscimento dei propri diritti anche in contesti aziendali apparentemente frammentati.

Quando un contratto di collaborazione professionale può essere considerato lavoro subordinato?
Un contratto di collaborazione viene riqualificato come lavoro subordinato quando le modalità concrete di svolgimento della prestazione rivelano gli indici tipici della subordinazione, come l’inserimento stabile nell’organizzazione del datore di lavoro, il rispetto di un orario predeterminato e la sottoposizione al potere di controllo e direttivo altrui, indipendentemente dal nome formale del contratto.

Due società legalmente distinte possono essere considerate un unico datore di lavoro?
Sì, due o più società possono essere considerate un unico datore di lavoro (o ‘unico centro di imputazione’) quando sussiste una stretta integrazione delle loro attività, un’unica struttura organizzativa e produttiva, un interesse comune e un coordinamento gestionale tale da farle apparire come un’unica impresa. In tal caso, sono solidalmente responsabili per gli obblighi nei confronti del lavoratore.

Cosa comporta la dichiarazione di nullità di un contratto di collaborazione e la sua riqualificazione in lavoro subordinato a tempo indeterminato?
La dichiarazione di nullità del contratto di collaborazione e la sua riqualificazione comportano l’accertamento di un rapporto di lavoro subordinato sin dall’inizio. Di conseguenza, il giudice ordina il ripristino del rapporto (reintegrazione) e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria pari a tutte le retribuzioni perse dalla data della messa in mora fino all’effettiva reintegra.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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