Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21970 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 21970 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 17345-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE
e sul ricorso 17741-2021 proposto da:
Oggetto
QUALIFICAZIONE
RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO
R.G.N. 17345/2021 17741/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 06/05/2025
CC
– intimata –
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
nonchè contro
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4276/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 21/12/2020 R.G.N. 2603/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 4276/2020 la Corte di appello di Napoli, in accoglimento dell’appello incidentale proposto dal lavoratore e in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Benevento, ha accolto la domanda di NOME COGNOME di accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro con RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE sin dal 1.1.1995, ha dichiarato nullo il recesso della società RAGIONE_SOCIALE del 31.12.2015 e ha ordinato alle società la reintegrazione nel posto di lavoro con qualifica di aiuto dirigente, con conseguente condanna al pagamento di una indennità risarcitoria pari alle retribuzioni globali di fatto dal 18.2.2016 nonché al pagamento
delle differenze retributive pari a complessivi euro 179,422,35, oltre accessori di legge.
2. la Corte territoriale, per quel che interessa, ha accertato che il quadro probatorio raccolto aveva fornito molteplici e concordanti elementi per ritenere che -nonostante la emissione di fatture per ‘prestazioni occasionali’ e, poi, la formale stipula di contratti di collaborazione professionale -il rapporto di lavoro aveva assunto, sin dall’inizio, le caratteristiche del rapporto di lavoro subordinato, ricorrendo tutti gli indici significativi (espletamento delle medesime mansioni per tutto l’arco tem porale, inserimento stabile nell’organizzazione datoriale, rispetto dell’orario di lavoro predeterminato dal datore di lavoro, sottoposizione al controllo dei Responsabili, e, inoltre, espletamento di mansioni differenti e ulteriori rispetto a quelle individuate nel contratto, carattere fisso della retribuzione); i giudici del merito hanno, inoltre, accertato che -nonostante la formale stipulazione del contratto tra il RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE -il vero ed unico centro di imputazione del rapporto di lavoro era il compendio costituito da entrambe le società, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, sussistendo una unicità di struttura organizzativa e produttiva, una integrazione tra le attività esercitate dalle due imprese e il correlativo interesse comune, un coordinamento tecnico-amministrativo-finanziario tale da individuare un unico soggetto direttivo, una utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie società titolari delle distinte imprese, con conseguente responsabilità di entrambe per le differenze retributive maturate dal lavoratore; entrambe le società sono state, altresì, condannate al pagamento di un’indennità risarcitoria (pari alla
retribuzione globale di fatto spettante) a decorrere dalla data di messa in mora, ossia dal 18.2.2016.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso la società RAGIONE_SOCIALE con tre motivi, illustrati da memoria; il lavoratore ha resistito con controricorso; la società RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata, ma ha proposto autonomo ricorso con sei motivi, avverso il quale hanno resistito la società RAGIONE_SOCIALE e il lavoratore.
Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va, preliminarmente, ricordato il consolidato e condiviso indirizzo di questa Corte secondo cui il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso, fermo restando che tale modalità non è essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorché proposto con atto a sé stante, in ricorso incidentale (Cass. SU 20 ottobre 2017, n. 24876; Cass. 17 febbraio 2004, n. 3004; Cass. 13 dicembre 2011, n. 26723; Cass. 4 dicembre 2014, n. 25662).
Nella specie deve, pertanto, procedersi alla riunione dei ricorsi: deve, in particolare, essere considerato principale il ricorso di RAGIONE_SOCIALE perché notificato prima del ricorso della RAGIONE_SOCIALE s.p.a., che va quindi considerato incidentale.
Con il primo motivo di ricorso, principale, della società RAGIONE_SOCIALE si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art.2094 c.c. in relazione agli artt. 2697, 2727 c.c. e 116 c.p.c. avendo, la Corte territoriale, trascurato la volontà delle parti come
estrinsecata nel contratto di collaborazione sottoscritto tra le stesse, confermato anche successivamente (visto che il dottore ha acconsentito, a più riprese, negli anni, al rinnovo tacito dei contratti di collaborazione); inoltre, con riguardo allo svolgimento di professioni sanitarie, la giurisprudenza ritiene dirimente il potere confermativo del datore di lavoro sul contenuto della prestazione lavorativa, a fronte del quale recedono i criteri sussidiari usualmente utilizzati.
Con il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 18 della legge n. 300 del 1970, 1362 e ss. c.c. avendo, la Corte territoriale, trascurato che il rapporto di lavoro è cessato (non per intervenuto licenziamento bensì) per scadenza del termine alla data del 31.12.2015 e che la società RAGIONE_SOCIALE con telegramma del 4.1.2016 ha comunicato al medico che non intendeva rinnovare il contratto di collaborazione professionale; la Corte territoriale ha, dunque, erroneamente interpretato la volontà delle parti cristallizzata nel contratto di collaborazione coordinata e continuativa.
5. Con il terzo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1294, 1414, 1415, 2082, 2094, 2359, 2947 c.c., 31 del d.lgs. n. 276/2003, 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c. e 2729 c.c. avendo, la Corte territoriale, erroneamente configurato un unico centro di imputazione di interessi tra le due società posto che il collegamento economico-funzionale esistente tra imprese non è da solo sufficiente a far estendere la titolarità di un rapporto di lavoro ad un soggetto diverso da quello che formalmente riveste la qualità di datore di lavoro e, nel caso di specie, la simulazione o la finalità fraudolenta non risultano provate e gli elementi valorizzati non sono idonei a comprovare un’unica sottostante organizzazione di impresa che deve necessariamente implicare un quid pluris rispetto al fisiologico rapporto di direzione e
contro
llo propri della capogruppo nei confronti delle società collegate.
Con il primo motivo di ricorso incidentale della società RAGIONE_SOCIALE si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art.1, commi 47-68, della legge n. 92 del 2012, dovendo, la controversia, essere trattata con il rito speciale di cui alla legge n. 92 del 2012 e non secondo il rito del lavoro, ex art. 414 e ss. c.p.c., essendo conseguito un abnorme onere economico risarcitorio a carico della società determinato dalla durata del processo.
Con il secondo motivo si denunzia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, avendo, la Corte territoriale, errato nell’individuare un centro unico di imputazione di interessi tra le due società.
Con il terzo motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art.2094 c.c. in relazione agli artt. 2697, 2729 c.c. e 116 c.p.c. avendo, la Corte territoriale, accertato la natura subordinata del rapporto di lavoro nonostante non fosse emerso l’assoggettamento del medico a specifiche direttive.
Con il quarto ed il quinto motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 18, comma 1, della legge n. 300 del 1970, avendo, la Corte territoriale, trascurato che il rapporto di lavoro è cessato (non per intervenuto licenziamento bensì) per scadenza del termine alla data del 31.12.2015 e che non ricorrevano i requisiti richiesti dal comma 1 dell’art. 18 della legge n. 300 del 1970; la Corte territoriale, inoltre, non ha decurtato -dal risarcimento riconosciuto al medico -le somme percepite dalla data del 18.2.2016.
Con il sesto motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. avendo, la Corte territoriale, omesso
una statuizione sul motivo di appello concernente l’entità delle differenze retributive ottenute dal medico (considerato Aiuto dirigente piuttosto che Assistente fascia A o fascia B dedotte dalla società) in base all’orario espletato e all’anzianità di Specializzazione posseduta dal medico.
Il primo motivo del ricorso incidentale, che per ragioni di priorità logica va affrontato con precedenza, concernendo il rito da seguire nella presente causa, è inammissibile.
10.1. Questa Corte ha affermato che «La violazione della disciplina relativa all’introduzione della causa mediante il rito c.d. Fornero può essere dedotta come motivo di impugnazione solo se la parte indichi il concreto pregiudizio alle prerogative processuali derivatole dalla mancata adozione del predetto rito, con conseguente interesse alla relativa rimozione, non potendosi ravvisarsi tale pregiudizio nella privazione di “una fase processuale”, considerato che il rito ordinario (nella specie seguito) rappresenta la massima espansione della cognizione integrale, idonea a consentire il migliore esercizio del diritto di difesa» (Cass. n. 6754/2020); deve trattarsi, dunque, di una precisa e apprezzabile lesione del diritto di difesa, del contraddittorio e, in generale, delle prerogative processuali protette della parte (Cass. n. 19942 del 2008, Cass. SS.UU. n. 3758 del 2009; Cass. n. 22325 del 2014; Cass. n. 1448 del 2015).
10.2. Nessun specifico pregiudizio processuale, se non l’astratta deduzione della maggiore durata del processo, è stato dedotto dalla società con riguardo all’adozione del rito del lavoro.
Il primo motivo del ricorso principale, che va trattato con il terzo motivo del ricorso incidentale (concernendo entrambi la riconosciuta natura subordinata del rapporto di lavoro), non sono fondati.
11.1. La Corte distrettuale, per giungere ad affermare la natura subordinata del rapporto, ha valorizzato una pluralità di dati, singolarmente esaminati e poi apprezzati nel loro complesso, e, richiamato il principio di carattere generale secondo cui in tema di rapporto di lavoro rilevano le modalità effettive di svolgimento della prestazione e non può il giudice arrestarsi alla qualificazione giuridica data allo stesso dalle parti (Cass. n. 32180/2021 e giurisprudenza ivi citata); i giudici del merito hanno ritenuto che dal complesso delle risultanze istruttorie e documentali emergesse, oltre alla difformità della utilizzazione rispetto al progetto indicato nei contratti di collaborazione coordinata e continuativa, il pieno inserimento nell’organizzazione della struttura aziendale, senza significative diversità rispetto agli altri medici assegnati al medesimo reparto, tutti controllati e coordinati dal Direttore sanitario.
11.2. La Corte distrettuale non si è discostata dall’orientamento, consolidato nella giurisprudenza di legittimità (ed affermato anche in relazione ai rapporti di impiego pubblico intercorrenti con le aziende del Servizio Sanitario Nazionale), secondo cui “ai fini della qualificabilità come rapporto di pubblico impiego di un rapporto di lavoro prestato alle dipendenze di un ente pubblico non economico, rileva che il dipendente risulti effettivamente inserito nella organizzazione pubblicistica ed adibito ad un servizio rientrante nei fini istituzionali dell’ente pubblico, non rilevando in senso contrario l’assenza di un atto formale di nomina, né che si tratti di un rapporto a termine, e neppure che il rapporto sia affetto da nullità per violazione delle norme imperative sul divieto di nuove assunzioni” (Cass. n. 10551/2003, i cui principi -in ordine all’accertamento della natura subordinata del rapporto -valgono sia per il settore pubblico che per il settore privato; negli stessi termini fra le
tante Cass. 30297/ 2022 e Cass. 24446/2024 con richiami a precedenti conformi; Cass. 283/2024, Cass. n. 33758/2024).
11.3. Questa Corte ha sottolineato che la sussistenza dell’elemento della subordinazione nell’ambito di un contratto di lavoro va correttamente individuata sulla base di una serie di indici sintomatici, comprovati dalle risultanze istruttorie, quali la collaborazione, la continuità della prestazione lavorativa e l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale, da valutarsi criticamente e complessivamente, con un accertamento in fatto insindacabile in sede di legittimità ( ex plurimis Cass. n. 18/2019 e Cass. n. 28459/2018).
Il secondo motivo del ricorso principale e il quarto ed il quinto motivo del ricorso incidentale (che concernono il risarcimento del danno spettante al medico) sono inammissibili. 12.1. Nel caso di specie difetta la necessaria riferibilità delle censure alla motivazione della sentenza impugnata, in quanto la Corte territoriale non ha applicato l’art. 18 della legge n. 300 del 1970, bensì ha dichiarato la nullità dei contratti di col laborazione e, per l’effetto, ha accertato la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dall’origine, ordinandone il ripristino. Invero, pur se il richiamo a un diverso precedente giurisprudenziale contenuto nella sentenza impugnata e concernente le due società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE può indurre in equivoco, la Corte territoriale (anche richiamando una statuizione affermata dalle Sezioni Unite di questa Corte) ha accertato il diritto del medico a riprendere il suo posto di lavoro e a ottenere il risarcimento del danno qualora ciò gli venga negato, precisando che tale diritto al risarcimento del danno spettava dalla data di messa in mora comunicata dal medico.
Il terzo motivo del ricorso principale, da trattare con il secondo motivo del ricorso incidentale (entrambi concernenti l’accertamento di un unico centro di imputazione di interessi), è inammissibile.
13.1. La Corte territoriale -richiamando l’orientamento giurisprudenziale illustrato dallo stesso ricorrente -ha motivatamente confermato la sussistenza di tutti gli indici sintomatici della suddetta simulazione, id est del carattere fittizio del frazionamento del datore di lavoro in due società.
13.2. Il motivo, nel denunciare la violazione degli indici sintomatici della configurazione di un centro di imputazione unica, nella sostanza sollecita una diversa valutazione delle risultanze di causa, riservata al giudice del merito e preclusa nel giudizio di legittimità.
13.3. Il motivo del ricorso incidentale è, inoltre, inammissibile in quanto trascura di considerare che il n. 5 dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., che viene invocato a sostegno della doglianza, per i giudizi di appello instaurati dopo il trentesimo giorno successivo alla entrata in vigore della legge 7 agosto 2012 n. 134, di conversione del d.l. 22 giugno 2012 n. 83, non può essere invocato, rispetto ad un appello promosso nella specie dopo la data sopra indicata (art. 54, comma 2, del richiamato d.l. n. 83/2012), con ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello che conferma la decisione di primo grado, qualora il fatto sia stato ricostruito nei medesimi termini dai giudici di primo e di secondo grado (art. 348 ter, ultimo comma, cod.proc.civ., in base al quale il vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., non è deducibile in caso di impugnativa di pronuncia c.d. doppia conforme; v. Cass. n. 23021 del 2014; la medesima previsione è inserita, dall’art. 3,
comma 27, lett. a), n. 2), d.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, nell’art. 360, quarto comma, cod.proc.civ.);
Il sesto motivo del ricorso incidentale è inammissibile.
14.1. Il motivo è inammissibile per mancato rispetto delle prescrizioni imposte dagli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 c.p.c., in quanto la parte ricorrente omette di trascrivere, almeno nelle parti essenziali gli atti processuali su cui la censura si fonda (in specie, la sentenza di primo grado; i conteggi effettuati dalla difesa del lavoratore su indicazione del giudice; la memoria di primo grado ove la società contestava lo svolgimento di mansioni di Aiuto dirigente, memoria che, peraltro, risulta -dalla consultazione degli atti -depositata tardivamente).
14.2. Come statuito da questa Corte, il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., quale corollario del requisito di specificità dei motivi, da interpretare, anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021, in modo non eccessivamente formalistico, impone, comunque, che nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (così Cass., S.U. n. 8950 del 2022). Tale principio può ritenersi rispettato ‘ogni qualvolta l’indicazione dei documenti o degli atti processuali sui quali il ricorso si fondi, avvenga, alternativamente, o riassumendone il contenuto, o trascrivendone i passaggi essenziali, bastando, ai fini dell’assolvimento dell’onere di deposito previsto dall’art. 369, comma 2, n. 4 c.p.c., che il documento o l’atto, specificamente indicati nel ricorso, siano accompagnati da un riferimento idoneo a identificare la fase del processo di merito in cui siano
stati prodotti o formati’ (Cass. n. 12481 del 2022), requisiti del tutto omessi nel caso di specie.
In conclusione, entrambi i ricorsi vanno rigettati e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 cod.proc.civ.
Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002 nei confronti sia del ricorrente principale sia del ricorrente incidentale;
P. Q. M.
La Corte, preliminarmente riunisce alla causa n. 17345/2021 R.G. la causa n. 17741/2021 R.G.; rigetta entrambi i ricorsi e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 5.000,00 per compensi professionali e in euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente p rincipale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 6 maggio