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Lavoro subordinato PA: la prova della subordinazione

La Corte di Cassazione ha esaminato il caso di una lavoratrice che, dopo un contratto di somministrazione e una serie di contratti di collaborazione (co.co.co.) con un Comune, chiedeva il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. La Corte d’Appello aveva respinto la domanda, non trovando prove sufficienti del vincolo di subordinazione. La Cassazione ha confermato questa decisione, rigettando il ricorso della lavoratrice. È stato sottolineato che, per qualificare un rapporto come lavoro subordinato, non basta la reiterazione dei contratti, ma è necessario dimostrare con prove concrete l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, elementi che nel caso di specie sono risultati mancanti.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Lavoro subordinato nella PA: la prova è a carico del lavoratore

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini tra collaborazione autonoma e lavoro subordinato all’interno della Pubblica Amministrazione. La Corte ha stabilito che la semplice reiterazione di contratti di collaborazione non è sufficiente a dimostrare l’esistenza di un rapporto di lavoro dipendente. È onere del lavoratore fornire prove concrete dell’assoggettamento al potere direttivo del datore di lavoro.

I Fatti di Causa: dalla somministrazione ai co.co.co.

Una lavoratrice ha prestato servizio per un Comune italiano inizialmente tramite un contratto di somministrazione con un’agenzia e, successivamente, attraverso una serie di contratti di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.) per un periodo di oltre quattro anni. La lavoratrice sosteneva di aver svolto mansioni amministrative ordinarie, inserita stabilmente nell’organizzazione comunale, e non le attività di staff al Sindaco previste contrattualmente. Per questo motivo, ha citato in giudizio il Comune chiedendo il riconoscimento di un unico rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e il pagamento delle differenze retributive.

Il Tribunale di primo grado aveva accolto solo la domanda relativa alle differenze retributive, escludendo la conversione del rapporto. La Corte d’Appello, riformando la decisione, ha respinto integralmente le richieste della lavoratrice, ritenendo non provato il vincolo di subordinazione. Secondo i giudici di secondo grado, le testimonianze non avevano evidenziato elementi concreti di assoggettamento al potere direttivo del Comune, anzi, avevano mostrato una certa autonomia della lavoratrice, ad esempio nella gestione dell’orario di lavoro.

La Decisione della Corte di Cassazione

La lavoratrice ha quindi presentato ricorso in Cassazione, basandolo su quattro motivi, tra cui la violazione di norme relative all’impiego pubblico e una valutazione errata delle prove. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello e condannando la ricorrente al pagamento delle spese legali.

Lavoro subordinato nella PA: l’onere della prova

Il punto centrale della decisione è che, per qualificare un rapporto come lavoro subordinato, specialmente nel settore pubblico, non è sufficiente dimostrare l’inserimento nell’organizzazione aziendale. È indispensabile provare l’effettiva sussistenza del vincolo di subordinazione, ovvero l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro. La Corte ha ribadito che l’onere di fornire tale prova spetta al lavoratore che ne chiede il riconoscimento.

La valutazione delle prove testimoniali

La Cassazione ha inoltre ritenuto infondate le censure relative alla valutazione delle prove. La Corte d’Appello aveva correttamente esaminato le deposizioni testimoniali, concludendo motivatamente che non emergevano elementi sufficienti a dimostrare la subordinazione. La semplice conferma di circostanze capitolate nel ricorso introduttivo non è di per sé decisiva se non supportata da dettagli concreti. Allo stesso modo, le dichiarazioni del Sindaco in sede di interrogatorio formale non sono state considerate una confessione, ma piuttosto una serie di precisazioni che escludevano tale natura.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione chiarendo che la Corte d’Appello non aveva ignorato le allegazioni della ricorrente, ma le aveva correttamente inquadrate. Il focus del giudizio di merito era verificare se, al di là del nomen iuris dei contratti, il rapporto si fosse di fatto svolto con le caratteristiche della subordinazione. L’analisi si è concentrata sulla sostanza del rapporto e non sulla sua qualificazione formale. I giudici di legittimità hanno evidenziato come la Corte territoriale avesse accertato l’assenza degli indici sintomatici della subordinazione, come il controllo costante, l’imposizione di un orario rigido e l’esercizio del potere disciplinare. La decisione impugnata si è quindi conformata ai principi consolidati secondo cui, per affermare l’esistenza di un rapporto di pubblico impiego, è necessario un accertamento in fatto, insindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato, sull’effettiva sussistenza del vincolo gerarchico.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale nel diritto del lavoro: la qualificazione di un rapporto dipende dalle sue modalità concrete di svolgimento. Per i lavoratori che operano nella Pubblica Amministrazione con contratti atipici, ciò significa che per ottenere il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato è cruciale raccogliere e presentare prove inequivocabili dell’assoggettamento al potere direttivo dell’ente. La mera durata del rapporto o lo svolgimento di mansioni utili all’ente non sono, da soli, elementi sufficienti per la conversione del contratto.

La reiterazione di contratti di collaborazione con un Comune comporta automaticamente il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato?
No, secondo la Corte di Cassazione, la semplice successione di contratti di collaborazione non è di per sé sufficiente. È necessario che il lavoratore dimostri in concreto di essere stato sottoposto al potere direttivo e di controllo del datore di lavoro, tipico del rapporto subordinato.

Quali sono gli elementi principali per dimostrare l’esistenza di un lavoro subordinato?
Gli elementi chiave sono l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo (ordini su come e quando svolgere il lavoro), organizzativo (inserimento stabile nella struttura dell’ente) e disciplinare (possibilità di sanzioni) del datore di lavoro. Altri indici possono essere l’obbligo di rispettare un orario di lavoro fisso e la continuità della prestazione.

In questo caso, perché la domanda della lavoratrice è stata respinta?
La domanda è stata respinta perché, secondo la valutazione dei giudici di merito confermata dalla Cassazione, dalle prove raccolte (in particolare le testimonianze) non sono emersi elementi concreti per dimostrare il vincolo di subordinazione. Anzi, è stata riscontrata una certa autonomia della lavoratrice, soprattutto nella gestione dell’orario di lavoro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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