Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23473 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23473 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/08/2025
Oggetto
Lavoro privato
–
Accertamento
subordinazione
R.G.N.28911/2021
COGNOME
Rep.
Ud 10/06/2025
CC
ORDINANZA
sul ricorso 28911-2021 proposto da:
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Liquidatore pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 940/2021 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 16/09/2021 R.G.N. 349/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/06/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
1. l a Corte d’Appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa sede di rigetto del ricorso di NOME COGNOME diretto all’accertamento della codatorialità tra RAGIONE_SOCIALE, della simulazione del rapporto associativo instaurato da essa con RAGIONE_SOCIALE, dell ‘ illegittimità della delibera di esclusione da socia del 29.11.2019, dell ‘ avvenuta intercorrenza di rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato pieno come manager CCNL dirigenti aziende del terziario, della distribuzione e dei servizi dal 3.11.2016 al 29.11.2019, nonché, nel merito, alla declaratoria di nullità o illegittimità o inefficacia del licenziamento intimatole con lettera del 19.11.2019 perché ritorsivo o fondato su motivo illecito determinante o per manifesta insussistenza del fatto materiale posto alla base del licenziamento, con condanna delle società alla reintegrazione nel posto di lavoro e alla corresponsione di indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione dovuta, oltre a regolarizzazione previdenziale e domande subordinate;
2. la Corte distrettuale, in sintesi, in base agli elementi istruttori raccolti, ha condiviso il rilievo del Tribunale circa la necessità di accertamento del presupposto sul quale si fondavano tutte le domande, attinente alla sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato nei confronti di RAGIONE_SOCIALE s.p.a.RAGIONE_SOCIALE ha ritenuto che, nel caso di specie, detta domanda di accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro con qualifica dirigenziale non era stata supportata da compiute allegazioni, essendosi limitata la
ricorrente a descrivere le proprie mansioni rispetto alla lavoratrici a lei sottoposte, dato non rilevante, in quanto l’organizzazione del lavoro di sottoposti può provenire anche da soggetti semplici collaboratori dell’imprenditore, non necessariamente subordinati; ha confermato la valutazione di carenza di deduzioni circa la riconducibilità delle mansioni svolte a quelle descritte dal CCNL di settore per i dirigenti; ha anche escluso l’eterodirezione di cui all’art. 2, comma 1, d. lgs. n. 81/2015; ha concluso che, non essendo stata provata la domanda inerente all’accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, alla luce del principio della ragione più liquida, le altre questioni, inclusa quella dell’unicità di imputazione del rapporto -codatorialità rimanevano assorbite;
3. per la cassazione della sentenza d’appello propone ricorso NOME COGNOME con 6 motivi, illustrati da memoria; resistono le società intimate con distinti controricorsi; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza ;
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo, parte ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione o falsa applicazione dell’ art. 2094 c.c.; sostiene che la Corte d’appello non ha correttamente individuato gli indici normativi del lavoro subordinato ed autonomo e gli elementi indiziari, dotati di efficacia probatoria sussidiaria ai fini della qualificazione giuridica del rapporto di lavoro, non valorizzando gli elementi del lavoro all’interno della organizzazione della società Risorse, dei rapporti con clienti della stessa s ocietà, dello svolgimento di un’attività che non poteva esercitare in proprio e di cui Risorse assumeva
necessariamente la paternità, delle direttive da parte dei preposti di Risorse;
2. il motivo è inammissibile;
la sussistenza dell’elemento della subordinazione nell’ambito di un contratto di lavoro, da individuare sulla base di una serie di indici sintomatici, comprovati dalle risultanze istruttorie, quali la collaborazione, la continuità della prestazione lavorativa e l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale, da valutarsi criticamente e complessivamente, costituisce un accertamento in fatto insindacabile in sede di legittimità; la qualificazione giuridica del rapporto di lavoro effettuata dal giudice di merito rimane censurabile in sede di legittimità soltanto limitatamente alla scelta dei parametri normativi di individuazione della natura subordinata o autonoma del rapporto, mentre l’accertamento degli elementi, che rivelino l’effettiva presenza del parametro stesso nel caso concreto e che siano idonei a ricondurre la prestazione al suo modello, costituisce un apprezzamento di fatto delle risultanze processuali, non più sindacabile in questa sede, in quanto sorretto da congrua e logica motivazione (cfr. Cass. n. 3407/2022, n. 5436/2019, n. 14434/2015), a maggior ragione in ipotesi, come quella in esame, di pronuncia cd. doppia conforme di merito;
4. con il secondo motivo, parte ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione o falsa applicazione dell’ art. 1, comma 3, legge n. 142/2001, anche in relazione all’art. 2, comma 1 , del d. lgs. n. 81/2015; afferma il carattere fittizio del contratto mutualistico, con ogni conseguenza anche sulla valutazione del vincolo sociale cooperativo (quale strumento preordinato ad eludere le norme sull’instaurazione di un contratto di lavoro subordinato);
5. il motivo è inammissibile
6. con esso si prospetta, apparentemente, una violazione di norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, proponendo una propria diversa valutazione, corrispondente ad un mero dissenso motivazionale che non inficia la legittimità della sentenza impugnata, non essendo consentito trasformare il giudizio di cassazione nel terzo grado di merito nel quale ridiscutere esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi, al fine di un loro riesame (v. Cass. n. 8758/2017, n. 29404/2017, n. 18721/2018, n. 20814/2018, n. 1229/2019, S.U. n. 34476/2019, n. 15568/2020, S.U. 20867/2020, n. 5987/2021, n. 20553/2021, n. 6774/2022, n. 36349/2023);
7. la Corte di merito (oltre a rilevar la novità in appello del tema in questione) ha sottolineato che il richiamo alla disciplina delle collaborazioni etero-organizzate non è utile per provare la subordinazione; analogamente, l’eventuale fittizietà del contratto mutualistico (peraltro ritenuto reale con RAGIONE_SOCIALE) non significa di per sé, non determina in automatico, la prova della subordinazione, di cui sono stati esclusi in fatto gli elementi che ne caratterizzano il tipo legale;
8. con il terzo motivo, parte ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione o falsa applicazione degli artt. 414, 416 e 420 c.p.c., per non avere la Corte territoriale ammesso i capi di prova articolati e aver ritenuto che la ricorrente non abbia provato la sussistenza della subordinazione;
il motivo è inammissibile in sede di legittimità;
la scelta, tra le varie risultanze, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione involge apprezzamenti di
fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive (cfr. Cass. n. 11933/2003, n. 12362/2006, n. 17097/2010, n. 16056/2016, n. 19011/2017); con il ricorso per cassazione, la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate nel merito, poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti in tale sede è preclusa in sede di legittimità (Cass. n. 29404/2017);
11. nel caso di specie, i giudici di merito hanno valutato l’ampia documentazione prodotta (ritenuta priva di specificità) e hanno escluso, con valutazione loro spettante, la congruità degli elementi capitolati in funzione della richiesta prova testimoniale a dimostrare l’esistenza di rapporto di lavoro dirigenziale subordinato; tale valutazione, logica e motivata, non è rivedibile in questa sede;
12. con il quarto motivo, parte ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia in merito all’accertamento della dedotta unicità del datore di lavoro ovvero codatorialità;
13. il motivo non è fondato;
14. per consolidata giurisprudenza di questa Corte la figura dell’assorbimento esclude il vizio di omessa pronuncia, in quanto il vizio di omessa pronuncia è configurabile solo con riguardo alla mancanza di una decisione da parte del giudice in ordine ad una domanda che richieda una pronuncia di accoglimento o di rigetto (l’omessa pronunzia si sostanzia nella
totale carenza di considerazione della domanda e dell’eccezione sottoposta all’esame del giudicante, il quale manchi completamente perfino di adottare un qualsiasi provvedimento, quand’anche solo implicito, di accoglimento o di rigetto, invece indispensabile alla soluzione del caso concreto) e va escluso ove ricorrano gli estremi di una reiezione implicita o di un suo assorbimento in altre statuizioni (Cass. n. 21257/2014, n. 7681/2020);
15. nel caso in esame, la trattazione del tema della codatorialità è risultata superflua, in mancanza di prova della subordinazione; tale assorbimento, derivante dalla decisione di una questione che esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre, impedisce di ritenere sussistente il vizio di omessa pronuncia, il quale è ravvisabile solo quando una questione non sia stata, espressamente o implicitamente, ritenuta assorbita da altre statuizioni della sentenza (Cass. n. 2334/2020, n. 18332/2021; v. anche Cass. n. 12193/2020);
16. con il quinto motivo, parte ricorrente deduce (art. 360, n. 5, c.p.c.) nullità del procedimento per violazione dei principi del giusto processo e per omessa ammissione, senza motivazione, delle istanze istruttorie formulate in ordine all’esistenza di un rapporto di lavoro di natura subordinata;
17. con il sesto motivo, parte ricorrente deduce (art. 360, n. 5, c.p.c.) violazione di legge costituzionalmente rilevante per contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili e motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile;
18. i motivi sono entrambi inammissibili;
19. poiché la Corte d’Appello ha confermato integralmente le statuizioni di primo grado, si realizza (come già sopra rilevato) ipotesi di pronuncia di merito cd. doppia conforme rilevante ai sensi dell’art. 348 -ter c.p.c. (ora 360, comma 4, c.p.c.) e
dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nel senso che, quando la pronuncia di appello conferma la decisione di primo grado per le stesse ragioni, inerenti ai medesimi fatti posti a base della decisione impugnata, il ricorso per cassazione può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui all’art. 360, primo comma, nn. 1), 2), 3), 4), c.p.c.; ricorre l’ipotesi di «doppia conforme», con conseguente inammissibilità della censura ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni sono fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (v. Cass. n. 29715/2018, n. 7724/2022, n. 5934/2023, n. 26934/2023);
20. la regolazione delle spese del presente giudizio segue la soccombenza; al rigetto del ricorso consegue il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 4.000 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge, in favore di ciascuna parte controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 1 0 giugno 2025.